Numero 3 - Luglio/Agosto 2002 - Anno 1

Media e movimenti d'opposizione


Alcune componenti del movimento d'opposizione teorizzano, oramai già da qualche anno, la necessità di "usare" i mass-media di regime per veicolare i contenuti del movimento, di sfruttarli come cassa di risonanza ben più ampia e potente dei pochi mezzi di comunicazione propri, di studiare con attenzione le caratteristiche di ricezione delle notizie da parte di stampa, radio, TV, ecc. e di valersi di queste per amplificare le iniziative antagoniste. 
Quest'ipotesi si è fatta anche prassi politica, con un qualche apparente successo: il "movimento" è divenuto elemento di notizia, alcuni suoi "portavoce" sono stati invitati nelle trasmissioni di larga audience, ecc. Nonostante ciò, sono convinto che queste piccole vittorie tattiche nascondono una cecità strategica. 
In parole povere, nascondono un errore di fondo - molto grave - nel rapporto che i movimenti d'opposizione dovrebbero avere con gli strumenti di comunicazione di massa del potere.
La mia idea è che i movimenti d'opposizione dovrebbero, invece, prescindere completamente dal tentativo di strumentalizzare le dinamiche dei mass-media dell'avversario e far capo solamente ai propri, per quanto miseri. 
Questo perché una tale strategia di "utilizzo" dei media altrui ha successo solo ed esclusivamente in presenza di una complicità - cosciente o meno - dei mezzi di comunicazione di massa dell'avversario nei confronti della strategia comunicativa del movimento. 
In altri termini, se questi si abitua a parametrare le proprie iniziative in funzione dell'obiettivo di "bucare lo schermo", si troverà col culo a terra non appena arriverà il contrordine - come, detto per inciso, mi pare sia il caso attuale - di ignorare completamente le iniziative del movimento, per quanto ben costruite esse siano rispetto alle dinamiche teoriche della comunicazione mass-mediale. In altri termini ancora, tali dinamiche non sono ineluttabili leggi di natura, ma sono subordinate alle scelte del potere, che può sospenderle come e quando vuole. Un movimento che parametri la sua visibilità in base alla sua presenza mediatica altra, insomma, si troverà a dileguarsi nel momento in cui tale presenza verrà meno, facendo la fine delle tante guerre in atto ma "scomparse". 
Molto meglio, allora, regolarsi esclusivamente sulle proprie capacità di comunicazione, considerando tutto il resto eventuale grasso che cola.
Occorre soprattutto non sopravvalutare la potenze dei grandi media: negli anni sessanta/settanta, chi scrive lo ricorda benissimo, pressoché tutti i media erano controllati dall'avversario, ma un volantino o un manifestino scritto a mano avevano una potenza persuasiva ben maggiore di questi. 
La potenza di un mass-media, insomma, consiste solo in seconda battuta sulla sua capacità di penetrazione "tenica": in prima ed essenziale battuta ciò che conta è la fiducia che il ricevente ripone nella fonte della notizia.
È questa fiducia, allora, che dev'essere l'obiettivo del movimento; e per conquistare questa non c'è strategia mediatica che valga, di fronte al quotidiano lavoro di massa. Per parafrasare un documento dei Black-Block americani dopo l'11 settembre, la cosa più importante è "parlare con il tuo vicino". Se questi comincerà ad aver fiducia in te, non ci sarà, allora, Porta a porta che tenga, ed anche un giornalino fotocopiato come questo che stai leggendo sarà l'invidia di tutti i potenti della comunicazione.


Shevek


 

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