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Comunicato

 

L’Associazione Per la Scuola della Repubblica nel constatare che:

  • la legge costituzionale sottoposta a referendum confermativo il 7 ottobre introduce radicali mutamenti nel sistema scolastico nazionale, come emerge dall’allegato documento
  • la forma di regionalizzazione scolastica in essa contenuta non corrisponde all’esigenza di una formazione per la cittadinanza e non si concilia con l’autonomia delle istituzioni scolastiche
  • nella scuola l’impegno per Stato, Regioni, ed Enti locali, in essa sancito, a favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà può legittimare finanziamenti pubblici all’istruzione privata
  • la riforma, lungi dall’essere d’impedimento al disegno dalla Lega, e’ un cedimento alle sue proposte eversive

ribadisce il proprio NO

  • ad una riforma confusa e pericolosa che mette in discussione il ruolo istituzionale dell’istruzione pubblica, confermando la denuncia da tempo espressa, ma rimasta inascoltata, sulla gravità di tale riforma

invita

  • quanti sono sostenitori di tale ruolo e auspicano una riforma seria, che rafforzi l’autogoverno della scuola in un forte sistema nazionale, a condividere la sua scelta partecipando il 7 ottobre al voto perché, essendo un referendum su una legge costituzionale, la riforma sarà approvata o respinta dalla maggioranza dei voti validi anche se non vota il 51% degli elettori.

 

Roma 23 settembre 2001

 

L’Associazione Per la Scuola della Repubblica riflette sul referendum del 7 ottobre e denuncia la regionalizzazione dell’istruzione.

 

Il giorno 7 Ottobre avrà luogo il referendum confermativo sulla riforma costituzionale approvata nella precedente legislatura dalla maggioranza di centro - sinistra (c.d. riforma federalista).

  • Che cosa prevede la riforma?

Per quanto riguarda l’istruzione, la riforma dopo avere mantenuto all’art. 3 allo Stato la competenza sulle "norme generali dell’istruzione", al 3° comma del medesimo art. 3 stabilisce: "Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: "...... istruzione, salvo l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell’istruzione e della formazione professionale".

Nel comma 6 lo stesso art. 3 stabilisce inoltre: "La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salvo delega alle regioni. La potestà regolamentare spetta alle regioni in ogni altra materia."

"Legislazione concorrente" significa che, "nell’ambito delle norme generali definite dallo Stato", l’ulteriore attività legislativa è di competenza delle Regioni; quindi l’ordinamento scolastico sarà diversificato da Regione a Regione.

L’art. 4 infine all’ultimo comma stabilisce inoltre: "Stato, Regioni, Città metropolitane, Province, Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà".

  • Questa forma di regionalizzazione scolastica è opportuna? Corrisponde all’esigenza di una formazione per la cittadinanza? Come si concilia con l’autonomia delle istituzioni scolastiche?

In primo luogo si deve rilevare che con l’affermazione del federalismo scolastico, al di là degli effettivi poteri attribuiti alle Regioni, si introduce il principio secondo cui l’istruzione non è una funzione esclusiva dello Stato, come la giustizia, la difesa, ecc.; l’istruzione non sarebbe più una funzione statale come condizione necessaria per la democrazia, ma sarebbe un servizio pubblico alle persone, che pertanto, nell’ambito di alcuni principi generali, può essere differenziato a seconda delle specifiche esigenze territoriali.

In tale modo, oltre ad una flessibilità a livello di ciascuna istituzione scolastica per effetto dell’autonomia, si avrà un’ulteriore differenziazione a livello territoriale con grave pregiudizio dell’esigenza sempre più avvertita del carattere nazionale dell’istruzione e della sostanziale omogeneità formativa che deve essere realizzata in tutto il territorio nazionale. Peraltro, una volta affermato il principio secondo cui l’istruzione non è una funzione esclusiva dello Stato, la nuova maggioranza di centro destra potrà ora più facilmente caratterizzare in senso localistico l’istruzione pubblica tanto più che la maggioranza di centro sinistra con un comportamento, a dir poco, irresponsabile ha infranto la prassi costituzionale secondo cui le riforme costituzionali si realizzano con larghe maggioranze.

Ancora una volta il tatticismo del centro-sinistra mette in discussione i principi fondamentali ed apre pericolosi varchi alle incursioni della destra.

Con tale riforma però non solo si mette in discussione il ruolo istituzionale dell’istruzione, ma per effetto della formulazione contraddittoria ed incomprensibile della stessa normativa si crea una situazione di incertezza e di conflittualità tra Stato, Regioni e privati ( la cui autonoma iniziativa dovrà, secondo la riforma, essere "favorita"!); quale è difatti il confine delle "norme generali"? quale è l’ambito dell’autonomia, sottratto alla legislazione regionale? che cosa significa che lo Stato, Regioni, ed Enti locali devono favorire l’autonoma iniziativa dei privati? significa che devono sostenere l’istruzione privata? Le risposte possono essere le più diverse.

  • La riforma e’ un cedimento rispetto alle proposte eversive dalla Lega oppure può impedirle?

Alcuni sostengono che la riforma sarebbe alternativa alle proposte delle destre e quindi impedirebbe la devoluzione richiesta soprattutto dalla Lega; l’esperienza ci ha però dimostrato che quando si accetta il principio degli avversari, in realtà non si tratta del "meno peggio", ma dell’ "inizio del peggio". In occasione dell’approvazione della legge di parità la maggioranza di centro sinistra ha sostenuto la tesi del "meno peggio" e il nuovo governo ha sviluppato il peggio facendolo diventare pessimo.

E’ ovvio che la soluzione adottata con la riforma non soddisfi la destra, soprattutto la Lega; ma, come hanno fatto rilevare molti "governatori" della destra, la riforma e’ "un primo passo" che precede e non preclude "ulteriori passi". Chi ritiene che oggi più che mai sia necessario garantire l’assetto nazionale e pubblico dell’istruzione deve quindi impedire il "primo passo".

L’Associazione "Per la scuola della Repubblica" ha denunciato la gravità di tale riforma; ma l’allarme lanciato dal Comitato non è stato raccolto, nemmeno dal mondo della scuola, ancora una volta poco attento agli aspetti istituzionali; alla vigilia di un referendum, ignorato dall’opinione pubblica, l’Associazione non puo’ che ribadire il proprio NO ad una riforma confusa e pericolosa che mette in discussione il ruolo istituzionale dell’istruzione pubblica.