Conclusa la prima udienza del processo Cervantes.
La corte ha accolto le indicazioni del pubblico ministero:
5 agli arresti domiciliari con tutte le restrizioni (possono avere contatti solo con gli stretti familiari).
Massimo, Valentina e Danilo purtroppo restano dentro.
Contenti per chi torna a casa, incazzati per chi resta dentro.
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30/11 Roma, Presenza in aula e presidio per processo Op. Cervantes
Il 27 luglio 2004 agenti di Ros e DIGOS irrompono nelle abitazioni di circa un centinaio di anarchici e anarchiche in varie regioni d'Italia e in Sardegna, notificando un numero imprecisato di avvisi di garanzia per associazione sovversiva con finalità di terrorismo (articoli 270 e 270 bis c.p.), identificata nella Federazione Anarchica Informale.
I nostri compagni Titto, Simone, Tombolino e Sergio vengono arrestati, oltre che per il reato associativo, con accuse specifiche che riguardano vari e differenti attacchi contro il dominio.
Il 26 maggio 2005 lo stato compie un ulteriore giro di vite, rendendo esecutive altre 5 custodie cautelari firmate dallo stesso giudice, che emette anche una ventina di avvisi di garanzia. Massimo, Stefano, Valentina, Danilo e Claudia vengono tradotti in varie prigioni statali.
Si tratta dell'"Operazione Cervantes".
Architettata da ROS e DIGOS, voluta dal Ministro degli Interni Pisanu e affidata al pool romano dell'antiterrorismo con i pm Vitello, De Falco e Capaldo, coordinati da Ionta, si inserisce in un contesto repressivo che la vede affiancata da numerose altre indagini e conseguenti arresti su tutt il territorio dello stato italiano. Oltre a quella di Roma differenti procure, nello specifico delle città di Lecce, Cagliari, Bologna e ultimamente Firenze decretano l'esistenza di altrettante associazioni sovversive operanti sui territori di propria pertinenza: tutte riconducibili alla Federazione Anarchica Informale.
A questo elenco vanno aggiunte le perquisizioni, gli arresti e gli avvisi di garanzia per associazione sovversiva ordinati dalla procura di Pisa e confluiti nell'imminente processo che avrà inizio il prossimo 5 dicembre.
Lo scorso 26 settembre la gup di Roma Ciriaco ha disposto il rinvio a giudizio per gli 8 tra compagni e compagne ancora detenuti e per Sergio, a cui alcuni mesi prima erano già stati dati i domiciliari, poi tramutati in obbligo di firma giornaliero e obbligo di dimora nel comune di Roma (misura in seguito revocata).
Lo stato sguinzaglia i propri apparati repressivi perseguendo e imprigionando gli individui in conflitto con l'ordine vigente, chiamando allo stesso tempo alle armi il proprio apparato mediatico per celebrarne e giustificarne l'operato in nome della "guerra al terrorismo".
In questa fase di crisi lo stato di belligeranza è ormai dichiarato esplicitamente: l'imposizione di una condizione di terrore permanente, la creazione di un generalizzato "complesso dell'assedio" legittima qualsiasi mezzo di controllo sociale con il fine di stanare ed eliminare i nemici interni ed esterni, rendendo allo stesso tempo accettabile la prospettiva di una mera sopravvivenza come unica aspirazione esistenziale. Oggi più che mai la guerra è lo spauracchio evocato per compattare il fronte interno sull'imperativo di una sicurezza che altro non è se non la difesa militare dello stato di cose attuale, nonché per inibire e stroncare sul nascere ogni manifestazione della crescente e diffusa insofferenza a questo ordine di sfruttamento e coercizione.
Oltre ai facilmente individuabili soggetti sovversivi l'offensiva poliziesco-giudiziaria investe ormai ogni forma di disturbo ai sempre più precari equilibri socio-economici: dalla detenzione e deportazione su vasta scala dei migranti alla criminalizzazione e repressione sistematica degli scioperi non concertati e delle lotte in difesa del territorio dalla devastazione industriale, passando per l'intensificazione degli sgomberi di case e campi nomadi.
L'attacco repressivo sferrato contro gli anarchici, oltre che a tentare di chiudere i conti con una realtà in conflitto permanente con tutte le manifestazioni del dominio, ha il chiaro scopo di fungere da deterrente per tutti gli sfruttati che avrebbero sempre più motivi per insorgere e di terrorizzare con l'esemplarità del castigo ogni potenziale oppositore.
In questo scenario avrà inizio il 30 novembre il processo ai nostri compagni e alle nostre compagne: rompere l'isolamento loro imposto significa portare fuori dalle sbarre le istanze di rivolta che attraverso la loro detenzione qualcuno vorrebbe sradicare ed annientare, quelle istanze che ancora minacciano di contagiare strati sempre più ampi di questa società terminale.
La solidarietà tra chi si ribella, nella varietà delle sue manifestazioni, è un'arma capace di far cambiare di campo la paura.
IL 30 NOVEMBRE SAREMO IN AULA PER FAR SENTIRE QUELLA STESSA SOLIDARIETA' AI NOSTRI COMPAGNI E ALLE NOSTRE COMPAGNE.
Mercoledì 30 novembre alle ore 9:00 presso il tribunale penale di Roma, Istituto A, aula Occorsio (piazzale Clodio, metro A -Ottaviano-).
Sempre mercoledì 30 novembre, dalle ore 14:00, presidio al carcere di Rebibbia (di fronte alla sezione femminile, in fondo a via Bartolo Longo, metro B -Rebibbia-).
Anarchiche ed anarchici di Roma
Per tutti i compagni/e che vengono da fuori Roma il 29 c'è la possibilità di cenare e dormire al "bencivenga 15 occupato" in via bencivenga 15/nomentana/pietralata da termini bus 36 e 90 / da tiburtina bus 211 / da stazione ostiense bus 60