A report by Emilio Campanella on the recent Venice Film Festival
Venezia '98
Tanti, troppi ? film alla LV mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, seguita quest'anno con maggiore assiduità di quella per me abituale, forse anche perché avendo dovuto pagare una piccola "tangente" per ottenere l'accredito come tutti (o quasi, ho poi saputo) ed essendo genovese ho cercato di comperarmi con quel prezzo (50.000, poco più che simboliche, peraltro) il maggior numero di pellicole possibile.
L'amara sorpresa è stata per la maggior parte dei piccoli e piccolissimi (come me) corrispondenti, di non avere una casella che garantisse il materiale informativo, ed essendo costretto così a una lotta e a una caccia estenuanti per ottenerlo, onde entrare in possesso di informazioni talvolta esiziali; non si è avuta, fra l'altro, alcuna facilitazione riguardo i cataloghi, è vero poco costosi, ma data la loro quasi trasparenza (nel senso dello spessore) costosissimi e una disorganizzazione peggiorata del cento per cento in confronto a quella, già disastrosa, dello scorso anno; e se all'ultima edizione il personale era cortese e sollecito, questa volta si divideva in due categorie: i cortesi ed educati e gli arroganti e sgarbati, mi si passi la rima involontaria. A chiudere l'elenco delle dolenti note i frequenti problemi tecnici delle proiezioni e le difficoltà anche solo a definire gli ingressi separati per gli accreditati; oltre ad aver diviso nettamente i gruppi così che non ci si possa più incontrare fra categorie diverse (stampa, culturali, professionali ecc.) e scambiarsi opinioni e magari anche seduzioni.
Ed eccoci alla nostra mostra della laguna (parafrasando l'ottima Dandini) e considerando appunto, il secondo significato del termine, quindi esattamente come femminile di mostro, ma anche di esposizione di mostri e mostruosità. A parte gli scherzi, non è stata, in ogni modo, una gran mostra.
Meno intasata di titoli, ha privilegiato piuttosto il cinema di sceneggiature, che quello di "storie" come è nelle preferenze del curatore, e ciò con i rischi che possono comportare pellicole molto parlate e di pochi avvenimenti, pur considerando la tendenza generale al tentativo di analisi da una parte, e dall'altra, la sola azione.
Distinguerò, ora, i temi che ho colto, e quelli che propongo come miei, ad esempio quello dell'imbarazzo provocatomi da un film, questo sì, di soli eventi e indubitabile abilità, ma nel quale non si comprende quale posizione abbia deciso di prendere il regista ed è "Saving private Ryan" di S.Spilberg; altrettanto imbarazzo ho provato nei confronti dell'immeritatissimo premiato "Così ridevamo" di Gianni Amelio, un film di una falsità rara, spero, almeno in parte involontaria.
Uno dei fili conduttori è stato invece quello del tempo e del destino giocato sulle coincidenze come nell'interessante "Los amantes del circulo polar" di Julio Medem dove non mancano orsi a sorpresa, e nel velocissimo "Lola rennt" di Tom Tykwer, questo costruito con la struttura di un CD-ROM; anche il preziosissimo "New Rose Hotel" di Abel Ferrara può rientrare di diritto in questo gruppo oltre che in quello dei film per i quali non può esserci una via di mezzo: o si ama alla follia, o si detesta, io l'ho detestato, ma non amando questo regista, spero di essere un poco perdonato.
La gaiezza è quasi latitante quest'anno, a parte "Speak like a child" di John Akomfrah che pasticcia la storia, montata fra passato e presente, ovviamente, di un rapporto fra due lui e una lei, dal riformatorio in poi, più o meno. "The opposite of sex" di Don Roos parte benissimo, ha buone idee, attori molto bravi, poi si perde, complica, affastella, rovinando l'effetto di molte buone idee, ma è comunque da tenere presente.
Un ulteriore tema riscontrabile è quello della pioggia che si ritrova incessante ne "La Nube" di Fernando E. Solanas che trascina un'idea per 123 minuti !!! Ancora pioggia nella Torino luministicamente ricercata e inutile di Amelio e anche in "Place Vendome" di Nicole Garcia dove una giustissimamente premiata (Coppa Volpi) Catherine Deneuve fa capolavori di recitazione sottotono, schiacciando e relegando in un angolo la bellissima, algida, poco simpatica Emmanuelle Seigner; un'opera, comunque di routine, e nulla più. Poco simpatica anche Emmanuelle Béart in "Voleur de vie" di Yves Angelo che per 105 minuti ci ruba veramente la vita raccontando della suddetta 'femme fatale' i cui amanti fanno, talvolta, una brutta fine (secondo me è fatale quanto un bicchiere di bicarbonato, ma !!!) mentre la sorella sessuofoba, e già ragazza madre (una Sandrine Bonnaire ancora una volta straordinaria) si lascia morire non si sa di cosa, mentre la figlia e nipote se ne andrà per conto suo, e via facendosi del male in un soggetto che in mano ad altri avrebbe dato risultati ben differenti! Perdetevelo !!
I pretenziosi: "Trafico" di Joao Botelho che vorrebbe rifare Bunuel senza averne la forza eversiva, come neppure la leggerezza di Ioseliani, peccato ! "Le Silence" di Mohsen Makhmalbaf un film di grande fascino, ma qua e là un po' sospetto.
Lo scozzese "Orphans" (Peter Mullan, premiato con tre premi minori) è da vedere per l'idea di partenza e certe situazioni abbastanza inedite intorno a un funerale. Non ho amato i gatti di Emir Kusturica ("Black cat, white cat" Leone d'argento !) per le medesime ragioni che a qualcun altro hanno fatto perdere la testa, un film decisamente pazzo, nel bene e nel male.
E ora vengo, finalmente, a ciò che ho più
amato: "Bure Baruta" (la polveriera) di Goran Paskaljevic che
si sarebbe portato a casa qualche premio importante, ma che è stato
presentato fuori concorso data la presenza di Kusturica e la nota rivalità
fra i due; questo è veramente un film da non perdere per la capacità
registica di cucire assieme storie in cui i personaggi sono tutti inconsapevolmente
collegati (ulteriore tema ricorrente in altre opere) e si avvale di due
cornici: l'inquietante enterteiner del "Cabaret Balkan" e un fascinoso
tassista. Il ritratto che vien fuori di Sarajevo è a dir poco agghiacciante:
se non mancano orsi potete star certi che sono tutti feroci ! Nessun personaggio
si salva: sono uno peggio dell'altro. Buon divertimento ! Si è accontentato
di un pur lusinghiero premio Finpresci.
Altrettanto forte e tenerissima, violenta e struggente, la vicenda di Mitov e Norica in "Terminus Paradis" di Lucian Pintilie, (Premio della giuria) il cui amore a prima vista (una fascinazione a prima vista sottolineata dal tema dello sguardo del Tristano) porta a disastri inenarrabili; anche qui, orsi: due per l'esattezza, il primo feroce poliziotto ottuso, ma meritevole di essere sbattuto sul sofà più vicino alla prima occasione, e il secondo che fa (guarda caso !) una pessima fine, e viene impacchettato nel nylon come un gigantesco peluche !
Non ci sono orsi in particolare (anche se qua e là fra i barbuti) in "Train de vie" di Radu Mihaielanu (premio Anicaflash e Finpresci), uno dei più bei film della Mostra, ma, ovviamente, fuori concorso. Pazzo, divertentissimo, commovente ed emozionante, recitato benissimo, diretto con maestria, amalgamato in salsa Yiddish di ottima qualità, con una colonna sonora di musiche Khlezmer trascinanti e quella geniale follia della cultura dell'est europeo: 1941 gli ebrei di un villaggio romeno organizzano un'autodeportazione per salvarsi dai nazisticomplicazioni ! Una scena che vale tutto il film: la celebrazione dello Shabbath in cui i (finti) nazisti salmodiano i testi sacri con il tipico tradizionale dondolio rituale.
Ultimi orsi in "bin Ich Schoen" di Doris Dorrie un altro soggetto ad incastro con qualche lunghezza, talvolta, ma molte cose interessanti, vari orsi che spuntano, anche da una scatola da cui vengono prelevati e divorati (ma sono di quelli gommosi uff!); anche qui l'ottima Franka Potente già protagonista di "Lola Rennt" non voglio dimenticare il simpatico cameo di Pippo Delbono nel pessimo "L'albero delle pere" di Francesca Archibugi.
Al prossimo anno !!
Emilio Campanella