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1 - Comunicato stampa

Nel tardo pomeriggio di giovedì 5 marzo le "forze d’ordine" e la magistratura hanno scatenato un pesante attacco a tre posti liberati ed autogestiti: La Casa Occupata di Collegno, l’Asilo Occupato di via Alessandria e l’Alcova Occupato di corso San Maurizio. Il blitz aveva la finalità di perquisire i posti per ritrovare armi, bombe, ed altre cose "pesanti", con accuse gravissime per due persone, ora in stato di arresto insieme ad un’altra, presunta "complice".

Oggi e domani, con tipico stile infamatorio e sputtanante, si scatenerà il delirio dei mass-media che creeranno "mostri", tireranno fuori le solfe di bande armate e clandestine, getteranno discredito, ecc. ecc. per far terra bruciata intorno agli spazi liberati di Torino, per mettere a tacere le esperienze di autogestione e vita al di fuori e contro questa società schifosa basata sul lavoro, sul denaro, sulla competitività, sul lavaggio di cervelli di massa dei media. E non solo: cogliendo la palla al balzo, le lunghe mani di Comune e polizia hanno SGOMBERATO e murato l’Asilo di via Alessandria, e sigillato La Casa.

I poliziotti che hanno invaso l’Asilo ne hanno distrutto i vetri, sfasciato suppellettili, spaccato d’ogni sorta e pisciato sui letti, tanto per dare un’idea del loro stile. Per quanto riguarda l’Alcova, invece, lo sgombero è stato evitato dalla rabbia delle decine di persone accorse in centro, nel cuore della notte, a portare solidarietà, che hanno letteralmente ripreso possesso dello spazio ed allontanato i carabinieri che, dopo la perquisizione, si accingevano a murare "a tradimento" anche quel posto.

Nel pomeriggio di venerdì 6, invece, la polizia ha caricato violentemente un presidio di risposta agli sgomberi ed alla repressione che si teneva sotto il Comune di Torino. La gente in fuga, picchiata ed inseguita, ha dato una comprensibile risposta di rabbia e di piazza spaccando i simboli di ricchezza che capitavano a tiro. Polizia e carabinieri, dopo l’implicita legittimazione al "pugno di ferro" data dalla infamante campagna di stampa iniziata a dicembre e culminata dopo il corteo notturno di venerdì scorso, non hanno usato mezze misure nell’accanirsi sulle persone del presidio e, come al solito, sugli ignari passanti. Una vera strategia della tensione, basata su pestaggi ed intimidazioni, sgomberi e vessazioni iniziata senza alcun motivo ed a sangue freddo.

Per quel che riguarda l’equazione occupanti=terroristi, già resa pubblica dalle dichiarazioni del vicesindaco Carpanini in data odierna (venerdì dopo gli scontri in centro) ci aspettiamo una nuova campagna di denigrazione ai danni dei posti occupati, quando il vero terrorismo è trovarsi senza casa, malmenati e con tutti gli oggetti personali distrutti dalle "forze dell’ordine".

In mezzo a una strada!

In via Alessandria, nei pressi dello squat rioccupato oggi alla luce fioca dei lampioni sotto quali scriviamo, è possibile vedere coi propri occhi la veridicità di queste affermazioni: controllati a vista da decine di celerini in assetto di guerra, pedinati e braccati per Torino come soggetti pericolosi.

In questura vengono portati quattordici nostri amici, picchiati e poi trattenuti per ore per sei di loro scattano le manette mentre gli altri vengono denunciati e rilasciati, la loro colpa è quella di aver preso parte al presidio di via Garibaldi, in cui si manifestava pubblicamente contro il grave attacco repressivo, stando in strada, come al solito alla luce del sole.

A Castellani piacerebbe vedere una Torino "ripulita" e soggiogata in vista dei prossimi circhi (ostensione, torino capitale di sto cazzo, eccetera), ripiombata nel suo grigiore e nello squallore di una vita alienata dai tempi e dallo smog della grande fabbrica, ma il piacere di vivere non è cosa che si sgombera in fretta...

Occorre vigilare affinché non si estinguano le poche libertà rimaste in questa società da pecoroni, portare solidarietà agli squat ed in particolare a quelli attaccati dalla repressione, liberarsi dai paraocchi e non aver timore ad attivarsi per tutto questo!

Squatters Torino


2 - Guai a chi tocca i centri sociali

Venerdì 27 febbraio un corteo notturno ha attraversato le vie del centro cittadino per rompere il silenzio sulla situazione attuale dei prigionieri politici in carcere dagli anni ’70. Per la stampa, il comune e i suoi quattro cittadini "benpensanti" l’iniziativa si è ridotta allo sdegno per un po’ di musica e qualche scritta sui muri del salotto di Torino, invece di indignarsi ed ascoltare la verità di uomini e donne rinchiusi in carcere da vent’anni per essere stati interni ed attivi nei movimenti di lotta di quegli anni.

Giovedì 5 marzo polizia e carabinieri irrompono in tre case occupate per una perquisizione alla ricerca di due persone e di materiale "eversivo", spaccando e prelevando oggetti personali e arrestando tre persone accusandoli di associazione eversiva all’ordine costituzionale (articoli della legge Kossiga degli anni ’70) e di alcuni sabotaggi avvenuti in Valsusa contro l’Alta Velocità.

Venerdì pomeriggio in occasione del presidio davanti al comune per denunciare l’attacco poliziesco ai posti occupati la polizia carica a freddo i manifestanti ferendone e arrestandone subito alcuni, per la stampa ancora una volta l’attenzione è da puntare su alcune vetrine rotte e non sulla foga poliziesca, sulla caccia all’uomo e sulle armi puntate contro i dimostranti. Nei giorni seguenti i media oltre a fantasticare sui tre arrestati ha criminalizzato tutti gli occupanti di Torino come vandali e terroristi, santificando invece i "poveri" bottegai a cui sono stati rovinati gli affari per un pomeriggio e che saranno risarciti dal comune, accogliendo tutte le assurde accuse del presidente dell’Ascom De Maria. In tutti questi giorni si è molto parlato delle occupazioni torinesi tracciando soprattutto una linea di demarcazione fra buoni educativi arrivando addirittura a dire tramite il vice sindaco Carpanini che "questi giovani possono stare nei posi occupati fino a quando non serviranno al comune...".

Oggi siamo tutti in piazza per far sentire alla città la nostra e molto più reale verità, lo facciamo con uno dei modi che abbiamo per farci sentire: un corteo contro-informativo per denunciare la repressione dello stato attuata dai suoi servi, per ribadire che i centri sociali non si toccano, per chiedere la liberazione dei tre arrestati e la liberazione dei prigionieri politici rinchiusi dagli anni ’70.

I centri sociali lavorano e lottano per una socialità altra, per creare lotte e conflitti per ribaltare l’ordine costituito con l’antagonismo di classe e non sono di certo case di delinquenti o covi di criminali come vogliono far credere fascisti e leghisti.

Solidarietà con gli arrestati

Ribellarsi è giusto

Centro sociale Murazzi
Centro sociale Askatasuna


3 - Una Torino da mordere

Nella notte tra giovedì 5 e venerdì 6/3 scatta a Torino un’altra operazione dei Carabinieri del ROS : dopo le indagini del pm Maurizio Laudi che da anni indaga inutilmente sui tredici attentati che hanno colpito i lavori dell’ALTAVELOCITÁ in Val Susa, i militi fanno irruzione in tre case occupate dell’area libertaria torinese: l’Alcova, l’Asilo di Via Alessandria e La Casa di Collegno.

Hanno un mandato di perquisizione a carico di Edoardo Massari, anarchico di Ivrea, già colpito dalla repressione di Polizia e Stampa che nel 1992 gli costò un anno di carcere; l’altro mandato e’ per Silvano Pellissero, anarchico della Val Susa, anche lui stabilitosi a Torino. I due sono indagati per: banda armata, associazione a delinquere con finalità di terrorismo e detenzione e fabbricazione di armi e ordigni esplosivi.

Dopo tre ore di perquisizione alla Casa i ROS scendono in cantina da soli e ne riemergono misteriosamente con del materiale poi definito "interessante". I carabinieri arrestano Silvano, Edoardo e Sole, una ragazza argentina che viveva li.

Nell’Asilo di Via Alessandria, subito dopo la perquisizione dei militari, arrivano in forze anche Digos, celerini e vigili, che accodandosi s’impadroniscono del posto e iniziano a devastarlo. Lo sgombero verrà perfezionato più tardi con la muratura completa dell’edificio.

Nel pomeriggio di venerdì si svolge un presidio di protesta davanti al Comune. Dopo un lancio di fumogeni CC e celerini, presenti in forze, caricano selvaggiamente proseguendo poi la caccia all’uomo per tutto il centro.

Negli scontri saltano decine di vetrine. Questo particolare di cronaca che tanto ha infiammato cronisti e politicanti ci interessa poco: la pace sociale non rientra nei nostri programmi.

La polizia ha colto al balzo l’occasione sportagli dai ROS per effettuare un’operazione che ha dell’incredibile.

Non sappiamo se questo colpo di mano sarà rivendicato dalla giunta Rossa, che in tempi di dibattito sui cosiddetti "centri sociali" ha forse voluto colpire a ‘destra’ per mandare un messaggio a ‘sinistra’: o collaborate limitandovi a erogare servizi sociali e creatività, oppure questo è ciò che vi può capitare.

Questa gravissima intimidazione non ha comunque sortito l’effetto pratico voluto: da venerdì l’Asilo è stato rioccupato dopo un lungo assedio della polizia.

Agli occupanti la nostra solidarietà, ai potenti della città un monito: in gare di teppismo come questa potete esclusivamente essere di più, non certo i migliori.

Ma veniamo all’ennesima storia di anarchici e bombe: da tempo le operazioni dei ROS sono associate a italianissime storie di montatura, intimidazioni, collusioni, depistaggi etc, dal caso Riccio ai massacri degli anni ’70, dal caso Di Donno all’inchiesta Marini. E parallelamente quando le indagini su certi casi non approdano a nulla di concreto, qualche anarchico da incastrare lo si trova sempre.

MA INTENDIAMOCI BENE :

Noi siamo completamente solidali con tutti quelli che in Val Susa, dopo aver verificato l’inutilità di delegare alle forze istituzionali la propria opposizione al progetto dell’Alta Velocità sono passati all’azione diretta sabotando i lavori e colpendo le ditte appaltatrici di questo mostruoso progetto.

Siamo contro l’Alta Velocità come lo e’ all’unanimità la comunità Valsusina, fatto questo che non ha mai impedito che il progetto voluto dalle grandi aziende, FIAT in testa, partisse.

Ravvisiamo nel metodo delle azioni - tutte contro macchinari e strutture, tutte indirizzate contro le varie strutture di controllo sociale, dalla Telecom a Mediaset, alla Rai, tutte compiute con ordigni di costruzione casalinga - una totale identità con le nostre idee, le nostre analisi e la nostra pratica. E quindi, ben lungi dal voler recitare la parte delle vittime sacrificali, ribadiamo la nostra

TOTALE SOLIDARIETA’ A SILVANO,

EDOARDO E A SOLE

TOTALE SOLIDARIETA’ AI VALSUSINI

IN LOTTA CONTRO L’ALTA VELOCITA’

EL PASO OCCUPATO

 

(La settimana successiva El Paso ribadirà la propria posizione con lo scritto che segue)

 

Due riflessioni in merito alla notizia riportata lunedì 9 da "La Stampa" sull’incriminazione dei ‘responsabili’ di El Paso per apologia di reato riguardo al nostro del comunicato del 7/3 sugli arresti e gli scontri.

Intanto confermiamo il nostro più totale disinteresse verso lo sdegno delle vetrine infrante. Primo perché quando ti devastano la casa con atti teppistici arrivando a pisciarci sopra, e quando a farlo sono i protettori dell’ordine che i cittadini democraticamente tollerano e mantengono non ci si deve stupire che in mancanza della forza militare per rispondere direttamente ci si rifaccia sui simboli della società civile che legittima silenziosamente queste porcate.

Secondo, perché quando della gente che protesta in strada viene caricata a freddo PRIMA che avvenga qualsivoglia incidente, e quando viene inseguita e pestata a sangue per la strada da decine di celerini, chiunque sia questa gente, non c’è da stupirsi se provoca dei danni.

Non stiamo a ricordare le decine di volte in cui i media – ovviamente – non si sono occupati di riportare 10 anni di episodi repressivi piccoli e grandi ai danni di chi non vuole vivere ‘in linea’.

Non occorre neppure ribadire l’evidente schizofrenia della società civile che protesta contro le stragi delle balene e non si cura della distruzione dell’ecosistema circostante, o che accetta impotentemente le notizie della responsabilità dello Stato e dei suoi servitori su stragi, bombe, stupri e depistaggi – basta che siano passati almeno 20 anni…

In merito alla nostra incriminazione per apologia di reato confermiamo la nostra solidarietà a coloro che non delegano né la propria vita né la propria sopravvivenza - e soprattutto la propria autodifesa - agli stessi che la minacciano.

Tutta la Valsusa è contraria alla TAV, forze istituzionali comprese; gli stessi organi di stampa riportavano mesi fa, commentando la mancanza di risultati delle indagini, l’evidente simpatia della popolazione verso gli attentatori.

Ma nulla fermerà il TAV se non l’azione diretta, non certo le petizioni o le sfilate.

Noi abbiamo preso una posizione netta e decisa sia per riaffermare le nostre idee e le nostre pratiche, sia perché non vogliamo che per l’ennesima volta quelli che finiscono dentro siano dimenticati dopo pochi giorni finché, come succede di solito, non usciranno magari dopo un annetto, in silenzio, a caso completamente sgonfiato.

Tutti coloro che dicono di lottare contro lo sfruttamento umano e ambientale, tutti coloro che si dicono contro questo stato di cose devono prendere una posizione chiara sia riguardo l’arresto di Silvano, Edoardo e Sole, sia riguardo agli eventi della Valsusa. Non può essere bella solo la rivoluzione dall’altra parte del mondo.

Noi abbiamo preso posizione chiaramente e questa ridicola incriminazione puzza solo di intimidazione: non cambieremo idee neanche se fossimo gli unici ad esporle senza paura.

Per quanto riguarda la riconciliazione con la società civile, ancora una volta, ribadiamo la nostra più totale avversità. Non siamo qui per inserirci.

GUERRA ALLA SOCIETA’

EL PASO OCCUPATO
né centro né sociale

Sabato 14 Marzo
CORTEO
concentramento ore 14
Balôn - Porta Palazzo


4 - Corteo ad alta velocità,
per un mondo a bassa velocità

Giovedì 5 marzo in seguito ad una operazione di polizia di Ros, finanzieri e questurini venivano arrestati tre compagni anarchici per una nuova inchiesta sugli atti di sabotaggio in Val Susa contro la TAV. Durante l’operazione si procedeva alla perquisizione, allo sgombero e devastazione di tre case occupate (l’Asilo, l’Alcova e la Casa di Collegno). Due posti su tre sono poi stati rioccupati: l’Alcova durante la perquisizione, l’Asilo il giorno dopo.

Venerdì 6, sotto Comune, dove si voleva discutere, su richiesta della Lega, di nuovi sgomberi, si erano dati appuntamento le diverse realtà di occupanti per protestare contro i fatti della sera prima, informando la cittadinanza. La polizia, pompata in settimana dalle polemiche sui "vandali" "imbrattamuri", ancor prima dell’orario del presidio caricava brutalmente i pochi manifestanti convenuti (subito sei fermati, tutti pestati). La reazione non poteva non essere adeguata al tono della carica. Vetrine rotte dei negozi più lussuosi del bel salotto torinese, blocchi stradali improvvisati per fermare la furia della caccia all’uomo.

Le polemiche suscitate dai giornali nei giorni successivi risultano in tal senso pretestuose e di parte; tendenti ad esagerare la portata dei danni, per nascondere le vere ragioni della incazzatura dei manifestanti: lo sgombero di due posti occupati, l’arresto di tre compagni anarchici.

Come centro sociale non possiamo che essere solidali con chi è vittima della repressione. La liberazione dei compagni arrestati rimane sempre un punto fondamentale della nostra lotta e della nostra pratica. Al di là delle accuse e delle imputazioni chi pratica determinati percorsi di ribellione e lotta contro il sistema di oppressione e sfruttamento del capitale, non può che trovare la nostra solidarietà. Nel caso specifico, la incriminazione di fatti di azione diretta contro l’Alta velocità in Valle di Susa risulta pretestuoso: si tratta di azioni di sabotaggio giuste contro le cose e no le persone, interne ad un movimento più vasto e variegato di opposizione alla TAV nella Valle, contro chi per propri interessi (vedi tangenti) vuole imporre la cancellazione di una vallata.

Come per l’inchiesta Marini, con questa nuova di Laudi sui "Lupi grigi" si insegue la pista anarchica, volendo così incriminare la componente più "politica", cioè quella più "pericolosa" perché "sovversiva". Per fare questo si ricorre anche all’uso di prove false, costruite sul momento (testimoni imbeccati dall’accusa, pistole mai trovate, bombe mai fabbricate).

Come sempre l’incarcerazione è uno strumento rivolto a chi si ribella o dà fastidio. In tal senso per noi la liberazione di tre compagni (Silvano, Edoardo, Soledad) non si può slegare da quella della liberazione di tutti gli altri compagni imprigionati e delle vittime della repressione. Parliamo della prigionia politica legata alle lotte degli anni settanta/ottanta, ma anche di tutti coloro che subiscono la repressione frutto della mentalità emergenziale dello Stato. Ci riferiamo a chi finisce in galera o nel circuito dell’esclusione perché tossicodipendente, immigrato, barbone o, semplicemente, disperato.

Rivendicare una AMNISTIA per tutti, per coloro che si sono ribellati, dagli anni sessanta ad oggi, per tutti quelli che in qualche misura hanno subito l’emarginazione e la repressione da parte del sistema, o di chi semplicemente non si vuol far sfruttare, ci sembra il minimo indispensabile.

Per la liberazione dei compagni arrestati giovedì 6 marzo

Per l’amnistia ‘68-’98

Contro tutti gli sgomberi

Solidarietà con le pratiche di azione diretta contro la tav

C.s.o.a. Gabrio


5 - A gran velocità!

L’inquinamento e la distruzione ambientale non sono una novità per nessuno. Alcune valli già deturpate dalla costruzione di autostrade e di linee ad alta tensione stanno per essere invase da un nuovo progetto del capitale: l’alta velocità ferroviaria (TAV).

In Val Susa a partire dal 1995 si sono verificati una serie di sabotaggi contro i cantieri per la costruzione del TAV, contro i ripetitori di Mediaset, Telecom e dei carabinieri. Tutte azioni di attacco per difendersi dalle devastazioni dei tecno-terroristi dello Stato-capitale.

Giovedì 5 marzo Edo, Silvano e Soledad sono stati arrestati con l’accusa di essere i responsabili degli attacchi in Val Susa. Contemporaneamente venivano perquisite e sgomberate tre case occupate a Torino e Collegno. Il giorno seguente durante un presidio sotto il Comune la polizia carica e, dopo gli scontri, arresta sette persone. Abbiamo sempre guardato con simpatia coloro che senza aspettare le decisioni di politici e ambientalisti (contro solo a parole) si oppongono anche praticamente ai progetti di distruzione dell’ambiente e delle loro vite.

Questo ci basta per essere vicini a chiunque possa aver compiuto questi atti.

Sosteniamo questi compagni aggrediti dall’infamante campagna dei mezzi di informazione che li ha dipinti come criminali-terroristi. Siamo orgogliosi di difendere e di essere al fianco di chi è accusato di azioni che ognuno di noi vorrebbe commettere.

Un abbraccio a Edo, Soledad e Silvano sequestrati dallo Stato italiano.

Anarchici del Canavese
companeros contro le nocività


6 - Comunicato in merito all’episodio di Dario Fo

"In fin dei conti io ho bene il diritto di uscir dal teatro quando la commedia mi diventa odiosa e magari sbattere la porta nell’uscire, a rischio di turbare la tranquillità di coloro che ne sono soddisfatti" Emile Henry, 1894

Ci dispiace deludervi ma non è stata una provocazione né un delirio da ‘mbriachi. Nonostante l’alcool eravamo lucidi. A sembrarci poco lucidi e incapaci di cogliere la situazione e creare un attrito reale siete stati voi. Probabilmente perché l’attrito non lo volevate creare. Sul fatto che l’omicidio di Calabresi possa essere motivo di gioia penso che siamo d’accordo, ma da come sono andate le cose sembra che non abbiate avuto il coraggio di dirlo nel momento in cui la questione usciva. Perché?

Perché dovevate mettere lo striscione alla fine. Ma dopo le merdate che si stavano sparando questo ed il vostro silenzio in merito, questa azione perdeva automaticamente di significato, forza e credibilità.

Nel pomeriggio voi avete preso un accordo con Dario Fo che consisteva nella possibilità di lanciare un messaggio a fine spettacolo con lo striscione, evidentemente a patto di stare zitti e buoni durante lo spettacolo, qualunque cosa lui avesse detto. Di tale accordo noi non ne sapevamo niente, comunque anche ne fossimo stati a conoscenza, non ci avremmo preso parte, perché di esprimere democraticamente le nostre opinioni cercando il consenso o anche solo la benevolenza della platea radical-chic di Torino non ce ne fotte un cazzo.

Comunque non si capisce perché alla fine lo striscione non l’abbiate messo, visto che così prevedeva la vostra strategia. Forse perché vi sentivate sputtanati voi per come avevamo agito noi? Molto strano, pensavamo che credeste nella responsabilità individuale. E qualcuno ha osato dirci che il nostro è stato un comportamento ingrato nei riguardi di chi ci aveva invitato. Rispondiamo che Dario Fo ci ha invitato a suo rischio e pericolo e che comunque siamo entrate nel teatro non perché avessimo in mano il suo invito, ma perché quando ci hanno chiesto il biglietto non li abbiamo cagati ed abbiam tirato dritto.

In ogni caso andando ad assistere ad uno spettacolo è chiaro che non rinunciamo a reagire ad esso come meglio riteniamo, specie se si tratta di uno spettacolo di quel tipo.

L’impressione che ci è rimasta e che ieri sera di fronte alle situazioni che si sono create, non avete avuto la volontà di reagire, forse a causa dell’indubbia capacità retorica di Dario Fo, e così avete fatto il suo gioco senza neanche accorgervene.

Per quanto riguarda "chi ha detto fascista a chi", credete pure ai giornali, ma chi c’era sa come è andata...

minchiona, scema

deficiente, cogliona

‘mbriacona

encefalogramma piatto

impasticcata, testa di cazzo

e meno male che ci siete voi che ci state dentro.

(Documento rivolto al movimento diffuso a mano dalle contestatrici di Dario Fo e Franca Rame)


7 - Né corti né giullari

Da che mondo è mondo i giullari non sono stati altro che utili servitori del potere. Dovrebbe essere cosa nota a tutti, anche in questi tempi di menzogna. Anche in tempi in cui, per l’appunto, un giullare è qui sul palco a chiedere che venga dimostrata l’innocenza di tre persone accusate dell’omicidio Calabresi e che la giustizia trionfi. Non siamo affatto interessati all’innocenza o alla colpevolezza di Sofri, Bompressi e Pietrostefani; di questa vicenda ci interessa soltanto dire che chiunque si sia adoperato per procurare a Calabresi la fine che si meritava ha avuto un’ottima idea.

Ma siamo qui per parlare di un’altra storia. Giovedì 5 marzo, a Torino, tre persone vengono arrestate e tre posti, da loro frequentati, vengono perquisiti. L’inchiesta riguarda numerosi sabotaggi e attentati con cui è stato accolto il progetto dell’Alta Velocità in Val di Susa. A seguito di questi episodi, diverse persone, un po’ risentite, si sono scontrate con la polizia nelle strade del centro di Torino, parte dell’arredo urbano ha trovato un insolito ed appassionante utilizzo e molte vetrine sono esplose di rabbia. Neanche in questo caso siamo interessati all’innocenza o alla colpevolezza dei tre imputati e non siamo nemmeno qui a fare appello alla società civile per chiedere la liberazione di questi compagni.

In alcuni casi le menzogne con cui il Capitale maschera la sua reale natura di sfruttamento e coercizione si mostrano in tutta la loro concretezza. In questi casi, in particolare, non possiamo fare a meno di denunciarle pubblicamente.

Un treno superveloce, oltre ad essere un evidente disastro ecologico, è soprattutto la concretizzazione di un progresso ormai inevitabilmente anti-umano. Nessuno può sostenere, se non qualche lobotomizzato privato di ogni tensione e desiderio di vita, la realizzazione di un progetto simile; un progetto che s’impone, a suon di menzogne e galere, come un beneficio per tutti, mentre in realtà non è che un’ulteriore conquista del Capitale sulle nostre già misere vite ingabbiate nel tempo e nello spazio della merce.

E allora chi sono gli eco-terroristi? Quelli che devastano le valli per aumentare profitti e controllo sociale o coloro che decidano di opporvisi con i mezzi che ritengono più opportuni? Cosa è che fa davvero paura? Una molotov scagliata contro un cantiere di nocività o un traliccio ad alta tensione sotto casa? Cosa è più preoccupante? Una città ridotta ad ambulatorio per zombie in ceca soltanto di nuove merci o un bel sasso che vola a infrangere una squallida vetrina? Noi non abbiamo dubbi.

E anche se l’Alta Velocità venisse sconfitta state certi che non ne avremmo ancora abbastanza. Vogliamo vedere le valli esplodere di vita e le città insorgere. Vogliamo vedere le galere svuotarsi e crollare per sempre, vogliamo vedere gli studenti bruciare le scuole e i fedeli demolire le chiese, i soldati abbandonare divise e caserme, e i lavoratori farla finita con la loro improponibile quotidianità.

Insomma, non vogliamo vedere mai più né corti né giullari.

(Volantino diffuso all’ingresso del teatro Massaua di Torino, durante lo spettacolo "Marino libero, Marino innocente")


8 - Abbiamo un fama da lupi "grigi"

Baleno è morto e tutti ci chiedono perché. Giornalisti allupati, vescovi ribelli, politici e comici. Tutti vogliono calcare la scena hard di Torino. Il biglietto è già stato pagato, con la vita di Edo e la carcerazione di Silvano e Soledad. A noi però non piace che qualcuno si rappresenti sulla nostra testa e giochi con le nostre vite, fino alla nostra morte. E a giocare sugli squatter-autonomi-anarchici-terroristi-spaccavetrine sono in tanti. Ognuno per il suo tornaconto. La magistratura, rappresentata dal "credibilissimo" Laudi, un "giudice con le palle", che ha votato la sua esistenza alla lotta contro il terrore, fino dagli anni ’70. I ROS (reparti speciali dei carabinieri) e i DIGOS, manovali di un cantiere molto più ampio. Cantiere in cui sono spariti centinaia di miliardi ad alta velocità. I servizi segreti che annunciano smaccatamente gli attentati. Storie torbide in cui negli anni passati sono state smazzate 400 pistole per mantenere "la pace sociale". Scavi nelle montagne, poi arenatisi perché impossibili, con finanziamenti svaniti e detriti uraniosi in giro. "Suicidi" di indagati, ecc. Lo Stato, che non puó ammettere che sia la gente comune dalla Valle di Susa a prendere l’iniziativa contro chi gli cementa la valle.

C’è bisogno di mostri, di capri espiatori. I padroni dell’alta velocità devono nascondere il fallimento delle loro trame. TAV (treno ad alta velocità) & ROS vanno in putrefazione, ma devono nasconderlo nel modo più spettacolare, che dia lavoro ai colleghi di giornali e tv, spostando l’attenzione sui bombardieri anarchici, un classico.

Il potere persuasore dei media, che crea notizie e mostri ad arte, promuove linciaggi e crea una realtà inesistente e virtuale, si accorge giusto per oggi, con risalto sciacallo e sputtanatorio, dell’esistenza dei posti occupati. Esperienza che esiste da almeno 10 anni a Torino e un po’ ovunque nel mondo occidentale. Al di fuori e contro le regole e gli schemi di denaro stato e capitalismo, pratica reale di autogestione realizzata qui, subito.

Ma chi se ne frega...

Vi avvertiamo per tempo che oggi o domani i servizi segreti metteranno una bomba sui binari.

Vi avvertiamo anche che ci avete rotto i coglioni con la strategia del terrore, per altro già ampiamente usata negli anni passati per coprire le peggio trame di stato.

L’altro giorno Ciro ha scorreggiato e gli è uscita dal culo una microspia: San gennaro ha fatto la grazia.

Libertà per Soledad e Silvano, libertà per tutti!

Barocchio occupato


9 - Siamo santi, ma non vogliamo martiri

Giovedì 5 marzo, ROS e Polizia su mandato del PM Tatangelo perquisiscono 3 squat e arrestano Soledad, Silvano e Edo della Casa Occupata di Collegno. Questa operazione che è stata accelerata, a causa di una microspia caduta su un parafango, voleva incastrare gli eco"terroristi" dei "Lupi Grigi", che secondo la magistratura si nascondevano nelle case occupate di Torino. I fantomatici lupi grigi sono accusati di essere i responsabili di alcuni sabotaggi -autoprodotti- alla costruenda linea dei treni ad alta velocità (TAV), che devasta la già ferita Val Susa. Valle a noi particolarmente cara perché là, più volte, abbiamo liberato i nanetti da giardino strappati alla cementificazione.

Nel corso dell’operazione di polizia sono state trovate alcune bottiglie di benzina con su scritto "da usare in caso di sgombero", siringhe e siringhe di silicone (sai che roba) e una "micidiale pipe-bomb" che si rivela in seguito un volgare bengala del tipo da noi sempre usato a capodanno davanti al carcere, sui tetti delle nuove occupazioni, durante le nostre messe nere.

In tre mesi di sofisticate intercettazioni ambientali (origliamenti) filmati, pedinamenti satellitari, gli unici reati a loro contestati sono un paio di furti. E per noi non c’è niente di male a prendere ciò di cui si ha bisogno scegliendo volta per volta la forma più creativa e valida.

La nostra pratica è quella dell’azione diretta, dell’autogestione, della vita vissuta. Cercando di essere imprevedibili, assatanati, anarchici, e blasfemi. Ci piace apparire e sparire, ogni volta in una forma differente, nel riflesso di una vetrina o nell’occupazione del set di Amelio, o in un corteo autorizzato, come oggi. Non siamo né militanti politici, né integralisti islamici. Siamo santi, ma non vogliamo martiri.

Siamo occupanti di case e da anni andiamo all’arrembaggio di Torino. Ognuno con le sue peculiarità, le sue diversità, la sua autonomia d’azione e le sue scelte.

Il Comune, proprietario di diverse case, ha cercato di sfruttare questa torbida operazione poliziesca per chiuderne tre. Non ci è riuscito, ma gli avanguardisti del perbene continueranno a portare avanti un’operazione di "pulizia" in vista dell’arrivo di pellegrini, santopapa e della sindone. Oppure del prossimo circo.

La magistratura prende farfalle, la stampa -imboccata e asservita- le rende credibili, le pompa, sputtana e condanna: taglia e cuce sullo squatter uno stereotipo idiota. Non credere nei media! Tutta la nostra solidarietà a Silvano, Edoardo e Soledad.

LIBERISUBITO-LIBERITUTTI

Questo è un corteo (autorizzato), un’iniziativa di controinformazione, siamo qui oggi per parlare con la gente e non con le vetrine. Non vogliamo provocazioni.

"Vivi tranquillo, lontano dai guai, in attesa del giorno in cui morirai". (Sant’Agostino)

Alcova occupato, Asilo occupato, Barocchio occupato, Cascina occupata, Deltahouse occupata


10 - Dove vola l’avvoltoio?

— note urgenti al movimento —

*Questi due anni valsusini hanno rappresentato l’apertura di una possibilità. Mandare in culo il progetto dell’Alta Velocità è un sogno di tutti i valsusini — fuorché dei politici e dei padroni locali. Pur tra mille limiti — teorici e pratici — l’insieme dei sabotaggi (spesso anonimi, a volte dei "lupi grigi") verificatisi in quella vallata poteva diventare un fatto collettivo: un potenziale scontro tra gli esclusi valsusini e gli inclusi.

*È questa possibilità che fa venire la diarrea a giornalisti, carabinieri e giudici. È per reprimere preventivamente questa possibilità che sono stati arrestati Silvano, Edoardo e Soledad: indicandoli come "i lupi grigi", come i probabili autori di tutti gli attacchi, come "gli eco-terroristi contro il Tav", non solo sono stati tolti di mezzo tre ribelli, ma una lotta che diventava di tutti in Valsusa è stata inscatolata nella solita lotta tra i soliti anarchici e "il potere": niente di particolarmente preoccupante per i tutori dell’ordine. *Baleno è stato tritato da questo meccanismo. Chi l’ha ucciso sono i giornalisti, i carabinieri e i giudici: cioè chi ha programmato e condotto questa operazione spettacolare per ridurre un possibile scontro diffuso in una noiosa guerra privata tra gli anarchici e "il potere". *I giornalisti, i carabinieri e i giudici non solo sono degli assassini, sono dei coglioni: hanno gestito gli arresti nella maniera peggiore possibile, seminando molta più rabbia di quella che avrebbero potuto. In queste settimane, Verdi e Rifondatori tentano di ridipingere quella facciata che l’incapacità di questi mentecatti ha macchiato.

*Ora che c’è il morto cominciano a calare avvoltoi di ogni tipo. Chi per non farsi scavalcare a sinistra dai Verdi, chi per pubblicizzare le proprie proposte di pacificazione sociale, chi per miseri interessi di categoria, molti che prima del suicidio di Edoardo si erano tenuti buoni ed in disparte ora vogliono cavalcare la rabbia per essere ripagati con il contante della politica. Riescono ad essere più necrofili dei giornalisti questi schifosi vermi politici, e questo pomeriggio sono in mezzo a noi.

*La rabbia è stata seminata, che ora la rabbia esploda. Un nostro amico e compagno è morto: solo la vendetta merita attenzione. Soffiare sul fuoco della rabbia, far fuori la politica: gli avvoltoi non ci saranno certo compagni in questo.

*Giornalisti, carabinieri e giudici hanno voluto chiudere in anticipo una possibilità di rivolta generalizzata in Valsusa. Sta a noi riaprirne mille, ovunque. La nostra rabbia ora è solo la rabbia di alcuni esclusi ma può diventare la rabbia di tutti. Solo approfondendo la critica. Solo con l’attacco. Solo smascherando i falsi amici, i recuperatori e gli avvoltoi. Solo riconoscendo i nostri veri compagni.

Alcuni anarchici valdostani

(testo di un intervento fatto circolare durante la manifestazione del 4 aprile)


11 - Edoardo Massari si è suicidato in carcere

Il PRC chiede una approfondita inchiesta, denuncia la situazione di degrado del sistema carcerario ed esprime profondo dolore per la perdita di una giovane vita.

Il PRC torinese guarda con interesse all’iniziativa di intellettuali, sindacalisti, politici tesa a proporre ai giovani di alcuni centri sociali torinesi momenti di incontro, discussione ed impegno.

Esistono gravi problemi sui quali il PRC ha proposte chiave:

- La gioventù deve avere disponibilità di spazi in cui poter esprimere forme di autorganizzazione e nuove idee.

- Le periferie urbane e le zone più degradate della città devono diventare urgentemente sedi di progetti complessivi ed unitari per la battaglia contro il disagio e l’emarginazione e per favorire l’attivazione di progetti e strutture sociali, di formazione, assistenziali, ecc...

- Trentacinque ore e lotta alla disoccupazione (in alcuni quartieri cittadini sopra il 40% della gioventù) si intrecciano con l’idea forte dell’affermazione del fine sociale del lavoro.

- La scuola deve essere pubblica e di massa, qualificarsi di più, essere veicolo di formazione culturale, umana, tecnica per le giovani generazioni.

INCONTRARSI È POSSIBILE

CONTARE È POSSIBILE

LOTTARE È POSSIBILE

Partito della Rifondazione Comunista Giovani comunisti
· Federazione di Torino


12 - Rivoluzione Comunista

Fuori gli "squatters" arrestati.

Svuotare le carceri dai detenuti proletari.

Abolizione della carcerazione preventiva per i reati patrimoniali e termini brevi di custodia senza processo.

Tutto l’apparato di Stato è responsabile della morte di "Baleno".

Opporsi allo sgombero di qualsiasi circolo giovanile composto da proletari e di qualsiasi centro sociale.

Contro il "militarismo sanguinario" per il più conseguente sviluppo della lotta rivoluzionaria.

[...]

Intervenendo al corteo del 4 aprile sottolineiamo questo aspetto per richiamare l’attenzione dei manifestanti sulla natura "reazionaria" e "sanguinaria" del sedicente "centro-sinistra" e del governo Prodi-Veltroni. L’impiego delle "forze dell’ordine" (polizia, carabinieri, guardia di finanza, ecc.) come meccanismo aggressivo ed annientatore, specialmente nei confronti della gioventù più povera, esprime la metodologia propria di un governo controrivoluzionario. Ed indica che questo ci avvolgerà in un militarismo sempre più lugubre via via si approfondiscono frattura e scontri sociali. Guai quindi a nutrire illusioni sulla "maggioranza", sulle giunte affini e sui politicanti sostenitori dell’una o delle altre. Sono tutti al servizio del padronato e dell’alta finanza. E vanno combattuti senza tregua e fino in fondo.

- Il nostro saluto a "Baleno"

- Niente interlocuzioni con giunte e istituzioni ma "muro contro muro"

- Creare "centri di socialità" come luoghi di incontro, di aggregazione, di lotta della gioventù.

-Esigere il salario minimo garantito di lire 1.500.000 mensili intassabili per disoccupati, giovani in cerca di occupazione, sottopagati e come minimo inderogabile per ogni forma di remunerazione inferiore.

-Cooperare all’unione delle forze attive della gioventù, metropolitana ed immigrata, nella costruzione degli organismi di massa proletari e del partito rivoluzionario.

Il gruppo di Intervento
di Rivoluzione Comunista a Torino


13 - comunicato stampa

La messe di articoli su costumi e abitudini dei centri sociali e delle case occupate torinesi ha quasi occultato la semplice verità di Edoardo Massari quella per cui di carcere si muore e che la legislazione d’emergenza è diventata parte ordinaria del sistema penale e carcerario. Nulla di nuovo. Ma questi fatti che continuano a parlare lo stesso linguaggio di sempre sono impietosi per una classe politica che incapace di liberare i prigionieri politici e consentire il ritorno degli esuli, processa e incarcera i movimenti oggi. Che balbetta con tempi geologici di provvedimenti che parrebbero ovvi, depenalizzazione dei reati minori o legalizzazione delle non-droghe ad esempio. Che chiacchiera, per restare nel nostro piccolo, di Centri Sociali come risorse ma è incapace di accettarne l’identità politica antagonista. Dovrebbe far riflettere che nonostante tanto spendere di parola la realtà è quella per cui nessuna amministrazione comunale di una grande città ha messo mano seriamente alla vicenda degli spazi occupati. Nervosa tolleranza, nella migliore delle ipotesi. E che dire della provincia, quella milanese, per non andare tanto lontano, dove ancora si sgombera e demolisce contestualmente. La magistratura conserva dunque un ruolo preminente nella "trattazione" dei movimenti laddove la politica ha abdicato tanti anni fa. La partizione tra "rinserrati" e "dialoganti", tra buoni e cattivi, mostra qui la sua intima strumentalità e la sua reale inesistenza: rompere una vetrina o occupare una sede della Lega Nord, si trasforma in un grave problema di ordine pubblico, in un clima da anni ’70, in tensione e paura e via con tutto l’armamentario.

Non può sfuggire che la discussione sul margine, sull’inclusione o l’esclusione, sulle trasformazioni del lavoro e della società, lascino il tempo che trovano di fronte all’incapacità e alla non volontà di mettere un punto alla storia passata che si manifesta con procedure e istituti, concreti e attuali.

Che le realtà dei centri e degli spazi sociali siano ben poco omogenee tra loro, che vi siano anzi profonde differenze, nei metodi e nella sostanza, è risaputo. Che non abbiano saputo costituire un soggetto politico nazionale anche. Ma tutto ciò ci sembra poco rilevante di fronte a fatti che hanno una loro sinistra modernità, costituendo la particolarità con cui si attua uno spazio europeo della costrizione piuttosto che delle libertà.

A Torino ci saremo dunque con contenuti non dissimili dalle tante altre volte, troppe, sotto e dentro le carceri di mezza Italia. Ci saremo con rabbia.

Centro Sociale Leoncavallo


14 - Assassini!

Nativo di Ivrea e con trascorsi anarchici, Edoardo Massari, detenuto nel carcere torinese delle Vallette, sotto l’accusa di aver commesso alcuni reati legati agli attentati contro i cantieri dell’alta velocità in Val di Susa, si é tolto la vita in cella, "Ore di tensione si sono vissute oggi pomeriggio a Torino durante le manifestazioni dei Centri Sociali che protestavano...". Questo recitavano ieri, 28 marzo 1998, a caldo alcuni TG, dopo la diffusione della notizia della morte di Edoardo.

Non una parola, contro l’infamante Giustizia di Stato che sequestra le persone sulla base di semplici sospetti. Non una parola sulla responsabilità di chi ha fatto subire prima la cella di isolamento e poi la cella singola ad Edoardo, perché bollato dalla magistratura con l’accusa di ecoterrorista e come tale dato in pasto alla gente nei giorni successivi al suo arresto (avvenuto il 5 marzo scorso) dagli schiamazzi della stampa di regime.

Non una parola sul disagio giovanile che si vive nelle metropoli del neoliberismo di un Paese governato da un Partito Unico (forze politiche di maggioranza, di opposizione, confindustria, sindacati di regime, chiesa), dove regnano indisturbati lo sfruttamento, l’oppressione e la repressione contro i lavoratori, gli studenti, i disoccupati, gli immigrati e contro chiunque osi ribellarsi nella sua diversità alle regole disumane della società gerarchica.

Non una parola di verità sui progetti dell’alta velocità che minacciano l’equilibrio ambientale, sugli incidenti ferroviari che continuano a mietere vittime e a rendere ogni giorno di più inaffidabile un servizio pubblico (quale dovrebbe essere quello delle Ferrovie), sui tagli di spesa che hanno deteriorato i servizi essenziali provocando licenziamenti, mobilità, carichi di lavoro, salari da fame, senza minimamente intaccare le tasche e le libertà personali e tangentizie dei dirigenti, dei burocrati di partito e di sindacato che vivono del sudore di chi lavora o di chi patisce addirittura la fame perché disoccupato ed emarginato.

La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana, pertanto, mentre lascia alla farsesca ciarlataneria delle autorità inquirenti lo sbroglio giuridico dell’ennesimo "giallo" avvenuto nelle carceri di Stato, intende da parte sua stigmatizzare, a quanti hanno a cuore i valori della libertà e della verità, la tragica morte di Edoardo come un ennesimo omicidio di potere.

Un omicidio di Stato decretato da una magistratura che dopo aver tolto ad un uomo la libertà, affida ai mass-media di regime il compito di indicarlo agli occhi della pubblica opinione come un pericoloso ecoterrorista.

Il nostro modo di vivere e praticare l’anarchismo al fianco di chi lotta nelle fabbriche, nelle scuole, nei quartieri, nelle comunità con l’obbiettivo di costruire nel "qui ed ora" le basi per una società libertaria e federalista, senza né servi e né padroni, senza né Stato e né galere, può senza dubbio mostrare, sotto certi aspetti, sostanziali diversità di fondo da quello degli squatters anarchici, ma di fronte all’ignominia della società del Dominio, di fronte all’omicidio di Edoardo, oggi non possiamo che gridare insieme a quanti hanno manifestato il pomeriggio del 27 marzo a Torino: Assassini!

FEDERAZIONE ANARCHICA ITALIANA


15 - Puzza di bruciato
Chi ha interesse a coprire i misteri della Val di Susa

Venticinque aprile 1996, un giovedì. Quel giorno sui quotidiani torinesi appaiono indiscrezioni riguardanti le confessioni ai giudici di un certo Franco Fuschi, un cinquantenne agricoltore di Mattie, un paesino della Val di Susa, destinato a far parlare di sé in maniera sinistra quanto ambigua nelle settimane seguenti. Confesserà di avere compiuto una dozzina d’omicidi, nel giro di vent’anni, e soprattutto di essere stato un collaboratore del Sisde, il servizio segreto civile, e del Sismi, quello militare. Chi è davvero Fuschi? I misteri non sono mai stati interamente sciolti. Diciamo che, per quanto se ne sa, sarebbe stato sommergibilista in gioventù e avrebbe impunemente fatto il killer per due decenni, eseguendo delitti in proprio e su commissione (dice lui) dei servizi italiani. Si conosce la sua maniacale passione per armi ed esplosivi, del resto, ed emerge che fino al ’96 era sì un illustre sconosciuto, ma non troppo, a ben vedere. Visto che la polizia lo aveva utilizzato in passato come confidente. Ad ogni modo, nessuno o quasi ha mai saputo niente di lui fino ad un pomeriggio della primavera del ’98, quando, durante un interrogatorio alla procura di Torino, va in bagno e cerca di uccidersi, sparandosi alla testa. Resta illeso: per un miracolo della Sindone oppure per qualcosa di assai più torbido?

Fatto sta che tra le molte cose che dice ai pubblici ministeri, ai quali si è "consegnato" nel ’95 come collaboratore anomalo e a piede libero (era stato intanto indagato per traffico d’armi in Val di Susa), Fuschi tira fuori pure la storia di alcuni attentati a tralicci dell’Enel, che, molto sbrigativamente e comodamente, gli inquirenti avranno tentato di addebitare al cosiddetto eco-terrorismo. Peccato, però, che gli ecoterroristi dei quali parla l’ex sommergibilista siano molto differenti dagli squatter, trasformati in queste settimane, come è purtroppo tragicamente noto dopo il suicidio in cella di Edoardo Massari, in pericolosi "lupi grigi" autori di attentati "ecologisti".

Quegli eco-terroristi, infatti, puzzano maledettamente di servizi segreti, più o meno deviati.

Sulla Repubblica, il 25 aprile ’96, vengono riportate le rilevazioni fatte da Fuschi. (...)

Rileggere adesso quelle notizie di due anni fa, alla luce della campagna "eco-terroristica" orchestrata contro squatter, anarchici e centri sociali, assume una connotazione inquietante e come profetica. Non soltanto perché l’indagine sugli attentati ai tralicci è stata dimenticata, anzi archiviata, a quanto pare, dalla Procura di Torino. Ma anche in ragione del fatto che le vicende che hanno coinvolto Massari, Maria Soledad Rosas e Silvano Pellissero, accusati di aver compiuto azioni dimostrative "ecologiste", hanno ancora una volta come epicentro la Val di Susa: la stessa di Fuschi, degli agenti del Sisde inquisiti (e archiviati a loro volta), dei traffici d’armi legati al neofascismo e alla mafia. D’altra parte, nessuno degli autori degli attentati della Val di Susa - contro obiettivi della società autostradale Sitaf, della Rai, della Telecom, delle Tav - è stato individuato. E, come è risaputo, il povero Massari, Soledad e Silvano Pellissero, sono stati imputati di fatti assolutamente minori.

Chi sono allora i veri responsabili degli attentati della Val di Susa? A chi hanno giovato e giovano? Non c’è forse una fortissima analogia con gli episodi svelati da Fuschi? Come mai la pista "eco-terrorista" è tornata in campo, mentre quella indicata dal killer-pentito è stata rimossa? E’ troppo dire che qui si sente puzza di bruciato e che c’è la sensazione di assistere alla recita di copione vecchio di trent’anni?

Enne

(da "Umanità Nova", settimanale della Federazione Anarchica Italiana, del 26/4/1998)


16 - TERRORISTI SONO I GIORNALISTI

Perché?

Perché i giornali hanno appoggiato la farsa di giudici e sbirri, spiattellando una foto con due improvvisati artificieri che mostrano ai lettori una cartuccia di silicone e una micidiale Pipe bomb, poi rivelatosi essere un bengala, di quelli in uso sui battelli, ben conosciuti negli stadi.

Perché ciò è servito a deviare l’attenzione del pubblico dalle mille speculazioni, scandali e tangenti, per decine di miliardi, che costellano un oscuro lavoro in Valle di Susa, nei cantieri dell’Alta Velocità, dove sembra che siano solo i soldi che corrono veloci.

Perché è facile speculare sul solito anarchico bombarolo, che avrebbe nelle case occupate i suoi covi, e prendere così due piccioni con una fava.

Perché hanno trovato solo diciannove bottiglie piene di benzina (da usarsi in caso di sgombero), ed un bengala: troppo poco per accusare chicchessia di terrorismo, e troppo poco per giustificare tre mesi di indagini, intercettazioni, pedinamenti, satelliti, e microspie.

Perché la stampa ha bisogno di sbattere un mostro in prima pagina, per vendere venti merdose copie in più.

Ma se ci volete terroristi al silicone ed al bengala, eccoci qua per eccitarvi ed accontentarvi.

Contate voi gli impossibili feriti!

Se avete deciso che le nostre armi sono quelle, non ci tireremo indietro, perché l’avete voluto voi.

A noi ci piace giocare, con qualunque materiale.

Ed il gioco possiamo continuarlo, finché i nostri amici saranno rinchiusi in una galera per le velleità di promozione di un qualche giudice idiota.

Giudici, giornalisti e sbirri devono lavorare anche loro, ed ogni volta lo fanno sulla pelle degli altri.

Soledad, Baleno e Silvano liberi subito!

Le mosche bianche N°1, amici di quelli che voi chiamate "Lupi Grigi", spaccavetrine, squatters, casseurs, teppisti a manetta...


luna nuova n. 29

venerdì 17 aprile 1998

PARLA LUCA IL "MARITO" DELLA RAGAZZA ARGENTINA

"Edo e Silvano, ragazzi in gamba: in cella a pagare perché anarchici"

LIBERTA’ è potersi inventare la vita giorno dopo giorno, rifiutando un posto che qualcuno ci ha già assegnato. Oppure, come diceva Brecht, stare nel posto sbagliato semplicemente perché gli altri sono già occupati. Luca ha 33 anni, da dieci vive così, senza tetto né legge. O meglio, un tetto ce l’ha: sta a Torino, e da tre anni vive in un edificio pubblico occupato. E’ uno "squatter" anarchico, uno di quelli che sono diventati un caso sociologico dopo l’arresto di Silvano Pelissero, Maria Soledad Rosas ed Edoardo Massari e soprattutto dopo il suicidio di quest’ultimo in carcere e la protesta che ne è seguita. Luca conosceva bene "Baleno", l’amico che ha deciso di farla finita forse perché schiacciato da una storia che non riusciva più a capire. Ma frequentava anche Pelissero e "Sole". Assieme a loro e ad altri hanno organizzato parecchie iniziative nei centri sociali, le cene, i concerti. Poca ideologia e molta amicizia, temprata da comuni scelte di vita. Luca racconta di sé e dei suoi amici, di Soledad, che lui ha sposato per consentirle di restare in Italia ma, ci tiene a dirlo, non parla per conto degli "squatter", bensì a titolo esclusivamente personale. "Parlo con voi, col vostro giornale, perché siete stati gli unici corretti, gli unici che non hanno bollato i nostri compagni come terroristi, che hanno cercato di capire che cosa c’è dietro a questa storia", spiega. Lui ha fatto il liceo scientifico, poi si è iscritto a lettere, ma dopo nove esami ha lasciato stare. Ha cominciato a girare coi punk, poi sono iniziate le prime occupazioni. Organizzavamo concerti a Vanchiglia ed era una fatica, con tutti i permessi da chiedere e i posti da trovare", racconta, ricordando di quando a Torino governava la giunta di sinistra guidata dal sindaco Diego Novelli. Poi è arrivata l’amicizia coi tre anarchici arrestati, ultima Soledad.

Quando l’hai conosciuta? "Alla fine dell’estate, di preciso non ricordo. Lei era arrivata in Italia con un’amica, Silvia, per andare a lavorare all’AIpe Devero in un rifugio alpino sui monti di Domodossola, ed aveva alcuni indirizzi di anarchici. Noi l’abbiamo ospitata subito e così lei ha conosciuto Edoardo e Silvano. Poi è andata a Domodossola, ma non si trovava bene ed è tornata a Torino". Luca non ricorda quando i tre suoi amici sono andati a vivere nella casa occupata a Collegno. "So solo che ci vedevamo spesso e facevamo molte cose assieme, le nostre iniziative per mantenere le case o per raccogliere soldi da mandare ai compagni in carcere".

Che tipo è Soledad? "Una ragazza in gamba, forte, che non si è persa d’animo. quando è arrivata da noi aveva già un’idea anarchica che è poi venuta fuori in maniera evidente". Il 26 febbraio, una settimana prima dell’arresto, Luca sposa Soledad. Com’è che avete preso questa decisione? "La Digos sorvegliava in particolare quelli che arrivano da paesi extracomunitari, i poliziotti facevano pressione anche su di lei, invitandola a starsene buona, se non voleva essere espulsa. Così, io e altri abbiamo fatto questa proposta, che consentiva a Soledad di restare in Italia senza problemi e, visto che l'idea era venuta a me, mi sono offerto io. Lei è apparsa molto contenta e, dopo esserci sposati in Comune, abbiamo fatto una festa con sessanta invitati".

Soledad era però legata sentimentalmente a Massari. Che ricordo hai di lui? "Anche Edoardo era un tipo in gamba. L’ho conosciuto tra il ’90 e il ’91. Era un anarchico fino in fondo e molto bravo ad inventare, ad adattare il materiale che riusciva a reperire, un po’ come tutti noi". Massari era già stato coinvolto in una vicenda giudiziaria, di lui hanno detto di tutto, ma Luca ha un’altra versione: "Si era preso un anno e 6 mesi per il possesso di 40 grammi di polvere nera, ma anche allora è stata una montatura. Un tentativo di criminalizzazione. Fotografie del suo laboratorio pieno di tubi, come fossero ordigni: in realtà riparava biciclette, era il suo lavoro. lo non ho mai saputo che fosse esperto di armi o di esplosivi". Dopo la morte di Massari, c’è stata la fila di politici davanti al carcere delle Vallette, tutti a portare una parola di conforto. Hai apprezzato? "L’unico che si è comportato correttamente è stato il consigliere regionale verde Pasquale Cavaliere, che è venuto per capire, prima che il fatto ottenesse risonanza nazionale".

Parliamo di Silvano Pelissero. Quando l’hai conosciuto? "Quattro o cinque anni fa. E’ un tipo particolare, molto abile nei lavori manuali, un ottimo fabbro, ad esempio, che ha realizzato le porte blindate di molte delle case occupate". Anche Pelissero, dice Luca, partecipava alle loro iniziative e poi parlava agli amici della valle di Susa."Ci raccontava, parlandone male, dei protagonisti delI’inchiesta sul traffico d’armi, di Fuschi, dell’opposizione in valle al treno ad alta velocità e delle sue avventure in Messico, dov’era stato per qualche tempo. Voglio però aggiungere che di molte questioni, come il treno veloce, ci occupavamo già prima che ce ne parlasse Silvano"

Cosa pensi di chi si oppone con gli attentati ad opere come il tav? "Ognuno si dota dei mezzi che ritiene più opportuni per opporsi. Di quegli attentati non so niente. Ma se sapessi che un compagno è stato preso mentre fa un attentato, lo difenderei". E dell’arresto di Massari, Pelissero e Rosas, cosa pensi? "Che i giudici non hanno prove per accusarli. Penso che forse sono stati coinvolti in una storia più grande di loro, che si sono esposti: ed ora, com’è già accaduto in passato per altri anarchici, pagano"

G.P.


17 - Giornalisti, veniamo a restituirvi un po’ della vostra merda

di quella merda che ogni giorno, in spregio ad ogni dignità, gettate su migliaia di individui che non hanno i mezzi per controbattere. Voi date forma inappellabile alla realtà, di più, la realtà siete voi, la realtà è la rappresentazione. In tutto questo non c’è alcuna comunicazione, c’è soltanto violenza.

Avete le mani sporche di sangue, siete ubbidienti con i vostri padroni, in rapporto di continuo e reciproco leccaculismo con potenti e politici, irriguardosi ed arroganti con gli uomini e le donne senza potere. E il vostro potere è tra i più abbietti, è quello di violentare l’intimità della gente, di speculare sui disastri, di costruire mostri ed allestire linciaggi, di favoleggiare sulla pelle di persone che neppure conoscete.

Di più, siete il pilastro della costruzione del consenso, sbirri dell’ordine sociale, professionisti della calunnia e del discredito, tecnici della normalizzazione e del recupero. Forse è troppo per voi, i più sono soltanto sciocchi e grossolani, approssimativi come la realtà che disegnano sui loro giornali, nel migliore dei casi rassegnati e banali come il mondo che continuano ad accettare e a riprodurre. Siete tristi sciacalli sempre a caccia di sangue fresco, maestri soltanto nel parlare per non dire nulla.

Imbrattatori organizzati e stipendiati a malapena riuscite ad imbroccare dieci righe senza colmarle di errori, imprecisioni, falsità e sciocchezze, eppure fate più danno della peste.

Di buon grado riportate le veline della questura e dei carabinieri, poi ci ricamate sopra per i vostri scopi criminali. Avete un morto sulla coscienza. Uno soltanto? La nostra pazienza è morta insieme a Baleno.

Un lavoro come un altro, direte. Un lavoro ignobile come quello del giudice che voi spesso anticipate sentenziando condanne e costruendo forche. Ma quest’alibi, da sempre il più in voga, quello che solleverebbe dalle proprie responsabilità persino il boia, persino il torturatore è per noi, casomai, un’aggravante.

Chiunque sia stato vittima delle vostre attenzioni da tritacarne sa riconoscere da lontano il vostro odore e, o vi evita, oppure vi sta cercando.

Oggi alcuni individui senza potere vengono a gettarvi in faccia il loro disprezzo, vengono a dirvi, in silenzio, guardandovi in faccia, che con voi non cercano alcun dialogo, alcuna comunicazione, alcun rapporto. Semplicemente perché questo è impossibile. A noi interessano rapporti reciproci, anche di scontro, ma con chi cerca ogni giorno libertà, con chi non vuole manipolarci, reprimerci, zittirci, infamarci... Con voi troppi i conti in sospeso.

Alla merda, dunque, solamente merda.

E’ per questo che vi facciamo questo prezioso omaggio, consapevoli che in questo elemento sapete muovervi egregiamente.

Buon divertimento e soprattutto a presto.

gli anarchici


18 - La violenza strutturale dell’informazione

(da Varieventuali, Ivrea, 8 aprile 1998)

La storia di Edoardo Massari meriterebbe solo silenzio. Ma di fronte alla violenza dell’informazione vorremmo rispondere con la nonviolenza della ricerca della verità.

Molti di noi hanno partecipato ai funerali di Edoardo. Leggendo i giornali e vedendo i telegiornali ci siamo chiesti se abbiamo partecipato ad una altro rito funebre.

Vorremmo raccontare quello che abbiamo visto, rifiutando le esagerazioni che abbiamo letto, senza nascondere parte dei fatti che sono avvenuti.

Prima che partisse il corteo funebre alcuni ragazzi dei centri sociali hanno espresso ai giornalisti il desiderio dei genitori di Edoardo che venisse rispettata la forma privata delle esequie. In particolare hanno invitato il giornalista dell’Ansa Daniele Genco, conosciuto in Canavese, ad allontanarsi. Peraltro questa volontà della famiglia era nota da giorni. Nonostante questo, alcuni giornalisti sono tornati sulla piazza della chiesa con un atteggiamento che anche a noi è parso provocatorio e che dimostrava mancanza di rispetto alla famiglia, agli amici, a Edoardo Stesso.

Il feretro è arrivato nella piazza di Brosso e da lì è iniziato il corteo verso la chiesa parrocchiale in un silenzio che raramente abbiamo visto in altri funerali.

Quando la bara stava entrando in chiesa, alcuni giovani hanno riconosciuto e aggredito il giornalista dell’Ansa, in modo tanto veloce che quasi nessuno si è reso conto di quello che stava succedendo. Il rito è proseguito in chiesa e nel vicino cimitero con un atteggiamento di tutti molto rispettoso e raccolto, con modi diversi di manifestare il proprio dolore, senza disturbare il silenzio del momento.

All’arrivo di Maria Soledad Rosas, circondata da agenti della Polizia Penitenziaria, si è levato un coro che chiedeva la sua libertà, ma subito la folla che circondava la bara si è fatta da parte per permetterle di avvicinarsi alla fossa. Qui è iniziato un dialogo tra Maria Soledad, i genitori di Edoardo e i suoi amici pieno di umanità e di dignità. Anche gli agenti ci sono parsi colpiti dall’atmosfera ed hanno mantenuto un atteggiamento rispettoso. Erano presenti anche cittadini di Brosso e gente comune dei dintorni, perfino mamme coi bambini che sono venuti a dimostrare il proprio affetto ai genitori di Edoardo dentro il cimitero, come avviene nei nostri paesi in queste circostanze. Anche nei giorni precedenti, gli abitanti di Brosso sono stati vicini ai genitori.

L’atteggiamento di Maria Soledad ha contribuito molto a creare un ambiente disteso, quasi familiare; neppure quando è stata ricondotta al cellulare ci sono stati momenti di tensione.

Questi sono i fatti che noi abbiamo visto.

In seguito abbiamo saputo dell’aggressione che avevano subito altri giornalisti, avvenuta nella piazza del paese che dista circa trecento metri dal cimitero.

Non vogliamo certo giustificare la violenza fisica subita dai giornalisti. Ma occorre denunciare un’altra violenza più grande che uccide dentro (e a volte porta al suicidio), che è la violenza strutturale di una certa informazione. Le notizie come sono state riportate dai giornali e dai telegiornali descrivono piuttosto la paura di ciò che non si conosce e non si vede, la difesa del proprio gruppo di appartenenza, senza alcuna capacità autocritica, pensando che difendere una certa informazione significhi difendere la libertà di stampa. Ma la menzogna non è libertà!

Vorremmo riferirci al giornalista dell’Ansa perché è un cronista che conosciamo per quello che ha scritto per anni su un giornale locale, dove molto spesso ha costruito false campagne di stampa, colpendo le persone, soprattutto le più deboli, che non potevano difendersi. Lo stesso Edoardo Massari è stato condannato prima dalla sua penna che dai tribunali, a partire dai fatti del 1993, quando Massari venne accusato, e poi condannato, per detenzione di materiale esplosivo; fino ad arrivare ai fatti di questi giorni. Il giornale locale del lunedì metteva in bocca ai genitori di Edoardo la parola "assassini" che sarebbe stata urlata in faccia ai carabinieri. Un testimone oculare assicura che i genitori (che già avevano ricevuto la notizia da altra fonte) non hanno detto alcuna parola al maresciallo dei carabinieri che comunicava la morte di Edoardo, anzi il padre di Edoardo, dopo un attimo di incertezza, ha salutato il maresciallo stringendogli la mano. Perché falsare la realtà?

Tutto ciò, lo ripetiamo ancora, non giustifica minimamente la violenza subita dai giornalisti, ma evidenzia i due aspetti negativi di questa vicenda: come la stampa ha ingigantito e distorto il caso di Edoardo Massari e l’ostinazione dei giornalisti a voler partecipare a tutti i costi ai funerali. Perché in altri casi non è stato così?

Siamo convinti che l’informazione sia un servizio importante e necessario, ma è vero che c’è chi abusa del suo fare il giornalista.

Per questo vorremmo lanciare una proposta: un Forum sulla violenza strutturale dell’informazione, da tenersi ad Ivrea, che coinvolga giornalisti, agenzie di stampa, cittadini e lettori di giornali, per affrontare il tema dell’informazione, il suo potere, il controllo, la libertà, il rapporto della stampa con la democrazia.

Alberta Aluffi e Bruno Saccuman della Casa di Abramo, Palmina Beata e Giuliana Bonino di Pax Christi, Elisabetta De Masi e Carla Rabogliatti della Caritas Diocesana, Giulio e Maria De la Pierre, Silvio Salussolia, Fraternità Carmelitana di Lessolo, Egidio Cosanza dell’Associazione Mastropietro di Cuorgnè, Enrico Bandiera e Francesco Zaccagnini di Varieventuali


19 - Da che cosa nasce il disagio sociale dei giovani di Torino? Perché non vogliono parlare?

Il silenzio degli squatter

Archiviata, con la troppo facile gioia di tutti, la generazione dei "giovani dal pugno chiuso" che con il grido insurrezionale e con il gesto anche violento volevano cambiare il mondo e gridare in faccia qualcosa a qualcuno, ci siamo trovati con la "generazione degli abbastanza" così definita dalla relazione Eurisko del 1994 perché "vanno abbastanza d’accordo con i genitori, che concedono loro abbastanza libertà, e hanno abbastanza voglia di diventare adulti", ma non troppa fretta. Nessun progetto per il futuro, anche perché non ci sono abbastanza opportunità, nessun ideale da realizzare anche perché non ce ne sono di abbastanza coinvolgenti.

E’ una tribù che ha un basso livello di autoconsiderazione, una sensibilità gracile, introversa, indolente, un’inerzia provocata da un’eccessiva esposizione agli influssi della televisione, un’unica preoccupazione: procurarsi un’incredibile quantità di tempo libero per assaporare fino in fondo l’assoluta insignificanza del proprio peso sociale.

Qui la comunicazione ha registrato il suo primo collasso, ma per afasia, perché non si aveva niente da dire, non, come nel caso degli squatter, per decisa volontà di non parlare, di non raccontarsi e di non farsi raccontare. Fu così che questa generazione si buttò nel rumore assordante della discoteca dove non c’è bisogno di parlare perché non si può parlare, e affidò a questa impossibilità tecnica il proprio silenzio emotivo.

A questa generazione si affiancò la "generazione Q" descritta dal sociologo tedesco Flasko Blask in Q come Caos, dove "Q" sta per "Quoziente intellettuale ed emotivo", incapace, ma forse anche disinteressato, a distinguere il bene dal male. Quanto basta per agire come virtuosi dell’irresponsabilità, senza alcun riguardo per la propria storia personale, senza rispettare impegni e senza temere le eventuali conseguenze del proprio agire.

Sono i ragazzi del cavalcavia, che portano alle estreme conseguenze il principio di non dover mai chiedere nulla a nessuno, nemmeno a se stessi, e perciò si dedicano totalmente al compito di inventare nuove regole del gioco laddove grava la routine. Concentrandosi sulla possibilità di escogitare qualche sorpresa laddove domina l’angoscia dell’eterna ripetizione, inscenano tutta la loro vita come un esperimento sociale dall’esito incero, e vanno su di giri al semplice ed esaltante pensiero che ciascuno nella propria vita va in diretta ventiquattr’ore su ventiquattro.

Qui la comunicazione collassa non perché non si ha niente da dire, come capita alla "generazione degli abbastanza", ma per assoluta incapacità di stabilire relazioni per cui, come scrive lo scrittore americano Andrew Vachss in Blue Belle, il rappresentante della generazione Q "segue solo i propri pensieri, procede per la sua strada, avverte solo il proprio dolore. Sì. Non è forse la via giusta per sopravvivere in questo letamaio? Aspetta il tuo momento, abbassa la visiera. Non lasciare che ti leggano il cuore". In quel cuore c’è la convinzione che è meglio essere esagitati che attivi, che sprofondati in un mare di tristezza, perché se la vita è solo uno stupido scherzo, si dovrebbe almeno poterci ridere sopra.

Collasso della comunicazione perché non si ha niente da dire (generazione degli abbastanza), perché si è incapaci di stabilire relazioni (generazione Q), perché non si vuole più parlare a chi non ha più la possibilità di rispondere.

E qui siamo agli squatter che non sono figli del benessere e neppure figli della noia. Non assomigliano neppure ai loro predecessori dal pugno chiuso, perché costoro volevano cambiare il mondo e lo urlavano a quanti lo volevano tener fermo nella roccaforte dei loro solidificati interessi, mentre gli squatter a questo cambiamento del mondo non ci credono più: E allora non gridano rivoluzione, ma disperata rassegnazione che conoscono quanti non solo non credono che le cose possano cambiare, ma neppure che gli altri, gli uomini dell’informazione, della politica, della scuola, del mondo del lavoro, possano capire.

Dopo aver assaporato la loro non incidenza, neppure minima, l’impossibilità di cambiare le regole di una società tecnologicamente, e non politicamente o moralmente ordinata, gli squatter vanno alla ricerca di una nicchia adeguata dove poter mettere in scena la loro disarticolata ed epocale sventura. Dico "epocale" perché è la prima volta nella storia che un "servo" non ha davanti un "padrone" con cui prendersela, perché i padroni sono diventati a loro volta semplici funzionari di un sistema (il mercato) che trascende loro stessi. Così come è la prima volta che un "disagio sociale" non può prendersela con la "politica", perché ha annusato che la politica non è più il luogo delle decisioni, essendosi questo luogo trasferito altrove: nell’economia organizzata quasi esclusivamente da fattori tecnici, come l’Europa che sta nascendo è lì ogni giorno a dimostrare e a illustrare dagli schermi tv e dalle pagine dei giornali.

Ma la tecnica ognuno lo sa, e gli squatter lo fiutano, non ha fini da realizzare, né altro scopo a cui tendere che non sia il proprio potenziamento. E ciò trasforma subito il lavoratore in un semplice e anonimo collaboratore di questo potenziamento senza scopo e senza perché.

A tutto questo lo squatter dice no! E siccome l’età della tecnica non offre più uno scenario dove si possono scontrare, come pensava Marx, due volontà, quella del "servo" e quella del "padrone", ma uno scenario di automatismi tecnici muti ma efficaci e funzionali, con chi dovrebbero parlare gli squatter? Con i politici che si trovano nella condizione di non poter decidere, ma solo far eseguire la sequenza ordinata di questi automatismi? Con gli uomini dell’informazione che ogni giorno spiegano gli atti "esecutivi" e non "decisionali" della politica che agli squatter appare come un sovrano spodestato?

No, gli squatter si limitano a prestare un po’ di attenzione solo a monsignor Bettazzi vescovo di Ivrea, perché come uomo di Chiesa, racconta una storia pre-tecnologica, dove il tempo appare ancora fornito di senso. Gli squatter sanno che non è vero, ma una boccata di senso nel mondo dell’insensatezza, che ha come sua unica direzione la crescita infinita senza senso e senza perché, non la si rifiuta.

Resta da capire se l’ecoterrorismo, di cui gli squatter sono stati inizialmente accusati, abbia qualche attinenza con il mondo della tecnica che vediamo come causa prima della mancanza di senso dilagante. Ma gli squatter non parlano. E forse il loro silenzio è l’unica risposta corrispondente al silenzio dell’automatismo tecnico che procede senza una direzione, senza uno straccio di spiegazione, senza una parola, spinto avanti solo dal proprio cieco e inarrestabile potenziamento che non dà gioia a nessuno, né prospettiva, né futuro fornito di senso. Non è assolutamente facile vivere in queste condizioni, e gli squatter lo dicono portando in manifestazione il loro silenzio.

Umberto Galimberti


20 - Un piccolo segno

Gli organi di informazione sono parte consistente del dominio sociale. Il mondo che riflettono e che riproducono è il mondo dello Stato e dell’economia. Di quel mondo parlano e a quel mondo vogliono ridurre e integrare ogni tensione individuale e ogni pratica collettiva. Di fronte a chi vuole sovvertire l’ordine stabilito, a loro reazione assume aspetti diversi ma complementari: il silenzio, la criminalizzazione, il recupero. Il silenzio quando si tratta di nascondere un malcontento diffuso, il desiderio sempre più forte di libertà. La criminalizzazione quando si vuole giustificare la repressione — il modo migliore per sconfiggere il nemico è presentarlo come mostro. Il recupero quando si intende assorbire le tensioni ribelli, mistificandone i contenuti, plagiandone lo tendenze, la poesia, i linguaggi.

Per anni i giornali di regime hanno infangato la figura di Edoardo, presentandolo prima come un pericoloso bombardo, poi, dopo la sua morte, come un depresso vittima di una Giustizia ingiusta. Il culmine dell’ipocrisia viene raggiunto dal vescovo di Ivrea quando, durante la sua omelia, lo paragona al buon ladrone. La Grazia del Signore si può ricevere soltanto da morti.

Basta leggerne un paio di articoli per capire chi è Daniele Genco. Cronista de La Sentinella del Canavese, organo di informazione in mano all’impero Olivetti, non ha mai fatto molta strada. Tanto per citare un esempio, anni fa aveva scritto che Edoardo voleva mettere una bomba ad una manifestazione della Croce Rossa. Uno dei suoi compiti specifici è sempre stato quello di dare nome e cognome ad articoli preparati dalla polizia. Se risultasse vera la notizia delle telecamere piazzate intorno alla chiesa di Brosso, apparirebbe chiaro il suo ruolo di provocatore, studiato a tavolino con le forze dell’ordine. Quale occasione migliore per diventare improvvisamente famoso prima di andare in pensione? Genco aveva già dato prova della propria malafede quando, in seguito agli scontri avvenuti nel dicembre ’93 durante una manifestazione in solidarietà con Edoardo, si presentò volontariamente a testimoniare contro i manifestanti, riconoscendone qualcuno in particolare. Lo sbirro e il giornalista si compensano, là dove finisce il lavoro di uno, comincia il lavoro dell’altro.

La risposta data a Brosso, peraltro condivisa da buona parte dei presenti, contro la violenza delle telecamere, scatena l’ira dei pennivendoli che parlano di "grave attacco al diritto di informazione", di "aggressione e brutale pestaggio". La reazione dei compagni è comprensibile, umana, scatenata dalle passioni e fondata su una indubbia lucidità critica. Trattare i giornalisti da poliziotti non significa solo individuarne correttamente le responsabilità, ma anche rifiutare nella pratica il fatto che la propria rivolta sia parlata, fotografata e spacciata come merce. Attaccare i mass media vuol dire allo stesso tempo attaccare la politica (chi fa politica è costretto sempre più a offrire la propria immagine). Nel gesto di Brosso c’è la dignità di chi ha compagni da amare e non martiri da immortalare e c’è una lotta che cerca i propri mezzi di espressione autonoma.

Disumano, vergognoso è vendere lo spettacolo del dolore e della rabbia. Vergognoso è trasformare le parole in armi al servizio dei potere, chiacchierare di una vita che non si conosce, descrivere tensioni che non si provano, criminalizzare una rivolta che fa paura.

Alcuni compagni che c’erano

(testo di un intervento circolato dopo la manifestazione e riguardante i fatti di Brosso)


21 - Lunga vita agli squatter

(da Tuttosquat, 11 - Primavera 1998)

Non sono uno squatter. Mi considero un anarchico senza aggettivi. Non sono l’espressione del disagio giovanile: l’unico disagio che sento è quello di essere costretto a vivere in una società dominata da politicanti, padroni, preti, giudici, poliziotti e via dicendo.

Sono uno di quei quarantacinquenni che i vari politologi e sociologi da operetta definiscono "residuati del ’68 e del ‘77". Evidentemente questi imbecilli non si rassegnano al fatto che molti di noi non sono stati recuperati, ma sono ancora percorsi dagli stessi fremiti di ribellione e hanno conservato inalterata la stessa voglia di mutare l’esistente.

Il mio modo di "fare politica", di comunicare, di confrontarmi con la gente è distante dalle pratiche degli squatter. Il gusto della provocazione che caratterizza le loro azioni non sempre mi coinvolge. Non condivido il loro autoescludersi dalla società, il ritenere prioritario difendere i proprio spazi, dedicando scarsa attenzione a tutto ciò che li circonda, se non sono direttamente attaccati.

Mi piacciono gli squatter per la loro vitalità e creatività, per il loro tentativo di autogestire la propria vita, per la loro inesauribile fame di spazi da occupare onde crearne dei luoghi di aggregazione e di sperimentazione anarchica, per il loro ostinato rifiuto a lasciarsi sottomettere, per la loro tenacia nel non cedere alle lusinghe delle istituzioni, per la loro pratica costante dell’azione diretta al fine di ottenere ciò che desiderano.

Non ho paura della diversità. Se l’anarchia è la piena realizzazione della libertà è evidente che la diversità ne rappresenta un valore fondante. Un anarchismo che si uniformasse ad un unico modello di percorso o di pratica politica, in cui tutti gli anarchici vi si potessero riconoscere, sarebbe, oltre che improponibile, una cristallizzazione del concetto stesso di libertà.

Un anarchismo vissuto intensamente non può avere certezze, ma deve sapersi continuamente interrogare sul passato sul presente e sul futuro; non può riprodurre luoghi comuni, senza cadere inevitabilmente in sterili dogmatismi. È logico, quindi, che le risposte agli interrogativi che la realtà quotidianamente pone agli anarchici non possano essere univoche, ma inevitabilmente differenti a seconda delle attitudini, delle esperienze e delle situazioni di ogni anarchico od insieme di anarchici.

Nessuno (tantomeno il signor Nobel e compagna) si può arrogare il diritto di stabilire chi è o chi non è anarchico. Anarchico è chiunque si ponga contro lo stato in quanto tale e si batta per la sua abolizione. Questa è l’unica demarcazione possibile ed è al tempo stesso il denominatore comune che unisce tutti gli anarchici al di là delle differenze. Quindi, proprio perché ognuno di noi è parte di un tutto che si muove nella stessa direzione, la diversità di pratiche e di percorsi che ci separa nella quotidianità non deve (o almeno non dovrebbe) impedirci di muoverci insieme contro gli attacchi della repressione statale.

Quando in quella tragica mattina del 28 marzo scorso è circolata per il Balôn la notizia che Baleno era stato trovato impiccato al letto della sua cella, per quel che mi riguarda, non mi sono chiesto quali erano le differenze che potevano esserci tra me e gli squatter. Bisognava immediatamente muoversi, mobilitarsi tutti insieme per sventare le manovre e le montature repressive di cui ancora una volta gli anarchici erano oggetto. Al di sopra della possibile diversità di concezioni e percorsi, Edoardo era parte di me, era un anarchico, era un mio compagno. Ho partecipato attivamente alle iniziative portate avanti in questi giorni per esprimere la nostra rabbia collettiva di fronte ad un omicidio di stato e per esigere la liberazione di tutti gli arrestati. Mi sono unito agli amici di Baleno, agli squatter, senza preclusioni, non per cavalcare la tigre, non per far prevalere una linea, ma, semplicemente, come compagno tra i compagni, per rispondere a viso aperto agli attacchi repressivi.

L’anarchismo, a dispetto di tutti i necrofori del potere, che vorrebbero darlo definitivamente per morto, in questo momento sta attraversando una fase favorevole. Il brulicare di neri vessilli che si è visto nel corso della manifestazione del 4 aprile è la dimostrazione lampante del fatto che molti giovani sono attratti dalle idee e dalle pratiche degli anarchici. Non bisogna rilassarsi, è il momento di agire. Ognuno deve fare il possibile, secondo la propria sensibilità e le proprie differenze, nei luoghi e negli spazi che gli sono consoni, per allargare al massimo la sfera di influenza delle idee libertarie. Non bruciamoci questa occasione in sterili polemiche volte a stabilire chi è più anarchico o chi è più rivoluzionario, nel tentativo di far prevalere una linea politica sulle altre.

Solo una risposta chiare ed efficace, unita se non unitaria, di tutti gli anarchici li potranno contrastare.

Lunga vita agli squatter. Lunga vita a tutti gli anarchici.

Tobia


22 - Lettera aperta ai centri sociali su Torino e dintorni, per l’apertura di una vertenza politica sui temi della Giustizia

Apriamo un confronto.

Conflitti che producono banditi..

[…] Un nemico ogni volta diverso ma profondamente uguale nella sua non-esistenza, uomini invisibili di cui sono piene le metropoli della settima potenza mondiale. Donne e uomini a mezz’aria, vite sospese tra il sogno di un’esistenza migliore e la condanna all’esclusione a vita, alle prese con una realtà che non li prevede se non per mostrificarli come novelli untori, buoni solo per l’inquisizione.

Donne e uomini come Baleno, che sapeva tutto ciò, ma che non gli ha impedito di restarne vittima.

Abbiamo imparato a nostre spese che voler cambiare il mondo è costoso. Non è solo scomodo e spesso spiacevole, non è solo difficile e complesso.

Piegare il corso delle cose costa! l’arroganza e il privilegio governano il mondo anche in virtù di un sistema di leggi che detta le sue regole del gioco. Chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori.

La storia dei centri sociali, la nostra storia, come quella dei tanti costretti ad affermare con la lotta il diritto all’esistenza, ci racconta questa semplice verità attraverso le migliaia di denunce, perquisizioni e processi che siamo obbligati a rincorrere. È la nostra presenza, ciò che diciamo e rivendichiamo ad essere concepito come un unico grande "reato" da perseguire e reprimere. Si combattono gli effetti affinché le cause rimangano nascoste.

Quello di cui in realtà ci si accusa è di volere un mondo dove le parole dignità, giustizia e libertà abbiano la cittadinanza che oggi non gli è dovuta. Ma nel mercato globale l’utopia non vale le lettere di cui è composta, non rientra nei valori di una società che non sa più sognare.

[…]Questa situazione ha raggiunto ormai il limite di guardia. Sgombrati, caricati, inquisiti, incarcerati e ora anche "suicidati". L’uccisione di Edo, di un nostro fratello, è il risultato della criminale ostinazione a voler leggere il conflitto sociale attraverso gli articoli del Codice Penale.

Oggi come ieri la cultura emergenziale uccide!

[…]Dobbiamo affrontare questa realtà compagni. O riusciamo ad invertire questa tendenza alla criminalizzazione delle istanze sociali, oppure rassegniamoci a veder sfumare la possibilità di un Europa sociale, dei diritti, della solidarietà, degli uomini. O riusciamo a recuperare il senso politico profondo della nostra esistenza sottraendola alle analisi sociologiche, oppure cominciamo ad abbandonare ogni velleità di trasformazione sociale.

Senza volerlo siamo arrivati sulla linea di confine oltre la quale si aprono orizzonti diversi per significato ed importanza. Non lo abbiamo voluto noi, ma non possiamo far finta di niente.

[…]Nessuno ci restituirà mai Edo, ma l’idea che anche questa eventualità è entrata a far parte della nostra quotidianità è un pensiero che non ci da pace. Per impedire che ciò possa di nuovo accadere dobbiamo disarmare chi ci tiene sotto il tiro dei suoi innumerevoli interessi e privilegi.

Ad esempio aprendo una vertenza politica collettiva con il Governo di questo paese per ottenere che vengano amnistiati e depenalizzati totalmente tutti quei reati in qualche modo legati alle lotte sociali. Pensiamo che riuscire a limitare la capacità d’aggressione esercitata nei confronti delle istanze sociali possa avere l’effetto di depotenziare la legislazione emergenziale oltre i limiti ragionevolmente permessi dagli attuali rapporti di forza.

Crediamo anche che questo possa essere il modo per iniziare un più concreto confronto tra di noi e con altri soggetti intorno ad una nuova concezione della giustizia, in sintonia con l’idea di civiltà espressa dal protagonismo sociale dei senza diritti. Siamo in molti, ma abbiamo bisogno di compagni di viaggio insieme ai quali poter porre le premesse per l’apertura di più ampi spazi di libertà, di azione e di vita.

Ci piace pensare che ciò contribuisca alla definizione dei contorni di una nuova forma di democrazia basata sui diritti di tutti. Ma soprattutto vogliamo essere dei soggetti consapevoli, con la maturità adeguata ad affrontare un tempo maledetto e stupido.

Con amore

Centro Sociale Corto Circuito
Roma - Aprile ‘98


23

Abbiamo deciso di fare un’assemblea aperta perchè vogliamo che a Torino si formi un momento di dibattito e di chiarezza su cosa sta avvenendo e su cosa è avvenuto.

Questo deve essere un processo collettivo che coinvolge non solo chi ha partecipato alle mobilitazioni passate come al corteo di sabato 4 aprile, ma a una dimensione ben più vasta di persone che vogliono capire cosa sta succedendo o che possono dare il loro contributo critico sia al dibattito di movimento, ma anche e soprattutto, a cosa sta trasformandosi la nostra società, i suoi luoghi di lavoro, di socializzazione di vita, a come si muovono le istituzioni, i mass media, gli organi e le persone che occupano posti importanti e di potere, i politici dei partiti ecc...

A noi interessa avviare questo confronto con la gente che non può contare, con chi subisce le istituzioni o con chi è critico verso di esse.

Non ci interessa dialogare con i politici o i sindacalisti di professione, con le autorità costituite, perché di fronte a politici come Veltroni , Cavaliere, Turco, Castellani, Revelli e Don Ciotti noi ci domandiamo e chiediamo a tutti:" questi signori cosa propongono: parole o fatti".

Perché non siamo nati ieri, sappiamo che siete bravi a ciurlare nel manico, siete esperti a integrare e a svuotare i movimenti e le istanze dell’antagonismo.

Noi non baratteremo il nostro dissenso per qualche posto in consiglio comunale o come esperti in qualche ministero degli affari sociali come in questi anni hanno fatto molti compagni di ieri. Per noi Cossutta può dormire sonni tranquilli, sulla sua meritata poltrona, a Torino non permetteremo che passi la linea Caccia-Casarini.

Politici volete il confronto! Bene noi siamo anche disposti ad accettarlo, prima però date dei segnali concreti di ravvedimento, prima fate dei fatti concreti e smettetela di regalarci solo parole e repressione.

PER NOI PREGIUDIZIALI AL CONFRONTO SONO:

la liberazione di Soledad e Silvano (da 18 gg. in sciopero della fame), la liberazione di tutti i compagni incarcerati o latitanti dagli anni 70', un consistente provvedimento di amnistia per i detenuti che affollano le carceri italiane, l’annullamento di tutte le denunce, di tutte le condanne che colpiscono migliaia di compagni del movimento antagonista di questi anni, la fine delle retate e le deportazioni degli immigrati.

I centri delle città trasformati in vetrine, mentre le periferie sono abbandonate al degrado.

Una scuola e una università che non diventino sempre più luoghi di èlite dove hanno diritto di studiare e di costruirsi un futuro solo i figli dei ricchi.

Perché signori cosa dobbiamo discutere con uno come Tranfaglia quando nei fatti in questi anni è stato uno dei maggiori promotori della riforma Berlinguer che ha imposto l’espulsione di massa dalla scuola degli studenti proletari e lavoratori.

Vi lamentate che masse di giovani non hanno cultura non hanno formazione, non adottano i metodi democratici, che hanno comportamenti incomprensibili, ma vi scordate che siete proprio voi ad averli privati di ogni prospettiva di futuro.

I soldi che prima spendevate per l’assistenza, per i servizi sociali, per l’istruzione ora li regalate alla promozione dei comitati olimpici, alle ostensioni della sindone, alla rottamazione, alle ristrutturazioni immobiliari. Voi della sinistra al governo togliete ai poveri per dare ai ricchi, ai benestanti, ai politicanti intrallazzati.

Bene incominciate a cambiare voi, poi se ne potrà anche discutere.

CSOA ASKATASUNA
CSA MURAZZI
CS ONDA OCCUPATA
Centro Doc. Senza Pazienza

PER CAPIRE COSA STA SUCCEDENDO A TORINO!
ASSEMBLEA PUBBLICA, ORE 14.30
ORDINE DEL GIORNO:

REPRESSIONE: IRRUZIONE NEI POSTI OCCUPATI,ARRESTI, CARICHE, PESTAGGI, EDO MUORE IN CARCERE,.MASS MEDIA: CRIMINALIZZAZIONE E ATTACCO AL MOVIMENTO ANTAGONISTA E ALLE SUE FORME DI REPRESSIONE., ISTITUZIONI: EMARGINAZIONE DI OGNI ISTITUZIONE DI OGNI ISTANZA SOCIALE E POLITICA CHE NON SI NORMALIZZA.

Al CENTRO SOCIALE ASKATASUNA CORSO REGINA MARGHERITA 47 TO


24 - INSIEME CONTRO L’ESCLUSIONE

Assemblea pubblica

Giovedì 28 maggio 1998 ore 21.00

c/o Salone Camera del Lavoro -

via Pedrotti 5 – Torino

Abbiamo invitato a partecipare al corteo del 4 aprile con l’intenzione di impedire che la separatezza tra i giovani che manifestavano il cordoglio e la rabbia per la morte di Edoardo Massari ed il resto della popolazione assumesse le caratteristiche di scontro violento e irreversibile.

Abbiamo partecipato alla manifestazione volendo, con la nostra presenza, contrastare l’opera di demonizzazione contro quella parte di società che frequenta i centri sociali e che quel pomeriggio esprimeva, in modo esasperato e drammatico, il proprio antagonismo alle logiche violente del mercato ed il rifiuto della riduzione a merce della vita umana.

Abbiamo sostenuto il reintegro di Stefano Alberione all’incarico di assessore ritenendo che la sua presenza alla manifestazione rappresentasse un segnale concreto di dialogo e capacità di ascolto, senza che questo significasse una condivisione per l’estetica dello scontro espressa da alcune componenti del corteo.

Ci siamo battuti contro la decisione del sindaco Castellani ritenendola una supina risposta ad una richiesta dei "poteri forti" della città e rispondente ad esigenze interne di una maggioranza troppo attenta alle richieste dei ceti moderati.

Sentiamo l’esigenza di iniziare una riflessione per comprendere su quali basi potrà riprendere, a partire dai fatti avvenuti, il dialogo ed il confronto con quella parte di società che ha opposto alla crisi di rappresentanza della politica di partito nuove modalità di aggregazione ed intervento.

A distanza di più di un mese dai fatti e quindi liberi di approfondire le tematiche oltre il contingente, proponiamo un dibattito per analizzare come, nel corso degli avvenimenti di aprile, l’emergere di due città abbia mutato il quadro politico torinese.

Daniela ALFONZI, Ennio AVANZI, Mario CONTU, Rocco PAPANDREA, Fulvio PERINI, Maurizio POLETTO, Raffaello RENZACCI, Marco REVELLI


25 - Insieme a chi? Esclusi da cosa?

Signori e signore oggi qui convenuti,

dall’appello che indice questa assemblea ci sembra di capire che oggetto di discussione stasera sono le "logiche violente del mercato" con le loro conseguenze e, soprattutto, "il rifiuto della riduzione a merce della vita umana". Bene. Ma non è lo stesso sistema in cui viviamo, fondato sul dominio del denaro, a generare esclusione? Una esclusione che genera invidia, disperazione e rabbia.

Come risolvere dunque il problema? Gli organizzatori di questo dibattito hanno al riguardo le idee chiare: alleviare le sofferenze provocate dal capitale, cercando di far partecipare quanti più esclusi è possibile al banchetto mercantile. Vogliono insomma aprire un dialogo, mettere d’accordo inclusi ed esclusi, sfruttatori e sfruttati.

Ciò che queste canaglie non riescono a concepire, convinte come sono dell’ineluttabilità del dominio, è che da questa vita si possa desiderare davvero altro. Per quel che ci riguarda, la partecipazione al banchetto offerto da questo mondo è fuori discussione: si tratta di una ipotesi che non prendiamo nemmeno in considerazione. E non perché ci spetterebbe al massimo qualche briciola, ma perché le pietanze servite non sono di nostro gusto e i commensali presenti ci danno il voltastomaco.

E poiché pensiamo che un confronto che sia tale possa avvenire soltanto in una situazione di reciprocità, noi qui non abbiamo nulla da dire. Intendiamo dialogare solo con altri esclusi come noi. E l’oggetto di discussione non potrà mai essere il modo per rendere meno intollerabile l’esclusione, ma la distruzione dello Stato, lo scioglimento delle forze dell’ordine, dell’esercito e della magistratura, il dissolvimento di ogni racket politico, la scomparsa delle frontiere, l’abbattimento di chiese e prigioni, la liquidazione dell’economia, la soppressione di tutta la classe dirigente (dall’estrema destra all’estrema sinistra). E saremmo solo all’inizio della soddisfazione dei nostri desideri.

Come e perché discutere della distruzione del capitalismo con un sindacalista che per mestiere contratta con i padroni, o dell’eliminazione dello Stato con un consigliere comunale che lo rappresenta?

Sindacalisti, politici, intellettuali che avete indetto questa assemblea, crocerossine del capitalismo, carogne recuperatrici, sappiate che vi consideriamo nostri nemici e come tali vi tratteremo. E vi diamo la nostra parola che alla "estetica dello scontro" preferiamo indiscutibilmente lo scontro reale.

Firmato: Squatter
sarà quella zoccola di tua sorella