Militarismo latinoamericano
L'obiettivo politico degli Stati Uniti nei confronti dell'America Latina dall'istituzione della Dottrina Monroe risalente al 1823 (la quale prevedeva una risposta reciproca di tutti i paesi latinoamericani nel caso che uno di essi fosse stato attaccato), ma in modo particolare, dalla I° Conferenza Panamericana, è stato quello di avere contemporaneamente un fertile terreno su cui espandere i propri mercati e possibilmente anche un buon alleato, come una sorta di stato-cuscinetto, per quanto riguardava la minaccia di attacco dall'esterno.
Nel quarantennio di guerra fredda il nemico ideologico al quale aggrapparsi per giustificare qualsiasi attacco imperialista era ben noto, e le aggressioni alla Cuba socialista ne sono la riprova. Ma con la caduta del blocco comunista, i palliativi da presentare per poter proseguire, se non incrementare, le pressioni sui paesi assoggettati sono diventate più sottili e articolate.
Il prof. Lewis Arthur Tambs dell'università dell'Arizona ha riassunto in nove temi - le nove "D" - le possibilità di intervento o di repressione: difesa; droghe; demografia; debito; deindustrializzazione; democrazia populista post-guerra-fredda; destabilizzazione; deforestazione; declino degli U.S.A..
Fino all'undici settembre il termine terrorismo era compreso in quello di droga, mentre in "democrazia populista post-guerra-fredda" era incluso quello di Hugo Chávez, il che la dice lunga sulle responsabilità U.S.A. nel fallito golpe dell'11 aprile scorso.
Tralascio i commenti sul nuovo "Padre dei poveri" Chávez, che con le sue politiche populiste e stato-centriche rallenta una volta ancora il processo di autodeterminazione delle masse venezuelane, l'unico motivo per felicitarsi della sua presenza sarebbe inquadrarlo nella logica del meno peggio. Nel 1947 gli stati del continente americano firmarono il T.I.A.R. [Trattato Interamericano di Assistenza Reciproca] il quale prevedeva la risposta comune in caso di attacco esterno (il blocco sovietico) o di sovversione interna (i focolai rivoluzionari, che erano già previsti). Questo trattato nel settembre scorso, pochi giorni prima gli attentati a New York e Washington, è stato criticato dal presidente messicano Vicente Fox che lo definì obsoleto ed inutile e in aggiunta a tali dichiarazioni il Pres. brasiliano Cardoso richiedeva maggior sicurezza per "La famiglia delle Americhe". Nel settembre 2001 l'Organizzazione degli Stati Americani (O.E.A.) ha approvato addirittura per acclamazione la Carta democratica interamericana che è destinata a "rafforzare e preservare la democrazia istituzionale" in particolare contro i tentativi di colpo di stato.
Le modalità di intervento diplomatico a protezione del disordine democratico-costituzionale sono dettate dalla stessa Carta e non sembra che Chávez soddisfacesse i requisiti di imbellettata democrazia. Nel campo della repressione diretta al popolo l'osannata "difesa collettiva per operazioni multinazionali" comporta un costante ampliamento di sicurezza multilaterale con la creazione di alcuni organismi di controllo come il "Comitato per la sicurezza dell'emisfero" (1995). Dal 1995 vengono convocate biennali riunioni dei ministri della Difesa per portare ad un "rafforzamento delle relazioni personali". L'apice di questo organismo repressivo si ha nel 1999 con la creazione di un Comitato Interamericano Contro il Terrorismo (C.I.C.T.E.) che sembra non servire a granché visto quello che è successo due anni dopo la sua istituzione.
Il C.I.C.T.E. comunque gioca un'ottima carta nell'aumento di repressione contro le tribù indigene a partire dal presupposto che oltre al terrorismo internazionale anche le etnie userebbero mezzi terroristici (quali la guerriglia o forme di azione diretta) durante le loro dimostrazioni di protesta o nelle loro forme di resistenza.
Evidentemente i Sem Terra o gli Zapatisti sono considerati pericolosi criminali, vista l'ingente spiegamento di forze nei terreni dilaniati dai progetti del "Plan Puebla-Panama".
L'intesa militare con i paesi latinoamericani ha avuto uno dei suoi momenti culminanti nell'esercitazione congiunta di 9 paesi (Brasile, Cile, Perú, Ecuador, Paraguay, Uruguay, Bolivia, Argentina e U.S.A.) nella provincia di Salta in Argentina.
Le alleanze militari hanno comunque uno strano e sinistro percorso parallelo che si perfeziona con il perfezionarsi delle intese belliche.
Questo percorso è costituito dagli accordi commerciali bilaterali e multilaterali tra gli Stati Uniti e i vari paesi latinoamericani che dovrebbero sfociare nell'A.F.T.A. (American Free Trade Agreement) e già parzialmente realizzato con il N.A.F.T.A. (North American Free Trade Agreement).
L'affinarsi di tecniche repressive su vasta scala accompagna la futura aggressione alle popolazioni indigene, in inevitabile rivolta per gli sconvolgimenti che subiscono quotidianamente, la futura stroncata di movimenti di disoccupati e di peones o contadini senza terra o le possibili rivendicazioni del sottoproletariato urbano.
Quello che si palesa è l'architettura di una nuova e implacabile macchina rafforzatrice dei vincoli post-coloniali rafforzati dagli Stati Uniti continuamente. In questo scenario la nuova lotta delle masse oppresse si fa ogni giorno più necessaria, ma anche più cruente, la necessità di nuovi fuochi di rivolta (come quelli boliviani dei mesi scorsi) possono essere produttivi per un risveglio di nuove coscienze, anche diverse da quelle propagandate da vecchi gruppi guerriglieri come Sendero Luminoso in Perù, rinomato per l'utilizzo di pratiche assassine contro i contadini reticenti alla collaborazione attiva.
Purtroppo lo scenario sembra decisamente preoccupante, gli organi statali predisposti al controllo dei movimenti sono sempre più feroci e i coordinamenti interregionali sempre più efficaci, lo scontro sembra annunciarsi sempre più cruento.
Gino
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