Il 25 aprile alle 15 al El Paso: incontro con i Filiarmonici
\"Con grandi occhi vede per te
con forte voce parla per te
con larghe braccia lei ti proteggera\'
Mamma Giustizia sa quello che fa.
Tu abbi fiducia perche\'
Mamma Giustizia ci pensa per te.
Spina del delinquente, rosa per l\'innocente
Mamma Giustizia ci pensa da se\'\"
(I Nomadi, 1971)
25 aprile
Alcune idee per festeggiare la liberazione ogni giorno dell\'anno, perche\' ogni giorno dell\'anno sia una liberazione.
Una liberazione dalla societa\' carceraria e dalla galera sociale, dal tempo morto e dal tempo prigioniero,
e dagli sguardi senza orizzonte della galera e dagli sguardi
senza passione dappertutto.
L\'abbattimento dei muri che ci imprigionano,
costituisce ad un
tempo il punto di partenza, il passaggio rrinunciabile e
l\'obiettivo ultimo di tutti coloro che, in ogni luogo e in
ogni tempo, si sono battuti e continuano a battersi per la
liberta\'.
Per far incrociare nel presente questi percorsi del passato
e questi progetti per il futuro, si e\' pensato, fra il resto,
a www.ecn.org/filiarmonici
(per i non carcerati, e i non idraulici, rammentiamo che
vengono chiamati popolarmente fili armonici i seghetti
flessibili, quelli con le piu\' decisive prestazioni contro
l\'acciaio)
il sito internet che presenteremo nella giornata in cui si
festeggia una delle mille liberazioni,tentate per un
momento,
e subito isterilite nel rito mortificante della memoria e
imbalsamate nella falsificazione degli
specialisti e dei vigliacchi.
Un\'occasione, magari, per far fonte a degli interrogativi
poco comodi: ad esempio, tanti, specie a
sinistra, in maggioranza nella sinistra \"antagonista\", si
proclamano con voce chiara ed animo leggero, contro ogni
carcere, contro ogni pena: fa tanto \"libertario\".
Gli anarchici non vanno forse cosi\' di moda quest\'anno, con
quelle felpe nere cosi\' sexy, con quei cappucci cosi\'
intriganti?
Ma che cosa avrebbero davvero
fatto questi nemici del carcere, nei giorni che seguirono
quel 25 aprile, di Mussolini, della Petacci, della loro
corte mostruosa e ridicola?
che cosa pensano del processo di Norimberga? e dei processi
a Milosevic, a Toto\' Riina, a Pinochet? dove ciascuno di noi
pone
il limite oltre il quale all\'azione diretta che libera e
affranca, subentra la forma giudiziaria e punitiva che
ricrea carcerati, e carcerieri?
In controtendenza con la voga dominante, che
richiede sempre piu\' controllo, sempre piu\' sicurezza, sempre
piu\' censura, sempre piu\' omologazione, sempre piu\' normalita\'
coatta, intendiamo chiamare tutti, se\' stessi prima d\'ogni
altro, a sperimentare in prima persona i sentieri di quella
liberta\' che si fa potere sulla propria vita, capacita\' di
scegliere, di decidere, di vivere
ciascuno a modo proprio, secondo propri criteri, in
autonomia.
Perche\' questo precisamente significa \"autonomia\", alla
faccia delle giravolte e dei girotondi di militanti e
professori: darsi le leggi da se\', decidere i propri se\' e i
propri no, insieme con tutti coloro che riconosciamo come
compagni, ma senza essere subordinati ad alcuno. E,
naturalmente, senza pretendere di esercitare potere altro
che su noi stessi.
Percio\', non soltanto questi giudici, queste leggi, questi
tribunali,
questi carcerieri, questi carcerati, non devono esistere: ma
nessun carcerato, carceriere, tribunale, legge, giudice:
perche\' tutti concorrerebbero ad espropriarci ed alienarci
della
liberta\' fondamentale di stabilire senza interferenze cio\' che
ci appare giusto.
E di trarne le eventuali conclusioni.
Per quanto possano essere smisurati i nostri desideri, siamo
ben consapevoli dei limiti di un simile progetto: semmai
l\'augurio e\' quello di raccogliere e contaminare
reciprocamente contributi altrimenti dispersi, dare un
ulteriore strumento alla solidarieta\', senza nasconderci le
difficolta\' che un tale discorso incontra in questo mondo
pieno di sbarre, dove le
richieste legalitarie e securitarie si moltiplicano,
affermandosi come uno dei settori economici di punta delle
societa\' moderne.
Non sarebbe dunque piu\' realistico limitarsi a rivendicare la
scarcerazione delle categorie considerate meno a rischio (i
cosiddetti comportamenti non offensivi come l\'uso di
sostanze stupefacenti o le
violazioni delle leggi sull\'immigrazione per fare due esempi
in voga), o di chi e\' perseguito in conseguenza delle proprie
idee (i rivoluzionari prigionieri) che
peraltro costituiscono un frazione forse maggioritaria della
popolazione detenuta?
La risposta-proposta che Filiarmonici rilancia, e\' un deciso
e inequivoco no. Se la nostra solidarieta\'
attiva andra\' a chi dentro e fuori il carcere condivide
l\'idea di buttar giu\' mura e
sbarre e gettare alle ortiche divise e toghe di ogni risma,
intendiamo ugualmente batterci contro la detenzione di
tutti, anche di chi maggiormente ci ripugna, perche\' non
possiamo ammettere che si punisca e si rinchiude in nostro
nome.
Resta inteso che questo ripudio assoluto non intende
escludere la
capacita\' di preferire sempre meno carcere, meno sbarre,
meno divieti, ma il progetto - che e\' solo uno spunto -
intende raggiungere, dare voce e ricevere impulso da
chi, piu\' che a ogni altra cosa mira a nessun carcere,
nessuna sbarra e nessun divieto.
Alcuni argomentano che una riduzione dell\'area esposta alla
carcerazione sarebbe un bene in se\', meritevole di massima
attenzione e di totale impegno; altri viceversa suggeriscono
che una scelta riduzionista finirebbe per dare maggior
vigore e piu\' perniciosa efficacia all\'istituzione
carceraria, e noi forse propendiamo maggiormente per questa
seconda valutazione; ma sicuramente pensiamo che non e\' in
nostro potere, non appartiene alle nostre passioni, non
corrisponde alle nostre necessita\', costruire una societa\'
migliore di questa, dove davvero siano i cattivi ad essere
puniti, ed i buoni protetti come tutti i codici promettono
senza mantenere, da quando un uomo si e\' avocato il diritto
di punire un altro uomo (o, forse, piu\' verosimilmente, una
donna).
Non c\'e\' bisogno di esibire statistiche, formulare proposte
di legge, elaborare teorie criminologiche per comprendere
questo
punto; semmai alla scomparsa delle carceri - come beneficio
collaterale ma tuttavia affascinante - potremmo ascrivere
l\'estinzione, possibilmente non del tutto indolore, dello
specialista del settore,
Non pretendiamo di convincere nessuno della bonta\' delle
nostre idee,
anche se non escludiamo che l\'emergere di voci che non
rimandano costantemente all\'ossessione \"sicurezza-piu\'
sicurezza\", \"prevenzione-piu\' prevenzione\", \"punizione-piu\'
punizione\", potrebbe pure trovare un\'eco in tutti coloro,
che sono moltissimi, che hanno la percezione piu\' o meno
confusa che ogni liberta\', anche la piu\' modesta e privata,
vada convertendosi in un lusso ogni giorno alla portata di
meno persone-
Cerchiamo semmai armonia con chi si riconosce in queste
poche parole: contro ogni
galera. Su questo c\'e\' poco o nulla da specializzarsi.
Quello che piu\' ci interessa e\' come, a partire dal rifiuto
del carcere, sia possibile incrociare, aggrovigliare,
contaminare, le diverse pratiche per la liberazione umana e
i diversi movimenti sovversivi dell\'ordine sociale. Proprio
li\' sta il percorso che ci proponiamo e che il sito Web
insieme a una serie di
incontri \"dal vivo\" (questo di Torino e\' il terzo, dopo Roma
e Milano, e gia\' altri se ne preannunciano, a Bologna, in
Liguria, a Venezia) vorrebbero facilitare.
Manicomio, clinica psichiatrica, trattamento sanitario
obbligatorio, elettrochoc, disciplina scolastica, carcere
minorile,
riformatorio, famiglia, videosorveglianza, braccialetto
elettronico, pena di morte, lavori forzati,
semidetenzione, comunita\', centri di permanenza temporanea,
delazioni e dissociazioni ... la lista e\' lunga e avremmo
potuto scegliere qualunque di questi punti
di partenza. Se il carcere ci sembra essere la
rappresentazione piu\'
significativa dei vincoli
autoritari imposti dalle istituzioni sociali, cio\' non
toglie che qualsiasi
istituzione comporta una rinuncia alle proprie liberta\',
una delega del
proprio agire, il riconoscimento di un\'autorita\'.
Anche
senza arrivare alle
botteghe degli orrori che le istituzioni totali
esibiscono, o le diverse
modalita\' disciplinari con cui le istituzioni statali si
pongono nei nostri
confronti, ci si potrebbe limitare a considerare istituzioni
sociali piu\' vicine alla nostra quotidianita\' quali i
collettivi, i centri sociali, i partiti, i social forum, i
sindacati,
per comprendere come anche li\' si esercitino analoghe
dinamiche di sopraffazione. Il
carcere plasma con i suoi meccanismi afflittivi le altre
istituzioni sociali
e con esse incessantemente scambia conoscenze e pratiche
disciplinanti (la terapia, la
rieducazione, il consenso, la delega e il verticismo,...).
In un mondo che si configura come una
prigione a cielo
aperto, con sbarre e prigioni di ogni sorta,
\"evadere\"
assume sempre piu\'
il significato di rifiutare i vincoli sociali che ci
vengono imposti dalla
nostra nascita. o addirittura dal concepimento come
minacciano le nuove leggi in preparazione.
Disobbedire, non collaborare, disconoscere
autorita\' e istituzioni, respingere il ruolo di carcerieri di
noi
stessi e degli altri che la societa\' impone tanto a chi sta
dalla parte piu\' scomoda, ma ugualmente a chi, per fortuna o
per caso, sta dalla parte meno scomoda delle sbarre che ci
dividono dai nostri compagni e dalla liberta\' di tutti.