LA DIFESA DEL SALARIO GLOBALE

1. Il monte retribuzioni

Il monte retribuzioni è uguale alla somma di tutti gli stipendi lordi e di tutti i contributi (previdenziali, assistenziali, sociali) che i datori di lavoro (privati e pubblici) pagano per ottenere l'insieme delle prestazioni dei lavoratori dipendenti.
I contributi versati dalle aziende non sono a carico dei datori di lavoro, ma sono invece retribuzione dei lavoratori (che non figura in busta paga) versata allo Stato per conto dei dipendenti.
Il monte retribuzioni può anche essere determinato sommando gli stipendi medi lordi ai contributi medi versati dai datori di lavoro e moltiplicando questa cifra per il numero di lavoratori.

1a formula di determinazione del monte retribuzioni

monte retribuzioni = (stipendi lordi complessivi + contributi complessivi)

 

2a formula di determinazione del monte retribuzioni

monte retribuzioni = (stipendi medi lordi + contributi medi) x numero lavoratori

La seconda formula fa capire che il monte retribuzioni migliora (e quindi migliorano le nostre condizioni di vita) quando è positiva la somma algebrica delle variazioni degli elementi contenuti nella formula stessa; peggiora se tale somma è negativa. Infatti, supposto che non varino né stipendi medi né contributi medi, ma si riduca il numero degli occupati, la somma delle variazioni è negativa con una diminuzione del monte retribuzioni, cioè della retribuzione complessiva.
Il monte retribuzioni in realtà è costituito da varie voci con specifiche funzioni: la prima è costituita dalla retribuzione diretta (cioè la retribuzione netta che riceviamo a fine mese), poi vi sono i contributi e, infine, l'IRPEF, diminuita dall'eventuale restituzione del drenaggio fiscale (fiscal drag). Da ciò se ne deduce che:

3a formula di determinazione del monte retribuzioni

monte retribuzioni nette = [stipendio medio lordo - (contributi + IRPEF - fiscal drag restituito)] x numero lavoratori

Il monte retribuzioni nette indica la quantità di beni di consumo acquistabili ai prezzi di mercato, ossia, il tenore di vita dell'insieme dei lavoratori. La diminuzione del monte retribuzioni nette dovuta al pesante calo occupazionale, di fatto, comporta una diminuzione della ricchezza globale dei lavoratori dipendenti e, di conseguenza, un peggioramento generalizzato del tenore di vita.

2. Il monte delle retribuzioni sociali

Le trattenute fiscali e sociali operate sui nostri stipendi ad ogni fine mese costituiscono il monte delle ritenute sociali per beni e servizi sociali che i dipendenti "comprano" pagandoli in anticipo (scuola, assistenza, trasporti, servizi sociali vari, ecc.) che lo Stato si è incaricato di realizzare al posto dei privati.
Il monte delle ritenute sociali si può esprimere con la seguente prima formula:

1a formula di determinazione del monte ritenute sociali

monte delle ritenute sociali per beni/servizi = (ritenuta media IRPEF + contributi sociali medi dei lavoratori - fiscal drag) x numero lavoratori

Il risultato di questa prima formula, però, indica solo l'importo che i lavoratori anticipano, ma non permette di determinarne l'effettiva quantità che dipende dalle decisioni di spesa dello Stato il quale può erogare beni e servizi sociali per un valore inferiore al monte delle ritenute sociali.
La formula invece dovrà contenere anche il cosiddetto avanzo sociale, ossia la differenza tra il valore del monte delle ritenute sociali e il valore dei beni e servizi sociali effettivamente goduti dai lavoratori. Quindi la seconda formula del monte delle retribuzioni sociali sarà:

2a formula di determinazione del monte ritenute sociali

monte delle ritenute sociali per beni/servizi (ritenuta media IRPEF + contributi sociali medi dei lavoratori - fiscal drag) x numero lavoratori - avanzo sociale

Il valore risultante indica la quantità dei beni e dei servizi sociali disponibili, ossia il tenore di consumo sociale dell'insieme dei lavoratori.
Si deve osservare che, mentre il consumo sociale dei beni e dei servizi è attuato da tutti i cittadini (e non solo quindi dai lavoratori dipendenti), non tutti contribuiscono in uguale misura a versare le tasse e le contribuzioni sociali. E' universalmente noto, ad esempio, che i lavoratori ed i pensionati versano circa l'80% dell'IRPEF totale e che la cosiddetta classe media italiana (composta per lo più da lavoratori autonomi, professionisti, imprenditori, commercianti, ecc.), pur rappresentando circa il 35% della popolazione, versa IRPEF solo per circa il 20%. Ciò significa che i lavoratori hanno sempre pagato, in ritenute, un valore superiore ai beni/servizi sociali effettivamente goduti e, quindi, che una parte delle loro retribuzioni sociali è stata usata dallo Stato a favore di altri redditi quali il capitale e la rendita.

3. Il monte delle retribuzioni differite (a ripartizione)

La terza quota dei nostri stipendi è quella destinata ai contributi previdenziali ed è divisa in 2 parti: una, ben visibile, trattenuta ogni fine mese dalla nostra busta paga; l'altra, versata direttamente dal datore di lavoro, è chiamata retribuzione differita a ripartizione, ossia monte dei contributi per pensioni che si può indicare con questa 1a formula:

1a formula di determinazione del monte contributi per pensioni

monte dei contributi per pensioni = (ritenuta previdenziale media + contributi medi versati dai datori di lavoro) x numero dei lavoratori

Anche in questo caso la formula dà un valore che indica solo l'importo anticipato per ottenere le pensioni, ma non determina la loro quantità effettiva che dipende dalle norme (le Leggi pensionistiche) che ne regolano l'erogazione. Ciò comporta che lo Stato può dare pensioni per un valore inferiore al monte dei contributi previdenziali: quindi la formula non indica le condizioni pensionistiche effettive in quanto non contiene l'avanzo previdenziale cioè la differenza tra il valore dei contributi versati e il valore delle pensioni effettivamente godute. Quindi il reale monte delle retribuzioni per le pensioni sarà espresso da questa 2a formula:

2a formula di determinazione del monte contributi per pensioni

monte dei contributi per pensioni = (ritenuta previdenziale media + contributi medi versati dai datori di lavoro) x numero dei lavoratori - avanzo previdenziale

Se indichiamo con Kl l'aliquota di trattenuta applicata sugli stipendi dei lavoratori e con Kdl quella versata dai datori di lavoro, avremo una 3a formula:

3a formula di determinazione del monte contributi per pensioni

monte dei contributi per pensioni [stipendio medio lordo x (Kl + Kdl)] x numero dei lavoratori - avanzo previdenziale

Da ciò si può dedurre che:
- per il singolo lavoratore il versamento contributivo è una retribuzione differita nel tempo, ossia una retribuzione che riceverà in futuro sotto forma di pensione
- per l'insieme di tutti coloro che vivono del reddito da lavoro il versamento contributivo è la quota del monte retribuzioni ripartita a favore di chi è già in pensione: quindi la ritenuta previdenziale, insieme a quella pagata dal datore di lavoro, è retribuzione al pari dello stipendio di fine mese.
Dato che l'entrata del settore previdenziale è sempre stata maggiore dell'uscita (come dimostrano i bilanci dell'INPS e, se vi fosse un recupero anche parziale dei 40.000 miliardi di evasione, quell'entrata sarebbe enormemente maggiore) le retribuzioni differite a ripartizione non causano il deficit dello Stato ma, al contrario, sono state usate per ridurlo e, spesso, sono state impiegate a favore del capitale (ad esempio con la fiscalizzazione degli oneri sociali).
Infine, visto che il monte delle retribuzioni per le pensioni dipende sia dal numero dei lavoratori dipendenti occupati, sia dall'importo medio della retribuzione, appare evidente la necessità di una lotta coerente contro la disoccupazione e per l'aumento delle retribuzioni, così come è necessario regolamentare con rigore i trasferimenti che lo Stato fa, dai versamenti contributivi, al sostegno delle imprese.

4. Il reddito reale da lavoro dipendente

Da quanto abbiamo detto finora risulta che il valore del monte retribuzioni sarà la somma del monte retribuzioni dirette, del monte retribuzioni sociali e del monte retribuzioni differite a ripartizione.
Quindi la formula sarà la seguente:

formula di determinazione del monte retribuzioni

monte retribuzioni = monte retribuzioni dirette + monte retribuzioni sociali + monte retribuzioni differite

Dato che il valore del monte retribuzioni viene diminuito di un importo pari alle quote di avanzo previdenziale e sociale (vedi tabelle precedenti) il monte delle retribuzioni reali, o reddito reale, sarà determinato dalla seguente formula:

formula di determinazione del monte retribuzioni reali (reddito reale)

monte retribuzioni reali = (retribuzione media lorda + contributi medi versati dal datore di lavoro) x numero lavoratori - (avanzo previdenziale + avanzo sociale)

Da ciò se ne deduce che il reddito reale, utilizzato per vivere da oltre 30 milioni di persone, viene decurtato dell'importo che lo Stato distribuisce agli altri redditi (tra cui profitto e rendita). Quindi le pensioni ed i beni/servizi sono salario a tutti gli effetti e fanno parte del monte retribuzioni: vengono decurtati dalle quote attive (avanzo previdenziale e sociale) a favore dello Stato e, per suo tramite, a favore degli altri redditi, dei profitti e delle rendite. Quindi non possono in alcun modo essere causa del deficit pubblico.

5. Il peggioramento del reddito e, quindi, delle condizioni di vita

Soprattutto in questi ultimi anni, oltre all'avanzo previdenziale e a quello sociale, altre quote del monte retribuzioni sono state erose riducendo, di fatto, il nostro reddito reale.à

Il capitalismo ha reagito con:

- un massiccio processo di ristrutturazione produttiva e finanziaria
- le acquisizioni (concentrazioni e centralizzazioni)
- la vendita del capitale di Stato
- le riorganizzazioni produttive
- la ridistribuzione di ricchezza finanziaria privata e pubblica
- la ridistribuzione dei redditi da lavoro dipendente

La ridistribuzione del reddito operata a favore del profitto e della rendita (per permettere la ricapitalizzazione) e contro il reddito da lavoro è stata attuata tramite:

- la riduzione del numero dei lavoratori dipendenti
- l'aumento della produzione e della produttività
- la gestione delle eccedenze occupazionali tramite la mobilità, i prepensionamenti, la cassa integrazione, ecc.
- l'occupazione precaria (contratti a tempo determinato, part-time, di formazione lavoro, ecc.)
- la riduzione della retribuzione netta (con l'introduzione del salario d'ingresso, di formazione lavoro, ecc.), eliminando la scala mobile, aumentando le trattenute previdenziali, sociali e fiscali, bloccando la restituzione del fiscal drag
- la riduzione della retribuzione per beni e servizi sociali con la diminuzione della spesa sanitaria e della spesa scolastica, con gli aumenti tariffari, aumentando il costo dei servizi di pubblica utilità (trasporti, acqua, luce, gas, eliminazione rifiuti, ecc.), con la riduzione/eliminazione di servizi pubblici vari (culturali, ambientali, di prevenzione, ecc.)
- la riduzione della retribuzione da pensioni con la diminuzione della spesa previdenziale (pensioni dimezzate per chi ha una contribuzione inferiore a 20 anni, riduzione dei rendimenti, penalizzazione e tendenziale svuotamento delle pensioni di anzianità, innalzamento dell'età pensionabile, riducendo di quasi il 50% il numero dei percettori di pensioni sociali, ecc.)

6. Contrattare il reddito e, quindi, le condizioni di vita

L'insieme dei lavoratori (la classe) ha una sua propensione, più o meno cosciente, a raggiungere una soddisfacente qualità della vita corrispondente alle proprie necessità: ma questa propensione non è un fatto automatico. La possibilità di acquisire una determinata condizione di vita è subordinata e legata alla capacità di contrattazione del reddito reale in tutti gli elementi che lo compongono (monte delle retribuzioni nette, per beni/servizi, per le pensioni).
Quanto maggiore sarà la capacità rivendicativa e contrattuale, tanto migliori saranno le condizioni di vita.
L'organizzazione sindacale dei lavoratori, quindi, diventa elemento centrale in quanto l'azione sindacale confederale consiste proprio nel difendere e migliorare le condizioni di vita, traducendo i bisogni dei lavoratori in rivendicazioni e in adeguate contrattazioni di tutte le voci del salario globale.
Ma, purtroppo, la realtà è alquanto diversa.
Finito, negli anni ottanta, il ciclo del progetto sindacale di Stato sociale e di democrazia industriale, si è arrivati all'idea di scambio politico, cioè alla definizione della cosiddetta politica della concertazione. Questa, in teoria, dovrebbe garantire alle parti sociali una negoziazione delle politiche finanziarie (sia industriali che monetarie) e delle politiche dei redditi, negoziazione che dovrebbe produrre accordi con effetti macro economici capaci di regolare sia le azioni finanziarie private (mercati, speculazione, ecc.), sia quelle pubbliche (tassi di interesse). In pratica (e di fatto) la concertazione ha aiutato la ricapitalizzazione attraverso, ad esempio, l'accordo del 23 luglio 1993 (recupero salariale solo nominale, blocco della contrattazione integrativa, ecc.), ed ha ratificato il trasferimento di reddito dal lavoro dipendente alle imprese e alla proprietà.
Infatti, nel biennio '94-'95, la ricapitalizzazione ha incassato:

- circa 60-70.000 miliardi attraverso l'aumento dei prezzi che ha superato del 6% l'aumento programmato (TIF, tasso di inflazione programmata) e la riduzione degli stipendi erogati dovuti al calo occupazionale
- circa 20-25.000 miliardi con i tagli sulla scuola, sulla sanità, sull'assistenza
- circa 15-18.000 miliardi con il blocco delle pensioni di anzianità e con la controriforma del sistema previdenziale.

E' evidente che l'immane scontro di interessi finanziari-industriali e finanziari-monetari che sta alla base della ricapitalizzazione non può essere concertato: in questa fase occorrerebbe invece definire:

1) un piano di difesa del potere d'acquisto del salario diretto che ha subito una riduzione assoluta dovuta all'inflazione (il tasso di inflazione programmata per il '94-'95 era pari al 5.9%; l'inflazione reale registrata nei soli primi 8 mesi del 1995 è pari al 5.8%) e alla disoccupazione, e una riduzione relativa dovuto all'aumento di produttività interamente assorbito dal capitale e dalla rendita (nel '94 la produzione industriale è aumentata del 4.6%, l'utilizzo degli impianti ha registrato un +82%, mentre l'occupazione è calata dell'1.6%). E' quindi indispensabile un recupero, uguale per tutti, del salario perso con un aumento quantificabile in circa 130.000 lire, la definizione dell'aumento per il secondo biennio di circa 250.000 lire (basato sul tasso di inflazione programmata pari al 3.5% nel 1996 e al 3.0% nel 1997), verificandone l'eventuale differenza a fine '96, e introducendo, a partire dal 1997, un meccanismo automatico di protezione degli stipendi dall'inflazione

2) una linea vertenziale per i contratti aziendali e nazionali che affrontino le tematiche riguardanti i premi aziendali (superando la logica che li lega ai risultati delle aziende), lo sviluppo e la difesa della professionalità, l'organizzazione del lavoro, la riduzione dell'orario di lavoro, i regimi di orario (turni, straordinari, orari di fatto), le condizioni di salute e di sicurezza

3) un programma difensivo a medio termine con una piattaforma e una vertenza sociale generale su occupazione, salute, scuola, assistenza, fisco, ecc.

4) un piano di difesa immediata sulla retribuzione differita previdenziale con il ripristino delle pensioni sociali, un programma contro lo smantellamento della previdenza (contro la norma di salvaguardia introdotta nella Legge sulla riforma previdenziale che permetterà di tagliare le pensioni nelle prossime leggi Finanziarie) con una contrattazione annuale del salario differito previdenziale.