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2005-08-03

autodifesa presentata al tribunale del riesame dagli anarchici arrestati per il corteo del 18 giugno a Torino

TORINO 3 AGOSTO 2005
Noi siamo antifascisti, non dei barbari calati su Torino per devastare e saccheggiare. Siamo mossi da idealità e valori che affondano le loro radici nella prima resistenza allo squadrismo opposta dalle organizzazioni operaie sino alla resistenza partigiana che liberò l'Italia dal nazifascismo.
La manifestazione del 18/6/2005 era una manifestazione antifascista ed era stata indetta unicamente per protestare pubblicamente e informare i torinesi sulla vile aggressione al Barocchio. Non si cercava lo scontro con la polizia, né di devastare e tanto meno di saccheggiare nulla.
L'aggressione al Barocchio, in cui due persone erano state accoltellate (una in modo grave) a casa propria, mentre stavano dormendo, era di una gravità inaudita e necessitava di una risposta pubblica da parte dell'antifascismo torinese.
L'aggressione al Barocchio non era un episodio isolato ma si inseriva in un ben preciso disegno messo in atto dalla destra radicale italiana volto all'eliminazione fisica dei frequentatori dei centri sociali (episodi simili si sono verificati a Milano, Bergamo, Roma, Verona.). Di fronte a questo pericolo occorreva dare un segnale forte, che mostrasse alle teste rasate naziste l'unità e la forza dell'antifascismo torinese. Non ci si poteva limitare a distribuire i volantini ma bisognava anche mostrare i muscoli.
Per questo, unicamente per questo, si è scesi in piazza con i bastoni: per mostrare ai fascisti che eravamo decisi e determinati a difenderci. Solo per evitare di essere riconosciuti dai naziskin che avrebbero potuto trovarsi ai lati del corteo (qualche tempo fa, ad una manifestazione studentesca, era stato accoltellato un giovane che dava i volantini sotto i portici di via Cernaia) alcuni ragazzi avevano preferito coprirsi il volto. Questo al solo scopo di evitare di essere individuati e successivamente aggrediti per strada (come era successo a quella ragazza a cui era stata incisa con il coltello una svastica sulla mano). Questo è quanto ci si era proposti. Non si voleva assolutamente lo scontro con la polizia, ma si voleva manifestare, e in centro.
Avevamo subito una grave offesa ed era nostro diritto manifestare liberamente.
Appena il corteo si è mosso da piazza Madama Cristina, in corso Marconi, è stato bloccato dalla polizia. I funzionari pretendevano che si girasse verso corso Cairoli.
Solamente dopo un'estenuante trattativa, nel corso della quale i manifestanti erano quasi a contatto - viso a viso - con i poliziotti schierati, fu concesso di proseguire verso via Nizza. Tali episodi - di trattativa concitata con la prima fila del corteo a pochi centimetri di distanza dal cordone di agenti della PS - si ripeterono diverse volte: in via Nizza, in via Berthollet e all'angolo di via Madama Cristina con corso Vittorio Emanuele. Nel corso di quest'ultima trattativa venne concesso di raggiungere i giardini reali dove il corteo si sarebbe sciolto. Il corteo era determinato ma assolutamente pacifico, tanto che fino a via Po non successe nulla, non venne effettuato alcun danneggiamento, né si verificò alcun episodio di violenza.
Giunti in via Po si voleva - come da accordi presi - andare ai giardini reali, ma passando da piazza Castello, mentre i funzionari di piazza pretendevano che si passasse da via Rossini. Per opporsi al diniego della questura i manifestanti hanno continuato ad avanzare premendo sul cordone di polizia nella speranza che (visto quanto era successo nelle situazioni precedenti) i poliziotti - pressati da vicino - ricevessero l'ordine di spostarsi e di lasciarci passare. A questo punto è partita la carica, seguita da un fitto lancio di lacrimogeni, che ha causato la sbandamento del corteo.
Alcuni manifestanti si sono poi ritrovati all'angolo di via Po con via Sant'Ottavio, dove alcuni di loro - utilizzando arredi urbani - avevano eretto una piccola barricata che era stata incendiata. In quel momento vi era il timore che la polizia tornasse alla carica e la barricata aveva solo un intento difensivo, e non devastatore. Dopo un po' di tempo, lasciata via Po, si sono diretti verso il Fenix (giardini reali), che era il luogo concordato dove avremmo dovuto scioglierci.
Il Fenix era inteso solo come punto geografico e non come ricovero dei manifestanti, poiché essi non entrarono al Fenix (cosa del resto impossibile viste le dimensioni) ma si disposero nei giardini antistanti. Se in seguito alla carica in via Po si è verificato qualche episodio di danneggiamento o furto la responsabilità non è di chi ha cercato solo di manifestare liberamente e pacificamente - anche se forzando un divieto della questura - ma è da addebitare a chi, irresponsabilmente, ha dato l'ordine di caricare e gasare il corteo, di sabato pomeriggio in via Po. Non vi è dubbio che se il corteo avesse potuto transitare in piazza Castello si sarebbe sciolto ai giardini reali senza incidenti.

Tobia Imperato - Mauro Lussi - Andrea Grosso - Emanuele Trimboli - Darco Sangermano