Numero 2 - Giugno 2002 - Anno 1

La FAO affama il mondo


La FAO, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura, ospiterà dal 10 al 13 giugno, presso la sua sede di Roma, il Vertice Mondiale sull'Alimentazione. Si riuniranno per affrontare quello che definiscono il "problema della fame del mondo", che io, invece, meglio definirei "la strategia del controllo della fame nel mondo".
In un primo momento, la data del vertice era stata stabilita per novembre 2001, poi rimandata a causa dei fatti dell'11 settembre e delle contestazioni contro il G8 a Genova.
L'ultimo vertice mondiale ci fu nel 1996 durante il quale i rappresentanti di 185 paesi e della Comunità Europea s'impegnarono a operare per cancellare la fame dalla faccia della terra e, come prima tappa, fissarono l'obiettivo di dimezzare il numero degli affamati entro il 2015. Tali "promesse" sono all'origine della nascita della FAO nell'ottobre 1945, pochi giorni dopo la fondazione della stessa ONU. Col conseguimento dell'indipendenza dei paesi del Terzo Mondo, molte amministrazioni coloniali misero i propri "esperti" al servizio della FAO, la quale definì la propria concezione di sviluppo in quei giorni e da allora è cambiata ben poco. 
La FAO è stata fondata per "sviluppare" l'agricoltura mondiale al fine di offrire a tutti i popoli la capacità di nutrirsi; questo nobile obbiettivo, purtroppo, non è stato mai nemmeno sfiorato. Allora come oggi, si vedeva la soluzione per lo sviluppo agricolo nell'incoraggiamento all'esportazione dei prodotti e nell'adozione di tecniche moderne; queste ultime furono introdotte attraverso la tanto decantata "Rivoluzione Verde" che ha prodotto disastri dal punto di vista ambientale, sociale e umano.
Tale rivoluzione fu adottata dalla FAO, non per perseguire i dichiarati fini, ma perché dettata da interessi economici e politici di grandi multinazionali come la fondazione Ford e Rockefeller e agenzie finanziarie internazionali quali la Banca Mondiale. La rivoluzione verde consisteva nell'uso intensivo, nell'agricoltura dei Paesi in Via di Sviluppo, di sementi ibride trattate con grandi quantità d'acqua e fertilizzanti che davano raccolti mai visti. 
Contrariamente alle aspettative si è rivelata un fallimento, ha portato alla diminuzione delle varietà genetiche, alla maggiore vulnerabilità nei confronti dei parassiti, all'erosione del suolo, alla diminuzione delle risorse idriche; ha contaminato e reso infertili i terreni, ha privato i contadini, le popolazioni native e le realtà rurali nel loro insieme delle risorse necessarie per lavorare nei campi, impedendo l'accesso a fonti e tecnologie, e diminuendo la disponibilità di prodotti agricoli nutrienti destinati alle popolazioni locali, ha provocato la migrazione dai campi alla metropoli.
Gli unici a trarre beneficio dalla "rivoluzione verde" sono state le industrie agro-chimiche, le grandi società petrolchimiche, i produttori di macchinari per l'agricoltura, i costruttori di dighe e bacini e i grandi latifondisti. Per incrementare la produzione agricola, la FAO, ha presentato nel 1987 un piano di fornitura di prodotti chimici sotto forma di aiuti interni, sottolineando l'esigenza dei moderni input e l'abbandono delle tecniche tradizionali di agricoltura. Tutto ciò ha certamente dato i suoi frutti: Oggi 792 milioni di persone nei Paesi in Via di Sviluppo (PVS) soffrono la fame in modo cronico. Circa tre quarti vivono in aree rurali, molti in zone di conflitto e più del 60% sono donne. Il loro numero è maggiore in Asia ma 18 dei 32 Paesi più in crisi sono Paesi Africani. 32 bambini su 100 soffrono di malnutrizione. Il 70% degli africani vivono di agricoltura; gli aiuti in questo settore sono scesi del 40% dal 1980.
A tutto questo si aggiungono le guerre che hanno causato una notevole riduzione della produzione agricola; è stato stimato che i conflitti armati siano "costati" al settore agricolo 4,3 miliardi i dollari all'anno fra il 1970 e il 1977.
Un posto di rilievo, tra le cause di questi disastri, è quello dell'esportazioni; a causa della FAO, i governi del Terzo Mondo si stanno concentrando maggiormente sui prodotti destinati all'esportazione. Tra il 1960 e il 1984, ad esempio, la produzione di cotone del Burkina Faso, è aumentata di 37 volte, fino a raggiungere le 750.000 tonnellate, mentre i raccolti di miglio e sorgo che sono alla base dell'alimentazione locale, sono aumentati del 20% nelle migliori delle ipotesi. Perché la FAO incoraggia l'esportazione a discapito dell'economia interna?
In questo modo i governi possono facilmente tassare i prodotti di esportazione che passano necessariamente attraverso canali controllabili, a differenza dei prodotti alimentari, commerciati a livello locale. Con l'eccezione dei principali cereali (frumento, mais e riso) praticamente tutte le ricerche, nazionali e internazionali, condotte da ex potenze coloniali o da istituzioni internazionali, sono state finalizzate all'incremento delle esportazioni.
Con l'aumentare del debito estero e l'ingerenza da parte del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, il bisogno di valuta straniera nei Paesi del Terzo Mondo è aumentato, incrementando, così, la produzione finalizzata all'esportazione a detrimento della produzione alimentare.
Anche se l'esportazione di prodotti alimentari non rappresenta la soluzione ai problemi della fame nel Terzo Mondo, negli ultimi trent'anni, i rappresentanti della FAO e dei governi non hanno fatto che ripetere lo stesso ciclo di rapporti e discussioni in cui deplorano regolarmente l'instabilità e l'inaffidabilità dei mercati internazionali. 
Istituita per far sì che la popolazione mondiale fosse adeguatamente nutrita, come può la FAO giustificare la costrizione verso i paesi più poveri e peggio nutriti del mondo a esportare la massa dei propri prodotti agricoli in paesi che per molti aspetti hanno un imbarazzante surplus alimentare?
È assurdo incoraggiare piccoli agricoltori a coltivare un qualcosa per il mercato dell'esportazione, ciò non contribuisce minimamente alla sicurezza dei produttori stessi. E potremmo spingerci ancora oltre: in molti casi, questa non e altro che una ricetta per morire di fame.
Nel corso della sua esistenza, la FAO ha distrutto tutte le speranze per un corretto sviluppo dell'agricoltura a livello mondiale. Ora ci riprovano con questo nuovo Vertice, che proporrà soluzioni non sostanzialmente diverse da quelle precedenti. La FAO come la stessa ONU, sono nate con un peccato originario che le vuole asservite agli interessi economici e politici dei potenti del pianeta.
Credo, infine, che nei confronti delle strategie che si celano dietro il "controllo della fame nel mondo" dovremmo avviare una seria riflessione, dalla quale far nascere la necessità di rendere visibili le nostre opinioni e soluzioni, insomma, continuare a sottolineare l'esigenza di un'autorganizzazione dei popoli e degli individui, della lotta contro i governi e contro chi continua ad affamare il mondo.

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