Lo
Scontro dell'Ignoranza
11 Ottobre, 2001
L'articolo di Eamuel Huntington "Lo scontro di civiltà" apparso
nell'estate del 1993, una pubblicazione degli Affari esteri, immediatamente si
attirò una quantità sorprendente di attenzione e di reazione. Perché l'articolo
aveva l'intenzione di soddisfare gli statunitensi con una tesi originale circa
"una nuova fase" nelle politiche mondiali dopo la fine della guerra
fredda, i termini d'argomento di Huntington sembravano irresistibilmente vasti,
coraggiosi anche visionari. Molto chiaramente egli aveva individuato i suoi
rivali nelle schiere dei policy-making, teorici come Francio Fukuyama e le sue
idee sulla "fine della storia", come pure le legioni di chi aveva
celebrato l'inizio del globalismo, del tribalismo e la dissipazione della
stato. Ma essi, egli aveva affermato, avevano capito solo alcuni aspetti di
questo nuovo periodo. Egli stava per annunciare il "cruciale, davvero
centrale, aspetto" di quello che "le politiche globali probabilmente
saranno negli anni a venire." Senza esitazioni egli avanzava: "La mia
ipotesi è che la sorgente fondamentale del conflitto in questo nuovo mondo non
sarà primariamente ideologica o economica. Le grandi divisioni fra l'umanità e
la causa dominante del conflitto saranno culturali. Gli stati-nazione
rimarranno gli attori più potenti negli affari mondiali, ma i principali
conflitti delle politiche globali accadranno fra nazioni e gruppi di differenti
di civiltà. Lo scontro di civiltà dominerà le politiche globali. La mancanza di
frontiere fra le civiltà saranno i confini della battaglia del futuro."
La maggior parte degli argomenti nelle pagine che seguirono facevano
assegnamento su una vaga nozione di qualcosa che Huntington chiamò
"identità di civiltà" e le "interazioni fra sette o otto civiltà
maggiori", di cui il conflitto fra due di loro, l'Islam e l'Occidente,
riveste la parte del leone della sua attenzione. In questo belligerante modo di
pensiero, egli si affida pesantemente ad un articolo del 1990 di un veterano
Orientalista Bernard Lewis, i cui colori ideologici sono manifesti nel suo
titolo "Le radici della Rabbia Musulmana". In entrambi articoli, la
personificazione di entità enormi chiamate "l'Occidente" e
"l'Islam" è temerariamente affermata, come se affari immensamente
complicati come l'identità e la cultura esistessero come in un mondo di cartoni
animati dove Braccio di Ferro e Bruto si colpissero violentemente l'uno con
l'altro senza pietà, con uno sempre più virtuoso pugile che avesse ragione del
suo avversario. Certamente né Huntington né Lewis hanno molto tempo per evitare
le dinamiche interne e le pluralità di ogni singola civiltà, o per il fatto che
il contesto superiore nella maggior parte delle moderne culture interessa la
definizione o l'interpretazione di ogni cultura, o per una possibilità non
attraente che un grande miscuglio di demagogia e di onesta ignoranza è
coinvolto nel presumere di parlare per un'intera religione o civiltà. In nessun
modo, l'Occidente è Occidente e l'Islam Islam. La sfida per i politici
occidentali, dice Huntington, è di rendere sicuro che l'Occidente diventi più
forte e fermi tutti gli altri, l'Islam in particolare. Più preoccupante è la
presunzione di Huntington che la sua prospettiva, che è di indagare l'intero
mondo da un piedistallo al di fuori di tutti i legami ordinari e le fedeltà
nascoste, sia la corretta, come se tutti gli altri stessero
"sgambettando" nel cercare risposte che lui ha già trovato. Infatti,
Huntington è un ideologo, qualcuno che vuole trasformare le "civiltà"
e "l'identità" in qualcosa che non sono: entità determinate, ben
chiuse che sono state purificate delle miriadi di correnti e controcorrenti che
animano la storia umana, e che da secoli l'hanno resa possibile nonostante che
la storia non contenga solo guerre di religione e conquiste imperiali ma che è
anche uno scambio e una condivisione. Questa storia di gran lunga meno visibile
è ignorata nell'attacco al culmine che comicamente la guerra stretta e
costretta, che lo "scontro di "civiltà" argomenta, sia la
realtà. Quando pubblicò il suo libro dallo stesso titolo nel 1996, Huntington
cercò di dare alla sua teoria un poco più di acutezza e molte, molte più
postille, tutto ciò che fece comunque, fu confondersi dimostrare che rozzo
scrittore ed inelegante pensatore egli fosse. Il paradigma di base
dell'Occidente contro il resto del mondo (il paradigma della guerra fredda
riformulato) è rimasto inviolato, e questo è ciò che è persistito, spesso
insidiosamente e implicitamente, nelle discussioni dei terribili eventi del
undici Settembre. L'orrendo attacco suicida attentamente pianificato, e
patologicamente motivato e l'omicidio di massa da parte di un piccolo gruppo di
militanti sconvolti si è trasformato nella prova alla tesi di Huntington.
Invece di vederlo per quello che è-la cattura di grandi idee (io uso la parola
inesattamente) da parte di una minuscola banda di fanatici impazziti per
intenti criminali -luminari di fama internazionale dal precedente Primo
Ministro pakistano Benazir Bhutto al Primo Ministro italiano Silvio Berlusconi
hanno pontificato sui guai dell'Islam, e nel secondo caso hanno usato le idee
di Huntington per predicare in modo esaltato sulla superiorità dell'Occidente,
in quanto "noi" abbiamo i Mozart ed i Michelangelo e loro no. (Berlusconi
ha poi fatto una timida scusa per il suo insulto all "Islam.") Ma
perché invece non vedere il parallelismo, evidentemente meno spettacolare nella
loro potenza distruttiva, fra Osama bin Laden ed i suoi seguaci ed i culti come
la Setta dei Davidiani o i discepoli del Reverendo Jim Jones o la setta
giapponese di Aum Shinrikyo. Anche il normalmente sobrio settimanale
britannico "The Economist", nella sua pubblicazione del 22-28
Settembre 22-28, non può resistere nel giungere ad un'ampia generalizzazione,
elogiando in modo stravagante Huntington per le sue "crudeli e profonde,
ma non di meno acute " osservazioni sull'Islam. "Oggi," il
giornale afferma con indecente solennità, Huntington scrive che "un
miliardo nel mondo di Musulmani sono convinti della superiorità della loro
cultura, ed ossessionati dell'inferiorità del loro potere.'" Ha
discusso con 100 Indonesiani, 200 Marocchini, 500 Egiziani e 50 Bosniaci? Anche
se lo avesse fatto, che cavolo d'esempio è questo? Innumerevoli sono gli
editoriali in ogni giornale o settimanale Americano e Europeo di commento che
si aggiungono a questo vocabolario di gigantismo e di apocalisse, ogni uso di
ciò è semplicemente disegnato non per costruire ma per infiammare la passione
sdegnata del lettore come membro dell'Occidente", e di quello che noi
abbiamo bisogno di fare. La retorica di Churchill è usata impropriamente da
combattenti autonominatisi nella guerra dell'Occidente, specialmente
dell'America, contro i suoi nemici, saccheggiatori, distruttori, con insufficiente
attenzione alle storie complesse che sfidano tale riduzione e sono passate da
un territorio ad un altro, in un processo che non ha tenuto conto dei confini
che sono pensati per separarci tutti in campi armati contrapposti. Questo è il
problema con etichette non poco edificanti come Islam e l'Occidente: traviano e
confondono la mente, che sta cercando di dare senso ad una realtà disordinata
che non sarà classificata così facilmente. Mi ricordo di aver interrotto un
uomo che, dopo un lettura che avevo fatto all'Università della West Bank nel
1994, si alzò dalla platea ed inizio ad attaccare le mie idee come
"Occidentali" poiché opposto al rigido dettame islamico che egli
osservava. "Perché stai indossando una camicia ed una cravatta? " fu
la prima cosa che mi venne in mente. "Anche esse sono occidentali."
Egli si sedette con un sorriso imbarazzato sul suo volto, ma io richiamai
l'incidente quando l'undici Settembre i terroristi iniziarono ad arrivare: come
si erano impadroniti di tutti i dettagli tecnici richiesti per infliggere il
loro male omicida sulle Torri Gemelli, il Pentagono e l'aereo che avevano
dirottato. Dove si traccia la linea fra la tecnologia "Occidentale"
e, come Berlusconi ha dichiarato, l'incapacità dell'Islam" ad essere parte
della modernità? Non si può fare così facilmente, naturalmente. Quanto
definitivamente sono inadeguate, le etichette, le generalizzazioni e le
asserzioni culturali. Ad un certo livello, per esempio, le passioni primitive
ed il know-how sofisticato convergono nei modi che smentiscono il limite
fortificato non solo fra l'Occidente" e l'Islam" ma anche fra il
passato e presente, noi e loro, per non dire poi dei tanti concetti d'identità
e nazionalità sui quali c'è un disaccordo e un dibattito interminabile. Una
decisione unilaterale presa per stabilire dei confini nella sabbia, per
iniziare crociate, per opporre al loro male il nostro bene, per estirpare il
terrorismo e, nel vocabolario nichilista di Paul Wolfowitz (segretario aggiunto
alla Difesa degli USA N.d.T.), terminare l'integrità delle nazioni, non fa si
che le supposte entità si vedano un po' più facilmente piuttosto testimonia
quanto più semplice sia fare dichiarazioni bellicose per il fine di mobilitare
le passioni collettive che riflettere, esaminare, separare ciò di cui noi ci
stiamo occupando in realtà, l'interconnessione di innumerevoli vite, le
"nostre" come pure le "loro". In una serie rimarchevole di
tre articoli pubblicati fra il Gennaio del 1999 ed il Marzo dello stesso anno
su Dawn, il settimanale più rispettato del Pakistan, il defunto Eqbal Ahmad,
scrivendo per il pubblico musulmano, analizzava ciò che egli chiamava le radici
del diritto religioso, condannando molto duramente le mutilazioni dell'Islam da
parte di tiranni assolutisti e fanatici la cui ossessione di regolare la
condotta personale promuove "un ordine Islamico ridotto a codice penale,
eliminato dal suo umanesimo, estetica, questioni intellettuali, e devozione
spirituale." E ciò "comporta
un'affermazione assoluta di un, generalmente deconstestualizzato,
aspetto della religione ed un totale disprezzo di un altro. Questo fenomeno
distorce la religione, svilisce la tradizione ed altera il processo politico
dovunque esso si riveli." Come tempestivo esempio di questa degradazione,
Ahamad procede per primo a presentare il ricco, complesso, pluralista
significato della parola jihad e poi continua mostrando che nella limitazione
attuale della parola di una guerra indiscriminata contro presunti nemici, è
impossibile "riconoscere la religione, la società, la cultura, la storia e
la politica islamica come vissuta e sperimentata dai musulmani attraverso i
secoli." I moderni islamisti, Ahmad conclude, sono "occupati
con il potere non con l'anima, con la mobilitazione delle persone per intenti
politici piuttosto che condividere ed alleviare le loro sofferenze ed
aspirazioni. La loro è un'agenda politica molto limitata." Ciò che ha
fatto guai peggiori è che simili distorsioni e fanatismo avvengano
nell'universo "Ebraico" e "Cristiano" del discorso. Fu
Conrad, più potentemente che ogni suo altro lettore alla fine del XIX secolo
avrebbe potuto immaginare, che capì che le distinzioni fra la Londra
civilizzata ed "il cuore dell'oscurità" cadevano rapidamente nelle
situazioni, e che le altezze della civilizzazione europea potevano
istantaneamente cadere nelle pratiche più barbare senza preparazione e senza
transizione. E fu ancora Conrad , nell'Agente Segreto" (1907), che
descrisse la somiglianza del terrorismo per le astrazioni come "la scienza
pura" (e per estensione per "Islam" ed "Occidente"),
come pure la suprema degradazione morale del terrorista.
Poiché ci sono legami più vicini fra civiltà apparentemente in contrasto di
quanto la maggior parte di noi vorrebbe credere, sia Freud che Nietzsche
mostrarono come il traffico attraverso frontiere attentamente difese ed anche
controllate si muova spesso con una terrificante tranquillità. Ma allora tali
idee instabili, piene d'ambiguità e scetticismo sulle opinioni a cui noi ci
aggrappiamo, a mala pena ci forniscono delle pratiche ed adeguate linee guida
per delle situazioni come quella che affrontiamo ora. Da questo momento i
completi più rassicuranti slogan di guerra (una crociata, il bene contro il
male, la libertà contro la paura, ecc. ecc.) estrapolati da Huntington hanno
prodotto l'opposizione fra l'Islam e l'Occidente, dalla quale i discorsi
ufficiali hanno attinto il loro vocabolario nei primi giorni dopo gli attacchi
del undici settembre. C'è da allora una notevole de-escalation in quei
discorsi, ma a giudicare dalla quantità continua di azioni e discorsi di odio,
più le cronache dell'esecuzione di inchieste giudiziarie dirette contro Arabi,
Musulmani ed Indiani in tutto il paese, il paradigma permane ancora.
Un'ulteriore ragione per la sua persistenza è l'incrementata presenza di
Musulmani in tutta l'Europa e gli Stati Uniti. Si pensi alle popolazioni di
Francia, Italia, Spagna, Gran Bretagna, USA, anche Svezia e si deve ammettere
che l'Islam non sia più ai bordi dell'Occidente ma nel suo centro. Ma che cosa
è così minaccioso della sua presenza? Sono le memorie seppellite nella cultura
collettiva delle prime grandi conquiste arabo-islamiche, che iniziarono nel
settimo secolo e che, come scrisse il celebre storico belga Henri Pirenne nel
suo libro "Maometto e Carlo magno" (1939), frantumarono una volta e
per tutte l'antica unità del Mediterraneo, distrussero la sintesi
Cristiana-Romana e diedero origine a una nuova civilizzazione dominata dalle
potenze del nord (Germania e Franca Carolingia) la cui missione, è sembrato che
egli stesse dicendo, è di riprendere la difesa dell'Occidente" contro i
suoi storici nemici. Ciò che Pirenne ha tralasciato, ahimé, è che nella
creazione di questa nuova linea difensiva l'Occidente attinse all'umanesimo,
alla scienza, alla filosofia, alla sociologia e storiografia dell'Islam, che si
era già interposto fra il mondo di Carlo Magno e l'antichità classica. Islam si
trova dentro dall'inizio, così anche Dante, grande nemico di Maometto, dovette
ammettere quando piazzò a centro del suo Inferno il Profeta. C'è poi un'eredità
persistente dello stesso monoteismo, le religione Abramiche, come Louis
Massignon in modo adatto le ha definite. Iniziando con il Giudaismo e la
Cristianità, ognuna è un successore ossessionato da ciò che è venuto prima, per
i Musulmani, l'Islam completa e termina la linea della profezia. Non c'è ancora
una storia decente o una demistificazione del contesto poliedrico fra questi
tre seguaci – nessuno di loro ben lungi (è) un campo monolitico ed unificato -
del più geloso di tutti gli dei, anche se la sanguinosa convergenza moderna
sulla Palestina fornisce un ricco esempio secolare di ciò che c'è stato di così
tragicamente irreconciliabile intorno a loro. Non sorprende, allora, se i
Musulmani ed i Cristiani parlino prontamente di crociate e di jiahad, entrambi
eliminando la presenza Giudaica spesso con sublime noncuranza.Come un agenda,
dice Eqbal Ahmad, è "molto riassicurante agli uomini ed alle donne che
sono bloccati nel mezzo del guado, fra le acque profonde della tradizione e
della modernità". Ma tutti noi stiamo nuotando in queste acque,
Occidentali e Musulmani e anche altri. E poiché le acque sono parte dell'oceano
della storia, cercare di attraversarle o dividere con barriere è futile. Questi
sono tempi tesi, ma è meglio pensare in termini di comunità potenti ed
inefficaci, di laiche politiche di ragione ed ignoranza, ed i principi
universali di giustizia ed ingiustizia, piuttosto che smarrirsi in cerca di
grandi astrazioni che possono darci una soddisfazione momentanea ma poca
autoconsapevolezza o analisi istruita. La tesi dello "Scontro di
Civiltà" è un trucco come la "Guerra dei Mondi" più per
rinforzare un autorgoglio difensivo che per una conoscenza critica della
stupefacente interdipendenza del nostro tempo.