NO ALLA GUERRA
Il
nostro governo sta preparando una nuova avventura militare. Mentre
manda allo sbaraglio mille alpini in Afghanistan, Berlusconi si dimostra pronto
ad obbedire agli ordini di Bush e a garantire l’appoggio italiano alla guerra
‘preventiva’ contro l’Irak.
I mezzi di informazione di massa si sono accodati: ogni giorno telegiornali, opinionisti ed ‘esperti’ di regime ci spiegano che Saddam Hussein è il più cattivo di tutti i cattivi e che la guerra è l’unico modo di assicurare pace e stabilità. Come al solito, ci stanno facendo il lavaggio del cervello.
NON FACCIAMOCI INGANNARE
La
guerra non è giusta.
La lotta al terrorismo ora, come l’emergenza umanitaria ai tempi della Serbia,
sono solo pretesti per nascondere gli interessi economici delle
nazioni ricche.
La
guerra è criminale. La vietano sia il diritto internazionale, sia la nostra
costituzione: art. 11, “l’Italia ripudia la guerra …come mezzo di
risoluzione delle controversie internazionali”.
La guerra è inutile. L’Afghanistan lo dimostra chiaramente: il regime dei Talebani è stato abbattuto, ma il terrorismo internazionale è più vivo che mai. L’Irak lo dimostra tragicamente: dieci anni di embargo e di bombardamenti hanno fatto più di un milione e mezzo di morti tra i
civili, ma il potere di Saddam Hussein non è stato minimamente intaccato.
RIBELLARSI E' GIUSTO
Non
possiamo assistere indifferenti allo sterminio di centinaia
di migliaia di civili, siano Afgani, Serbi o Iracheni, per permettere
alle multinazionali del petrolio di moltiplicare a dismisura i propri profitti.
Non possiamo permettere lo smantellamento del diritto internazionale e delle
nostre stesse leggi. Non possiamo accettare passivamente il tentativo di imporre
militarmente l’egemonia mondiale di poche nazioni sul resto del mondo.
La
pace non si ottiene con i cannoni, ma con l’equa distribuzione delle risorse
e con il rispetto dei principi di libertà e autodeterminazione dei popoli.
Solo una decisa presa di coscienza ed una forte mobilitazione popolare possono impedire ai nostri governanti di proseguire sul cammino guerrafondaio e suicida che hanno intrapreso, costringendoli invece a praticare una politica di cooperazione, solidarietà e giustizia