I libri di Anarchismo

 

Una nuova collana di piccoli libri — 15,50 x 21 cm, da 50 a 100 pagine — al prezzo di euro 1.50.

Tutti i titoli sono
di Alfredo Bonanno

 

1) Palestina, mon amour - IN ESAURIMENTO

Ho dibattuto a lungo nel mio cuore i dubbi contenuti in questo libro, guardando a volte il cielo della notte e individuando, una ad una, le medesime stelle di un tempo passato. La loro luce continua a brillare imperturbabile sui guai degli uomini.

2) A mano armata

La vera arma dell’uomo è la mano. L’uomo è un animale che la natura ha selezionato con una mano dal pollice contrapposto alle altre dita. Un animale che afferra, che vuole prendere, tenere saldo. L’arma nel suo significato essenziale è quindi la protesi che incrementa la capacità attiva della mano.

3) Critica del sindacalismo - IN ESAURIMENTO

Il produttore nuovo, uscito fuori dallo sconvolgimento dell’assetto produttivo capitalista, tira a campare: oggi saldatore, domani giardiniere, poi necroforo e pasticciere, infine bidello. Tira a campare, e non spera altra fortuna per la sua progenie che quella di un salario qualsiasi, in una prospettiva di degenerazione culturale di cui non si rende nemmeno conto, un salario qualsiasi per sopravvivere. I sogni del passato, i sogni – perché no? – della rivoluzione, i sogni della distruzione definitiva d’ogni sfruttamento e d’ogni potere, sono finiti. La morte è adesso nel cuore, la morte e la sopravvivenza.

4) Io so chi ha ucciso il commissario Luigi Calabresi

Io so chi ha ucciso il commissario Luigi Calabresi, il 17 maggio 1972, sotto casa sua, in via Cherubini 6, a Milano, alle nove e un quarto del mattino

5) Teoria dell’individuo. Stirner e il pensiero selvaggio

Il pensiero nudo e crudo di Sitrner è un atto barbarico di rara ferocia, eccessivo, il classico elefante che con la sua pachidermica mole si fa spazio nel negozio dei ninnoli filosofici.

6) Come un ladro nella notte, (Conferenza sull’anarchismo) - ESAURITO

Se queste parole risveglieranno qualcosa che era di già nei lettori e almeno in uno di loro toccheranno quelle fibre scoperte, quei nervi tesi e mai domi che caratterizzano l’anarchico, quei sentimenti non codificabili che alimentano la sua vita di tutti i giorni, e toccandoli li collegheranno con uomini, fatti, teorie e pratiche dell’anarchismo, il mio impegno non sarà stato vano.

7) Internazionale Antiautoritaria Insurrezionlista - ESAURITO

’Internazionale antiautoritaria insurrezionalista, come idea, prima, come progetto, poi, a partire dal dibattito di alcuni anni fa all’interno del movimento. Per tanti motivi, non ultimi quelli repressivi, ma anche per le tante incomprensioni fra compagni che in questi ultimi anni sembra abbiano reso più corrusco il cielo del movimento anarchico, non si è arrivati al primo passo, quello di una riunione preparatoria del Convegno iniziale dell’Internazionale.

8) Nuove svolte del capitalismo - ESAURITO

Nel gennaio del 1993, insieme ad un altro compagno, venni invitato in Grecia a tenere alcune conferenze presso il Politecnico di Atene e presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Salonicco. Alcuni dei testi qui pubblicati hanno una storia particolare che necessita di alcuni chiarimenti. Il primo, è lo schema delle conferenze che mi accingevo a fare in Grecia; il secondo, la trascrizione della registrazione su nastro della conferenza di Salonicco; il terzo, la trascrizione di una intervista concessa al quotidiano di Atene “Eleftherotipia”. Credo sia utile passare adesso ad una breve descrizione del modo in cui le teste della Magistratura italiana e dei carabinieri hanno lavorato su questo testo. Il 17 settembre 1996 decine di anarchici vengono arrestati in Italia. Comincia quella che sarà definita la “Montatura Marini”. Accuse specifiche di sequestri di persone, rapine, omicidi, detenzione di armi, ecc. Tutte avvolte in un’accusa di fondo, quella di banda armata, denominata ORAI, sigla tratta da quel mio paragrafo di cui parlavo sopra: Organizzazione Rivoluzionaria Anarchica Insurrezionale. Il processo è ancora in corso e, forse, durerà, nel suo intero ordine di gradi di giudizio, ancora per anni. Nel frattempo, dopo più di un anno di carcere, siamo stati messi in libertà da una banale questione procedurale: le teste pensanti della Procura di Roma avevano troppo da pensare, nel tentativo di giustificare una fantomatica “banda armata”, per seguire le regole del gioco, per applicare i procedimenti che loro stessi si sono dati. Risultato, pur con accuse da ergastolo, quelli che come me non hanno altre condanne da scontare sono tutti fuori del carcere. Il lettore spassionato si accorgerà, leggendo questi testi, che non c’è in essi nessuna teoria organizzativa riguardante una determinata banda armata, ma un approfondimento sui modi organizzativi specificatamente insurrezionali. Questi riguardano la formazione dei gruppi di affinità, costituiti da compagni anarchici, l’elaborazione di un progetto rivoluzionario comune, il loro rapportarsi reciproco in una eventuale organizzazione informale, la costituzione di nuclei di base legati a realtà di massa precise, e infine il modo in cui queste tre strutture si possono raccordare insieme.

9) La bestia inafferrabile - ESAURITO

Questa bestia ha la bellezza della libertà perché è pura come la libertà, non ha calcoli, nemmeno quello di una maggiore efficacia, taglia l’erba alla radice davanti a sé, ma brucia tutto dietro di sé, non preserva nulla di quello che affronta, ma nemmeno conserva qualcosa di quello che potrebbe tornarle utile domani. Per lei il domani è soltanto l’oggi, la violenza della distruzione è la sua vita. E voi, sacrosanti rettori dei canoni etici, volete parlare con lei in termini di quello che deve fare! Attenzione, potrebbe schiacciarvi senza neanche avvedersene. Attenzione, padroni pasciuti, attenzione solerti palafrenieri, la bestia può scatenarsi in ogni momento. Provate a metterla con la coda al muro ancora una volta, provate e vedrete. La forza della bestia trionfante sta tutta qui, nel non capire, nel non trovare validi gli argomenti vostri e (per la verità, cari signori) neanche i miei. Non li trova validi non perché li rifiuti ma perché nemmeno se ne cura, nemmeno li considera. Fiato sprecato, null’altro. Incomprensibile proprio per questo.

10) Anarchismo insurrezionalista - IN ESAURIMENTO

L’anarchico non può essere soltanto un ribelle, ma deve essere un ribelle munito di un progetto. Deve cioè unire il cuore e il coraggio con la conoscenza e l’avvedutezza dell’azione. Le sue decisioni saranno pertanto sempre illuminate dal fuoco della distruzione, ma alimentate dalla legna dell’analisi critica. Ora, se riflettiamo un momento, non c’è progetto che possa nascere su due piedi, come si dice, nel pieno della mischia. Un metodo resterebbe comunque lettera morta, agglomerato di parole prive di senso, se non riuscisse ad articolarsi in un progetto, un progetto capace di prendere sostanza dal problema specifico che gli esclusi si trovano davanti. Molti compagni hanno piena coscienza della necessità dell’attacco, e s’industriano per quanto possono per realizzarlo. Avvertono confusamente la bellezza dello scontro e dell’affron­tamento contro il nemico di classe, ma non vogliono assoggettarsi ad un minimo di riflessione critica, non vogliono sentire parlare di progetti rivoluzionari, e persistono, in questo modo, nello sprecare l’entusiasmo della loro ribellione che indirizzan­dosi in mille rivoli finisce per spegnersi in piccole e disunite manifestazioni d’insofferenza.

11) Guerra civile - ESAURITO

Se, finora, abbiamo accettato la punizione all’interno del gregge, la soluzione non può essere semplicemente quella della rivolta nel gregge, altrimenti ci resterebbero solo le scottature del sole della ribellione, e dopo, tornato il maltempo delle necessità ricostruttive, non faremo altro che rimpiangere di essere ancora in vita e di non avere trovato sorella morte ad accoglierci il primo giorno della rivolta. La forza va bene, se sta dalla mia parte, la ribellione anche, l’intelligenza e la capacità di progettarsi un intervento seriamente distruttivo contro il mio nemico sono condizioni importanti dell’attacco, ma non sono tutto. C’è qualcosa d’altro, ed è questo qualcosa che viene fuori dalla guerra civile. C’è il mostro della libertà, armato di tutto punto, con tutti i suoi aculei al posto giusto: ecco quello che in fondo mi fa più paura, ecco quello che devo capire se non voglio continuare ad aprire la strada ai futuri dominatori. L’istinto vitale, la forza che posso sentire (ascoltando bene, senza tentennamenti) dentro di me, perfino le sue selvagge modulazioni, l’orgoglio, il coraggio, l’egoismo, l’entusiasmo, mi sollecitano ad andare avanti, a superare questa condizione di vita, ma se mi limitassi a questa piattaforma di “generosità” fondata sulla certezza finirei per fare una brutta esperienza.

12) Dissonanze I

La serie, piuttosto consistente, di argomenti che vengono presentati in questi sei volumetti consecutivi documenta, da molte angolazioni, spesso imprevedibili, un metodo dissonante, un’ipotesi di ricerca che cerca di fissare alcuni elementi di rottura, una concezione della vita che si sforza di collocarsi al di là di una linea di accettazione e conservazione. Singolarmente prese, le varie argomentazioni sono tutte insoddisfacenti. In nessuna di esse si arriva ad una conclusione che si possa realmente dire “diversa” da quella che, in un modo o nell’altro, dichiaratamente o fraudolentemente, il potere stesso veicola nei suoi mille modi di dire quotidiani. Non c’è un monopolio dell’oltranzismo teorico. La stessa dissonanza, come si è visto, rientra a pieno ritmo nella logica dell’armonia, tutto viene recuperato e tutto ritorna in circolazione, magari sui banchi del supermercato. Respingere il dialogo, irrigidirsi di fronte alla profferta di collaborazione (per carità! assolutamente libera), fare in proprio, gestirsi la cultura come fatto separato e personalizzato, non accettare riconoscimenti e medaglie: tutto questo, anche se lodevole, non basta, non garantisce nulla. Contenuto del Volume I: Introduzione – Animali – Anticlericalismo – Antifascismo – Antonin Artaud – Astensionismo – Astio – John Vincent Atanasoff – Arturo Benedetti Michelangeli – Benefattore – Ignacio Matte Blanco – Bruno Bozzoli – Calcio – Cab Calloway – Caos – Carogna – Certezza – Chiesa e nazismo – Cinema – Classe – Comunità – Conservazione.

13) Dissonanze II

Contenuto del Volume II: Cyberpunk – Joseph De Maistre – Guy Debord – Decisio­nismo – Distruggiamo la scuola – Pierre Drieu La Rochelle – Droga – Dubbio – Doris Durante – Ebrei.

14) Dissonanze III

Contenuto del Volume III: Ecologia sociale – Entrismo – Esercito della salvezza – Etica – Etnocentrismo – Famiglia – Franco Fortini – Forza – André Frossard – Fuga in avanti – Ludwig von Hackwitz – Hooligan – Idea – Immaginario – Impoverimento culturale – Insensatezza – Intelligenza meccanica – Internazionalismo – Rose Fitzgerald Kennedy – Henri Laborit – Lavoro – Liala – Liberazione nazionale.

15) Dissonanze IV

Contenuto del Volume IV: Enrique Lister – Lotta insurrezionale – Lord Lovat – Mafia – Malattia – Mia Martini – Massa – Matematica – Memoria – Cipriano Mera – Modernità – Mosaico – Movimenti studenteschi – Municipalismo – Edda Mussolini – Naufragi – Obiezione fiscale – Omosessualità – Ordine – Orecchio – Organizzazione spontanea – Pagliacci – Vincenzo Parisi – Partecipazione.

16) Dissonanze V

Contenuto del Volume V: Particola – Giandomenico Pisapia – Polizia – Karl Popper – Pornografia – Pragmatismo – Processo – Psicoanalisi – Quarta dimensione – Ràfia – Razzismo – Religione – Repressione – Ribelle – Riduzione – Risorse – Rivoluzio­nario – Rivoluzione francese – Robinsonate – Carlo Rubbia – Scetticismo.

17) Dissonanze VI

Contenuto del Volume VI: Leonardo Sciascia – Sicilia – Sindone – Joe Slovo – Statuetta – Ugo Stille – Suicidio – Teste rapate – Tolleranza – Totalità – Tribunali – Utopia – Vandea – Velocità – Viaggio – Davide Visani – Bruno Visentini – Volontariato – Eugene Wigner – Harold Wilson – George Woodcock.

18) Autodifesa al processo di Roma per banda armata, ecc. - Prima Parte

Non è tanto che la mia immacolata coscienza di anarchico sia turbata dal fatto che qualcuno ha detto che potrei essere capo di una organizzazione, quanto che si possa pensare che tutto quello per cui ho combattuto negli ultimi trent’anni della mia vita sia riconducibile a una striminzita, miserabile, ristretta condizione di banda armata. È questo che mi muove molto di più allo sdegno. Una banda armata è cosa troppo piccola per racchiudere il mio desiderio di libertà, il mio desiderio di sconvolgere l’esistente.

19) Autodifesa al processo di Roma per banda armata, ecc. - Seconda Parte

Perché gli anarchici? Domanda fondata: perché gli anarchici? Una trascurabile minoranza di individui contrari a tutto, incuranti di prendersi cura di se stessi, cioè di accaparrarsi protezioni e benevolenze. Perché mai uomini seri, anzi serissimi, del tetro colore delle nottole, dovrebbero fare carte false per condannarli a decenni di carcere? Possibile che non ci siano fra le pieghe ammuffite dei codici italiani leggi sufficienti a frenarli “secondo le regole”, secondo le regole democratiche che uomini comme il faut si sono date e che pretendono imporre a tutti come strumenti di civile convivenza? Certo, gli anarchici rompono la monotonia concorde del plauso generale al regime che va coagulandosi come il sangue in una ferita mortale. Rompono l’orizzonte di acquiescente certezza nelle capacità dei governanti di fare le fortune dei governati. Rompono. Bisogna metterli a tacere, e per farlo occorre un bavaglio adatto.

20) Carcere e lotte dei detenuti

Spesso ogni rigoglìo di desiderio, ogni arraffare di cognizioni immediate, ogni imbellettata acquisizione pratica, ogni avvicendarsi della barcollante conoscenza individuale, vengono scambiati per una vita diversa, un soggiornare sul livello massimo dello scontro, quando invece non si tratta che di battibecchi da osteria. In fondo, anche queste apparenti sollevazioni del sabato notte sono espressioni di richiamo all’ordine: ognuno cerca il brivido della pelle, poi si rivoltola nel proprio pastrano per scacciare i fantasmi messi in moto. Non ammettere, molto semplicemente, un passaggio più violento di sangue nelle proprie vene, scambiarlo per guerra all’ultima goccia col nemico di classe, è ridicola puerilità. La lotta è altra faccenda, altro turbamento. Cercarsi il proprio nemico è scienza rigorosa, ma non del rigore della scienza che pretende fare del proprio rigore metodo di verità, quanto di quell’altro rigore, quello della coerenza con se stessi, del metodo e della inflessibile solitudine dei discorsi che non si possono rifiutare, che non possono risolversi in un ammiccante possibilismo.

22) Gli dèi al tramonto

Detesto i queruli che si lamentano ma non osano fino in fondo, il distruttore, sotto questa veste di tagliatore delle proprie carni, mi fa schifo. Sono abbastanza ragionevole con i lamentosi in genere, con i recriminanti e relativi problemi peristaltici, con tutti quelli che il destino ha punito non concedendo la volontà di provvedersi di mezzi adeguati ai loro desideri, sono perfino paziente con frequentatori d’acquasantiere e con blasfemi, ma non vado più in là. Mi infastidiscono gli occhi acquosi di chi mi fa vedere il sangue delle sue ferite, le mani adunche di chi mi chiede conto di quello che fino a ieri prese in quantità, la bocca sdentata di chi vorrebbe mordere e non ci riesce, la parola che vorrebbe essere ardente ed è soltanto suasiva, allusiva, infervorata, oziosa di particolari, remota, incompetente. Non amo chi mi sollecita all’impegno, a qualsiasi impegno. Non amo gli angosciati e gli avvertiti dei guai del mondo, non amo i vigliacchi e nemmeno i coraggiosi per ottusità del pericolo, non amo i sillogisti che mi mettono con le spalle al muro in base ad una logica che non accetto, non amo i discriminanti, i casti, i disapprovanti, i corrucciati, non amo gli ecclesiastici travestiti, i moralisti e i responsabili storici, non amo chi si è tratto sulle spalle la pena dell’umanità intera rotolandosi sui pianciti dell’averno, non amo gli avvoltoi e gli adoratori di archetipi, non amo i grassatori di sintassi, non amo i redattori di comunicati e documenti, non amo gli iracondi che fanno di tutto per farsi notare, non amo i deplorativi e i seminaristi, i manipolatori di catastrofi, non amo gli indifferenti ma nemmeno i convulsionari, i compagni d’asilo, gli entusiasti che aspettano il diluvio universale e in quest’attesa sollecitano gli altri a fare qualcosa, cioè la cosa di cui solo loro possiedono la ricetta. Non amo le richieste perentorie, gli imperativi che vogliono persuadermi, l’onestà come condimento della coerenza. Non amo i titillanti in attesa di eccitazione, i dilazionatori, ma nemmeno gli affamati di giustizia perché di loro sarà il regno a venire, quale che sia. Non amo gli estensori di testi oltranzisti, la retorica non ha mai turbato i sonni di nessun tiranno, non amo i rivendicatori, i “l’abbiamo fatto noi”, non amo il sentirmi far parte di un qualsiasi “noi”. Non amo gli esprimenti, trovo sempre qualcosa che non hanno voluto esprimere, non amo gli impressionanti, anche loro mancano proprio di quello che avrebbe dovuto impressionarmi. Non amo i fustigatori dei costumi, i timorosi della corruzione, chi vorrebbe in galera tutti i ricchi e chi li vorrebbe fucilati in massa. Non amo i tristi massacratori di qualsiasi tipo. Non amo gli impetuosi, gli ovvii, i cercatori di consensi, gli schierati e i rischiarati.

23) Il ripristino degli dèi - ESAURITO

La sommaria intelaiatura delle ricerche che qui presento cerca di dar conto di una struttura produttiva e distributiva che oggi non c’è più o che almeno sta per scomparire definitivamente. Ciò potrebbe far pensare all’inutilità di continuare ad insistere su qualcosa che ormai appartiene ad un passato oscuro e smorto. Penso invece che da quel passato ormai lontano e, per quanto concerne lo svolgimento frenetico dell’economia, addirittura preistorico, pur se risalente ad appena un ventennio fa, alcune cose si ripresentano coerentemente intatte anche nella moderna formazione economico-sociale, aspetti di rigidità in tutto ciò che oggi appare straordinariamente flessibile. L’abiezione deforme del passato continua a guardarci con i suoi occhi maliziosi e freddi, trattarla con disdegno sarebbe vana soluzione.

24) Dominio e rivolta - IN ESAURIMENTO

Il fatto è che chi si pone il problema dell’attacco si pone il problema del male. Del male dell’uomo, del male che l’uomo riesce a fare all’uomo, del male cercato, costruito, realizzato e portato alle sue estreme conseguenze. Ora, il male è innanzi tutto un problema di misura. Ogni forma di ordine è costrizione, quindi male. Alcuni aspetti di questa costrizione, spacciati sotto l’insegna del bene, possono essere tollerati, o meglio sarebbe a dire individualmente considerati tollerabili, ma di già, nell’am­bito di questa necessaria tolleranza, ci sono i germi del male futuro, le possibilità di sviluppo estreme del dominio. Attaccare significa rendersi conto di quanto si è responsabili della tolleranza di fondo che governa il mondo e rende possibile gli estremismi della repressione feroce e illimitata, possibili e giustificabili. Agli antipodi del male non ci sta il bene, che è una sorta di male tollerabile, la forma minima (o tale considerata) di costrizione, ma la libertà, la quale non è misurabile, quindi è al di là del male e, pertanto, anche al di là del bene. Attaccando cerco di distruggere il male, ma non posso accettare la misura che mi viene suggerita ai cosiddetti confini del bene, il male più tollerabile. Non c’è possibilità di coniugare la libertà col bene, essi si contraddicono.

25) Del fare e dell'agire

Per capire fino in fondo il rapporto tra “teoria” e “azione” bisogna infrangere la legge. Non quelle piccole sconvenienze che tutti affrontiamo quotidianamente, più o meno un divieto di sosta, ma proprio qualcosa di serio, l’intrapresa di un viaggio inesora­bile, destinato non ad una meta da raggiungere, ma ad una celebrazione. La vita di ognuno, ad un certo punto, comincia a scandire poche ore significative, forse nemmeno ore ma minuti, ed è in questo tempo così condensato che occorre celebrarne il rito massimo, cioè vivere. Spezzare la misura è il primo passo per unificare i due estremi dell’agire e del pensare. Restando gomito contro gomito con il giudice di pace non usciamo dalla distinzione, dalla mitologia che separa alla ricerca di un luogo dove posare lo sguardo con sicurezza, un luogo della custodia e della tranquillità. Nulla da celebrare in queste località affollate, dove nessuno è disposto a giocarsi la vita. Chi coglie se stesso nel modo in cui pensa la vita, e nel pensarla la vive, vuole andare lontano, non si ferma alle semplici acquisizioni: la conoscenza centellinata della quantità che sopravvive a se stessa, egli sa che ogni cognizione è erronea nel momento che viene fissata come una farfalla morta nel proprio loculo tasso­nomico, sa che occorre troncare la misura che sta di fronte all’oggetto compiuto, iniziare il pellegrinaggio che dal singolo elemento, dalla piccola acquisi­zione, salpa verso terre lontane, inattingibili, forse, ma ai confini del possibile. Il possedere un dato informativo (quanta involontaria ironia in questa parola che governa il mondo) indica sempre la presenza di un sottostante vuoto, l’orgoglio lo nascon­de, ma per quanto deformato il contenuto di miseria che sta sotto finisce per trapelare. È inutile negarlo.

26) Logica dell' "a poco a poco"

Dobbiamo scavare a bruciapelo fino alla radice delle regole che costituiscono il sottofondo comune della nostra esistenza, penetrare più di quanto abbiamo fatto finora, impietosi e brutali fino all’osso, fino alle estreme conseguenze, dovesse essere, la ripugnante conclusione, quella della distruzione e delle rovine.

27) Dire la verità

Dietro i paraventi che la civiltà scientista ha costruito compaiono quasi involontarie riflessioni istantanee, pulsioni di estrema violenza, e sono i segnali della vita che, mai doma, resta accucciata, pronta a scattare, dietro quei paraventi. Il mondo vivente è quella bestia che sta dentro di me, che sente la passione affinitaria con il gesto di danza dell’animale potente che balza sulla preda. Se accetto la separazione tra il corpo e la mente, mi distacco dalla vita, dalla mia vita, e mi presento, calzato e vestito, come bisogna presentarsi: una persona per bene, comodamente installata in una civiltà per bene.

28) Senza una ragione

Ogni certezza è un punto di arrivo, mentre della mia esistenza si dipartono molti sentieri che s’inoltrano in territori vergini, in foreste tropicali, in savane piene di animali sconosciuti, in distese desertiche dove il sole abbacina gli occhi fin dal primo mattino, in lande ghiacciate dove non c’è nessuna tenda colorata all’orizzonte. Rispetto all’altro mi sento incoerente, riottoso anche nell’allacciarmi le scarpe. Il molteplice della mia coscienza si rivolta in continuazione come una frittata mal cotta.

29) Miseria della cultura

La cultura è vita ed è parola. Sotto l’aspetto della parola, esclusivamente come parola, essa è miseria. Una povertà culturale immiserisce la vita contagiandola, immeschinendola in pretese irrigidite nel feticcio e nell’oggetto ritualizzato, esistente come controllo e routine. Molteplici forze sociali, spesso inconsapevolmente, stanno partecipando concordi a mettere in miseria la cultura.

30) Cultura della miseria - IN ESAURIMENTO

Indagare la cultura della miseria significa mettere in risalto la confusione del processo culturale che è venuto ad immiserirsi. Ricostruire i processi culturali cristallizzati in privative correnti, rifacendo oggi quello che è accaduto ieri, in modo inconsapevole, moduli che vengono esposti per come potevano essere e non sono stati, potenzialità la quale, nel momento che torna alla luce, riprende in se stessa la vitalità perduta e diventa, per il coraggioso disposto ad attaccare, strumento consapevole della propria liberazione.

31) Manuale scientifico a uso degli increduli. Parte prima, (pp. 80)

La vitalità di fondo, animale sotto molti aspetti, terribile e priva di condizioni a priori o di luoghi della misura, va oltre ogni sortilegio, per quanto possa essere imbrigliata e corretta per lunghi periodi dal ricorso a mille accorgimenti. Nell’andare oltre permane identica a se stessa anche quando le ombre della sera si allungano. L’istinto di una volta, che sembrava ammorbidito nelle dementi comodità fittizie del quieto esistere, fa battere improvvisamente il cuore dimostrando che la vita può essere sottoposta a mille irrigidimenti ma non del tutto, sempre qualcosa insorge e disdice la rigidità dei processi ragionevolmente accettabili. La ragione costruisce il suo mondo di perfezioni falsamente completabili, ma non riesce a collegarsi in modo pieno con l’enigma della vita.

(32) Manuale scientifico a uso degli increduli. Parte seconda

La vitalità di fondo, animale sotto molti aspetti, terribile e priva di condizioni a priori o di luoghi della misura, va oltre ogni sortilegio, per quanto possa essere imbrigliata e corretta per lunghi periodi dal ricorso a mille accorgimenti. Nell’andare oltre permane identica a se stessa anche quando le ombre della sera si allungano. L’istinto di una volta, che sembrava ammorbidito nelle dementi comodità fittizie del quieto esistere, fa battere improvvisamente il cuore dimostrando che la vita può essere sottoposta a mille irrigidimenti ma non del tutto, sempre qualcosa insorge e disdice la rigidità dei processi ragionevolmente accettabili. La ragione costruisce il suo mondo di perfezioni falsamente completabili, ma non riesce a collegarsi in modo pieno con l’enigma della vita.

(33) Nichilismo e volontà di potenza

Niente può costituire seriamente un dovere, nemmeno la vita, o l’impulso che essa ci detta. Niente può impegnarci se non liberamente, cioè nella libertà. Ma l’esistenza così come la conosciamo non è libera, mentre l’ideale di libertà è un lumicino di residuo, una larva di compassione. Certo, l’accordo che abbiamo “liberamente” preso, il cosiddetto “libero accordo”, ci impegna. Ma è stato veramente preso in modo “libero”? Non è stato preso in questo modo. Non c’è niente nella società che può essere preso in tal modo, in quanto le condizioni dell’esistenza, comunque valutate nella loro possibile clemenza parziale, sono coatte. Se mantengo l’accordo preso, è perché voglio acquisire una merce pregiata, la correttezza, la quale ha mercato e può aprirmi tutte le porte. È ancora la volontà di potenza con il suo afflato chirurgico che regge l’accordo libero, non un principio etico che non può fondarsi sull’interesse all’acquisizione propugnato dalla volontà.

(34) Contro l’oggettività

In nome della luminosa inutilità si può affondare il bisturi nella carne troppo tenera dell’oggettività, senza per questo dimostrare di essere dalla parte vincente. Anzi, questo essere drasticamente contrario alle apparenze mi ha fatto capire la loro debordante corposità, il loro alito persuasivo, rappacificante, la loro alterità geometricamente corrispondente, l’ingenuità della loro disponibile difesa, l’inarrestabilità del loro perforare e sanare. Tutte le ragioni della funzionalità si racchiudono all’interno di una simile programmazione involontaria. Tutte le ragioni dell’inutilità si racchiudono nella critica negativa, la cui efficacia distruttiva si fa forza di una sorta di terribilità del male di fronte alla debole esistenza della proiezione apparente. La forza che sembrerebbe emanare da questo genere di operazioni mi ha sempre attirato e insospettito, nello stesso momento. Nel mondo senza nuvola la ragione fonda l’aver ragione, con tutte le conseguenze di implacabile freddezza che ne derivano. La conoscenza e la critica diventano referto, giudizio, irreparabile condanna.

(35) Contro la chiarezza

Disumanizzandosi, la società degli uomini è diventata quella delle loro controfigure che si relazionano nella comune assenza di significato e di autonomia. Sbiadiscono i significati – la parola ne aveva parecchi – complessi e mai del tutto esauriti. La parola è morta non perché la società attuale le impedisce di esprimere il medesimo pensiero di cinquant’anni fa, è morta perché non ne esprime uno nuovo, attuale e significativo, capace di fare concorrenza alle altre strade dell’informazione, della comunicazione e della codificazione. La morte della parola ha portato alla superficie un nuovo tipo di critica negativa, che continuiamo a chiamare alla stessa maniera per una sorta di pigrizia verbale.