La cokeria inquina e deve essere
chiusa, ha ordinato il tribunale. Riva, il
padrone, non cerca soluzioni
e rilancia: minaccia di chiudere tutto lo
stabilimento, mettendo 1.100
lavoratori in mobilità. Nessuno si muove, salvo
i lavoratori: il corteo arriva
in piazza Dante a metà mattinata con i mezzi
pesanti con i quali ha sfilato
da Cornigliano fino in centro. Poi gli operai
si dirigono verso il palazzo
della Regione, in via Fieschi. La polizia
(pochi agenti all'inizio) sembra
colta di sorpresa: quando il corteo cerca
di entrare in Regione, reagisce
violentemente. Sul selciato pozze di sangue.
Uno dei manifestanti si tiene
una mano sulla testa: il sangue gli scende a
rivoli da un taglio che arriva
fino al collo. Alla fine i feriti saranno
tredici: 4 tra i manifestanti,
gli altri tra le forze dell'ordine, ma il
bilancio tiene conto solo degli
operai curati in ospedale.
Gli operai chiedono di incontrare
Biasotti, il presidente della regione, ma
arriva Gianni Plinio, deputato
An, presidente del Consiglio regionale. Viene
circondato e volano ceffoni:
se li prende il suo vice, il diessino Giacomo
Ronzitti. Altre botte, spintoni
e fucili usati come manganelli. Biasotti,
barricato al nono piano, è
disposto ad accogliere una delegazione di 25
lavoratori. "Va bene, ma che
venga giù lui", è la risposta. Non lo fa: teme
che una volta sceso nell'atrio,
i manifestanti rompano il cordone di
polizia. Qualcuno propone di
fare entrare tutti e di far svolgere l'incontro
nella sala consigliare, ma la
sala contiene solo 140 persone. Si decide per
un presidio ad oltranza davanti
al palazzo.
Nel frattempo dal suo ufficio
al nono piano Sandro Biasotti telefona al
ministro degli Interni e suo
compagno di partito Claudio Scajola che alle
14.30 avrebbe dovuto arrivare
in visita Regione a parlare del G8. Lo
sconsiglia vivamente di farsi
vedere in via Fieschi e il ministro annulla la
visita. All'interno del palazzo
la situazione è surreale: consiglieri che
vanno e vengono facendo lo slalom
tra i microfoni e le telecamere, impiegati
che timbrano il cartellino mentre
file di carabinieri sostano con i fucili
al piede appoggiati ai corridoi
e fuori una folla senza cartelli e piena di
rabbia chiede che qualcuno spieghi
quale sarà il loro futuro.
Un sindacalista conferma che
l'ordinanza di sequestro non è ancora arrivata
sul tavolo di Emilio Riva, presidente
delle acciaierie e indagato insieme ad
altri undici dirigenti dell'Ilva
per emissione di sostanze pericolose, ma
che la politica aziendale è
chiarissima: non appena avranno l'ordinanza,
scatterà la mobilità
per tutti e 1100 i lavoratori. Non solo per quelli
della cokeria (duecento), ma
anche per quelli dell'altoforno. Si cercano
mediatori e interlocutori. Biasotti
scende fino al primo piano e va a
parlare con il vicepresidente
leghista del consiglio regionale Francesco
Buzzone, chiedendogli di contattare
il ministro del Lavoro.
Bruzzone si attacca al telefono
e spiega la situazione a Roberto Maroni che
si dice pronto a ricevere una
delegazione di lavoratori per trovare una
soluzione. Intanto, in fretta
e furia viene organizzato un vertice in
prefettura tra il sindaco Giuseppe
Pericu, la presidente della provincia
Marta Vincenti e Biasotti al
quale partecipa anche Scajola. Il ministro
assicura che le acciaierie saranno
al centro di uno dei prossimi consigli
dei ministri. Il corteo di operai
si riforma e, alle 17, abbandona la
Regione e si sposta in prefettura.
A questo punto ministro degli Interni se
ne va da una porta posteriore
per continuare il suo giro post elettorale in
Liguria mentre si attende che
arrivi Emilio Riva, convocato per discutere
dei licenziamenti dai vertici
del governo locale.