Campagna antianarchica
Martedì 20 luglio, su ordine della Procura di Trento, sono stati arrestati sei compagni di Rovereto, rilasciati dopo 8 giorni, con l’accusa di essersi difesi da un’aggressione fascista e con il pretesto del pericolo di “inquinamento prove” (a due anni di distanza dal fatto contestatogli!).
Una settimana dopo, nell’ambito di un’inchiesta condotta dai P.M. Salvatore Vitello, Giancarlo Capaldo e Giuseppe De Falco, coordinati da Franco Ionta, sono stati arrestati altri quattro compagni con accuse che vanno dall’ormai consueta “associazione sovversiva” fino al reato di “strage” per azioni volte a “sovvertire l’ordine democratico” finora rimaste impunite, come quella contro l’istituto “Cervantes” di Roma, del 17 giugno 2003, rivendicata in solidarietà con la lotta dei detenuti spagnoli sottoposti al F.I.E.S., quella del 4 novembre scorso contro la caserma di Viale Libia a Roma, in cui fu ferito il maresciallo dei carabinieri Stefano Sindona e numerosi altri attacchi rivolti ad obiettivi che, notoriamente, non suscitano le simpatie degli anarchici. L’inchiesta, commentata con entusiasmo dal ministro Pisanu in persona, vedrebbe coinvolti oltre cento indagati e, a sentire i quotidiani nazionali, avrebbe prodotto persino delle “prove” relative a reati specifici: un biglietto con scritto “+ mani monche” inchioderebbe l’autore alla responsabilità del ferimento di Sindona, una intercettazione ambientale conterrebbe l’auto-accusa di due compagni dell’attentato del 19 gennaio scorso al Tribunale di Viterbo e, ciliegina sulla torta, il ritrovamento di varie copie del libro “A ciascuno il suo, 1000 modi per sabotare questo mondo” dimostrerebbe l’attività di bombarolo del possessore del testo. Venerdì 30 luglio, altri tre arresti e una decina di perquisizioni hanno colpito i compagni del Silvestre di Pisa, nell’ambito dell’inchiesta relativa alle C.O.R. (Cellule di Offensiva Rivoluzionaria), già costata il carcere ad altri sei compagni dello stesso gruppo (attualmente due sono in carcere, una libera, uno latitante e tutti gli altri ai domiciliari) e volta ad assecondare la tesi del ministro Pisanu del legame operativo esistente tra i gruppi armati di matrice marxista-leninista e i cosiddetti “anarco-insurrezionalisti”. Proprio Pisanu ha recentemente indicato gli anarchici come il principale nemico interno da abbattere, individuando nelle attività di centri sociali e spazi occupati, nelle pubblicazioni anarchiche, nelle manifestazioni di piazza e nei gruppi di solidarietà ai detenuti il livello pubblico di un’organizzazione criminale clandestina, genericamente definita “movimento anarco-insurrezionalista”, responsabile di una miriade di attentati sparsi sul territorio nazionale (oltre 70 negli ultimi cinque anni, secondo un dossier presentato alla Camera dal ministro).
La strategia è quella che ha già consentito al P.G. Antonio Marini di ottenere, lo scorso 20 aprile, condanne definitive a pene pesantissime (fino all’ergastolo) per sei compagni anarchici: si postula l’esistenza di un’organizzazione criminale strutturata su due livelli, uno palese e l’altro occulto, caratterizzata dall’amore dei suoi appartenenti per l’ideale anarchico e da legami di affinità fra gli affiliati, dunque si attribuiscono reati irrisolti all’organizzazione, cosicché ogni anarchico può essere arrestato e tenuto in carcere per il tempo necessario tutte le volte che lo stato ne senta il bisogno. Ad amici e simpatizzanti conviene tacere per evitare di entrare nel registro degli indagati. Le analogie tra l’attuale stretta repressiva e l’inchiesta Marini avviata nel ’95 sono impressionanti: abitazioni, sedi e posti occupati diventano “covi di terroristi” e vengono perquisiti con armi in pugno dai R.O.S., gli indizi da cui parte l’accusa sono talmente ridicoli che la stragrande maggioranza degli indagati deve essere rimessa in libertà e la vendetta statale non può che consolarsi di pochi capri espiatori, le “prove” vengono cercate e eventualmente costruite dopo gli arresti, i teste accusatori si contraddicono in modo palese poiché incapaci di seguire tutti i “suggerimenti” ricevuti dagli inquisitori. A tal proposito da segnalare, nel processo di Trento per la rissa con i fascisti, l’utilizzo da parte del P.M. Storari della stessa argomentazione utilizzata da Marini in favore dell’attendibilità del proprio teste (i fascisti per Storari, una falsa pentita per Marini): la loro contraddittorietà sarebbe prova di sincerità (?!) e quindi incastrerebbe gli anarchici! La stampa borghese, di cui ci siamo sempre fidati come del prete che dice la messa, ha dato prova di tutto il suo servilismo riproponendo all’unanimità la storiella dell’organizzazione clandestina raccontata dal ministro e dagli inquirenti, alcuni riferendosi alla Federazione Anarchica Informale, altri all’O.R.A.I. (Organizzazione Rivoluzionaria Anarco-Insurrezionalista, sigla coniata a suo tempo da Marini), la maggior parte non preoccupandosi nemmeno di dare un nome all’associazione eversiva di cui parlavano, identificandola implicitamente con l’intero movimento anarchico. Le ultime settimane danno l’impressione di una corsa tra giornalisti, magistrati, fascisti e poliziotti al conseguimento del titolo di servo più fedele: aggressioni fasciste a Bergamo, Milano e Lucca, compagni massacrati di botte e poi arrestati a Roma durante un presidio di solidarietà il 7 agosto, invenzioni giornalistiche indegne anche di essere riportate, il campeggio anticarcerario di Latina impedito dalla forza pubblica, il circolo anarchico Fraria di Cagliari chiuso per motivi di ordine pubblico. Questa ostentazione di muscoli è rivolta non solo contro quegli individui scomodi che sono gli anarchici (e ciò è la stessa cosa che dire contro l’idea anarchica, aldilà di tutte le chiacchiere sulla libertà di pensiero) ma anche contro tutti coloro che, di tanto in tanto, percependo di vivere in una società sbagliata, si permettono di violarne le regole principali: sottomissione, competizione, crudeltà con i deboli, viltà con i forti. Sulla base di questi valori è possibile rendere accettabile dalla società qualsiasi infamia commessa dal potere, purché la vittima esca dai canoni del cittadino-schiavo modello. Perché mai qualcuno dovrebbe schierarsi dalla parte di chi intralcia il perfetto funzionamento della macchina statale? Non è forse più facile accettare la propria condizione di sudditi e il sacrificio degli esclusi, come hanno fatto i bagnanti leccesi a luglio, aiutando la polizia nell’opera di repressione dei compagni e dei migranti che cercavano di evadere dal lager di San Foca? Chi è in grado di accettare questo schifo, senza un moto di indignazione per le misere soddisfazioni che la sopravvivenza in un mondo simile può riservare, continui pure. Dal canto nostro, pensiamo che il potere stia facendo male i suoi conti: la sua opera contribuisce ogni giorno di più a chiarire che il “nemico interno” dell’Italia, così come di ogni altra nazione, non è l’anarchico o l’immigrato ma chiunque provi a vivere anteponendo i propri bisogni, ideali e sentimenti alla ragion di stato. Nessuno può sentirsi al riparo! L’insurrezione e la rivolta che gli arresti dovrebbero scongiurare, non sono un vizio bizzarro di alcuni anarchici idealisti ma sono una possibilità in mano a tutti gli sfruttati, non appena questi si accorgano che non hanno nulla da guadagnare dalla rassegnazione e dall’accettazione passiva dell’ordine imposto dai dominatori.
La nostra solidarietà ai compagni arrestati è incondizionata, non solo perché essi sono vittime di un’ingiustizia, ma perché la lotta che portano avanti è anche la nostra: quella della liberazione degli esseri viventi dall’oppressione e dallo sfruttamento. A nulla serviranno i tentativi del potere di dividerci, attraverso le mura di una prigione o attraverso le calunnie e le intimidazioni, se non a convincerci ancora di più di essere dal lato giusto della barricata.
Gruppo Anarchico Contropotere
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