OSSERVATORIO FLASH - 23.6.1997
Testata: Koha jonë, 21.06.97, pag.2
Titolo: I dieci partiti non arrivano ad un accordo sulla chiusura dei seggi. L'ORARIO DELLE VOTAZIONI DAVANTI ALLA CORTE. I partiti chiedono alla commissione elettorale centrale che si rivolga alla Corte costituzionale per decidere sull'orario di chiusura dei seggi
Autore: B.P.
L'orario di chiusura dei seggi elettorali per le elezioni del 29 giugno sarà deciso dal presidente della corte costituzionale, Rrustem Gjata. Così hanno deciso i rappresentanti dei 10 partiti in una riunione convocata da Godo del partito repubblicano per sottoscrivere un patto politico in vista delle elezioni. I rappresentanti del Pd hanno accettato che la questione relativa alla chiusura dei seggi sia ridiscussa (...).
"Non abbiamo fiducia in questa Corte", dice Majko del Ps. Una dichiarazione che fa seguito alle continue affermazioni dei leader del Pd di non voler recedere dalla chiusura delle ore 21 e alla subordinazione della corte al Pd durante l'ultimo periodo.
Testata: Koha jonë, 22.06.97, pag. 3
Titolo: I partiti dubitano della corte costituzionale e di Berisha: "LORO NON CAMBIERANNO L'ORARIO DELLE VOTAZIONI"
Autore: B. Pati
Il partito socialista e alcuni altri partiti hanno espresso ieri dei dubbi circa l'attesissima decisione della corte costituzionale, la quale, in seguito alla richiesta della commissione elettorale centrale, prenderà in considerazione la raccomandazione dei 10 partiti di anticipare alle 18.00 l'orario di chiusura delle elezioni del 29 giugno. A nome di questi partiti Majko del Ps ha detto ieri che esiste il rischio che la corte dichiari che la questione non sia di sua competenza.
Per il giovane socialista la richiesta non è anticostituzionale. "L'orario delle votazioni in se non è qualcosa che abbia rilevanza costituzionale, semmai sono le condizioni concrete del paese a entrare in contraddizione con l'orario attualmente previsto", dice Majko ricordando che in molte città la libera circolazione delle persone è già interrotta completamente alle 18.00.
Su questa base i partiti si sono appellati alla corte costituzionale, la quale, secondo Majko, ha titolo e dispone dei precedenti necessari a richiedere un cambiamento delle procedure previste dalla legge elettorale. Per argomentare questa affermazione, Majko rammenta che è stata la corte a rimandare di 2 giorni la registrazione dei candidati e alcune altre procedure rese problematiche dallo stato d'emergenza.
Proprio all'attuale situazione e all'orario di chiusura attualmente previsto Majko collega la richiesta dei partiti: "La corte ha il diritto, riconosciuto dalla legge, di intervenire, mentre Berisha gioca con il veto", dice Majko, che dispera della volontà del presidente e della corte costituzionale di anticipare alle 18.00 (dalle 21.00) l'orario di chiusura delle operazioni di voto.
Testata: Koha jonë, 22.06.97, pag.1
Editoriale: LE ELEZIONI - COSÌ VICINE, COSÌ LONTANE
Autore: Gavrosh Levonja
Sebbene manchi solo una settimana al giorno delle elezioni non sono state ancora create le condizioni necessarie perché queste elezioni vengano considerate normali. Quando gli americani si sono raccomandati di rispettare la data del 29 giugno anche l'inviato straordinario dell'Osce Vranitzky, certamente tenendo presente questa situazione, ha detto: "Non assumo alcuna responsabilità per quello che può succedere".
Ci sono ancora alcuni problemi che avrebbero dovuto essere risolti prima dell'inizio della campagna elettorale, come per esempio la ripartizione dei seggi proporzionali e l'orario di chiusura dei seggi, intorno ai quali continua la maratona della discussione tra i partiti. Circolano voci secondo cui questi due ultimi problemi possano trovare soluzione definitiva solo dopo la partenza di Vranitzky, venerdì prossimo, appena due giorni prima del voto. Nel frattempo sono già arrivate le urne dall'estero, ma queste a quanto pare non soddisfano le esigenze dei partiti, che temono brogli elettorali. E rimane allarmante il problema della stampa delle schede, che è previsto sia fatta in Italia. I ritardi legati alle varie procedure, a cominciare dalla stesura delle liste degli elettori fino alla presentazione dei candidati, hanno creato ulteriori problemi al rispetto della scadenza di stampa. Un'altra difficoltà è costituita dai candidati che hanno avuto problemi con la lista Mezini*. Alcuni di essi, avendo chiesto agli organi giudiziari che gli venisse "restituito l'onore", potrebbero rischiare di non partecipare alle elezioni, diventando così vittime del fattore tempo, perché ormai i documenti in base ai quali dovranno essere stampate le schede sono già partiti per l'Italia senza i nomi di chi attende il verdetto finale della corte costituzionale o della Cassazione.
A tutto questo va aggiunta, non essendo assicurato l'ordine pubblico, anche la mancanza di sicurezza in gran parte del paese. Sempre più spesso i leader dei partiti, soprattutto quelli di opposizione, che si muovono per la campagna elettorale, si trovano davanti a barriere di uomini armati, intenzionati a impedire loro di giungere a destinazione. D'altro canto, la catena degli omicidi e delle esplosioni quotidiane, ha causato una situazione di panico tra gli elettori. C'è il rischio che la gran parte degli elettori non solo non si azzardino ad avvicinarsi ai seggi, ma non escano proprio di casa.
(...) Si teme che il peggio debba ancora arrivare. Negli ultimi tempi tra gli albanesi si fa sempre più strada la preoccupazione legata al mistero che copre il vero significato della missione militare Alba. Le dichiarazioni pervenute dal comando Fmp, secondo le quali i soldati stranieri dovrebbero scortare solo gli osservatori internazionali, hanno accresciuto il pessimismo di coloro che sperano di cambiare qualcosa con il proprio voto.
*la lista dei candidati esclusi dalla "commissione verifica figure" presieduta da H.Mezini, in base alla "legge antigenocidio" che si applica a quanti risultano compromessi con il regime di Hoxha.
Testata: Indipendent, 22.06.97, pag. 1
Editoriale: DOMANI TRIESTE NUMERO 2
Autore: Blendi Fevziu
Il futuro dell'Albania si deciderà ancora una volta in Italia. (...) I leader della politica albanese, rappresentati questa volta da due membri per ogni coalizione elettorale, si riuniranno in una delle sale del Ministero della difesa italiano. La presenza di Andreatta, in sostituzione di Dini, si giustifica con l'impegno di quest'ultimo alla riunione dei G7 a Denver.
Ufficialmente l'accordo riguarda le elezioni, ma questo spiegazione non sembra normale. Un tale accordo poteva essere realizzato senza grandi sforzi anche a Tirana. I capi della politica albanese sembrano essere chiamati a Roma più che per il 29 giugno, per i giorni a seguire. Il particolare impegno italiano sulla crisi albanese, la guida della missione Alba e la patente internazionale che l'Italia ha conseguito per la soluzione del problema albanese, fanno credere che l'Italia cerchi garanzie per gli sviluppi futuri. Pochi giorni fa, ad Amsterdam, Dini ha dichiarato che per Tirana c'è una sola soluzione: governo di riconciliazione per un altro mandato. La sua dichiarazione, appoggiata anche dai 16 europei, dovrebbe essere stata già discussa anche in occasione dell'incontro bilaterale con Clinton e la Allbright a Denver. Non è affatto strano che sul tavolo di Andreatta la politica albanese trovi il suo progetto per l'anno 2000. Questo progetto, che può aver preso la benedizione di Clinton, arriverà in Albania percorrendo più di una strada. Ma quella più semplice rimane sempre la linea politica albanese, la prontezza ad adattarsi ad ogni formula, basta che abbia il marchio "made in Europe". Cinque anni fa, alla vigilia del grande cambiamento del 1992, Nano e Berisha si sono incontrati a Trieste. La loro conversazione è rimasta un mistero, ma gli accordi presi allora sembra che non funzionino più. Senza dubbio non può esserci un momento più appropriato per realizzare, questa volta a Roma, una Trieste numero 2.
Testata: Indipendent, 22.06.97, pag.3
Titolo: Il presidente del partito repubblicano racconta l'incontro che si terrà a Roma lunedì 23 tra i partiti albanesi. GODO: PATTO SOLO A TIRANA
Autore: Aurel Simoni
"È da tempo che si parla dell'incontro di Roma, ma io sono sempre stato del parere che gli accordi tra gli albanesi devono essere firmati a Tirana e non in qualche altra capitale del mondo". Sabri Godo sarà uno dei sei leader di partito che prenderanno domani la nave per Roma, per incontrare il ministro Andreatta. "In fin dei conti - dice poi Godo sorridendo - avrei potuto accettare se mi avessero chiamato a Washington, perché là sono accadute cose simili".
Domanda: Comunque voi partirete?
"Si, perché attribuisco importanza all'incontro con il ministro Andreatta, al quale esprimerò qualche obiezione sulle forze multinazionali in Albania. Vorrei che offrissero un aiuto più efficace per la difesa dell'ordine in Albania: carri armati a presidiare gli ospedali (perché qui attaccano anche gli ospedali), per difendere i ponti, pattugliare le strade, difendere le banche. Ci sono tante cose che si possono fare per alleggerire la polizia albanese dalla difesa degli oggetti importanti".
D.: Come spiegate il fatto che sarà un ministro della difesa a riconciliare i partiti albanesi?
"Per quanto ne so io, all'inizio doveva essere il ministro degli esteri Dini ad occuparsi di questa faccenda, ma a quanto pare lui è impegnato all'estero".
D.: Quali partiti parteciperanno all'incontro?
"Io so che saranno rappresentati due partiti per ciascun gruppo politico, cioè due per il gruppo di Berisha, due per il gruppo di destra (Pr e Fronte nazionale) e due per il gruppo del Ps (Ps e Psd). Così sembra che saranno sei i presidenti dei partiti che verranno a Roma."
D.: Firmerete un patto sociale?
"Ancora una volta dico che il patto sociale deve essere firmato a Tirana, io spero che verrà firmato qui in occasione dell'incontro tra i partiti che fanno parte della coalizione governativa".
Testata: Indipendent, 22.06.97, pag.5
Titolo: GODO: SAREMO ALL'OPPOSIZIONE
Autore: A. S.
"Se non vinceremo le elezioni faremo un'opposizione costruttiva". Anche ieri Sabri Godo era deciso a non legarsi né con il Ps né con il Pd dopo le elezioni. In un'intervista rilasciata pochi giorni fa al suo giornale, il capo del partito repubblicano non parlava di opposizione, diceva solo che la sua forza politica avrebbe tenuto un atteggiamento costruttivo dopo le elezioni. "Mi riferivo all'opposizione costruttiva, che non è dire no a ogni cosa, ma anche sì a qualcosa che penso vada bene". Il Pr ha stretto ormai un'alleanza con gli altri partiti di destra e sarà questa la sua alleanza dopo le elezioni (...). Rispondendo a una domanda sulla legge elettorale, Godo dice: "Devono raggiungere loro (Pd e Ps) un accordo, in quanto partiti più grandi.
D.: Il presidente ha il potere di decretare cambiamenti della legge elettorale?
"Noi non siamo uno stato dove la legge si rispetta così tanto da impedire al presidente di fare questi cambiamenti. Se esiste la buona volontà, si può arrivare a tutto" (...).
Testata: Koha jonë, 21.06.97, pag.9
Titolo: Il rimborso delle piramidi, patata bollente della politica. LE SOCIETÀ PIRAMIDALI, CRUCIVERBA IRRISOLTO. La scomparsa del fenomeno è la condizione per l'appoggio dall'estero
Autore: Vangiel Bardhi
La promessa del pieno rimborso delle perdite subite a causa delle piramidi, fatta dal leader socialista Nano, ha suscitato un'enorme reazione da parte del Pd ed una inaspettata dichiarazione di pieno appoggio da parte della diplomazia. A proposito di possibili rimborsi, Artan Hoxha, specialista della compagnia Ads (Albanian development service), ha detto: "Basandoci su documenti ufficiali e non, il patrimonio delle finanziarie, preso nel suo insieme, non garantisce più del trenta per cento del capitale investito; su di esso si baserà la garanzia che servirà agli stranieri per rimborsare il cento per cento delle perdite subite". In questo trenta per cento viene calcolato tutto il capitale bloccato nelle banche straniere, capitale guadagnato in modo illecito dai politici corrotti. "Ma questo sarà possibile solo quando la fermezza della classe politica albanese garantirà il blocco delle attività, la trasparenza e la garanzie che il fenomeno non si ripeta più", aggiunge Hoxha. Il rispetto di queste condizioni da parte della classe politica albanese renderà possibile l'appoggio dall'estero, che secondo gli specialisti non supererebbe il sessanta per cento del totale del denaro perduto, ossia meno di settecento milioni di dollari. Il rispetto delle garanzie, posto come condizione da parte dei paesi che sosterrebbero l'operazione - l'Italia è uno dei paesi più interessati - richiede una serie di fattori di cui parlano gli specialisti (...). L'inizio di questo processo renderebbe possibile il congelamento dei conti bancari all'estero, che negli ultimi tempi è probabile si siano ridotti in conseguenza di attività ancora non bloccate. La valutazione del patrimonio di tutte le persone implicate nella truffa delle piramidi sarebbe un'ulteriore garanzia per ottenere il sostegno straniero. Tutto sarebbe insufficiente se mancasse la volontà di mettere a disposizione una parte del patrimonio nazionale per compensare queste perdite di denaro. Facendo una valutazione dell'attuale patrimonio e del totale delle perdite gli specialisti dell'Ads ritengono che le esigenze di aiuto dall'estero non supererebbero i 500 milioni di dollari, i quali, distribuiti ai creditori, non determinerebbero conseguenze negative rispetto ai parametri macroeconomici, anzi ridurrebbero la svalutazione del lek nei confronti del dollaro.
Testata: Indipendent, 22.06.97, pag.7
Titolo: Lettera comune del direttore generale del fondo monetario internazionale Michel Camdessus e del presidente della banca mondiale James Wolfensohn indirizzata al presidente Berisha. WASHINGTON WORLD: BERISHA FIRMI LA TRASPARENZA. Gli organismi finanziari internazionali scagionano Malaj* dalle accuse di Berisha durante la campagna elettorale.
I numeri uno del Fmi e della Bm, dopo il lungo gioco di Berisha e del Pd con le finanziarie e il blocco della trasparenza su di esse, in una lettera diretta a Berisha chiedono al presidente di firmare il progetto di decreto sulla trasparenza delle finanziarie preparato dal governo. In realtà il progetto è quello che il ministro delle finanze Arben Malaj ha presentato al parlamento dominato dal Pd. Questo progetto è stato modificato dal parlamento in modo tale da impedire la trasparenza. È lo stesso progetto che il rappresentante della presidenza all'incontro di Roma non ha firmato, dando così la possibilità al presidente di fare campagna elettorale invocando trasparenza. Ma Camdessus e Wolfenshon con la loro missiva mettono Berisha con le spalle al muro, mostrando così chi ha bloccato la trasparenza.
(...) In questa lettera, tra l'altro, vi è scritto: "Il disegno di legge sulla trasparenza appena approvato dal consiglio dei ministri è più che gradito e noi vi suggeriamo fortemente di tramutarlo in legge il più presto possibile. Questo decreto è stato formulato dal governo insieme ai nostri esperti giuristi ed economisti. (...) È garantito che quando firmerete il decreto la Bm e l'Fmi troveranno i modi per la sua applicazione. (...) Inviamo una copia di questa missiva anche al primo ministro Fino, per informarlo dei nostri punti di vista riguardanti l'importante questione".
*Arben Malaj, ministro socialista delle finanze del governo di riconciliazione nazionale. Berisha e Malaj si "rimpallano" da tempo l'accusa di non voler fare trasparenza sulle piramidi
Testata: Gazeta Shqiptare, 19.06.97, pag.1
Editoriale: La Banca mondiale nasconde la povertà degli albanesi
L'Albania è il paese più povero d'Europa, ma la povertà della sua gente continua a rimanere un segreto di stato. Nel sesto anno della transizione le fonti ufficiali non potranno dire chiaramente di quanti soldi necessita ogni mese un albanese per soddisfare i bisogni elementari, in poche parole per sopravvivere in questi tempi difficili. Un contributo particolare all'occultamento della verità di fronte al popolo albanese lo stanno dando anche istituzioni internazionali come la banca mondiale.
Anche senza un fallimento gigantesco come quello delle finanziarie, fare una riforma economica richiederebbe grandi sacrifici. Ma pur avendo accettato questo assioma i governanti albanesi non dicono mai la verità - per ragioni, crediamo, solo politiche -, cioè i dati economici che illustrano la dimensione sociale del sacrificio della riforma. Così tali dati, come il "reddito minimo di sopravvivenza" o la mortalità, non sono pubblicati da anni. Non si faceva così anche ai tempi del socialismo, quando era un sacrilegio solo pensare a un "reddito minimo" in un paese "felice"? Al contrario, ogni passo in avanti in campo economico è stato amplificato così tanto dalla propaganda che quasi è sembrato un chilometro.
Si può comprendere - ma non giustificare - che i governanti albanesi, indipendentemente dai nomi e dalle bandiere, non riescano a staccarsi facilmente dalla mentalità e dai modi arcaici di governo, che prima o poi degenerano in dominazione. Ma cosa si può dire vedendo che coloro che hanno collaborato senza risparmio a realizzare questa censura politica sull'economia vengono poi chiamati come specialisti dalle istituzioni internazionali, come la banca mondiale? Proprio questa istituzione nel gennaio di quest'anno era sul punto di pubblicare uno studio sul livello di povertà in Albania. Ma un ordine proveniente da una parte del governo ha fatto sì che lo studio rimanesse segreto fino ad oggi. I funzionari dello staff della banca mondiale - albanesi, dato che gli stranieri si sono allontanati allo scoppiare del caos - alzano le spalle e non sono in grado di spiegare il perché di questo mistero sulla povertà degli albanesi (...).
Oggi la povertà è uno dei temi più tragici della realtà albanese e la tendenza al peggioramento non può essere elusa con gli slogan e le promesse dei partiti. I ritmi sempre crescenti dell'inflazione, la svalutazione del lek hanno reso anacronistica la pretesa ufficiale che il reddito minimo di sopravvivenza per una famiglia di 4 persone sia coperto dall'assistenza sociale di 2984 lek. Invece di stare al primo posto nei comizi, il problema della povertà e la lotta contro di essa sono stati dimenticati anche in questa campagna elettorale "senza cervello" e tra le più furiose mai svolte in Albania. Si capisce, i politici albanesi devono fabbricare intrighi e violenza l'uno contro l'altro e non hanno il tempo di pensare alla povertà del popolo. Ma che interesse hanno le istituzioni internazionali come la banca mondiale a far rimanere tali i segreti dello stato albanese? La crisi delle società piramidali non ha forse mostrato che la collaborazione all'occultamento di queste verità produce veleni che intossicano una società intera?