San Salvario: ora basta!
Maggio è arrivato e a San Salvario è cominciata la stagione della caccia. I reparti d’assalto dei gendarmi sono ad ogni angolo, i loro drappelli armati battono il quartiere in cerca di prede. Davanti a loro corrono scodinzolando alcuni bravi cittadini della zona, segugi volontari che indicano ai cacciatori dove colpire. Dietro, tanta gente che guarda e sta zitta, che assiste alla caccia facendo finta di nulla come se fosse una cosa normale, come il cambio delle stagioni o lo scorrere delle nuvole portate dal vento. Ma in questo mese, a San Salvario, si è aperta la caccia all’uomo.
Niente di nuovo, in realtà, sotto i cieli torinesi. Controlli, pattugliamenti, retate e pestaggi sono all’ordine del giorno in tutta la città, da qualche anno ormai. Ma ora i reparti d’assalto danno il meglio di sé a San Salvario: li vediamo in azione tutti giorni, ed è proprio quello che siamo costretti a vedere per le strade del nostro quartiere che ci impedisce di tacere.
Tutto il male che si dice a San Salvario sull’operato della polizia e dei carabinieri è vero, e nessuno può ignorarlo. È vero che i gendarmi, all’ombra dei cespugli del Valentino, derubano e ricattano gli immigrati che capitano loro a tiro. È vero che i metodi sono sempre stati spicci nelle caserme e nei posti di polizia. È vero anche che le prostitute che vengono fermate debbono spesso sottostare alle voglie dei questurini.
Ma quel che sta succedendo in questi giorni è che l’arroganza e la violenza dei gendarmi non ha più bisogno di nascondersi nelle stanza discrete della questura o ripararsi nella desolazione dei parchi pubblici: ora, alla luce del sole e di fronte ai passanti, la polizia può inseguire, aggredire e malmenare chi è sospettato di non avere i documenti giusti per respirare l’aria delle nostre città.
Quel che ci angoscia e ci fa rabbia non sono i lamenti di alcuni commercianti che chiamano la polizia per vendere qualche profumo in più; non sono le pacche che il sindaco distribuisce sulle spalle dei soldatini dei reparti d’assalto, spossati per il troppo lavoro; non sono le menzogne e gli allarmismi dei giornali; non sono neanche le violenze dei gendarmi ad indignarci. Tutti questi fanno il loro mestiere, più o meno come sempre.
Quello che ci fa tremare i polsi è l’indifferenza di chi guarda. Chi ci fa paura sono tutte quelle brave persone che, dopo aver appeso la bandiera della pace sul proprio balcone, non si accorgono o fanno finta di non accorgersi che la guerra è proprio sotto casa. Come è possibile non avere niente da ridire quando poliziotti armati fino ai denti inseguono donne la cui colpa è quella di ritrovarsi in strada per sopravvivere? Come è possibile che i cuori non sobbalzino quando le speranze e i progetti di tanti uomini e tante donne che arrivano a Torino si infrangono sulle portiere delle volanti? Come riuscire a stare ancora fermi e tranquilli quando, pesti e ammanettati, questi vengono rinchiusi nel lager di Corso Brunelleschi?
Chi oggi accetta tutto questo senza battere ciglio, presto sarà pronto ad accettare qualsiasi cosa. Se oggi la caccia al clandestino è una cosa normale, domani diventerà normale che i reparti d’assalto sfondino nottetempo le porte delle nostre case in difesa di un potere sempre più totalitario e repressivo. Allora sì che San Salvario sarà pulita e lucidata, ma a tutto profitto degli speculatori del comune e delle agenzie immobiliari, e non ci sarà più posto per chi non è un ricco, un padrone, un giornalista, un poliziotto o anche solo un piccolo, pidocchioso, mercante di profumi.
Alcuni abitanti di San Salvario - Torino