Il licenziamento inefficace per motivi di forma, in impresa priva della tutela reale,
non è assoggettato al regime di cui allart. 8 L. 15/7/66 n. 64, non produce effetti
sulla continuità del rapporto e determina il diritto alla riammissione in servizio, oltre
allobbligo di risarcire il danno, commisurato alle retribuzioni non percepite
(detraendo laliunde perceptum) (Cass. 27/7/99 n. 508, pres. Grossi, est.
Ianniruberto, in D&L 1999, 889, n. Muggia, Violazioni gravi, tutela maggiore)
Qualora non ricorrano i presupposti di applicazione della tutela reale, il licenziamento
inefficace per mancata comunicazione dei motivi (art. 2 L. 108/90) deve considerarsi come
non intimato (tamquam non esset) con conseguente applicazione dei principi generali
in materia di inadempimento contrattuale (nel caso di specie, il Pretore ha condannato la
società datrice a corrispondere al lavoratore le retribuzioni maturate dalla data del
licenziamento a quella dell'effettivo ripristino del rapporto) (Pret. Pordenone 6/2/95,
est. Passannante, in D&L 1995, 1053)
Qualora il datore di lavoro non abbia comunicato, ai sensi dell'art. 2 L. 108/90, i
motivi del licenziamento, la preventiva richiesta di conciliazione ai sensi dell'art. 5,
legge citata, non costituisce condizione di procedibilità della domanda di accertamento
giudiziale dell'inefficacia del recesso, in considerazione del fatto che la possibilità
di comporre in una sede stragiudiziale la controversia presuppone, necessariamente, lo
svolgimento di un confronto concreto circa la sussistenza d una giusta causa o di un
giustificato motivo, confronto viceversa privo del suo oggetto nel caso di specie (nella
fattispecie, infatti, il datore di lavoro aveva replicato alla richiesta dei motivi da
parte del lavoratore, asserendo l'insussistenza di un obbligo di tale natura) (Pret.
Pordenone 6/2/95, est. Passannante, in D&L 1995, 1053)
Al licenziamento inefficace per omessa comunicazione dei motivi si applicano le
conseguenze previste dal diritto speciale e pertanto dall'art. 8 L. 604/66 (Trib. Milano
9/2/94, pres. ed est. Mannacio, in D&L 1995, 220, nota GURAISO, Licenziamenti
nulli e inefficaci: crisi e resurrezione del diritto comune)
Ai sensi dell'art. 2 c. 3 L. 604/66, il licenziamento intimato oralmente comporta
l'inefficacia dello stesso e, pertanto, il lavoratore, anche se dipendente di una impresa
con meno di sedici addetti, ha diritto al ripristino del rapporto di lavoro e al pagamento
di tutte le retribuzioni maturate dal licenziamento sino al momento del verificarsi di una
valida causa di risoluzione del rapporto di lavoro (Pret. Roma 2/9/94, est. Salato, in D&L
1995, 363)
Linefficacia del licenziamento orale che, nel caso di azienda con un numero di
dipendenti non superiore a 15, comporta la nullità dello stesso e il ripristino del
rapporto di lavoro (con conseguente diritto del lavoratore al pagamento delle retribuzioni
maturate) si protrae fino a quando non intervenga un atto scritto con cui il datore di
lavoro manifesti chiaramente la volontà di recedere (come ad esempio la lettera di
risposta allimpugnazione del licenziamento); incombe da quel momento al lavoratore
lonere di impugnazione nel termine di 60 giorni, con le conseguenze previste
dallart. 8 L. 15/7/66 n. 604 (Pret. Parma 28/6/99, est. Vezzosi, in D&L
1999, 912)
Ove il licenziamento impugnato in sede giurisdizionale sia stato intimato verbalmente,
non è dovuto né il tentativo di conciliazione eventualmente previsto dal CCNL né quello
di cui all'art. 5 L. 108/90, dovendosi ritenere che quest'ultima procedura preventiva sia
stata prevista solo riguardo ai licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, nei
quelli gli accertamenti e le valutazioni in fatto rendano utile l'intervento conciliativo,
non anche in ordine al recesso inefficace per mancanza di forma scritta (Pret. Napoli
2/2/96, est. Ingala, in D&L 1997, 169)
Il lavoratore ha diritto all'indennità prevista dall'art. 8 L. 604/66, anche se ha
rifiutato la riassunzione, cui il datore di lavoro aveva optato, in quanto una diversa
interpretazione sarebbe contraria al dettato costituzionale (Pret. Roma 10/2/95, est.
Petrucci, in D&L 1995, 685, nota MUGGIA, Una questione che sembrava ormai
chiusa)
Il tentativo obbligatorio di conciliazione stabilito dallart. 5 L.11/5/90 n.108
riguarda solo le ipotesi di impugnativa di licenziamento per carenza di giusta causa o di
giustificato motivo che vadano a incidere in unarea di stabilità obbligatoria; la
norma non è suscettibile di interpretazione estensiva, e non è quindi applicabile alla
diversa ipotesi di licenziamento disciplinare (Cass. 15/11//96 n.10033, pres. De Rosa,
est. Vidiri, in D&L 1997, 650, nota S. Muggia, Tentativo obbligatorio di
conciliazione e licenziamento disciplinare)
Il licenziamento disciplinare intimato dal datore di lavoro con violazione delle regole
procedimentali previste dall'art. 7 SL a garanzia del contraddittorio (quale, nella
specie, la mancata previa contestazione dell'addebito), non è nullo, ma illegittimo; va
quindi corretta la motivazione della sentenza che abbia ritenuto la conversione in recesso
ad nutum del licenziamento disciplinare intimato nell'area della libera
recedibilità in violazione delle suddette regole procedimentali, mentre va confermata
nella parte in cui ha riconosciuto al lavoratore il diritto all'indennità sostitutiva del
preavviso (Cass. S.U. 18/5/94 n. 4846, pres. Brancaccio, est. Genghini, in D&L
1995, 179, nota MUGGIA, Illegittimità senza sanzione: gli ultimi approdi della
Cassazione in tema di licenziamento disciplinare)
Va dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in
riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 7 c. 2 e 3 SL, per quanto concerne i licenziamenti
disciplinari intimati da datore di lavoro con meno di sedici dipendenti, laddove il
diritto vivente, ravvisabile nell'orientamento delle Sezioni unite della Cassazione,
sancisce che dall'inosservanza delle garanzie procedimentali conseguono gli stessi effetti
stabiliti per le ipotesi di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero
quelli di cui all'art. 8 L. 604/66, così come sostituito dall'art. 2 L. 108/90 (Corte
cost. 23/11/94 n. 398, pres. Casavola, rel. Santosuosso, in D&L 1995, 69)
Lart. 8, L. 15/7/66 n. 604 costituisce norma derogabile in melius da parte
della contrattazione collettiva, che ben può prevedere lapplicazione del regime di
stabilità reale anche alle imprese di minori dimensioni; tale derogabilità non è in
contrasto né con lart. 3 né con lart. 44, 1° comma, Cost. non essendo
ravvisabili, in tale materia, interessi generali idonei a comprimere la libertà di
contrattazione (Corte Cost. 23/4/98 n. 143, pres. Granata, rel. Santosuosso, in D&L
1998, 621)