B. Ambito di applicazione
- Dopo la riforma operata dalla L.23/7/91 n. 223, la nozione di licenziamento collettivo
discende necessariamente dalla ricorrenza degli elementi indicati dall’art. 24 legge
citata, la cui sussistenza esclude la possibilità di una diversa qualificazione del
recesso (Cass. 27/5/97 n. 4685, pres. Trezza, est. Lupi, in D&L 1997, 769)
- Ricorre l’ipotesi del licenziamento collettivo in ogni caso in cui un’impresa,
che occupi alle proprie dipendenze più di quindici lavoratori, proceda ad almeno cinque
licenziamenti nell’arco di centoventi giorni nell’ambito di un disegno di
contrazione dell’attività motivata da crisi di mercato, con conseguente obbligo del
datore di lavoro di attivare la procedura prevista dagli artt. 4 e 24 L. 23/7/91 n. 223
(Pret. Roma 2/6/97, est. Rossi, in D&L 1998, 377. In senso conforme, v. Cass.
7/11/98 n. 11251, pres. Lanni, est. Vidiri, in D&L 1999, 82, n. Muggia)
- Ricorre l'ipotesi del licenziamento collettivo, con conseguente obbligo del datore di
lavoro di attivare la procedura prevista dagli artt. 4 e 24 L. 223/91, in ogni caso in cui
un'impresa, che occupi alle proprie dipendenze più di 15 lavoratori, intenda procedere ad
almeno 5 licenziamenti nell'arco di 120 giorni, nell'ambito di un medesimo disegno di
riduzione o trasformazione dell'attività o del lavoro, e ciò indipendentemente dal
numero finale dei licenziamenti (Trib. Milano 16/12/95, pres. ed est. Mannacio, in D&L
1996, 391; in senso conf. v. anche Pret. Milano 16/1/96, est. De Angelis, in D&L
1996, 638; Pret. Verona 26/1/95, est. Mancini, in D&L 1995, 879)
- Il datore di lavoro che occupi più di 15 dipendenti e che intenda effettuare, a seguito
di cessazione d'attività, il licenziamento di almeno 5 dipendenti nell'arco di 120
giorni, pone in essere un licenziamento collettivo ex art. 24 L. 223/91 e non un
licenziamento individuale plurimo (nel caso di specie, è stata ordinata la reintegrazione
dei lavoratori licenziati in violazione della procedura di mobilità) (Pret. Milano
10/1/96, est. Chiavassa, in D&L 1996, 637. In senso conforme, v. Pret. Milano
14/3/95, est. Muntoni, in D&L 1995, 577; Trib. Milano 28/9/96, pres. ed est.
Mannacio, in D&L 1997, 81, nota BORALI, Licenziamento collettivo e
cessazione di attività)
- A seguito dell'entrata in vigore della L. 223/91, tutti i licenziamenti per giustificato
motivo oggettivo intimati entro 120 giorni dalla conclusione della procedura di mobilità
devono avvenire nel rispetto delle procedure di cui alla L. 223/91 (Pret. Milano 13/3/95,
est. Atanasio, in D&L 1995, 581)
- E’ illegittimo il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo
sorretto da identica motivazione addotta nella parallela procedura per riduzione di
personale e intimato nell’arco temporale previsto dall’art. 24 L. 23/7/91 n. 223
(Pret. Milano 30/1/99, est. Ianniello, in D&L 1999, 320)
- E’ illegittimo il licenziamento collettivo intimato senza la procedura di cui alla
L. 23/7/91 n. 223, qualora il datore di lavoro non provi di occupare alle proprie
dipendenze un numero di lavoratori non superiore a 15 (Trib. Milano 6/7/99 (ord.), est.
Peragallo, in D&L 1999, 821)
- Sono illegittimi i licenziamenti collettivi comminati, in assenza della procedura di cui
all’art. 4 L. 23/7/91 n. 223, in esecuzione di un accordo sindacale che individua
come eccedentari tutti i dipendenti che hanno raggiunto la massima contribuzione utile per
la pensione di anzianità, non avendo l’art. 59, 6° comma, L. 27/12/97 n. 449
efficacia derogatoria della normativa generale (Trib. Milano 14/9/99, est. Martello, in D&L
1999, 828, n. Franceschinis, Ferrovie dello Stato e licenziamenti collettivi. In
senso conforme, v. Pret. Torino 16/4/99, est. Fierro, in D&L 1999, 829; Pret.
Torino 20/5/99, est. Peyron, in D&L 1999, 829)
- In tema di licenziamenti collettivi l'art. 24 L. 223/91 che, al fine dell'applicabilità
della relativa disciplina, richiede che le imprese "occupino più di quindici
dipendenti" deve essere interpretato - in armonia con i criteri ermeneutici
affermatisi in materia di licenziamenti individuali con riferimento agli artt. 18 e 35
della L. 300/70 - nel senso che il predetto requisito dimensionale non deve essere
determinato in riferimento al momento della cessazione dell'attività e dei licenziamenti,
ma con riguardo all'occupazione media dell'ultimo semestre in analogia con quanto
espressamente stabilito dall'art. 1 della stessa L. 223/91 ai fini dell'intervento di
cassa integrazione guadagni straordinaria. Infatti, la suddetta interpretazione,
sistematicamente coordinata nell'ambito della legge considerata, è l'unica che consente
di evitare applicazioni artificiose ed elusive delle disposizioni in argomento (Cass.
12/11/99, n. 12592, in Mass. Giur. lav. 2000, pag. 92, con nota di Stanchi, Il
requisito dimensionale dell'impresa nei licenziamenti collettivi per riduzione di
personale: l'interpretazione della Corte di Cassazione)
- La disciplina del licenziamento per riduzione di personale ex art. 24 L. 223/91 è
applicabile, anche se al momento del licenziamento l'azienda occupa meno di 16 dipendenti,
qualora la media ponderata dei dipendenti occupati nel semestre precedente fosse superiore
a quindici (anche di una frazione tra quindici e sedici) e comunque tale soglia fosse
superata con riferimento all'organico abitualmente utilizzato dall'azienda (Pret. Milano
14/1/95, est. Frattin, in D&L 1995, 585, nota SCARPELLI, Problemi
applicativi della disciplina dei licenziamenti collettivi: criteri di computo dei
dipendenti e reintegrazione nei confronti dell'impresa fallita)
- Ai fini dell'obbligatorietà della procedura di cui all'art. 24 L. 223/91, devono
computarsi, nella valutazione del numero di licenziamenti effettuati, tutti gli atti
risolutivi del rapporto che non siano imputabili alla libera determinazione del lavoratore
(Pret. Verona 26/1/95, est. Mancini, in D&L 1995, 879)
- Nel numero minimo dei licenziamenti di cui alla prima parte del 1° comma dell’art.
24 L. 23/7/91 n. 223, non possono computarsi tutti i tipi di cessazione del rapporto di
lavoro per iniziativa del datore di lavoro, come le dimissioni incentivate, che hanno una
causa diversa dal licenziamento (Cass. 7/11/98 n. 11251, pres. Lanni, est. Vidiri, in D&L
1999, 82, n. Muggia)
- Se il processo di riduzione, nonché la procedura di cui all'art. 24 L. 223/91, sfociano
nel licenziamento di un solo dipendente, il licenziamento, ab origine collettivo,
non si trasforma in individuale (Trib. Milano 31/3/95, pres. ed est. Mannacio, in D&L
1995, 882, nota NICCOLAI, Licenziamenti individuali e collettivi: lo spazio di scelta
dell'imprenditore)
- L'art. 24 c. 4 L. 223/91, che esclude l'applicabilità delle disposizioni in materia di
licenziamenti collettivi nelle ipotesi di fine lavoro nelle costruzioni edili, si
riferisce soltanto ai casi di scadenza fisiologica dei lavori, che non sia connessa a una
situazione di crisi per riduzione di attività (Pret. Milano 7/8/96, est. Cincotti, in D&L
1996, 941; in senso conforme, v. Pret. Roma 2/6/97, est. Rossi, in D&L 1998,
377)
- In caso di licenziamento collettivo, l'esonero dal rispetto della procedura ex artt. 4 e
23 L. 223/91, previsto dall'art. 24 c. 4 della stessa legge nel caso di scadenza dei
rapporti di lavoro a termine, di fine lavoro nelle costruzioni edili e di attività
stagionali o saltuarie, non trova applicazione nell'ipotesi di perdita dell'appalto da
parte di un'impresa di pulizie (Trib. Milano 16/12/95, pres. ed est. Mannacio, in D&L
1996, 391. V. in senso conforme Pret. Milano 1/4/98, in D&L 1998, 664; Pret.
Milano 27/12/95, est. Canosa, in D&L 1996, 396)
- L'art. 24 c. 4 L. 223/91, che esclude l'applicabilità delle disposizioni in materia di
licenziamenti collettivi nelle ipotesi di fine lavoro nelle costruzioni edili, si
riferisce soltanto ai dipendenti assunti per una commessa determinata, che siano
licenziati dopo l'ultimazione della stessa, indipendentemente dalla situazione in cui si
trova l'impresa. al contrario, nei confronti dei lavoratori che fanno stabilmente parte
dell'organico dell'impresa e vengono licenziati per contrazione dell'attività, pur se alt
termine di una commessa, si applicano le procedure di cui agli artt. 4 e 5 della stessa
legge (Pret. Milano 6/4/95, est. Curcio, in D&L 1996, 894)
- Le imprese che gestiscono servizi di pulizia in appalto e che occupano più di quindici
dipendenti sono soggette alla disciplina di cui all’art. 24, L.23/7/91 n. 223, anche
se la riduzione di lavoro derivi dalla cessazione di un appalto con o senza subentro di
altra impresa nei lavori eseguiti dalla prima (Cass. 21/5/98 n. 5104, pres. Buccarelli,
est. Celentano, in D&L 1998, 942. In senso conforme, v. Trib. Catania 10/6/99,
pres. Pagano, est. Zappia, in D&L 1999, 819)
- Il licenziamento del dipendente, intimato dopo che sia trascorso il periodo di 120
giorni previsto dall'art. 24 L. 223/91 ma comunque causalmente riconducibile al motivo
della riduzione di personale, è nullo (ai sensi dell'art. 1344 c.c.), in quanto mezzo per
eludere l'applicazione di norma imperativa, quella appunto prevista dall'art. 24, legge
citata, rientrante nell'ambito delle norme di ordine pubblico economico (Pret. Monza, sez.
Desio, 7/11/94, est. Barberis, in D&L 1995, 321)
- In caso di impossibilità di reimpiego dei lavoratori sospesi dal lavoro ai sensi del DL
21/6/93 n.199, convertito in L.9/8/93 n.293, che ha esteso alle imprese di spedizione
internazionale, dei magazzini generali e degli spedizionieri doganali la possibilità di
usufruire dei benefici della Cigs, il licenziamento deve essere effettuato secondo le
procedure di cui all’art. 4 L. 23/7/91 n. 223, pena l’inefficacia dei singoli
atti di recesso (Pret. Torino, sez. Moncalieri, 9/12/96, est. Giusta, in D&L
1997, 287, n. Borali, Licenziamento collettivo e imprese di spedizione internazionale)
- È manifestamente inammissibile la questione di illegittimità costituzionale
dell’art. 24 L. 23/7/91 n. 223, nella parte in cui escluderebbe dal suo campo di
applicazione i dirigenti e funzionari, laddove non venga esplicitato in base a quale
assunto dovrebbe giustificarsi la piena equiparazione tra le due categorie (Corte Cost.
18/7/97 n. 258, pres. Granata, rel. Ruperto, in D&L 1998, 64, n. PAGANUZZI)
C. Procedura sindacale
- Sono inefficaci i licenziamenti intimati in violazione dell'obbligo a carico del datore
di lavoro, ex art. 4 c. 3 L. 223/91, di comunicare preventivamente per iscritto, alle Rsa
i motivi tecnici, organizzativi e produttivi, che siano ostativi alla adozione di misure
alternative alla procedura di mobilità (Pret. Milano 18/11/95, est. Di Ruocco, in D&L
1996, 401; in senso conforme v. Pret. Milano 19/2/98, est. Peragallo, in D&L
1998, 659; Pret. Milano 3/5/95, est. Cecconi, in D&L 1995, 892; Pret. Napoli
24/2/95, est. Di Lella, in D&L 1995, 895; Trib. Napoli 10/4/95, pres. ed est.
Marconi, in D&L 1995, 896, nota QUATTROMINI, I vizi formali della procedura
di mobilità; Pret. Milano 16/12/94, est. Atanasio, in D&L 1995, 327; Pret.
Milano 2/7/94, est. Frattin, in D&L 1995, 109; Pret. Milano 17/6/94, est.
Frattin, in D&L 1995, 117)
- La violazione del disposto del 9° comma dell'art. 4 L. 223/91, che impone la
comunicazione agli uffici competenti ed alle organizzazioni sindacali delle specifiche
modalità di applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, comporta, ai
sensi dell'art. 5, 3° comma, stessa legge, l'inefficacia dei licenziamenti irrogati
(Cass. S.U. 11/5/00 n. 302, in Foro it. 2000, pag. 2156)
- Sono inefficaci i licenziamenti intimati in violazione dell'obbligo, previsto dall'art.
4 c. 9 L. 223/91, di comunicare all'Urlmo e alle OO. SS. la puntuale indicazione delle
modalità applicative dei criteri di scelta di cui all'art. 5 c. 1 legge citata (Pret.
Milano, sez. Rho, 14/11/95, est. Maupoil, in D&L 1996, 403; in senso conforme
v. Cass. 14/11/98 n. 11480, pres. De Tommaso, est. Amoroso, in D&L 1999, 73, n.
Muggia, Licenziamenti collettivi e procedure di mobilità: il punto della situazione;
Cass. 23/9/98 n. 9541, pres. Lanni, est. Lupi, in D&L 1999, 85; Cass. 17/4/98
n. 3922, pres. Mattone, est. Miani Canevari, in D&L 1998, 655, n. MUGGIA, Licenziamenti
collettivi: forma e sostanza; Cass. 17/1/98 n. 419, pres. Fanelli, est. Mazzarella, in
D&L 1998, 359; Cass. 27/5/97 n. 4685, pres. Trezza, est. Lupi, in D&L
1997, 769; Cass. 26/7/96 n.6759, pres. Martinelli, est. Miani Canevari, in D&L
1997, 289, n. Muggia; Pret. Milano 9/3/99, est. Atanasio, in D&L 1999, 534;
Pret. Roma 4/7/97, est. Falato, in D&L 1998, 371, n. CAPURRO, Licenziamenti
collettivi e omessa comunicazione delle modalità di applicazione dei criteri di scelta ex
art. 4 c. 9 L. 223/91: conseguenze sanzionatorie; Pret. Milano 9/12/98, est.
Ianniello, in D&L 1999, 90; Pret. Milano 4/7/97, est. Mascarello, in D&L
1998, 95, n. QUADRIO, Licenziamento collettivo e onere della prova; Pret.
Milano 24/7/97, est. Atanasio, in D&L 1998, 99; Pret. Frosinone 17/2/95, est.
Cianfrocca, in D&L 1995, 889; Pret. Napoli 24/2/95, est. Di Lella, in D&L
1995, 895; Trib. Napoli 10/4/95, pres. ed est. Marconi, in D&L 1995, 896, nota
QUATTROMINI, I vizi formali della procedura di mobilità; Pret. Milano 8/5/95, est.
Curcio, in D&L 1995, 901; Pret. Milano 13/3/95, est. Atanasio, in D&L
1995, 581; Pret. Milano 16/12/94, est. Atanasio, in D&L 1995, 327; Pret. Milano
6/8/96, est. Porcelli, in D&L 1997, 88; Pret. Milano 6/4/96, est. Curcio, in D&L
1997, 93; Pret. Milano 4/2/97, est. Negri della Torre, in D&L 1997, 527, nota
Borali; Pret. Padova 22/1/97, est. Balletti, in D&L 1997, 529; Pret. Busto
Arsizio, sez. Saronno, 16/4/97, est. Perfetti, in D&L 1997, 532; Trib. Busto
Arsizio 10/12/97, pres. Bruni, est. Pattumelli, in D&L 1998, 364; Pret. Milano
19/2/98, est. Peragallo, in D&L 1998, 659; Pret. Milano 4/5/98, est. Gerli, in D&L
1998, 939)
- E' illegittimo il licenziamento di un dipendente che sia stato disposto in violazione
dell'obbligo di comunicare i criteri di individuazione dei lavoratori prescelti (nel caso
di specie la società si era limitata ad affermare che il lavoratore non aveva titoli per
restare, inviando al medesimo la mera indicazione delle sue condizioni economico –
professionali, ma non il quadro comparativo di tutti i soggetti interessati alla
procedura) (Trib. Milano 10/2/95, pres. ed. est. Mannacio, in D&L 1995, 882; in
senso conforme v. anche Trib. Milano 31/3/95, pres. ed est. Mannacio, in D&L
1995, 882, nota NICCOLAI, Licenziamenti individuali e collettivi: lo spazio di scelta
dell'imprenditore; Pret. Milano 15/5/95, est. Cecconi, in D&L 1995, 911)
- Nell’ambito di una procedura di mobilità, la generica comunicazione, da parte del
datore di lavoro, di avere individuato i lavoratori da licenziare collettivamente sulla
base dei criteri di scelta stabiliti da un accordo sindacale non assolve l’obbligo,
imposto dall’art. 4, 9° comma, L. 23/7/91 n. 223, di comunicare all’Urlmo, alla
Commissione regionale per l’impiego e alle OO.SS. le modalità di applicazione di
tali criteri di scelta. La conseguente violazione dell’obbligo di comunicazione
comporta l’inefficacia dei licenziamenti ai sensi dell’art. 5, 3° comma, della
medesima legge (Pret. Milano 27/2/99, est. Marasco, in D&L 1999, 309)
- L’indicazione da parte del datore di lavoro, nella lettera di apertura della
procedura di mobilità, dell’appartenenza del personale eccedente alla categoria
operaia e dell’assegnazione dello stesso a due dei tre stabilimenti aziendali nonché
il semplice richiamo alla mancata attivazione degli strumenti di reimpiego del personale
previsti da un precedente accordo sindacale non sono sufficienti ad assolvere gli
obblighi, stabiliti dall’art. 4, 2° e 3° comma, L. 23/7/91 n. 223, di preventiva
comunicazione dei profili professionali e della collocazione aziendale di tale personale e
di indicazione dei motivi ostativi all’adozione di misure alternative al
licenziamento. Ne consegue l’inefficacia del licenziamento collettivo disposto a
seguito di una procedura così viziata (Pret. Milano 27/2/99, est. Marasco, in D&L
1999, 309)
- Sono inefficaci i licenziamenti inflitti in violazione dell’obbligo, ex art. 4, 3°
comma, L.23/7/91 n. 223, di indicare, nella comunicazione di apertura della procedura alle
organizzazioni sindacali, i motivi che determinano la situazione di eccedenza, nonché i
motivi per i quali si ritenga di non poter adottare misure alternative al licenziamento
(nella fattispecie, è stato ritenuto inidoneo a soddisfare l’obbligo di
comunicazione il generico riferimento ai motivi che hanno determinato il ricorso alla
Cigs) (Pret. Milano 4/5/98, est. Gerli, in D&L 1998, 939)
- E' inefficace il recesso disposto dal datore di lavoro che, in sede di comunicazione ex
art. 4 c. 3 L. 223/91, abbia solo genericamente indicato i motivi del licenziamento e non
abbia indicato le misure a esso alternative, senza che possa supplire a tali omissioni
l'informazione resa al sindacato durante l'esame congiunto ai sensi del successivo comma 5
(Pret. Milano 31/1/95, est. Peragallo, in D&L 1995, 583)
- E’ illegittima la messa in mobilità disposta senza preventivamente procedere alle
comunicazioni alle associazioni sindacali, disposte dall’art. 4, 2°e 3° comma, L.
23/7/91 n. 223, aventi a oggetto le cause che hanno determinato l’eccedenza del
personale e l’impossibilità di un’utilizzazione diversa del personale (Pret.
Milano 22/3/99, est. Cecconi, in D&L 1999, 535)
- Considerato che lo scopo della comunicazione prevista dall'art. 4 L. 223/91 è di
rendere il più possibile trasparente il processo decisionale attraverso il quale
l'imprenditore è giunto alla determinazione di recedere dai rapporti di lavoro per
favorire un'aperta discussione con le OO. SS., una generica e laconica indicazione dei
motivi che inducono ad avviare la procedura di mobilità configura violazione degli
obblighi di informazione previsti dal comma 3 del citato art. 4, con la conseguenza della
illegittimità dei licenziamenti nel frattempo operati e degli effetti di cui all'art. 18
SL, richiamato dal terzo comma dell'art. 5 L. 223/91 (Pret. Nocera Inferiore 22/7/94, est.
Scelza, in D&L 1995, 112)
- Non adempie l’obbligo di informazione ex art.4, 3° comma, L.23/7/91 n. 223 il
datore di lavoro che si limiti a comunicare i nomi dei licenziandi con le relative
qualifiche e che richiami precedenti incontri sindacali, né tale omissione può essere
sanata nella successiva fase dell’esame congiunto (Cass. 30/10/97 n. 10716, pres.
Mattone, est. Roselli, in D&L 1998, 366)
- L’omissione della preventiva comunicazione alle organizzazioni sindacali prescritta
dall’art. 4, 2° comma, L. 23/7/91 n. 223 da parte dell’impresa che intende
avviare la relativa procedura di mobilità non determina vizio di nullità, ove di fatto
l’individuazione delle procedure e dei criteri di scelta dei lavoratori eccedenti sia
stata operata d’accordo con le OO.SS. (Pret. Milano 22/3/99, est. Sala, in D&L
1999, 541)
D. Criteri di scelta
- La comparazione dei lavoratori da avviare alla mobilità deve avvenire nell’ambito
dell’intero complesso organizzativo o produttivo, e in modo che concorrano lavoratori
di analoghe professionalità e di similare livello di specializzazione (Cass. 4/11/97 n.
10832, pres. Pontrandolfi, est. Mazzarella, in D&L 1998, 366. In senso
conforme, v. Pret. Milano 24/7/97, est. Atanasio, in D&L 1998, 99)
- In caso di licenziamento collettivo, la comparazione, ai fini dell’applicazione dei
criteri di scelta di cui all’art. 5 L. 23/7/91 n. 223, deve avvenire tra tutti i
lavoratori con analoghe professionalità operanti nell’ambito dell’intero
complesso aziendale, e non solo tra i lavoratori del reparto che debba eventualmente
essere soppresso (Trib. Milano 20 gennaio 1999, pres. Mannacio, est. Sbordone, in D&L
1999, 318)
- Ai fini dell’applicazione dei criteri di scelta di cui all’art. 5 L. 23/7/91
n. 223, allorché sia riscontrabile una fungibilità tra le professionalità coinvolte dal
denunciato esubero di personale e quelle presenti in altre sedi dell’azienda, la
comparazione deve avvenire tra tutti i lavoratori operanti nell’ambito
dell’intero complesso aziendale su base nazionale (nel caso di specie, a seguito
della soppressione di alcuni servizi di wagon-lits il denunciato conseguente esubero era
stato attribuito alla sola sede di partenza e non anche alle sedi di destinazione
dislocate sul territorio nazionale) (Trib. Milano 3/9/99, est. Frattin, in D&L
1999, 823)
- In assenza di criteri in sede sindacale, il datore di lavoro che intenda procedere a un
licenziamento collettivo deve applicare, per l'individuazione dei lavoratori da collocare
in mobilità, i criteri previsti dall'art. 5 c. 1 L. 223/91, in concorso tra di loro; sono
illegittimi i singoli licenziamenti intimati senza la concorrente applicazione dei criteri
concernenti i carichi di famiglia e l'anzianità di servizio, con conseguente emanazione
delle pronunce previste dall'art. 18 SL (Pret. Milano 8/1/96, est. Negri della Torre, in D&L
1996, 393. V. in senso conforme Pret. Milano 12/7/94, est. Canosa, in D&L 1995,
117)
- Il datore di lavoro che intenda procedere a riduzione del personale mediante procedura
di mobilità ai sensi degli artt. 4 e 24 L. 223/91, deve applicare, a pena di inefficacia
dei licenziamenti, i criteri di cui al primo comma dell'art. 5 L. 223/91 per la scelta dei
lavoratori da collocare in mobilità, qualora l'accordo sindacale raggiunto si limiti a
indicare il numero complessivo dei lavoratori in esubero (Pret. Milano 29/11/94, est.
Mascarello, in D&L 1995, 336)
- Tramite accordo aziendale, a seguito dell'esame congiunto ex art. 4 L. 223/91 e col
consenso dei sindacati, possono essere fissati criteri di scelta dei lavoratori da porre
in mobilità diversi da quelli indicati dall'art. 5 della stessa legge, purché i criteri
concordati non sovvertano le priorità di quelli legali, e sempre che non siano del tutto
generici (nel caso di specie, è stato ritenuto che illegittimamente era stato individuato
il criterio del conseguimento della pensione durante la mobilità e che era generico il
criterio riguardante le "specificità individuali") (Pret. Monza, sez. Desio,
30/7/94, est. Milone, in D&L 1995, 107)
- Ove l'individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità avvenga alla stregua dei
criteri indicati dall'art. 5 c. 1 L. 223/91, il datore di lavoro non può arbitrariamente
– a pena di nullità dei licenziamenti – valorizzare eccessivamente le esigenze
tecnico – produttive e l'anzianità a discapito dei carichi di famiglia che, a
differenza dei primi due, rientranti nella sfera degli interessi del datore di lavoro,
intende attenuare l'impatto sociale che il licenziamento può avere nei confronti dei
soggetti deboli della società (Pret. Milano 24/4/96, est. Atanasio, in D&L
1997, 91)
- È illegittima la messa in mobilità disposta omettendo l’esame comparativo dei
criteri di scelta ex art. 5, 1° comma, L.23/7/91 n.223 in concorso tra loro e attribuendo
rilevanza al solo criterio delle esigenze tecnico-organizzative (Pret. Milano 24/7/97,
est. Atanasio, in D&L 1998, 99)
- Gli accordi collettivi che individuano i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare
debbono rispettare oltre i principi costituzionali, le norme imperative e il principio di
non discriminazione, anche il principio di razionalità alla stregua del quale i criteri
di scelta debbono avere i caratteri dell'obiettività e della generalità (nel caso di
specie la Suprema Corte ha ritenuto non ragionevole il criterio di scelta
dell'acquisizione del lavoratore licenziando del diritto a pensione di vecchiaia o di
anzianità) (Cass. 24/4/99, n. 4097, in Dir. Lav. 2000, pag. 78)
- Il criterio di scelta individuato dall'accordo collettivo, ex art. 5 L. 223/91, relativo
alla possibilità del lavoratore di accedere direttamente alla pensione nel corso o al
termine della mobilità, deve considerarsi irragionevole e indeterminato qualora comporti
il rischio di un'incontrollabile discrezionalità del datore di lavoro nella fase di
concreta individuazione del lavoratore da licenziare, per l'assenza di meccanismi
correttivi o integrativi che consentano di far fronte con criteri oggettivi alla
necessità di operare un'ulteriore selezione tra i lavoratori in possesso dei requisiti
pensionistici (Pret. Milano 26/3/96, est. Mascarello, in D&L 1996, 1029, nota
Scarpelli)
- In tema di licenziamento collettivo, è legittimo, e prevalente sui criteri legali, il
criterio convenzionale di scelta dei lavoratori aventi diritto a un trattamento di
quiescenza (Pret. Napoli, sez. Pozzuoli, 4/10/95, est. Giordano, in D&L 1996,
786, nota PERRINO, Autonomia collettiva e determinazione dei criteri di scelta. In
senso conforme, v. Pret. Milano 22/11/94, est. Muntoni, in D&L 1995, 310)
- Il criterio di scelta dei lavoratori da porre in mobilità, concordato sindacalmente,
basato sul raggiungimento dei requisiti per il collocamento in quiescenza, è in via di
principio legittimo, essendo criterio oggettivo e non irrazionale; diviene generico e
irragionevole in concreto – con conseguente illegittimità dei licenziamenti irrogati
e ordine di reintegrazione in servizio -, qualora dalla sua applicazione derivi un numero
di lavoratori superiore a quelli in esubero, in quanto in tal caso non residua un criterio
prestabilito e certo con il quale effettuare la seconda selezione, essendo i criteri
legali applicabili solo in mancanza di un accordi sindacale e non in via suppletiva alle
carenze dello stesso (Pret. Milano 26/7/95, est. Vitali, in D&L 1996, 105, nota
FRANCESCHINIS, In tema di criteri di scelta nella procedura di mobilità)
- È illegittimo l’accordo collettivo stipulato ex art. 5, 1° comma, L. 23/7/91 n.
223, nella parte in cui prevede quale unico criterio di scelta quello della c.d.
"pensionabilità" (consistente cioè nell’individuazione dei licenziandi in
base alla loro possibilità di accedere al trattamento pensionistico, con totale
pretermissione della valutazione delle altre concrete situazioni personali, contributive e
familiari), in ragione delle seguenti considerazioni: a. l’applicazione di
quell’unico criterio, senza la ponderazione dello stesso con altri criteri
"sociali", si traduce nella violazione del principio di ragionevolezza (cui i
criteri contrattuali devono sottostare anche alla luce della sentenza n. 268/94 della
Corte Cost.), conducendo, in particolare, a esiti incongrui con il sistema legislativo in
materia di mobilità (sistema nel quale i criteri legali di scelta sono dettati in
attuazione di un principio solidaristico di ordine costituzionale); b. l'applicazione di
quel criterio, prevedendo o consentendo di fare riferimento per il personale femminile a
un’età inferiore a quella del personale maschile, viola il principio di parità di
trattamento sancito dalla L.10/4/91 n. 125 (e ribadito specificamente dall’art. 8
della L.19/7/93 n.236); c. a maggior ragione sarebbe violato il principio di
ragionevolezza e congruità qualora, come nel caso di specie, la scelta dei lavoratori da
licenziare fosse attuata non sulla base dell’anzianità contributiva effettiva
(quella cioè risultante dai dati reperiti dagli istituti previdenziali), ma sulla base
dell’anzianità contributiva risultante dalla documentazione in possesso
dell’azienda (Pret. Milano 28/11/96, est. Muntoni, in D&L 1997, 377)
- L’individuazione, anche mediante accordo sindacale, del numero del personale
eccedente coinvolto da una procedura di mobilità unicamente sulla base del possesso di un
determinato requisito di anzianità contributiva da parte dei dipendenti, contrasta con la
norma di cui all’art. 5 della L. 23/7/91 n. 223, in quanto svincola la decisione di
riduzione del personale e delle dimensioni di tale riduzione da obiettive esigenze
riorganizzative dell’impresa (Pret. Milano 22/3/99, est. Sala, in D&L
1999, 541)
- E’ illegittima la scelta del personale da licenziare, nell’ambito di una
procedura di mobilità, operata sulla base del criterio prioritario della permanenza della
situazione di sospensione in Cigs del personale coinvolto, sia quando tale permanenza
derivi da precedenti decisioni datoriali di reimpiego di parte del personale sospeso, sia
nel caso in cui l’atto di sospensione in Cigs sia stato nel frattempo annullato da
una decisione giudiziale (Pret. Milano 27/2/99, est. Marasco, in D&L 1999, 309)
- E' illegittimo individuare puramente e semplicemente i lavoratori da porre in mobilità
in quelli già in C.i.g.s., senza indicazione delle modalità di applicazione dei criteri
di scelta (Pret. Vasto 28/5/99, est. Cristino, in Lavoro giur. 2000, pag. 249, con
nota di Nunin)
- Nel caso in cui i lavoratori da collocare in mobilità siano stati individuati
utilizzando come criterio di scelta, in sostituzione di quelli previsti dall’art. 5,
1° comma, L. 23/7/91 n. 223, la situazione di sospensione in Cigs degli stessi,
l’annullamento giudiziale di tale sospensione determina anche l’illegittimità
della scelta ai fini della collocazione in mobilità (Pret. Milano 9/12/98, est.
Ianniello, in D&L 1999, 90. In senso conforme, v. Pret. Milano 9/3/99, est.
Atanasio, in D&L 1999, 534; Pret. Milano 24/4/99, est. Frattin, in D&L
1999, 535)
- E’ illegittima la scelta del personale da licenziare nell’ambito di una
procedura di mobilità sulla base del criterio prioritario della permanenza della
situazione di sospensione con intervento della Cigs del personale coinvolto quando tale
sospensione sia stata annullata da una decisione giudiziale e comunque in quanto tale
criterio, per la disomogeneità delle esigenze aziendali poste a base, rispettivamente,
della Cigs e della riduzione di personale e per la sproporzione tra numero di
cassaintegrati e quello, nettamente minore, dei licenziandi, finisce per attribuire al
datore di lavoro un ampio potere di scelta dei lavoratori da estromettere (Pret. Milano
31/12/98, est. Di Ruocco, in D&L 1999, 310)
- Sono inefficaci i licenziamenti dei dipendenti, qualora l’unico criterio di scelta
utilizzato per individuarli sia costituito dal rifiuto opposto alla trasformazione del
rapporto da tempo pieno a tempo parziale, anche se tale rifiuto può determinare oggettivi
problemi tecnico-organizzativi (Pret. Busto Arsizio, sez. Saronno, 16/4/97, est. Perfetti,
in D&L 1997, 532)
- È illegittimo il licenziamento collettivo intimato applicando criteri di scelta che
avevano portato all’individuazione di un numero di lavoratori superiore a quello
dichiarato esuberante (Trib. Milano 26/4/97, pres. ed est. Mannacio, in D&L
1997, 772, n. Summa, Licenziamento collettivo e criteri di scelta: una fattispecie
particolare)
E. Casistica
- E' inefficace, ai sensi dell'art. 3 c. 3 L. 223/91, il licenziamento intimato a più di
5 dipendenti dal curatore del fallimento, per impossibilità sopravvenuta a causa della
dichiarazione del fallimento della società con oltre 15 dipendenti, senza rispettare la
procedura di mobilità prevista dall'art. 4 della legge stessa (Pret. Milano 24/9/96, est.
Chiavassa, in D&L 1996, 939. In senso conforme, v. Pret. Milano 27/9/94, est.
Peragallo, in D&L 1995, 421, nota QUATTROMINI)
- Sono illegittimi i licenziamenti collettivi dei soci lavoratori di una cooperativa,
qualora vengano comminati in violazione della procedura di cui agli artt. 1, 4, 24 L.
223/91, con il conseguente obbligo per la società di reintegrare i soci lavoratori e di
corrispondere loro le retribuzioni globali di fatto dal recesso all'effettiva reintegra
(Pret. Milano 17/11/95, est. Taraborrelli, in D&L 1996, 398, nota Dal Lago)
- È illegittimo il licenziamento intimato, all’esito della procedura ex art. 4
l.23/7/91 n.223, a un lavoratore la cui mansione non rientri tra i profili professionali
comunicati ai sensi del 3° comma della norma citata e il cui nominativo non sia stato
comunicato ai sensi del 9° comma della stessa norma (Nella fattispecie, al momento delle
comunicazioni in questione il lavoratore era stato colpito da un precedente licenziamento
e pendeva ancora la causa promossa avverso il primo atto di recesso) (Trib. Milano
30/11/96, pres. Mannacio, est. Gargiulo, in D&L 1997, 297)
- Nel caso in cui il criterio di scelta previsto per l’effettuazione di un
licenziamento collettivo sia l’adibizione a un’unità produttiva soppressa, è
illegittimo, per violazione dell’art. 5, 1° comma, L. 23/7/91 n. 223, il
licenziamento del lavoratore inviato in trasferta, e non definitivamente trasferito,
presso tale unità produttiva (Pret. Milano 25/3/97, est. Curcio, in D&L 1997,
775)
F. Dequalificazione ex art. 4 c. 11 L. 223/91
- Nel caso di violazione dei criteri di scelta concordati in sede di accordo concluso
nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo, deve ritenersi illegittimo
il demansionamento del lavoratore asseritamente disposto ai sensi dell’art. 4, 11°
comma, L. 23/7/91 n. 223, presupponendo tale norma l’osservanza delle disposizioni
previste dalla legge e dall’accordo sindacale in materia di criteri di scelta (Pret.
Milano 21/3/98, est.Vitali, in D&L 1998, 726)
G. Indennità di mobilità
- Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 4° e
9°, L. 23/7/91 n. 223, in combinato disposto con gli artt. 6, 1° comma e 7, 1° comma
della medesima legge, sollevata con riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., nella parte in
cui condizionerebbe l’iscrizione nelle liste di mobilità nel caso di cessazione di
attività al comportamento del datore di lavoro; infatti, nel caso in cui questi ometta di
porre in essere gli adempimenti necessari per la suddetta iscrizione, trova applicazione
l’art. 4, 1° comma, DL 20/5/93 n. 236, convertito con modificazioni nella L. 19/7/93
n. 236, che consente al lavoratore di inoltrare personalmente richiesta di iscrizione con
conseguente diritto, sussistendone i requisiti contributivi, all’indennità di
mobilità (Corte Cost. 21/1/99 n. 6, pres. Granata, rel. Ruperto, in D&L 1999,
283, n. PAGANUZZI)
- E' illegittimo il rifiuto dell'Inps di erogare l'indennità di mobilità a un lavoratore
a domicilio licenziato in seguito a una procedura di riduzione del personale ex L. 223/91
(Pret. Parma 7/3/95, est. Federico, in D&L 1995, 913)
- Il lavoratore a domicilio, che sia stato licenziato all’esito di una procedura ex
art. 4 L. 23/7/91 n. 223, ha il diritto alla corresponsione dell’indennità di
mobilità a condizione che possegga i requisiti di categoria e anzianità di lavoro
nell’azienda previsti dall’art. 16, 1° comma, della predetta legge (Pret.
Venezia 14/10/96, est. Santoro, in D&L 1997, 427. In senso conf., v. Trib.
Parma 10/12/96, pres. Mari, est. Miglio, in D&L 1997, 778)
- In caso di riduzione di personale è dovuta l’indennità di mobilità ex art. 16,
L.22/7/91 n.223 anche ai lavoranti a domicilio, qualora ricorrano i requisiti richiesti
avuto riguardo alla dimensione occupazionale dell’impresa di appartenenza e al
settore produttivo (imprese industriali, escluse quelle edili) interessato (Trib. Parma
4/11/97, pres. Miglio, est. Sinini, in D&L 1998, 361, n. FIORAI, L’indennità
di mobilità per il lavoratore a domicilio: problema risolto?)
- Poiché la sospensione del trattamento di mobilità, regolata dall'art. 8, c. 6 e 7 L.
223/91, è applicabile anche ai periodi di ripresa del lavoro a seguito di ordinanza o
sentenza di reintegrazione, il tempo trascorso dalla reintegrazione alla perdita del
titolo della stessa (sia per riforma della sentenza, sia per rinuncia del lavoratore) non
va computato ai fini della determinazione del periodo di durata del trattamento di
mobilità (Pret. Milano 12/7/95, est. Ianniello, in D&L 1995, 915)
- Poiché la reintegrazione in servizio del lavoratore collocato in mobilità disposta in
via cautelare dà luogo a una prosecuzione del rapporto di lavoro di natura provvisoria, e
non determina la ricostruzione del rapporto di lavoro, in caso di revoca di tale
provvedimento il lavoratore ha il diritto di fruire del trattamento di mobilità per il
periodo successivo al licenziamento, con sospensione dello stesso per il periodo di
effettiva reintegrazione, senza che sia necessaria una specifica domanda di ripristino
della prestazione a carico dell'Inps (Pret. Milano 8/5/96, est. Frattin, in D&L
1997, 84)
- Ha diritto all’indennità di mobilità il lavoratore che, dopo essere stato
collocato in mobilità ed essere stato provvisoriamente reintegrato in servizio ex art.
700 c.p.c., accetti, in via transattiva, la collocazione in mobilità disposta nei suoi
confronti, con decorrenza dalla data della transazione (Pret. Milano 3/3/97, est.
Ianniello, in D&L 1997, 540)
- Il termine di decadenza annuale per la proposizione dell'azione giudiziaria volta a
ottenere l'indennità di mobilità - siccome previsto dall'art. 47 DPR 30/4/70 n. 639,
come modificato dall'art. 4 DL 19/9/92 n. 384, convertito con modificazioni nella L.
14/11/92 n. 438 - decorre, al più tardi, dal trecentounesimo giorno successivo alla data
di presentazione all'Inps della relativa domanda (Pret. Monza 3/3/97, est. Dani, in D&L
1997, 857)
- Il lavoratore, beneficiario del trattamento di mobilità previsto dall’art. 7, 1°
comma, L. 23/7/91 n. 223, che intraprende attività di lavoro autonomo senza aver
preventivamente richiesto l’anticipazione dell’intera indennità ai sensi
dell’art. 7, 5° comma, stessa legge, non decade da tale trattamento; una simile
decadenza, infatti, non essendo espressamente contemplata tra le ipotesi disciplinate
dalla L. 23/7/91 n. 223, non può derivare dall’art. 52 RD 2270/24 in materia di
decadenza dal trattamento di disoccupazione involontaria, essendo tale normativa
inapplicabile alle fattispecie già compiutamente disciplinate dalla L. 23/7/91 n. 223
(Pret. Milano 13/1/98, est. Cecconi, in D&L 1998, 448, n. MARINO, Indennità
di mobilità e attività di lavoro autonomo)
- Il diritto alla corresponsione dell’indennità di mobilità ex art. 7 L. 23/7/91 n.
223 sussiste anche nel caso in cui i lavoratori in mobilità diano vita a una società di
capitali, obbligandosi a effettuare prestazioni accessorie di lavoro ex art. 2345 c.c.,
non configurandosi per questa via la nascita di un rapporto di lavoro subordinato (Trib.
Parma 28/7/99 (ord.), est. Brusati, in D&L 1999, 951)
- All’istanza volta a ottenere il godimento dell’indennità di mobilità
proposta nei confronti dell’Inps dal lavoratore che sia stato posto in mobilità, non
è applicabile il termine di decadenza di sessanta giorni previsto dalla disciplina
sull’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, come
richiamata, "in quanto applicabile", dall’art. 7, 12° comma, L. 23/7/91 n.
223 (Trib. Catania 11/11/97, pres. Pagano, est. Giongrandi, in D&L 1998, 661,
n. PORTERA)
H. Art. 17 L. 223/91
- Nel caso in cui il datore di lavoro si sia avvalso della facoltà ex art. 17 L. 23/7/91
n. 223, e abbia quindi collocato in mobilità un numero di lavoratori corrispondenti a
quello reintegrato per ordine pretorile, è illegittima la messa in mobilità, nuovamente
disposta a seguito della riforma della sentenza di reintegrazione, nei confronti dei
lavoratori sostituiti (nella fattispecie, i lavoratori collocati in mobilità ex art. 17
citato avevano per lo più presentato acquiescenza al licenziamento e il datore di lavoro,
nel momento in cui erano stati nuovamente messi in mobilità i lavoratori sostituiti, non
aveva neppure richiamato in servizio i sostituti, con la conseguenza di aver superato il
numero di messe in mobilità concordato con le OO.SS.) (Pret. Milano 11/3/99 (ord.), est.
Atanasio, in D&L 1999, 315. In senso conforme, v. Pret. Milano 25/3/99 (ord.),
est. Vitali, in D&L 1999, 315)
- Nel caso in cui il datore di lavoro, dopo essersi avvalso della facoltà ex art. 17 L.
23/7/91 n. 223 di collocare in mobilità un numero i lavoratori corrispondenti a quello
reintegrato per ordine pretorile, metta nuovamente in mobilità i lavoratori
originariamente reintegrati e ciò a seguito della riforma della sentenza di
reintegrazione, è inammissibile la domanda di tali lavoratori volta a ottenere una nuova
reintegrazione nel posto di lavoro (nella fattispecie, l'inammissibilità della domanda è
stata affermata in quanto, nel giudizio di appello contro la sentenza che aveva disposto
la reintegrazione, era stata respinta l’eccezione di acquiescenza, da parte del
datore di lavoro, nei confronti di quella sentenza, fondata appunto sul ricorso alla
sostituzione ex art. 17 citato) (Trib. Milano 21/4/99 (ord.), pres. ed est. Mannacio, in D&L
1999, 531)
- E’ illegittimo il licenziamento effettuato ex art 17 L. 23/7/91 n. 223, in
sostituzione di altri lavoratori precedentemente collocati in mobilità e poi reintegrati
a seguito di sentenza del Pretore, nel caso in cui tale sentenza di reintegrazione venga
riformata in sede di gravame (Trib. Milano 8/5/99, pres. Mannacio, est. Gargiulo, in D&L
1999, 531)
I. Condotta antisindacale
- E' antisindacale la procedura di mobilità disposta in violazione dell'obbligo a carico
del datore di lavoro, ex art. 4 c. 3 L. 223/91, di comunicare preventivamente, e per
iscritto, alle rappresentanze sindacali i motivi tecnici, organizzativi e produttivi, che
siano ostativi alla adozione di misure alternative alla procedura di mobilità (nella
fattispecie il Pretore ha dichiarato l'inefficacia del licenziamento collettivo intimato)
(Pret. Milano 20/11/95, est. Canosa, in D&L 1996, 401. In senso conforme, v.
Pret. Lodi 28/7/95, est. Poggioli, in D&L 1995, 863; Pret. Milano 12/11/94,
est. Peragallo, in D&L 1995, 323)
- Pone in essere un comportamento antisindacale il datore di lavoro che effettui le
comunicazioni e l'esame congiunto previsti dall'art. 4 c. 2 L. 223/91 solamente con una
parte della rappresentanza sindacale unitaria; la dichiarata antisindacalità di tale
comportamento nei confronti del sindacato escluso non comporta l'invalidità o
l'annullamento dell'intera procedura di mobilità, restando validi gli accordi raggiunti
con le altre organizzazioni sindacali e con la parte di Rsu facente capo a queste ultime
(Pret. Milano 17/1/96, est. Vitali, in D&L 1996, 626)
- Perché possa parlarsi di antisindacalità della procedura di riduzione del personale,
la non veridicità delle informazioni contenuta nella comunicazione ex art. 4 L. 223/91
deve avere, obiettivamente, l'effetto di non consentire alle OO. SS. l'esercizio del
diritto di esaminare e controllare in concreto le scelte aziendali (Pret. Milano 20/6/94,
est. Curcio, in D&L 1995, 110)
- Pone in essere un comportamento antisindacale il datore di lavoro che effettui le
comunicazioni e l’esame congiunto previsti dall’art. 4, 2° comma, L.23/7/91
n.223 solamente con una parte della rappresentanza sindacale unitaria; la dichiarata
antisindacalità di tale comportamento nei confronti del sindacato escluso non comporta
l’invalidità e l’annullamento dell’intera procedura di mobilità e dei
conseguenti licenziamenti, né dei licenziamenti dei lavoratori iscritti al sindacato
escluso (Pret. Milano 28/1/97, est. Peragallo, in D&L 1997, 515)
- E' antisindacale, perché lesiva dell'immagine e della credibilità del sindacato, la
decisione del datore di lavoro di aprire una procedura di mobilità ex art. 4 L. 223/91
allorché tale comportamento, in contrasto con il principio di buona fede, violi un
accordo aziendale stipulato con il sindacato per la salvaguardia dei livelli occupazionali
(Pret. Milano 6/7/94, est. Frattin, in D&L 1995, 102)