GLOSSARIO della BUSTA PAGA
Vademecum realizzato sulla base della normativa
aggiornata al 1996
La busta paga è il prospetto che indica la somma che il lavoratore
percepisce come compenso per un determinato periodo di lavoro.
Essa esprime, in termini monetari, l'insieme dei rapporti del lavoratore con il datore di
lavoro(la paga), con lo Stato (le imposte) e con gli enti previdenziali (per esempio le
trattenute INPS).
Il datore di lavoro ha l'obbligo di consegnare, insieme alla retribuzione, un prospetto di
paga in cui devono essere indicati, oltre al periodo lavorativo in questione, tutti gli
elementi che concorrono a determinare la retribuzione lorda e le detrazioni che portano
alla paga netta.
La busta deve essere firmata dal datore di lavoro o da chi ne fa le veci. In alternativa
può bastare la sigla o un timbro del medesimo datore.
Le voci economiche di cui si compone la busta paga possono essere suddivise in quattro
gruppi, e cioè:
- gli elementi fissi della retribuzione;
- la parte variabile;
- le trattenute fiscali;
- le trattenute previdenziali;
La retribuzione vera e propria si compone di tre parti:
- diretta, relativa all'effettiva prestazione del lavoratore;
- indiretta, derivante da specifici istituti contrattuali (per esempio,
tredicesima mensilità, quattordicesima mensilità, ferie, festività, permessi
retribuiti, ecc.);
- differita, riferentesi cioè a quella parte della retribuzione che
viene accantonata dal datore di lavoro per essere poi consegnata al lavoratore al termine
del rapporto di lavoro (trattamento di fine rapporto o liquidazione).
In generale gli elementi fissi della retribuzione sono:
- la paga base, che è la retribuzione minima prevista dai CCNL per le
singole qualifiche;
- gli scatti di anzianità, che sono quella parte della retribuzione
legata alla permanenza del lavoratore nell'azienda. Si deve comunque far riferimento ai
singoli CCNL in quanto sono regolamentati in maniera diversa sia nel numero, che nella
percentuale o quantificazione come nella cadenza temporale.;
- eventuale ex contingenza (pregressa o conglobata);
- terzi elementi ove richiesti;
- premi aziendali fissi.
Gli elementi variabili sono:
- straordinari;
- indennità varie;
- assegni per nucleo familiare;
- valori convenzionali.
Sia il datore di lavoro che il lavoratore sono tenuti a versare i
contributi previdenziali (per le pensioni di vecchiaia, invalidità, superstiti, ecc.) ed
assistenziali (malattia e Gescal).
L'ammontare delle trattenute a carico del lavoratore è commisurato al 9,89% della
retribuzione nelle aziende industriali fino a 15 dipendenti, commerciali fino a 50
dipendenti, nei pubblici esercizi e negli studi professionali.
Nelle aziende commerciali con oltre 50 dipendenti la misura è elevata al 10,19%.
Trattenute previdenziali
Al datore di lavoro compete, oltre all'obbligo del versamento
mensile dei contributi, la presentazione all'INPS o agli Istituti sostitutivi del regime
generale obbligatorio previdenziale della denuncia individuale delle retribuzioni
corrisposte a ciascun dipendente nell'anno precedente. Copia di tale denuncia deve essere
consegnata al lavoratore.
Questo documento è importante in quanto il lavoratore è in grado di controllare
l'esattezza delle retribuzioni denunciate all'INPS dal datore di lavoro.
E' comunque consigliabile rivolgersi all'INAS (il patronato della CISL) per qualsiasi
verifica previdenziale ed eventuale contestazione nei confronti del datore di lavoro.
Retribuzione di riferimento per il calcolo delle trattenute
Ai fini del calcolo dei contributi previdenziali, per retribuzione
si intende tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in denaro e in natura
al lordo di qualsiasi ritenuta.
Non vanno inclusi;
- diaria o indennità di trasferta: nella misura del 50% per il calcolo
dei contributi previdenziali e Gescal;
- nella misura di Lit. 90.000 per i contributi dovuti per il servizio
sanitario nazionale; per le trasferte
- all'estero nella misura di Lit. 150.000;
- rimborsi spese a piè di lista;
- indennità di cassa;
- assegno per il nucleo familiare;
- prestazioni previdenziali, quali l'indennità di malattia, di
infortunio, maternità, ecc. ;
- Indennità di anzianità e trattamento di fine rapporto;
- indennità sostitutiva del preavviso.
L'IRPEF rappresenta la trattenuta fiscale sul reddito delle
persone fisiche operata sulla retribuzione del lavoratore dipendente da parte del datore
di lavoro
Se il lavoratore possiede altri redditi deve provvedere personalmente al pagamento della
maggiore imposta dovuta in relazione al reddito complessivo in sede di dichiarazione dei
redditi.
Per quanto concerne l'imposta sul reddito di lavoro dipendente è il datore di lavoro che
provvede ad effettuare il versamento allo Stato per conto del lavoratore.
Calcolo
L'imposta viene calcolata sulla retribuzione imponibile che è
quella al netto delle ritenute previdenziali ed assistenziali e dell'assegno per il nucleo
familiare.
Le trattenute sulla retribuzione mensile imponibile vengono effettuate sulla base degli
scaglioni di reddito e delle relative aliquote (vedi tabella).
Si determina così l'imposta lorda. A questa somma si applicano le detrazioni di imposta
(vedi tabella).
Le detrazioni per carichi di famiglia spettano a condizione che le persone cui si
riferiscono, ad eccezione dei minori, non posseggano redditi superiori a Lit. 5.500.000
annue.
L'imposta netta dovuta mensilmente dal lavoratore si ottiene pertanto sottraendo le
detrazioni dall'imposta lorda, ad eccezione delle mensilità aggiuntive sulle quali non
vanno operate le detrazioni.
Il conguaglio
Alla fine di ogni anno il datore di lavoro calcola l'ammontare
dell'imposta complessivamente dovuta dal lavoratore.
L'operazione in questione (conguaglio di fine anno) serve a stabilire se è stata assolta
per intero l'imposta.
Nel caso le trattenute risultino inferiori a quanto dovuto, viene effettuata un'ulteriore
trattenuta pari alla differenza tra quanto dovuto e quanto già versato.
Nel caso contrario il lavoratore viene rimborsato del maggior versamento di imposta
effettuato.
Scaglioni e aliquote IRPEF
Scaglioni di reddito Aliquote annuo
fino a 7,2 |
10 |
da 7,2 a 14,4 |
22 |
da 14,4 a 30 |
27 |
da 30 a 60 |
34 |
da 60 a 150 |
41 |
(in milioni) %
Detrazioni fiscali
per redditi fino a 15.000.000 |
1.029.600 |
per redditi superiori a 15.000.000 |
784.634 |
Detrazioni per carichi di famiglia
coniuge a carico |
817.552 |
Figli a carico |
Normale |
Doppia (1) |
1 |
94.437 |
188.874 |
2 |
188.874 |
377.748 |
3 |
283.311 |
566.622 |
4 |
377.748 |
755.496 |
5 |
472.185 |
944.370 |
6 |
566.622 |
1.133.244 |
6 |
661.059 |
1.322.118 |
7 |
755.496 |
1.510.992 |
per ogni altro figlio |
94.437 |
188.874 |
Altri familiari a carico (2)
per ognuna delle altre persone a carico: |
130.592 |
- La detrazione doppia per i figli spetta quando un coniuge è a carico
dell'altro oppure quando abbia figli esclusivamente a proprio carico.
- Sono considerati a carico con un reddito complessivo fino a
5.500.000.
Tra gli elementi della retribuzione, che devono risultare nella
busta paga, vi è l'assegno per il nucleo familiare. Il godimento dell'assegno viene
riconosciuto ed erogato, in relazione al reddito familiare, a tutti i lavoratori
dipendenti o in pensione.
Il nucleo familiare è composto dai coniugi, con esclusione del coniuge legalmente
separato, e dai figli di età inferiore ai 18 anni compiuti, ovvero senza limiti di età
qualora siano totalmente impossibilitati, a causa di infermità o difetto fisico, a
svolgere attività lavorativa. Alle stesse condizioni possono far parte del nucleo
familiare anche fratelli, sorelle e nipoti orfani di entrambe i genitori e non titolari di
trattamenti pensionistici.
Per ottenere il riconoscimento dell'assegno il lavoratore deve compilare, entro giugno
di ogni anno, una dichiarazione relativa al reddito percepito ed ai componenti il nucleo
familiare da inoltrare alla propria azienda, salvo quando è necessaria la preventiva
autorizzazione da parte dell'Istituto (INPS): per esempio nel caso di figli inabili.
Il reddito del nucleo familiare è costituito dall'ammontare di tutti i redditi
dell'anno precedente, assoggettabili ad imposta (da lavoro, fabbricati, terreni, ecc.),
con esclusione di quelli a tassazione separata (trattamento di fine rapporto, arretrati,
ecc.).
Il lavoratore assente per malattia ha diritto, nei limiti fissati
dalla legge e dai contratti collettivi, alla conservazione del posto di lavoro ed al
trattamento economico.
Per garantirsi tali condizioni deve produrre idonea certificazione medica ed accettare
controlli sul suo stato di salute.
Certificati di malattia
Il lavoratore deve immediatamente rivolgersi al proprio medico
curante, il quale rilascia il certificato attestante la durata della malattia. Il
certificato va trasmesso alla USL ed all'azienda, tramite raccomandata con ricevuta di
ritorno, entro 48 ore dall'inizio dell'assenza dal lavoro.
Se la certificazione viene prodotta fuori dal termine di cui sopra, il lavoratore perde la
retribuzione corrispondente al periodo intercorrente tra l'inizio dell'assenza e l'invio
della certificazione stessa. Tale sanzione non si applica nel caso di motivata
impossibilità del lavoratore a rispettare i termini previsti.
Controlli
La legge vieta al datore di lavoro di effettuare direttamente i
controlli. Per provvedere al controllo deve rivolgersi alla USL che utilizzerà proprio
personale addetto. Anche l'istituto assicuratore (INPS) può esercitare tale facoltà in
maniera autonoma.
Le visite di controllo avvengono in orari prestabiliti, e cioè la mattina dalle ore 10
alle 12 ed il pomeriggio dalle ore 17 alle 19, tutti i giorni comprese le domeniche ed i
festivi. Entro queste fasce orarie il lavoratore deve essere reperibile presso il proprio
domicilio.
Nel caso in cui il lavoratore non possa giustificare i motivi dell'assenza dal domicilio,
è soggetto a sanzioni comportanti la sospensione dalla retribuzione.
Il datore di lavoro non può legittimamente licenziare il lavoratore, anche nelle ipotesi
di frequenti e continue assenze per malattia, prima che sia stato superato il periodo di
comporto previsto dal contratto collettivo.
La legge tutela la maternità in tutti i suoi aspetti e
conseguenze, così come l'adozione che, di diritto, viene equiparata. La madre, infatti,
durante la gestazione ed il primo anno di vita del bambino, non può essere sospesa dal
lavoro e posta in cassa integrazione.
Assenza obbligatoria
E' prevista per i 2 mesi antecedenti il parto (3 se l'attività può
compromettere la salute della lavoratrice) ed i 3 successivi (puerperio). Per usufruirne
è necessario che la lavoratrice presenti al datore di lavoro il certificato medico di
gravidanza con l'indicazione della data presunta del parto.
Il trattamento economico consiste nel pagamento dell'80% della retribuzione
(comprendendovi i ratei della 13^ mensilità e delle altre erogazioni aggiuntive).
Il periodo è altresì valido ai fini del riconoscimento integrale dell'anzianità di
servizio.
Va infine ricordato che l'astensione dal lavoro, dopo la nascita del figlio, può essere
concessa anche al lavoratore padre nel caso in cui la madre, per gravi motivi, non sia in
grado di assistere il figlio.
Assenza anticipata
Si ottiene, presentando certificato medico all'Ispettorato del
Lavoro, quando la lavoratrice abbia complicazioni della gestazione o sia adibita a
prestazioni pericolose per le sue condizioni.
Il trattamento economico è in questo caso identico a quello previsto per l'astensione
obbligatoria.
Assenza facoltativa
La madre (o il padre), una volta esauritosi il periodo di assenza
obbligatoria, può richiedere un ulteriore periodo di assenza della durata massima di 6
mesi entro il compimento del primo anno di vita del bambino.
Dà diritto al 30% della retribuzione ed al riconoscimento dell'anzianità di servizio
(non ai fini però della 13^ mensilità e per le ferie).
Permessi giornalieri
Fino al compimento del primo anno di vita del bambino è prevista
una riduzione dell'orario giornaliero di lavoro di 2 ore, solo se l'orario ordinario sia
almeno di 6 ore.
La distribuzione giornaliera di tale riduzione va concordata tra la lavoratrice ed il
datore di lavoro.
Come nel precedente caso dell'assenza facoltativa, anche il padre può usufruire di tali
permessi, a condizione che la lavoratrice madre ,che vi rinuncia, sia consenziente.
Assenze per malattie del bambino
La madre (o il padre) può richiedere permessi non retribuiti per
malattia del bambino fino al compimento del 3° anno di vita, dietro presentazione al
datore di lavoro di certificazione medica.
Misure per i genitori di portatori di handicap
La lavoratrice madre (o il padre), anche adottivi, hanno diritto al
prolungamento fino a 3 anni del periodo di assenza facoltativa quando la struttura
pubblica accerti una situazione di gravità nelle condizioni del bambino. In alternativa
si può richiedere al datore di lavoro di usufruire di 2 ore di permesso giornaliero
retribuito.
Adozione
In questo caso il lavoratore beneficia del diritto sia all'assenza
di 3 mesi (alle stesse condizioni di quanto previsto per il puerperio) sia a quella di 6
mesi, durante il primo anno di entrata in famigli del bambino, che è di fatto equiparata
all'assenza facoltativa.
Il trattamento di fine rapporto (TFR) (in precedenza
"liquidazione") così come regolato dalla legge, è un istituto di natura
prevalentemente retributiva. Spetta al lavoratore alla cessazione del rapporto di lavoro,
qualunque ne sia la causa (dimissioni, licenziamento per giusta causa o giustificato
motivo). In caso di morte il TFR compete ai familiari con l'aggiunta di un importo pari
all'indennità di mancato preavviso.
Calcolo del TFR
La normativa in vigore prevede che, al termine di ciascun anno di
lavoro, venga accantonato un importo pari alla retribuzione annua divisa per 13,5. Per
retribuzione si intendono le somme corrisposte al lavoratore a titolo non occasionale,
comprendendosi quindi l'equivalente delle prestazioni in natura. Tale importo viene ogni
anno rivalutato in modo da garantire l'aggiornamento costante all'andamento
dell'inflazione.
Durante i periodi di sospensione dal lavoro con trattamento di integrazione salariale,
l'accantonamento del TFR si calcola sulla retribuzione che il cassaintegrato avrebbe
percepito se avesse espletato regolarmente la prestazione di lavoro.
Anticipazioni del TFR
La legge che nel 1982 ha così modificato il calcolo della
liquidazione, ha introdotto importanti novità a questo istituto. In particolare ha
previsto la possibilità del lavoratore di chiedere un'anticipazione del TFR nella misura
massima del 70% di quanto accantonato e rivalutato fino a quel momento.
Vi sono dei limiti che ne disciplinano l'accesso:
- il lavoratore deve aver prestato presso l'azienda da cui dipende
almeno 8 anni di servizio;
- il datore di lavoro deve soddisfare ogni anno le richieste nei limiti
del 10% di chi ne ha diritto e comunque non oltre il 4% del numero totale dei dipendenti.
Recentemente la Cassazione ha escluso che tale facoltà possa essere
esercitata dai lavoratori di aziende con un meno di 25 dipendenti.
I motivi per cui è prevista la concessione dell'anticipo sono i seguenti:
- spese sanitarie per terapie ed interventi riconosciuti dalle
strutture pubbliche;
- acquisto di prima casa di abitazione per se e per i propri figli,
dimostrabile con atto notarile o con altra appropriata documentazione.
Anche in questa materia è lasciata ampia facoltà alle parti
sociali di stabilire condizioni di miglior favore attraverso la contrattazione collettiva.
Fondo di garanzia
L'altra novità introdotta riguarda l'istituzione presso l'INPS del
"Fondo di garanzia del T.F.R.". Il Fondo opera in tutti i casi in cui l'impresa
sia insolvente (fallimento, liquidazione coatta, ecc.) sostituendosi ad essa nel pagamento
dell'intero importo della liquidazione.
La legge riconosce all'imprenditore il potere disciplinare.
L'esercizio di tale potere trova limitazione nella legge stessa e nella contrattazione
collettiva.
Il regolamento disciplinare
Lo statuto dei lavoratori sancisce che l'imprenditore deve
predisporre un regolamento disciplinare da portare a conoscenza dei lavoratori mediante
affissione, altrimenti non può esercitare tale potere. Nel regolamento devono essere
elencati tassativamente i comportamenti contrari agli obblighi contrattuali, nonché i
provvedimenti disciplinari.
La predisposizione del regolamento non è affidata unilateralmente all'imprenditore
poiché, di norma, viene recepito quanto disposto nei contratti collettivi (nazionali o
aziendali).
Provvedimenti
L'inosservanza da parte del lavoratore delle disposizioni può dare
luogo all'applicazione dei seguenti provvedimenti:
- richiamo verbale;
- ammonizione scritta;
- multa non superiore a 4 ore di paga base e contingenza;
- sospensione dal servizio e dalla retribuzione fino a un massimo di 10
gg;
- licenziamento.
Il datore di lavoro non può comminare provvedimenti più gravi del
rimprovero verbale nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato
l'addebito e siano trascorsi 5 giorni dalla contestazione. Il lavoratore deve contestare
entro il termine perentorio di 7 giorni il provvedimento e può farsi assistere da un
rappresentante dell'organizzazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. Ha diritto
ad essere sentito a suo discapito e a richiedere la costituzione di un collegio arbitrale.
In tale caso la sanzione rimane sospesa fino alla decisione da parte del collegio.
I provvedimenti disciplinari, con esclusione del licenziamento, possono essere impugnati
in sede sindacale secondo quanto previsto dalle norme contrattuali.
Nel caso di mancato rispetto di tale procedura il provvedimento , compreso il
licenziamento per giustificato motivo, è dichiarato illegittimo.
Non sono ammissibili sanzioni che comportino mutamenti definitivi del rapporto, quali il
trasferimento, la retrocessione nell'inquadramento, i mutamenti delle mansioni, ecc.
Per il punto 5 si rimanda al capitolo " Licenziamenti individuali".
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