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Salto - Spunti di analisi e critica sulla tematica animalista Lo sfruttamento è una comoda poltrona per chi lo gestisce, uno status di oppressione per chi lo subisce o ne è parte. Lo sfruttamento ricade sempre su chi non ha la possibilità (o non ne ha a sufficienza) per difendersi: da sempre è esistita in ogni società almeno una categoria di oppressi, resi tali con le giustificazioni più disparate, sempre valorizzate da modi di pensare legati agli interessi dello sfruttatore (gli schiavi esistevano già dalle an-tiche società precristiane e quando ci si accorse che i negri non avevano un'anima, diventò molto più facile avere dei soggetti a cui poter fare tutto ciò che si optava utile per propri scopi; cosi il sesso, il colore, la stirpe, la ricchezza, ma anche l'umanità (cioè l'essere un umano, non la bontà "tipica" della specie umana) sono motivi per strutture ideologiche di sopraffazione sulle diversità). Gli animali non hanno mai goduto di diritti in quanto viventi, talvolta ne hanno avuti alcuni, ma indirettamente e solamente come "oggetti di proprietà" di un umano possessori di diritti. Gli animali sono gli sfruttati per eccellenza, da sempre i loro corpi sono stati utilizzati in funzione di alimentazione e vestiario, nonché come fonte di divertimento (ma di sofferenza per l'animale) per l'uomo. Ora con la totale trasformazione della società, da aggregazioone comunitaria a complesso industriale, ogni persona o cosa trova spazio per la giustificazione di questo processo di industrializzazione come prodotto finalizzato alla società industriale: l'animale occupa una delle posizioni peggiori, più ingratificanti, di sofferenza ed abuso in questo complesso sistema, che configura l'uomo stesso in una "spesso inconsapevole od incosciente" posizione autolesionista. Lo sfruttamento animale oggi non e tanto più quello dei rodei, corride (che tuttavia rimangono) o delle battute di caccia (vuoi per sport vuoi per "necessità"), ma è soprattutto uno sfruttamento intensivo e di tipo industriale: l'animale diventa un prodotto e perde non solo l'esistenza ma anche la libertà; ad esempio nei moderni allevamenti in batteria di polli e vitelli, la considera-zione della vita di quegli oggetti di produzione non è calpestata bensì cancellala. Infatti l'agricoltura è diventata un'industria, perciò si può dire propriamente "industria dell'agricoltura"; grosse corporazioni, che spesso non hanno nulla a che fare con l'agricoltura, come alcune compagnie petrolifere multinazionali, hanno fatto di questa una catena di montaggio, collegata ad un vero e proprio business, ricercando il minor costo e la produzione massima, così che gli animali in questa catena sono come macchine che convertono foraggio a basso costo in carne ad allo costo, così come le galline da cova, che sono diventate macchine convertitrici di materiale grezzo "mangime" in prodotto finito "uovo"; per aumentare le nascite-produzioni di maiali, si isola la scrofa dal maialino subito dopo la nascila (una tettarella meccanica provvedere poi a sostituire mamma scrofa), affinché riassuma il più presto possibile il ruolo di generatrice di carne, e talvolta con l'inseminazione artificiale si ovvia anche la perdita di tempo per spostarla dalla propria gabbia al loco per l'accoppiamento e il tempo per l'accoppiamento stesso, perciò profitto in aumento con media di quasi 3 maialini/anno con il massimo di 2 precedente. Come in ogni catena di produzione è normale riscontrare oggetti difettosi: ad esempio in una fattoria produttrice di uova è normale che il 10% delle galline muoia (per stress di sovraffollamento con i problemi a ciò connessi); il minor rendimento "assoluto" per la mortalità precoce (1-2 anni soli di vita) viene compensalo dal ri-sparmio di spazio adibito ad ogni singolo animale, che è però proprio la causa della mortalità precoce. Ma lo sfruttamento animale non è legato solamente alla alimentazione, ma un enorme e superfluo abuso è praticato per il vestiario; superfluo perché non viviamo più nell'età della pietra, dove ci sì vestiva di pelli poiché era l'unico modo per ripararsi dal freddo allora conosciuto; al giorno d'oggi la seta, la gomma (per le cal-zature), la tela, il poliestere, la flanella (cotone), ecc., possono sostituire del tutto e non solo in parte l'abbigliamento umano; non solo le pellicce, su cui tuttavia esiste una maggiore speculazione ed una peggiore situazione per le vittime (molti animali da pelliccia, linci, volpi, leopardi, ermellini, muoiono in agonia trascorrendo giorni interi intrappolati da denti d'acciaio; molti altri, cincillà, visoni, volpi, "vivono" in allevamenti ben poco differenti da quelli di polli e vitelli), ma pure le scarpe in cuoio, scarpe e giacche in camoscio, vestiti, borsette, portafogli e borselli in pelle sono tutti usati a causa di pregiudizi morali, poiché sono "chic", alla moda, oppure è un bel regalo un portafoglio o cintura in pelle; pochi si fermano a pensare che ciò che indossano, poco tempo prima era "indossato" da un altro essere vivente. Basta poco per ovviare ai vestiti in tessuti animali: jeans, cappotti in flanella, pellicce sintetiche, scarpe in gomma o in tela (molti alternativi adottano già gli anfibi in tela invece di quelli in pelle). Lo sfruttamento a scopo di passatempo (hobby) è forse di minor entità, ma è sicuramente più ignobile ed infamante per l'uomo, che trova piacere nel dolore di altri esseri viventi; questi "divertimenti" sono caccia e pesca "sportiva", zoo, circhi, rodei, feste tradizionali e riti paesani come gettare dai campanili gli agnelli, le sfide mortali fra tori e leoni, le corse dei cani (e ce ne sono centinaia d'altre). Qui la sofferenza è evidente, non è nascosta da nessun immagine mistificatrice (come le pubblicità TV con animali sani e liberi in immense fattorie, o pellicce di cui nessuno pensa che siano state ripulite dal sangue dei veri proprietari prima di essere vendute), anche se (circhi e zoo) alcune cose vengono celate, come il drogare gli animali per stimolarli a compiere alcuni gesti. Circhi e zoo hanno una doppia faccia ed offrono al pubblico sempre la stessa, nascondendo ai non addetti ai lavori il travaglio degli animali; la loro separazione da ambienti naturali, il sistema autoritario per cui devono imparare a comportarsi a piacimento dell'uomo: non è mica facile costringere un animale a saltare in un cerchio di fuoco; solo la sofferenza inflittagli per il suo rifiuto può fargli vincere la sua natura, quindi gli esercizi del circo si ottengono con un lungo lavoro di tortura e sopruso fisico e psicologico. Il discorso non è tanto che gli animali sono inferiori (o superiori) a noi, ma che hanno dei diritti, come tutti e nessuno può gestire illimitatamente delle libertà altrui. Dobbiamo imparare a considerare gli interessi degli animali, proprio per il fatto che essi hanno interessi (e dobbiamo rendercene/tenerne conto). Oltre a questi interessi dobbiamo ricordare che essi soffrono contrariamente a ciò che affermano alcuni "scienziati" e alcune religioni per cui l'urlo di una scimmia sottoposta a scariche elettriche non corrisponde a dolore, ma è solo un impulso istintivo, gli animali (almeno i più evoluti, come i mammiferi) soffrono; difatti hanno un sistema nervoso simile a quello dell'uomo e delle reazioni al dolore parago-nabili a quelle umane, cosa che non è affatto dimostrata in sassi e piante, prive dì un sistema nervoso e conseguenti dolori, perciò non si tratta d'essere animalisti, ma individui coscienti e responsabili. Senza citare gli esperimenti di laboratorio si possono trovare delle impensabili crudeltà anche negli allevamenti: quasi tutti gli allevatori di bestiame recidono le corna, marchiano e castrano i propri animali; tutti questi processi possono causare forte dolore fisico: le corna vengono recise perché gli animali con le corna occupano più spazio nella mangiatoia o durante il loro trasporto possono farsi male quando sono stipati insieme, carcasse coperte di lividi e pellame danneggiato comportano una perdita dì denaro, le corna non sono ossa del tutto insensibili, si devono tagliare arterie ed altri tessuti quando viene tolto il corno, con la conseguenza di sanguinamento, specie se l'operazione non viene fatta subito dopo la nascita. La castrazione viene praticata perché si ritiene che i manzi mettano su più peso dei tori; gli animali castrati sono anche più docili da trattare; il procedimento consiste nell'immobilizzare al suolo l'animale, prendere il coltello e tagliare per lungo lo scroto portando fuori i testicoli; poi si afferra un testicolo per volta e si tira rompendo la corda che lo tiene legato, tutto ciò spesso senza anestetico. In fondo bisogna comprendere che la situazione di sfruttamento degli animali non è poi così lontana dalla situazione oppressiva che è stata (ma non è ancora scomparsa) delle donne rispetto agli uomini, dei negri di fronte ai bianchi, degli schiavi, servi e lavoratori di fronte a imperatori, padroni e "datori di lavoro". |