Cos'è la globalizzazione ?
Oggi tutti parlano di globalizzazione ma quanti
sono in grado di cogliere a pieno il significato di questo termine di gran
moda è difficile dirlo. L' unica cosa certa è che ognuno
lo interpreta come un processo inarrestabile che coinvolge l' intero pianeta,
ma solo pochi si accorgono che presenta molti più aspetti di quanto
comunemente non si pensi. Le analisi della globalizzazione si propongono
quindi di mettere in luce che con questo concetto vanno compresi “non tanto
e non solo la crescita e l' accellerazione degli scambi che travalicano
i confini degli Stati, dallo sviluppo delle imprese multinazionali alla
internazionalizzazione dei beni e dei servizi fino alle transazioni finanziarie;
bensì tutto il complesso delle conseguenze che nascono dall' interdipendenza
tra le trasformazioni del quadro economico, il sistema socio demografico
e le istituzioni della politica”.
Tutti i cambiamenti che hanno investito l' umanità
in questo secolo possono essere riassunti nell' espressione compressione
spazio-temporale. I progressi tecnologici nel mondo dell' informazione
e della comunicazione hanno permesso una straordinaria riduzione delle
distanze in termini di tempo e di spazio: singoli attori sociali o gruppi,
sia pure collocati agli estremi confini della terra, e perfino eventi accaduti
in lontanissimi luoghi sconosciuti, entrano in contatto e interagiscono,
dando vita a conseguenze globali. All' origine dei processi di globalizzazione
è comunque preminente la dimensione economica a causa soprattutto
del “ribaltamento” del rapporto di forza tra economia e politica.
La globalizzazione dei mercati finanziari sancisce
la supremazia delle forze di mercato sulle scelte politiche e ed economiche
degli Stati nazionali: i più importanti mercati borsistici
e finanziari sono in grado di spostare in pochi minuti ingentissime quantità
di denaro, talvolta di molto superiori al bilancio di uno Stato. I capitali
globali sono ormai in grado di imporre le proprie leggi all' intero pianeta
e nella totalità degli aspetti della vita, “sia pure solo in ragione
del fatto che possono sottrarre alla società risorse materiali (capitali,
tasse, posti di lavoro)”. Gli Stati non hanno abbastanza risorse o libertà
di manovra per sopportare la pressione dell' economia mondiale per il semplice
motivo che un attimo è sufficiente a far crollare le imprese e gli
Stati stessi: una volta distrutta la sua base materiale e annullata la
sua sovranità allo Stato-nazione non rimane che diventare l' amministratore
degli affari delle multinazionali e garantire la loro sicurezza.
La crescente mobilità, reale e virtuale,
acquisita da coloro che possiedono i capitali è emblematica della
nuova divaricazione tra economia e politica, tra potere e obblighi sociali.
I rappresentanti delle imprese che agiscono globalmente hanno la possibilità,
e la sfruttano a pieno, di sottrarsi ad ogni vincolo e ad ogni dovere di
contribuire al perpetuarsi della società civile.
Con il concetto di “subpolitica” si sottolinea
“l' opportunità di azioni e potere, al di là del sistema
politico, senza mutamenti legislativi o discussioni parlamentari, accresciutasi
per le imprese che agiscono nel quadro della società mondiale”.
Questo avviene concretamente nell' esportazione
dei posti di lavoro dove i costi e le condizioni sono più convenienti,
nel produrre e distribuire in luoghi diversi del mondo per avere le migliori
condizioni fiscali, nel vivere nei paesaggi più belli ma pagando
le tasse dove più conviene. I protagonisti della crescita economica
minano l' autorità dello Stato pretendendo le sue prestazioni ma
rifiutandogli le tasse; in questo modo “i ricchi diventano contribuenti
virtuali e seppelliscono in modo legale, ma illegittimo,il bene comune
democratico al quale pure si appellano”.
Tutto ciò avviene nella cornice di una
globalità irreversibile, di una società mondiale in cui le
garanzie di ordine territorial-statale e le regole di una politica legittimata
dal pubblico consenso perdono il loro carattere vincolante. Quanto più
i rapporti tra gli attori transnazionali si rafforzano e si intrecciano
tanto più viene messa in discussione l' autorita degli Stati, per
cui si assiste ad una politicizzazione della società mondiale attraverso
un depotenziamento della politica nazional-statale.
L' insieme di queste trasformazioni si manifesta
in sostanza in un indebolimento della solidarietà collettiva, comunque
essa sia intesa. “Il nesso tra globalizzazione e solidarietà è
persino banale: l' accrescimento delle esigenze di competitività
e di flessibilità delle imprese, dei mercati finanziari, del lavoro,
delle tecnologie, entrano in conflitto con la conservazione dei principi
di solidarietà che danno forma e sostanza al contratto sociale sul
quale è fondato lo stato sociale del dopoguerra”.
La prima ragione è che i meccanismi di
protezione sociale dipendono dalla direzione delle scelte politiche dei
singoli Stati nella distribuzione delle risorse, ma l' autonomia della
sfera politica non è più possibile dal momento in cui i paesi
sono economicamente interdipendenti. Il benessere di una nazione non è
più regolabile solo sulla base di un confronto tra le parti sociali
interno ai singoli paesi, ma dipende piuttosto dalla loro capacità
competitiva e dal loro peso nella scena internazionale.
Un ulteriore questione che evidenzia il legame
tra la globalizzazione e la solidarietà consiste nell' aumento della
flessibilità dei fattori economici. La dislocazione dei capitali
e delle iniziative produttive nelle aree del sud del mondo dove risultano
più redditizie, in ragione del più basso costo del lavoro
e dei più bassi livelli di protezione sociale, accresce sia l' instabilità
che l' insicurezza dell' occupazione di segmenti più o meno ampi
di popolazione, poichè distrugge il lavoro all'
interno dei paesi d' origine nei settori esposti
alla concorrenza. Di conseguenza, nonostante la crescita
della ricchezza prodotta dall' aumento degli scambi, la povertà
e la disegualianze all' interno di questi paesi tendono ad ampliarsi per
l' aumento della disoccupazione, e quindi degli squilibri di reddito in
assenza di un qualche sistema di “welfare”.
Globalizzazione, demografia e società
Il processo di globalizzazione, come già
ricordato, non si presenta sotto un unico aspetto: nelle società
occidentali, in particolare, è legato profondamente ai mutamenti
nella struttura sociale. Tra questi, prima di tutti, il cambiamento demografico
che si esprime da un lato attraverso un crescente invecchiamento della
popolazione e dall'altro nel declino dei tassi di fecondità. A partire
dalla seconda metà degli anni Sessanta il tasso di fecondità
totale è sceso, in tutti i paesi occidentali, in modo tale da non
garantire più il ricambio della popolazione da generazione a generazione.
Dall' altra parte, i progressi scientifici e la crescita
del benessere complessivo hanno determinato un progressivo incremento delle
probabilità di sopravvivenza dando luogo ad un allungamento della
durata media della vita. E' evidente che, nell' ipotesi
dell' assenza di immigrazione, queste condizioni
porterebbero,
nel lungo periodo, ad un calo netto della
popolazione complessiva.
Il problema che si sta delineando è soprattutto
che l' invecchiamento demografico, combinandosi con le conseguenze prodotte
dalla globalizzazione dei mercati, riduce progressivamente le possibilità
di funzionamento dello Stato sociale. Nell' arco degli ultimi decenni le
regole che governavano la distribuzione di risorse tra persone attive e
inattive sono state completamente stravolte: la direzione dei trasferimenti
ha cambiato segno ed è ora orientata dai giovani agli anziani. Tutto
questo ha enormi conseguenze sulla struttura sociale ma anche e soprattutto
sulla dimensione culturale della società.
L' interazione tra globalizzazione e trasformazione
demografica porta, quindi, da un lato l' erosione della possibilità
di impiego dei soggetti più deboli e non qualificati che incrementa
lo squilibrio sociale del sistema, dall' altro la difficoltà crescente
dei giovani per entrare nel mercato del lavoro e la riduzione dell' ammontare
complessivo delle risorse destinate alle generazioni future.
Il cambiamento radicale che ha coinvolto il mercato
occupazionale in Italia negli ultimi trent' anni è dovuto al passaggio
dalla società industriale a quella post-industriale. La ristrutturazione
del settore produttivo e l' espansione del settore dei servizi hanno determinato
la nascita di nuovi strati sociali all' interno del ceto medio. L' introduzione
nel settore industriale delle nuove tecnologie dell' automazione, dell'
informazione e della comunicazione che necessitano una sempre maggiore
flessibilità dell' organizzazione del lavoro, portano ad un progressivo
restringimento della classe operaia a favore dei nuovi ceti rappresentati
da tecnici, impiegati, operai altamente specializzati. A questo si accompagna
la nascita del ceto medio impiegatizio e degli operai legati ai servizi
e l' emergere della nuova oligarchia finanziaria che fa riferimento alla
classe imprenditoriale.
Questo processo è di portata tale da rimettere
in discussione le precedenti gerarchie sociali; esso tende a creare un
contesto in cui non ci sono classi, status, nè parametri universalistici
di riconoscimento, individuali o collettivi, non ci sono regole che valgono
per tutti e che tutti conoscono. “La stessa percezione soggettiva dell'
ordine sociale finisce per essere rimessa in discussione”.
Rimangono o crescono le disegualianze e gli squilibri
tipici della struttura sociale moderna ma viene a mancare quell' identificazione
tra occupazione e classe sociale che forniva alla persone una identità
da tutti riconosciuta. Venendo a mancare quel senso di appartenenza collettiva
che aveva dato vita alle rivendicazioni tipiche della classe operaia, diventa
più problematica una ricomposizione globale degli interessi in campo
che possa portare ad un' effettiva riorganizzazione in senso solidaristico
della struttura sociale.
Il mutamento culturale
Gli effetti dei mutamenti fin qui considerati,
saldandosi insieme, costituiscono una spinta potente verso la globalizzazione
non solo nella sua dimensione politica ed economica ma anche culturale.
La globalizzazione, infatti, gioca un ruolo non secondario nel portare
avanti mutamenti socio-culturali innescati dalla modernizzazione, “omogeneizzando
le culture, sfumando le specificità, universalizzando le appartenenze,
dissociando l' individuo dalle sue solidarietà sociali primarie
ed offrendogli in cambio la partecipazione ad entità sociali più
ampie, diffuse e potenti, così da aumentare significativamente i
gradi di libertà del singolo attore sociale nella scelta dei propri
ambiti relazionali “.
La maggire libertà è pagata, secondo
molti sociologi, con quella che viene chiamata da Durkheim “anomia”, cioè
“una condizione in cui sono assenti o carenti i valori, le norme, i legami
sociali che consentono all' individuo di interpretare adeguatamente la
realtà che lo circonda e di dare un senso e un orientamento alla
propria vita”. Il credere che oggi gli uomini possano incontrarsi semplicemente
in quanto uomini senza tenere conto delle loro specifiche identità,
porta ad uno svuotamento della loro cultura e ad una partecipazione all'
organizzazione della società solo come soggetti del sistema globale
di produzione e consumo delle merci, che è l' unico che pare avere
un significato universale.
Ma quanto detto fin' ora è solo una delle
faccie della medaglia perchè, se il concetto di globalizzazione
allude in prima istanza a processi di integrazione globale tra le diverse
aree geografiche, società e culture che si tradurrebbero nel tempo
in un unica entità, è altrettanto vero che la percezione
che comunemente abbiamo dell' ambiente umano che ci circonda è tutt'
altra: quella di un insieme di gruppi differenziati ed estranei in quanto
caratterizzati da diverse radici etniche, culturali e religiose. “Questa
impressione è corroborata dal continuo insorgere di atteggiamenti
di tipo rivendicativo e spesso violenti, da parte di diversi gruppi sociali,
orientati all' affermazione della propria diversità culturale”.
Il rilancio dei localismi, dei nazionalismi e in generale di tutti i fenomeni
di difesa intransigente del proprio sistema di valori va interpretato come
una reazione alla spinta verso l' omologazione, come sintomo di una situazione
cosciente di precarietà e debolezza.
Il mutamento socio-culturale presenta, quindi,
tendenze contaddittorie nello sviluppo della società globale. Coesistono,
infatti, da un lato, un incipiente processo di globalizzazione culturale,
che si traduce nella progressiva omogeneizzazione delle diversità
culturali con il modello occidentale capitalistico; dall' altro, l' impegno
volontario e costante di molti gruppi umani a salvaguardare la propria
specifica identità culturale.
“E non va inoltre dimenticato che sono gli stessi
successi nel cammino verso un unica cultura globale che alimentano ampiamente
le reazioni degli oppositori, dei difensori della diversità, anch'
essi parte del processo di globalizzazione “.
La dialettica tra globale e locale rappresenta
solo l' aspetto più generale degli effetti della globalizzazione
sulla cultura contemporanea: una lunga serie di trasformazioni sta incessantemente
investendo ogni ambito della vita nelle società avanzate.
Le nuove tecnologie della comunicazione e dell'
informazione hanno determinato, attraverso la compressione spazio-temporale,
un aumento della complessità della società industriale, intesa
come una sovrapposizione di diversi assetti politici, economici ma soprattutto
culturali che ha effetti diretti sulla convivenza sociale.
Pur mantenendosi vive le differenze, cresce l'
interazione tra modelli culturali eterogenei per cui si parla di pluralismo
culturale e pluricollocazione degli individui che spesso portano, da una
parte a tensioni tra i gruppi e all' emergere dei localismi e dall' altra
alla difficoltà per gli uomini a definire la propria identià
sociale. “Questo tipo di differenziazione culturale mostra aspetti contraddittori
che possono dar luogo a commistioni di tradizione e modernità, di
individualismo e solidarismo, di valori autorealizzativi e altruistici”.
A questo si aggiunge l' indebolimento di una spiegazione
univoca ed esaustiva della realtà e la caduta delle tensioni ideologiche
collettive, in seguito al crollo del blocco dell' Est, che hanno portato
un ulteriore disgregazione e frammentazione dei valori. Venendo a mancare
una fonte unitaria di produzione di senso e moltiplicandosi gli orientamenti
si aprono nuove possibilità nelle scelte materiali e nelle relazioni
personali che spingono gli uomini a liberarsi dai vincoli delle tradizioni
e delle necessità.
La molteplicità delle alternative crea
però un divario tra quelle che sono le aspettative o le pretese
e le effettive possibilità di realizzarle: per quanto a tutti venga
richiesto di vivere nella società globale siamo ben lontani dal
garantire ad ognuno l'opportunità di farlo. Da qui nasce un senso
di provvisorietà che pervade tutti gli ambiti della vita: enfasi
sul presente, incertezza verso un futuro indeterminabile sono il risultato
del rapporto contraddittorio tra attese medie di benessere e opportunità
offerte per raggiungerlo. Flessibilità diventa la parola d' ordine
non solo nell'economia ma coinvolge pure i modelli di comportamento e gli
orientamenti di valori: lavoro, vita affettiva, consumi, formazione sono
tutte vissute come scelte reversibili.
L' obbiettivo finale di ciascun individuo è
l' autorealizzazione, la soddisfazione personale, che viene sempre di più
percepita come un diritto ma che porta con sé tutte le patologie
legate al suo mancato raggiungimento: ansia, depressione, comportamenti
devianti.
L' esasperazione del processo di individualizzazione,
la crescente soggettività hanno come conseguenza non solo la crisi
di alcuni ambiti partecipativi, per cui diventano importanti gli aspetti
strettamente personali della vita a scapito dell'
impegno pubblico, ma anche una trasformazione dei rapporti
sociali.
La rivoluzione nel sistema della comunicazione
e dell'informazione insieme al
desiderio di autoaffermazione, intesa come partecipazione
alla cultura globale, hanno fatto si che il mondo dell' uomo sia andato
oltre lo spazio immediato delle relazioni in cui una persona è coinvolta
fisicamente fino a raggiungere l' intero pianeta. La dipendenza dalle modalità
di comunicazione del sistema porta facilmente ad una subordinazione dell'
apprendimento e della comunicazione nati dall' esperienza diretta e dalle
relazioni quotidiane, che si accompagna ad uno sfilacciamento progressivo
dei rapporti sociali reali.
La separazione del tempo e dello spazio comporta
il declino delle interazioni faccia a faccia, ossia di concrete e durevoli
relazioni interpersonali, così come del radicamento dell' attività
umana nei contesti locali a vantaggio di relazioni indirette, impersonali.
Anthony Giddens ha coniato il termine “disembedding” per identificare queste
relazioni che avvengono in condizioni di lontananza e contemporaneità,
intendendo sottolineare “l' enuclearsi dei rapporti sociali dai contesti
locali di interazione e il loro ristrutturarsi attraverso archi di spazio-
tempo indefiniti”. Lo sradicamento crea quindi un nuovo tipo di comunità
slegata dal luogo e dalla compresenza fisica tra le persone i cui tratti
sono stati identificati da diversi autori che hanno dato vita principalmente
a tre visioni.
La prima idea è che “le relazioni a distanza,disancorate
dal riferimento a un contesto e territorio specifici, rese possibili dai
nuovi mezzi di comunicazione elettronici, non siano meno significative
di quelle basate sulla compresenza fisica tra le persone “. L' elemento
costitutivo dell' ambiente sociale diventa l' informazione e le nuove tecniche
di comunicazione, eliminando lo spazio e il tempo, creano nuove possibilità
di vicinanza e nuove forme di convolgimento in quello che McLuhan chiama
“villaggio globale”.
La natura di questo tipo di relazioni resta però
ambigua, perchè se i mezzi di comunicazione di massa sono in grado
di portare una sensibilizzazione collettiva su singoli eventi o tematiche
che travalicano i confini delle nazioni, è difficile pensare che
le nuove tecnologie possano ricreare tra estranei quelle condizioni di
stabilità e fiducia reciproca che sono tipiche delle relazioni comunitarie.
Un secondo tipo di risposta alla domanda sulla
natura delle nuove comunità globali si limita ad identificare le
forme di interazione legate ai nuovi mezzi di comunicazione con particolare
attenzione per le reti telematiche. “Le interazioni in rete sono state
descritte come relazioni comunitarie e solidaristiche, capaci di creare
forti legami affettivi di tipo egualitario, indifferenti alle gerarchie
sociali e allo status che normalmente influenzano la vita sociale “.
Per dimostrare l' esistenza di legami interpersonali
forti e del carattere collettivo del gruppo che si ritrova in rete vengono
riportati alcuni tratti caratteristici di questo tipo di interazione: l'
esistenza di uno spazio digitale definito dai partecipanti, la creazione
di un magazzino di informazioni che funziona da memoria collettiva del
gruppo, la condivisione di regole di comportamento rispettate dai partecipanti,
la produzione e codificazione di forme espressive ad hoc per comunicare
stati d' animo e sentimenti e per creare quindi un' identià comune.
La terza visione identifica l' emergere di nuove
relazioni comunitarie a livello locale, basate però non su legami
tradizionali di etnia o parentela, ma sulla somilianza degli stili di vita,
ossia sul fatto di avere le stesse possibilità di vita e lo stessi
tipo di informazioni.
Queste tre analisi trascurano però due
problemi importanti: il primo riguarda la sottovalutazione delle
appartenenze tradizionali che sono alla base del concetto classico di comunità
cioè i legami familiari, i rapporti di vicinato, le amicizie, “che
vengono viste solo o come residui della società premoderna o come
reazioni psicologiche al processo di sradicamento”. Non si coglie invece
che questi legami particolari sono ancora saldamente presenti e diffusi
nel tessuto sociale delle società avanzate, ma hanno semplicemente
modificato il loro ruolo in base alla complessità dei nuovi assetti
politico-economici.
Il secondo problema riguarda il presunto
carattere egualitario e cooperativo delle nuove relazioni comunitarie.
L' accesso alla nuove tecnlogie richiede capacità formali, competenze
e disponibilità economiche e di tempo che di per sè operano
una selezione rigida dei partecipanti per non parlare della precarietà,
fluidità e rischi opportunistici delle relazioni digitali, che si
basano sull' anonimato.
“Inoltre la comunità cosmopolita del villaggio
globale non solo richiede la padronanza di molteplici capacità,
ma - a dispetto della visione utopica di una molteplicità di culture
che convivono pacificamente e paritariamente- non è incolore in
quanto è legata a specifici modelli culturali occidentali”.
4. I valori
I mutamenti culturali fin qui evidenziati si accompagnano
ad una serie di trasformazioni negli orientamenti dei valori e nei mezzi
di trasmissione di questi ultimi.
I valori possono essere definiti come le cose
importanti nella vita, ricche di significato perchè orientative
delle scelte fondamentali di vita dell' individuo.
Dalle ricerche condotte in Europa e negli Stati
Uniti si può evidenziare, a partire dagli anni Settanta, un intreccio
tra gli insiemi di valori tradizionali e quelli nati in seguito alla modernizzazione:
da una parte restano, pur con delle modificazioni, i punti di riferimento
classici come famiglia, religione, lavoro dall' altra emergono i cosiddetti
valori post-materialistici come l' esigenza di autorealizzazione, di appartenenza,
di difesa della propria cultura. A ciò si aggiunge domanda crescente
di interazione sociale, dovuta alla consapevolezza di vivere in un contesto
globale e all' interesse per ciò che succede nel mondo, a cui fa
seguito una risposta solidale nei confronti delle sofferenze degli altri.
L' analisi dei valori deve inoltre tenere
conto delle diverse combinazioni dei parametri “materiali” di tipo
economico, di status, di sicurezza e dei parametri “qualitativi” di tipo
espressivo e partecipativo che si presentano insieme soprattutto nelle
fasce giovanili e interessano più che altro le propensioni e le
scelte personali dei soggetti.
Il lavoro costituisce ,oggi, un ottimo esempio
di quanto appena detto: se da un lato mantiene il suo ruolo di garante
della sicurezza economica o del benessere e, soprattutto in Italia, vengono
avversate le politiche di flessibilità a favore del posto fisso,
dall' altro viene visto, sempre di più, semplicemente come un luogo
di autoaffermazione e cresce l' esigenza ,in particolare nei giovani, di
ottenere un lavoro adatto alla propria qualifica e alla proprie attitudini.
Lo stesso vale per la religione che viene vissuta in chiave maggiormente
individuale determinando un crescente divario tra la fede e le istituzioni
ecclesiastiche, dimostrata anche da un calo dell' affluenza alle funzioni
religiose; a questo si contrappone però il moltiplicarsi di gruppi
e attività con riferimenti organici alle chiese che forniscono l'
occasione per rendere operativi quei valori di solidarietà e carità
generalmente condivisi ma non necessariamente legati ad un' esperienza
religiosa.
Ma il punto di riferimento fondamentale degli
individui che vivono la società globale resta la famiglia, nonostante
i profondi cambiamenti che l' hanno investita nel corso degli ultimi decenni.
Dal punto di vista strutturale si assiste al passaggio dalla famiglia estesa
alla famiglia nucleare che significa non solo una riduzione delle dimensioni
e delle generazioni presenti al suo interno ma anche una diversità
nella composizione delle singole famiglie che si accompagna con la crisi
dell' istituzione matrimoniale.
Il calo dei matrimoni a favore delle convivenze,
la crescita delle separazioni e dei divorzi a cui segue l' aumento delle
famiglie con un solo genitore o delle famiglie ricostituite, il calo complessivo
delle nascite e l' aumento delle nascite al di fuori del matrimonio sono
fenomeni che portano inevitabilmente a dei profondi mutamenti della
natura stessa della famiglia e del matrimonio: quest' ultimo non indica
più il passaggio simbolico dall' adolescenza all' età adulta,
non è più l' evento che legittima l' accesso alla vita sessuale,
come è stato fino all' inizio degli anni Sessanta, nè il
fondamento necessario della famiglia e della procreazione. Inoltre nel
corso della propria vita ciascun uomo può, oggi, vivere una molteplicità
di esperienze familiari; per questo la crisi della famiglia non significa
la dissoluzione delle relazioni affettive ma semplicemente le sue profonde
trasformazioni. Anche in passato esisteva una pluralità di forme
di famiglia, ma esse avevano un significato diverso da quello che hanno
assunto ora. La morte precoce di uno dei coniugi e l' emigrazione di massa
davano origine ad un gran numero di famiglie con un solo genitore o formate
da una sola persona e di famiglie ricostituite ma l' instabilità
della famiglia era dovuta a eventi ineluttabili o involontari che non mettevano
in discussione il matrimonio come istituzione. Nella società contemporanea
instabilità e pluralità delle famiglie derivano da una scelta
volontaria dei soggetti coinvolti ed espimono in misura crescente il rifiuto
del matrimonio. Oggi che il matrimonio d' amore ha preso il posto di quello
combinato, i valori tradizionali si sono indeboliti e le aspettative di
felicità della coppia sono molto aumentate, l' unione coniugale
si rompe più facilmente quando il sentimento viene meno. La molteplicità
dei modelli familiari esprime dunque il pluralismo culturale della società
di oggi, cioè i diversi modi di dare significato all' esistenza
e di concepire la felicità individuale e di coppia, per cui l' autorealizzazione
del singolo può diventare prioritaria rispetto a quella dell' unità
familiare.
Sotto un altro punto di vista, a tutto ciò
si può aggiungere che in una società sempre più complessa
e differenziata il benessere materiale e non degli individui non è
più assicurato soltanto dalla famiglia, come avveniva un tempo,
ma da una molteplicità di altre istituzioni e ambiti di vita, per
cui l' identità personale e sociale dell' individuo dipende meno
di un tempo dal matrimonio e dalla famiglia e più che nel passato
dal lavoro e da altre sfere della vita. Sempre più ridotto appare,
quindi, il ruolo della famiglia come attore principale della socializzazione
dei giovani che vengono influenzati maggiormente dai media o dai coetanei
tanto da formare una cultura relativamente autonoma rispetto a quella della
generazione dei genitori.
Il processo di socializzazione è
influenzato anche da una composizione più eterogenea delle famiglie
stesse dal punto di vista dello status o del ceto sociale di provenienza,
per cui al loro interno possono convivere orientamenti culturali talvolta
contradditori. A questo si aggiunge anche un cambiamento delle relazioni
all' interno del nucleo familiare: quelle della coppia diventano più
flessibili e quelle tra genitori e figli più democratiche. In seguito
al movimento femminista e alla progressiva emancipazione della donna si
assiste all' estensione della presenza delle donne nel mondo del lavoro
e ad una ridefinizione della tradizionale divisione dei ruoli e della supremazia
maschile.
Il ritratto della famiglia contemporanea fin qui
disegnato presenta contorni contraddittori e incerti. Si accentua la crisi
del matrimonio e si diffondono modi di vita di coppia diversi da quella
coniugale, c'è un progressivo allontanamento tra le generazioni
dal punto di vista culturale, ma la famiglia rimane un valore essenziale,
prioritario rispetto a qualsiasi altro, per gli adulti e per i giovani
come risulta da tutte le più recenti inchieste.
Le conseguenze sociali innescate dai processi
di globalizzazione precarietà, insicurezza, disoccupazione, fragilità
dei legami sociali, esclusione, fanno si che la forza dei legami familiari
giochi un ruolo sempre più rilevante nella vita dell' individuo.
Oggi l' autonomia individuale e la libertà di scelta comportano
dei costi e dei rischi: l' aumento dell' instabilità coniugale e
di coppia, i conflitti e le sofferenze affettive e psicologiche degli adulti
ma soprattutto dei bambini di fronte ad una rottura familiare, il venir
meno del sostegno e dell' appoggio di un coniuge e della sua rete familiare,
il declassamento sociale, il rischio di povertà delle famiglie con
un solo genitore o delle persone anziane sole. Le indagini sulla famiglia
e sulla povertà mostrano che l' isolamento e la fragilità
dei legami sono determinanti nei percorsi di emarginazione ed esclusione
sociale. La permanenza sempre più a lungo dei giovani nella casa
dei genitori esprime allo stesso tempo l' indebolimento delle funzioni
di sicurezza garantite dagli spazi pubblici e il rafforzamento dei contesti
tradizionali di aiuto e solidarietà, nonchè il rinvio delle
responsabilità adulte e la difficoltà di portare avanti progetti
coerenti di vita che sono tratti tipici della cultura giovanile di oggi.
D' altra parte anche i più elevati livelli
di povertà della popolazione anziana risultano associati ad una
maggior debolezza del tessuto familiare.
Le trasformazioni nella città
1.Globalizzazione e città
“Le trasformazioni messe in moto dal decollo di
sofisticate tecnologie di comunicazione e di informazione stanno delineando
un nuovo modello di organizzazione sociale che ridefinisce, a livello mondiale,
i diversi sistemi nazionali, regionali e di mercato, alterando, al contempo,
la realtà spaziale, sociale ed economica della città”. I
mutamenti connessi alla divisione internazionale del lavoro e alla mobilità
del capitale che si muove su scala globale, determinano un cambiamento
nei punti di riferimento territoriale dei fenomeni urbani e nei rapporti
tra le diverse scale locale, regionale, mondiale. L' integrazione di aree
di mercato differenti in un unico universo e l' instaurarsi di nuove connessioni
politiche e culturali portano con sè una tendenza all' omogeneizzazione
a cui contemporaneamente si contrappone una crescente frammentazione che
provoca nella città un ridimensionamento delle relazioni di inclusione
ed esclusione. Diversamente dal passato, la città non ruota più
intorno a comuni stili di vita ma riflette “una accentuata frammentazione
e pluralizzazione delle identità collettive in ambiti diversi e
in reciproco conflitto”.
Progresso o declino, centralità o marginalità
si alternano nel caratterizzare le città di oggi. Alcune riescono
a sfruttare a pieno le nuove logiche di sviluppo economico e acquisiscono
un ruolo di prestigio all' interno del sistema mondiale, altre che non
sono in grado di arrestare il deterioramento che le investe, non riescono
a mantenere la loro competitività; per cui, accanto alla depressione
urbana emergono consistenti disegualianze sociali che contribuiscono ad
aggravare la situazione. La città, nel compito non facile di adattare
le condizioni spaziali locali alle esigenze della globalizzazione economica
e politica, va così incontro ad una lunga serie di problemi sociali
che sono ampliamente esemplificati dall' instabilità delle politiche
urbane. Il progetto di modernizzazione antepone spesso, nell' ambito di
una logica basata sulla competitività, la crescita economica,
che si traduce in un rafforzamento del livello degli investimenti e un
miglioramento delle infrastrutture locali, all' attuazione di politiche
finalizzate alla risoluzione di problemi sociali che nascono dai fenomeni
di deprivazione e di squilibrio nella distribuzione del reddito.
Il nuovo assetto dell' economia globale, cioè
un' economia che agisce unitariamente in tempo reale su scala planetaria,
determina una riduzione dell' autorità degli stati nazionali e di
conseguenza muta il rapporto tra i centri urbani e i tradizionali condizionamenti
territoriali. Tenendo presenti anche l' intensificazione delle comunicazioni
globali e delle migrazioni internazionali, sul piano culturale si assiste
alla nascita di nuovi flussi culturali mondiali, di nuovi significati e
identità, di valori e interessi che appaiono svincolati dai contesti
locali che li hanno prodotti.
Dal punto di vista economico, mentre le multinazionali
sviluppano le loro strategie di potere nel sistema mondiale, cambiano le
gerarchie urbane e si attiva un processo concorrenziale tra le città
per conservare o attirare verso di sè i capitali. Il rapporto tra
la città e il sistema economico non è più legato all'
organizzazione della struttura industriale nel territorio urbano ma dipende
sempre di più dalla sua capacità di integrazione nell' economia
mondiale sulla base della qualità della forza lavoro e della specializzazione
dei servizi. Le città sono quindi stimolate, non solo ad accrescere
il loro potenziale, ma anche ad intensificare i collegamenti con altre
città al fine di creare un rapporto di cooperazione tra centri ubicati
in ogni parte del mondo, poichè le città che più delle
altre sono coinvolte in attività economiche innovative e globalizzanti
sono oggi quelle che occupano le posizioni più elevate nella gerarchia
economica e sociale mondiale.
Il rovescio della medaglia è che la crescente
interdipendenza tra aree diverse del pianeta, la preminenza di scelte che
seguono gli interessi del capitale internazionale, le continue modifiche
nell' organizzazione della produzione per creare un mercato sempre più
competitivo, mettono in secondo piano i differenti interessi della società
locale e determinano un indebolimento della coesione sociale. “All' interno
della città la gestione del potere, della produzione, della cultura
è espressione dell' intersecarsi di strategie e poltiche che superano
i confini strettamente municipali, mostrandosi inclini ad assumere una
dimensione internazionale”.
2.Sviluppo urbano e struttura sociale
I principali processi economici avviati a partire
dagli anni Ottanta, decentralizzazione e riconcentrazione, hanno dato vita
a nuove forme di sviluppo urbano.
Le grandi aree metropolitane non ricoprono più
il ruolo di centri di crescita economica e demografica che è passato
alle piccole città situate nelle zone tradizionalmente meno industrializzate,
per una serie di fattori legati non solo alle nuove tecnologie dell' informazione
su cui si basa l' odierna economia. La crescita complessiva del benessere
a cui si accompagnano un nuovo modello abitativo incentrato sulla proprietà
e l' uso crescente del mezzo di trasporto privato, originano l' esigenza
di vivere in uno spazio urbano con una qualità ambientale più
elevata. Si evitano in questo modo i problemi delle grosse metropoli senza
dover rinunciare ai vantaggi offerti dall' ambiente urbano dal punto di
vista delle infrastrutture, dei servizi, della comunicazione, della cultura
e delle opportunità lavorative; tutto ciò grazie all' infittirsi
delle relazioni e delle interdipendenze funzionali tra sistemi urbani che
accompagna la deconcentrazione e che permette un tasso di crescita più
elevato per le piccole e medie città che si trovano nelle aree regionali
più dotate di vie di comunicazione, opportunità di mobilità
e integrazione produttiva intersettoriale.
Anche le aree metropolitane che fanno parte della
rete globale sono state però oggetto di un processo rigenerativo
che viene definito “riconcentrazione”. Questo termine si riferisce ad una
serie di trasformazioni dello spazio urbano che stanno alla base del rilancio
economico della città, attraverso la rilocalizzazione al suo inte,rno
delle funzioni strategiche nei settori della ricerca, della conoscenza
tecnica,delle attività finanziarie, delle professioni di ordine
elevato.
I quartieri centrali attraggono nuovamente le
attività direttive, specializzate a cui solo una ristretta elitè,
qualificata e mobile, ha la possibilità di accedere e che promuovono
i processi di sviluppo assicurando un' elevata integrazione del tessuto
urbano nell' economia mondiale.
La riconcentrazione nel centro della città
delle funzioni in grado di esercitare un ruolo importante nel modellare
la realtà circostante confermano l' immagine della città
come soggetto attivo, non solo nell' ambito strettamente economico ma anche
culturale, e accrescono l' attenzione verso le istituzioni del governo
urbano che devono dimostrare le loro capacità nell' incrementare
le possibilità di sviluppo e valorizzare quegli aspetti della vita
della città che contribuiscono a potenziare le qualità ambientali
e lo standard di vita.
La crescita di potere del governo locale
si riflette principalmente sulla figura del sindaco che assume, nelle grandi
città, un' importanza fondamentale. Il suo ruolo è molto
complesso dal momento che egli deve essere assieme un politico e un amministratore
ma anche un impresario poichè l' offerta di eventi culturali e di
spettacolo è una delle basi per il rilancio della città.
Il sindaco diventa “una sorta di patron sempre
presente nella vita della città, agente di aggregazione del senso
di appartenenza e identità, interprete di tutti i bisogni”, anche
se a volte quetso ruolo di protagonista è eccessivo rispetto alle
reali capacità di intervento dell' istituzione municipale, alle
sue competenze legittime e alle risorse disponibili.
Il risultato di tutti questi processi non si esprime,
però, sempre in un maggior benessere economico e socioculturale
per tutti gli strati sociali e nascono invece nuovi squilibri, nuove disegualianze,
nuove logiche di esclusione sociale alla cui base sta un mercato del lavoro
che è divenuto duale in seguito all' erosione delle occupazioni
intermedie.
I mutamenti economici che hanno determinato lo
sviluppo delle città sono legati soprattutto al settore dei servizi
che richiede capacità tecnico-manageriali, livelli di istruzione
e competenze professonalli elevate, non possedute in egual misura da tutti
gli strati sociali.
Il nuovo panorama urbano si presenta quindi caratterizzato
da un lato dalle figure professionali di “prestigio” che rappresentano
le attività produttive sofisticate e complesse, l' alta finanza,
il mercato immobiliare, dall' altro dalla
“ città marginale, in cui
persistono rapporti di produzione pre-capitalistici
(artigianato, piccla edilizia, basso terziario, commercio
ambulante abusivo)” e
dove crescono nuovi settori fluttuanti del lavoro manuale
legati al commercio, all' artigianato, alla ristorazione o attività
economiche di tipo informale dovute alla complessità e alla difficoltà
di funzionamento del sistema urbano.
Ad un estremo si collocano gli strati sociali
direzionali e professionali che con il loro stile di vita e di consumo
influiscono notevolmente sulla configurazione sociale della città;
all' altro, i lavoratori occupati nel settore marginale dei servizi, rappresentati
molto spesso da un porzione non trascurabile di immigrati che si adattano
ad occupazioni precarie e mal pagate, che sconfinano facilmente sul versante
dell' economia illecita e criminale.
I mutamenti nell' industria e nei servizi hanno
dato origine ad una nuova composizione sociale della città che si
basa sulla polarizzazione dei redditi, degli standard di lavoro e della
precarietà dell' occupazione tra i vari gruppi del nuovo mercato
del lavoro. Questo ha contribuito ad ampliare tutti i fenomeni di segregazione
sociale, aumentando il solco che divide le famiglie benestanti da quelle
che, essendo escluse dai settori occupazionali trainanti, si ritrovano
in una situazione di deprivazione assoluta o relativa.
La riconcentrazione della città fa emergere
una nuova elitè sociale composta da figure che vanno dalla borghesia
degli affari alla classe politica, dagli uomini dell' informazione agli
intellettuali, che “si legittima nella misura in cui riesce a mediare tra
interessi contrapposti di gruppi e categorie diverse al suo interno e disporre
di risorse di tipo politico”, utilizabili anche fuori dei confini locali
o nazionali.
Ma la maggioranza della popolazione residente
nelle città fa parte del ceto medio,”quelli che fanno la ricchezza
della città, sotto il profilo della produzione e del consumo”. Il
ceto medio adotta forme di vita che molto spesso si rifanno ad una realtà
confezionata in modo commerciale, capace di soddisfare le esigenze della
cosiddetta cultura di massa. Un esempio è costituito dai lavoratori
del settore pubblico che nel priodo di prosperità dello stato sociale
hanno ottenuto buone occupazioni che gli hanno permesso di incrementare
il loro reddito attraverso una partecipazione al welfare senza che però
ne dovessero sostenere i costi. Oggi, con la crisi dello stato sociale
e la crescita della pressione fiscale, si ritrovano in una posizione critica,
aggravata dall' insufficenza delle loro risorse culturali, per cui guardano
con invidia e voglia di imitazione alle elitè e con timore alla
popolazione marginale che riflette un loro possibile futuro.
La popolazione marginale è costituita dai
“vecchi” e “nuovi” poveri che si ritrovano separati dal resto della popolazione
per un insieme di fattori di deprivazione (istruzione, lavoro, rappresentanza
politica, segregazione etnica) e che si vanno a concentrare nelle aree
più povere e degradate delle città. Una parte di questi “premono
ai confini dei ceti medi per entrare nella cittadella fortificata delle
garanzie, cercando di emergere dalla economia informale, dalla precarietà
occupazionale, dal degrado”; altri si abbandonano all' emarginazione dalla
vita urbana.
3.Identità e cultura
La città è sempre stata luogo di
incontro tra individui e gruppi diversi, e quindi di mondi sociali eterogenei,
e con lo sviluppo delle metropoli moderne le occasioni di incontro e di
confronto tra le culture differenti si sono moltiplicate. La “pluralizzazione
di mondi della vita” è però un processo ambivalente perchè
se da una parte legittima la coesione di culture spesso opposte, dall'altra
la crescita del relativismo culturale fa si che i sistemi di preferenze
e le identità si indeboliscano e diventino solo combinazioni di
tratti culturali privi di radici.
Il processo di frantumazione dell' identità
urbana si sviluppa anche per l' indebolimento della corrispondenza tra
gli interessi territoriali dell' economia e quelli della società
locale a causa della globalizzazione. Pur potendo liberamente scegliere
tra un universo di opzioni di vita, di fatto, l' esistenza degli individui
è condizionata dalle decisioni politiche e di mercato di organismi
che operano al di fuori delle possibilità di controllo dei cittadini
stessi.
La città, travolta dai processi economici
globali e da immagini e significati planetari, non è più
in grado di trasmettere identità e senso di appartenenza ai suoi
abitanti che non ritrovano in essa un contesto di identificazione comunitaria.
Lo spazio urbano non è più luogo di incontro tra estranei
ma esprime indifferenza e isolamento ed è caratterizzato dalla competitività,
dallo sfruttamento reciproco, dall' importanza crescente di denaro e potere,
dal soddisfacimento ad ogni costo di bisogni artificiali. La circolazione
delle informazioni veicolate dai media e dall' industria dell' immagine
fa emergere i segni del benessere diffuso e di una cultura che tende “ad
omogeneizzare i diversi ceti sociali e i diversi luoghi del territorio
in nome dei consumi. E' per questo che nell' immaginario collettivo la
città metropolitana assume le caratteristiche di un supermercato
globale in cui si espone di tutto e in cui tutti i desideri sono appagabili”.
I simboli connessi al consumo influenzano così i modelli di comportamento
dei residenti che non si basano più sui valori tipici di una comunità
e sul senso di appartenenza ma su una serie di piccole soddisfazioni di
bisogni mutevoli che creano atteggiamenti incostanti, apatici, deresponsabilizzati.
Se da un lato la città sembra un luogo
di autorealizzazione per la libertà dei vincoli sociali e le occasioni
diverse per costruire il proprio stile di vita che offre, dall'altro acquista
i caratteri di un ambiente che sottopone l' individuo all' isolamento,
alla mancanza di solidarietà, all' insicurezza favorendo atteggiamenti
che dimostrano povertà socioculturale e processi di emarginazione.
“L' anonimato e la crisi di relazioni interpersonali
sono tra i fenomeni più vistosi del deterioramento della qualità
della vita urbana”: mai come oggi si vive a contatto con i propri simili
e mai come oggi si percepisce un senso di solitudine ed estraneità
nei confronti degli altri. Questo fa si che venga a mancare una
comune mentalità, o gerarchia di bisogni,
fondata su valori
condivisi: il deterioramento di una cultura urbana è
conseguenza di quei fenomeni che hanno “atomizzato la vita della città”.
Denatalità e crisi della famiglia hanno indebolito i canali tradizionali
di trasmissione dei valori e di socializzazione a favore di un ruolo sempre
più pervasivo della cultura di massa. Le migrazioni verso le grandi
città, prima dalle campagne e oggi dai paesi sottosviluppati, hanno
determinato una frattura tra la cultura dell' elitè dei nativi,
che si sono rinchiusi in sè stessi, e quella dei nuovi venuti, costretti
ad insediarsi nelle periferie senza alcuna possibilità di partecipare
attivamente alla vita della città.
L' unico elemento che sembra assumere un ruolo
socializzante in questo contesto è la cultura di massa che,
essendo percepita come universalizzante, viene da tutti passivamente accettata
e va a colmare i vuoti lasciati dagli altri agenti della socializzazione
famiglia, scuola, vicinato contribuendo ad allargare l' anonimato e la
crisi relazionale. Inoltre la comunicazione di massa si presenta come l'
opinione di tutti anche se è costruita su bisogni individuali e
sugli interessi solo di coloro che “sono funzionali al sistema”, venendo
a creare una falsa immagine sociale. I modelli culturali offerti dalla
TV vengono assimilati in modo acritico, andando il più delle volte
a confermare opinini preesistenti e rendendo il dialogo o superfluo o impossibile
tra persone con idee diverse.
La città, solcata da flussi omnidirezionali,
denota una graduale perdita della sua specificità, caratterizzata
una volta dalla presenza di relazioni sociali regolari e uniformi,connesse
a forme di vicinanza spaziale e solidarietà, e sembra ridursi esclusivamente
ad un insieme di oggetti, strutture e di individui isolati che si muovono
seguendo i flussi del consumo e dello spettacolo.
Il legame tra la città e i suoi abitanti
dipende, quindi, in gran parte dall' immagine che di essa emerge dai media,
che sono in grado di proiettarla anche oltre i suoi confini: l' orgoglio
cittadino sorge quando essa diventa “oggetto di desiderio, di riferimento,
di confronto, quando produce e trasmette mode e tendenze per milioni di
individui che non vi abitano e non vi lavorano” ma si sentono in qualche
modo condizionati dalla sua esistenza. Sotto questo profilo diventa importante
per la città progettare al suo interno degli spazi che riflettano
immagini ricche di significato e di stimoli tali da suscitare interesse
nei visitatori ma anche negli stessi abitanti. Per questo tutte le città
cercano di ricostruire la propria immagine ristrutturando luoghi artistici
fin' ora trascurati, musei, gallerie, teatri, ripristinando vecchie tradizioni
folkloristiche o feste popolari, moltiplicando le occasioni di intrattenimento,
creando i cosiddetti eventi per attirare turisti.
La produzione di eventi, siano essi culturali,
sportivi, religiosi o semplicemente ricreativi, al di là delle diverse
finalità strategiche che ne stanno all' origine, determina effetti
significativi sul piano sociale. Innanzitutto un miglioramento della qualità
della vita urbana, attraverso la rigeneazione del tessuto insediativo delle
aree centrali, l' incremento del turismo, l' acquisizione da parte degli
abitanti di un senso di appartenenza e orgoglio cittadino che si traduce
in una maggior cura degli spazi della città e nella crescita del
potenziale relazionale degli abitanti.
Il sentimento comune di identità si rafforza
specialmente per quei gruppi che sono in grado di interagire con gli eventi:
per questo vengono talvolta organizzati per raggiungere i gruppi marginali
e offrirgli la possibilità di uscire dall' isolamento, oppure per
verificare l' effettiva disponibilità di questi gruppi all' integrazione.
La produzione di eventi diventa un investimento
proficuo per le città non solo dal punto di vista economico ma anche
perchè distogli l' attenzione dai problemi srutturali la cui risoluzione
richiede scelte politiche difficili e tempi troppo lunghi.
Inoltre l' organizzazione di eventi festosi “può
riaggregare spazi e recuperarli, può definire intorno a consumi
collettivi nuove identità e nuove alleanze sociali”, anche se queste
nuove forme di aggregazione sono transitorie e destinate a sciogliersi
e ricomporsi a seconda della situazione e degli interessi delle persone
coinvolte che vivono prevalentemente in condizioni di instabilità
e precarietà.
Le ristrutturazioni degli spazi collegati
alla produzione di eventi e alla visione della città come luogo
di consumo, caratterizzano sempre di più la città, sviluppando
sentimenti di appartenenza ma nello stesso tempo paura di espropriazione,
provocando negli abitanti orgoglio ma anche stress e risentimento. Le opere
di ristrutturazione nei centri urbani sembrano rivolte esclusivamente a
sollecitare il piacere dell' acquisto nei ceti più abbienti: mentre
attraggono una specifica fascia sociale, ne respingono un' altra ritenuta
inutile per la rendita dei capitali investiti. Non tutti hanno la possibilità
di accedere a questi spazi e adottare stili di vita incentrati sul consumo,
per cui i miglioramenti nelle aree centrali della città finiscono
col favorire la dislocazione dei cittadini a basso reddito nelle zone periferiche
in cui si vanno a concentrare i più acuti problemi sociali. Per
coloro che occupano i gradini più bassi della scala sociale, l'
ingente offerta di beni di consumo, a cui di fatto non possono accedere,
suscita sentimenti di esclusione e repulsione: l' essere tagliati fuori
dagli spazi urbani provoca comportamenti aggressivi che si manifestano
nella crescente criminalità.
4. Problemi e paure
Da quanto detto fin' ora emergono soltanto una parte delle
contraddizioni che caratterizzano lo spazio urbano; la città metropolitana
riproduce infatti, rendendoli ancora più visibili, i grossi problemi
del mondo contemporaneo: sovraffollamento, degrado ambientale,criminalità
dilagante, commistione tra affari e politica, conflitti etnico-culturali,
persistenza di forme di estrema povertà.
L' esplosione demografica diventa un fenomeno
critico soprattutto nelle metropoli del Terzo mondo perchè si contrappone
all' insufficiente sviluppo della base produttiva, delle abitazioni e dei
servizi determinando la presenza di grandi masse di persone che vivono
ai limiti della sopravvivenza ai margini della città.
Nel mondo occidentale la crescita ha subito un
rallentamento ma i problemi di congestione all' interno delle città
rimangono a causa dei flussi di persone che vi penetrano ogni giorno, pur
non abitandoci; basti pensare ai lavoratori pendolari, ai consumatori occasionali
di beni e servizi urbani, ai turisti che si appropriano degli spazi e aumentano
il traffico degli areoporti, delle stazioni, delle metropolitane oltre
a quello automobilistico. La sovrappopolazione “ha sconvolto l' equilibrio
dei rapporti uomo-natura creando uno stato di crisi ecologica” che investe
non solo l' ambiente ma l' uomo stesso.
Molte ricerche condotte negli Stati Uniti dimostrano
che al crescere delle dimensioni, dell' importanza e della densità
dei centri urbani, aumentano gli elementi che possono essere definiti di
patologia sociale come furti, morti accidentali, timore di uscire di casa,
tensione psicologica che provoca disadattamento; a cui si aggiunge una
maggir differenziazione delle aree sociali urbane che porta alla crescita
dell' isolamento, delle culture devianti e della criminalità in
generale.
Per quanto riguarda il rischi ambientale, il sovraffollamento
a cui segue una maggior congestione del traffico, un maggior consumo
di energia per far funzionare le tecnologie necessarie alla vita quotidiana,
una diminuzione degli spazi verdi a cui si contrappone l' intensificazione
dell' edilizia, l' accumulo dei rifiuti il cui smaltimento è sempre
più problematico, fa si che la città metrpolitana sia il
luogo dove sono più acute le emegenze della questione ecologica.
Un' altra grande “paura urbana” è rappresentata
dall' incremento della violenza e della criminalità che determina
una serie di conseguenze riguardo all' organizzazione degli insediamenti,
delle abitazioni, dei percorsi urbani, dei tempi e modi di uso della città.
La violenza criminale nelle metropoli assume prevalentemente
tre connotazioni: quella legata a determinati segmenti del territorio urbano
che risultano inaccessibili non solo per i semplici cittadini ma anche
per le forze di polizia che vi penetrano solo occasionalmente. C'è
poi la violenza diffusa casualmente sul territorio fatta di scippi, furti,
risse compiuti da individui apparentemente insospettabili, che è
quella che , per la sua imprevidibilità, colpisce di più
l' immaginario collettivo indebolendo il sentimento di sicurezza dei cittadini.
Infine nelle grandi città si insedia, in forme complesse ed efficienti,
la criminalità organizzata che può dar luogo a fenomeni di
corruzione politico- amministrativa, interferendoo nel mondo degli affari
e delle scelte politiche ed economiche degli organismi statali o internazionali.
Ma il problema forse più grande, e allo
stesso tempo meno percepito dalle masse ,è quello dell' emarginazione
sociale legato alla povertà. Da una parte la città, producendo
promesse e aspettative, attrae i soggetti poveri o a rischio provenienti
prevalentemente dai paesi sottosviluppati, ma le sue risorse di ospitalità,
alloggi, lavoro, accettazione delle diversità e integrazione sono
insufficienti. Dall' altra la città stessa crea povertà per
effetto dei cambiamenti della struttura produttiva, della riduzione delle
politiche di assistenza, della questione abitativa, della presenza di minoranze
etniche prive delle risorse per accedere al mercato del lavoro. Nella metropoli
l' individuo che dispone di risorse limitate non è in grado di interagire
con gli altri per migliorare la propria condizione perchè sono più
forti gli ostacoli per accedere a beni e servizi strategici e sono più
deboli le reti di solidarietà. La povertà viene quindi isolata
nei quartieri urbani dove il degrado fisico si associa a quello sociale
e diventa luogo di accoglienza per i nuovi poveri.
“La povertà alimenta così il grande
fiume della esclusione sociale pur in una società aperta per definizione
com'è quella urbana”.