OSSERVATORIO FLASH a cura di COSPE e CRIC

25 giugno 1997 - 2

Testata: Zeri i popullit, 24.06.97, pag.1

Titolo: Un patto per il futuro dell'Albania

Noi rappresentanti dei partiti politici d'Albania, di fronte all'aggravata situazione del paese e nell'approssimarsi del 29 giugno, sottoscriviamo quanto segue:

1) Valutiamo che gli impegni presi e le misure che dovranno prendere il governo di riconciliazione nazionale, la commissione elettorale a tutti i livelli, l'Osce e la comunità internazionale in tutto il paese (in ogni circoscrizione elettorale), rappresentano nel loro insieme le premesse di un processo elettorale regolare (cioè onesto e integro) verso il 29 giugno 1997.

2) Continueremo a impegnarci affinché i nostri partiti svolgano questa parte terminale della campagna elettorale in conformità alle regole di un corretto dialogo politico, per evitare ogni tipo di violenza che potrebbe impedire la libertà di movimento e di espressione delle idee politiche.

3) La via di uscita dalla grave crisi che sta attraversando l'Albania, la fondazione di un processo democratico continuo e di lunga scadenza e il consolidamento di una stabile democrazia dipendono da elezioni libere e oneste il 29 giugno. Solo in queste condizioni i risultati delle elezioni, obbligatoriamente confermati dalla comunità internazionale, saranno incontestabili e accettati non solo dai nostri partiti politici ma soprattutto dal popolo albanese in tutto il territorio.

4) Ci impegniamo a garantire la governabilità del paese, consapevoli che il bene e lo sviluppo del paese rappresentano la priorità assoluta dei programmi e dell'orientamento (coscienza) politico di qualsiasi partito. In questo contesto, la grave situazione in cui si trova il paese richiede il contributo di tutti i partiti, integrato nel quadro di una collaborazione politica raggiunta con un consenso unitario.

Quindi noi riconosciamo la priorità che dovrà assumere un governo di coalizione reale, nel quale il partito che avrà la maggioranza dovrà essere appoggiato dagli altri partiti che sono sinceramente interessati alla ricostruzione istituzionale e economica del paese.

L'opposizione avrà diritto, fra l'altro, a ricoprire posti con responsabilità istituzionale, come la guida di una parte importante delle commissioni parlamentari, uno dei vicepresidenti del Parlamento, la guida della commissione di controllo dello Stato, ecc...

Fatos Nano, Tritan Shehu, Skender Gjinushi

Roma, 23 giugno 1997

Testata: Indipendent, 25.06.97, pag.1

Editoriale: OGGI VRANITZKY A TIRANA

Oggi Vranitzky arriva di nuovo a Tirana. Dalla sua ultima visita sono avvenuti notevoli cambiamenti nella configurazione politica albanese e nell'atteggiamento della comunità internazionale, nella quale si sente un maggiore impegno americano.

A differenza di tre settimane fa, Vranitzky troverà in Albania la dichiarazione appena giunta da Roma, sul testo della quale sono ancora fresche le firme di Nano e Shehu. Lui avrà la garanzia che nessuna forza politica si ritirerà dalle elezioni, il che significa la più grande vittoria. Lui troverà un'Albania piuttosto tranquilla in cui la campagna elettorale è polarizzata: Pd al nord, Ps al sud.

Ma questa volta Vranitzky non arriverà con gli stessi piani standard. Lui è stato nel frattempo a Washington, dove si è incontrato con Allbright e Clinton; ha portato con se da Amsterdam la garanzia dei dirigenti dell'Unione europea e da Denver quella dei capi degli otto paesi più industrializzati del mondo. Il quadro della soluzione politica albanese, così preoccupante per il mondo, ha bisogno soltanto delle ultime pennellate.

Vranitzky arriva a Tirana per l'ennesima volta in tre mesi. Quella di domani si potrà definire l'ultima visita di una missione compiuta e la prima di quella che è appena cominciata.

Vranitzky avrà incontri con l'Osce, con dirigenti dello Stato e preciserà tutte le procedure finali delle elezioni, forse le più difficili nella storia d'Albania. Con questo metterà fine a una missione difficile tanto quanto la sua carriera.

Ma Vranitzky parlerà anche del nuovo governo. A suo tempo è stato il notaio dell'accordo del 9 marzo a Tirana, ora è costretto ad essere il notaio del 23 giugno a Roma. Seguirà l'applicazione dell'accordo e cercherà di definire le sue modalità. L'ex cancelliere austriaco è diventato senza volerlo l'architetto dell'Albania del 30 giugno, oppure il grande artefice degli schemi della sua costruzione.

Testata: Indipendent, 25.06.97, pag.3

Titolo: Scoperta la formula magica dell'orario delle elezioni. Le ore 22.00 diventino le 20.00. FINO CAMBI L'ORA LOCALE D'ALBANIA .

Autore: Jonila Godole

"Cambiamento dell'ora locale nella Repubblica d'Albania. Le 24.00 del 28 giugno saranno le 22.00 del 29 giugno. Quindi, la lancetta dell'orologio viene spostata due ore indietro". Con una decisione del governo il primo ministro Fino, nell'ambito delle sue competenze, potrebbe risolvere il grande dibattito originato dalla questione dell'orario di chiusura delle operazioni di voto, tanto più che il presidente Berisha non è intenzionato a cedere. Una cosa simile è accaduta in Moldavia il giorno prima delle elezioni. Il primo ministro ha firmato un provvedimento per il cambio dell'ora locale. Al primo ministro Fino, sebbene si stia sforzando di non rimanere spettatore del dibattito fra partiti e commissione elettorale centrale (forse a causa del suo breve mandato), questa manovra non era passata per la testa. Non si sa bene chi gliel'abbia suggerita, ma ieri pomeriggio lui ha sorriso alla proposta di cambiare l'ora locale albanese almeno per un solo giorno. L'importante cambiamento è stato discusso ieri fino a tardi negli ambienti della Cec. "Certamente io potrei usare le mie competenze, entro i limiti della legge, anticipando di due ore l'ora locale in Albania. Ma questo è solo uno scherzo", ha risposto Fino. Tuttavia lo scherzo di oggi potrà essere la soluzione di domani per il primo ministro e per tutta l'opposizione. Così, il nodo gordiano delle elezioni verrebbe sciolto dalla spada di Fino, la figura che meno di tutti sembrava potesse intervenire in questa vicenda.

Il cambiamento dell'ora dalle 20.00 alle 18.00, richiesto con tenacia dai partiti e dalla Cec, comporterebbe una garanzia in più agli elettori per andare tranquilli e sicuri alle urne il 29 giugno. Tra l'altro, la luce del giorno sarebbe una garanzia per uno scrutinio corretto e per il trasporto delle urne e dei verbali alle Commissioni elettorali di zona.

Testata: Republika, 22.06.97, pag.2

Titolo: Ogni giorno 13 persone restano vittime delle pallottole. In due mesi bruciati 15 cadaveri. 1600 morti, 4000 feriti in 4 mesi

Autore J.Lika

Più di 1600 morti e quattromila feriti in 4 mesi. Questo è il bilancio fatto dai servizi segreti italiani sulla tragedia albanese. Nel loro rapporto si dice che le vittime della tragedia negli ultimi giorni hanno subito un forte aumento. Cifre tanto più credibili quando si pensa che sono state usate come argomento nella riunione Clinton-Prodi a Denver. La tragedia è cominciata verso la fine del febbraio '97. Si calcola che ogni giorno nel nostro paese vengano seppellite 13 vittime di armi da fuoco. Considerando il numero degli abitanti del nostro paese e il numero degli uccisi ogni giorno, l'Albania si avvicina al numero delle vittime della guerra di Bosnia. E un precedente pericoloso è il fatto che i cadaveri vengono bruciati. Il fenomeno, mai esistito nel nostro paese, ha avuto inizio un anno fa, quando quattro giovani di Tirana hanno prelevato per poi bruciarlo il cadavere di un ragazzo morto 40 giorni prima. Un affronto che il fratello del morto ha lavato con un orribile crimine, uccidendo quasi tutti gli autori di questo atto vandalico. Il fenomeno è stato sottovalutato anche dallo stato. E questo precedente è stato imitato e, in questi ultimi due mesi, si è diffuso in tutto il paese. Anche a Permet, nel sud del paese, si sono verificati casi del genere. Il fenomeno è stato più intenso lungo la strada nazionale Ballsh-Kakavija. Le bande che rapinavano lungo quel percorso hanno preso l'abitudine di bruciare i cittadini che facevano resistenza. Per tre mesi questa gente, che è rimasta anonima, ha bruciato almeno quattro cadaveri. Casi del genere si sono verificati anche nelle città di Berat, Valona, Scutari e Korça. È difficile avere statistiche precise, ma sulla base dei casi di cui si è venuti a conoscenza si calcola che i cadaveri bruciati siano più di 15.

Testata: Indipendent, 25.06.97, pag.2

Titolo: Gli uomini del presidente Berisha tentano di controllare la capitale. DUELLO TRA GUARDIA E POLIZIA

Autore: Z.A.

Un "duello silenzioso" è cominciato tra il reparto del presidente e la polizia, per mettere sotto controllo Tirana. "Gli attacchi (...) intendono intimidire il personale della polizia. Qualcuno cerca di avere mano libera sulla capitale. Dai dati provvisori che abbiamo potuto raccogliere, le persone che hanno compiuto quest'attacco potrebbero essere degli ex criminali, che si sono potuti infiltrare negli organi speciali del ministero degli interni": questa è l'informazione data all'Indipendent da un ufficiale dello Shir* del ministero dell'interno, il quale fa riferimento alle minacce subite dai tutori dell'ordine pubblico. "Sebbene non autorizzati, alcuni uomini della guardia presidenziale hanno organizzato posti di blocco, operando così una sovrapposizione sulle competenze della polizia", continua l'uomo dello Shir. Ciò è durato solo due settimane, perché la reazione della direzione della polizia di Tirana è stata immediata. In seguito sono state diffuse informazioni false circa un possibile attacco ai commissariati, con l'unico scopo di destabilizzarli, in modo che avessero luogo diserzioni e che si creassero le condizioni per infiltrare nella polizia uomini fidati del nord. Gli uomini della guardia, che circolano di solito con macchine senza targa, hanno minacciato verbalmente i poliziotti in servizio. Non si tratta di soldati, ma di mercenari. Nel mirino dei "gardisti" sono finiti anche i poliziotti del "Brisku", reparto specializzato che dipende sia dal ministero degli interni che dalla direzione della polizia di Tirana. "L'ostilità dei gardisti nei nostri confronti è iniziata subito dopo un incidente sulle colline del lago, dove noi stavamo svolgendo dei servizi per conto della polizia. Li abbiamo disarmati e abbiamo consegnato alla polizia alcuni di loro che circolavano su un'auto senza targa. Abbiamo saputo dopo che erano gardisti, dopodiché siamo stati minacciati di morte", dice un membro del reparto speciale. "Sono terroristi": così il ministero degli interni ha definito le persone che hanno compiuto questi attacchi contro i poliziotti. Il termine impiegato dal ministero degli interni colpisce. Anche l'ufficiale dello Shir non crede che gli attacchi siano dovuti a futili motivi: "Hanno agito di notte, principalmente contro le pattuglie delle forze dell'ordine e quelle del Brisku". Se finora manca l'incriminazione diretta di omicidio per gli uomini della guardia, ci sono testimonianze di aperte minacce ai poliziotti. "Dai gardisti ci aspettiamo attacchi armati, noi siamo allertati", dice il poliziotto del Brisku. Così quando comincia il coprifuoco inizia anche la battaglia per "l'occupazione" della capitale.

I gardisti hanno la carta blu, che li consente di circolare liberamente durante il coprifuoco per terrorizzare i tutori dell'ordine pubblico. La polizia non ha voluto pronunciarsi sulla provenienza di questo rischio, ma negli ambienti della polizia da tempo si discute su questo conflitto. Perché tali "elementi", di cui è piena la guardia, cercano di togliersi di torno la polizia proprio alla vigilia delle elezioni?

*servizio informativo

Testata: Republika, 22.06.97, pag.5

Titolo: Affari e affari sporchi

Autore: Nikolla Mullisi

Il governo Meksi durante cinque anni non ha fatto altro che rubare e distruggere l'economia nazionale portandola sull'orlo dell'abisso. Questo governo di ladri ha allungato i suoi tentacoli fin dentro le tasche delle nostre famiglie. Arrivando persino a mettere all'asta tutto il territorio albanese. Questa avidità è stata la più estrema di tutta la storia del nostro paese. Queste affermazioni sono suffragate da due argomenti principali.

1. L'offerta per la vendita dell'isola di Sazan. - Dopo il referendum del 6 novembre '95 e le elezioni del 26 maggio '96 i rapporti tra Usa e Berisha hanno cominciato a raffreddarsi. E in modo particolare dopo la manipolazione delle elezioni del 26 maggio, a causa delle posizioni irresponsabili del presidente Berisha sullo sviluppo democratico in Albania. L'amministrazione Usa, nella sua dichiarazione, affermava tra l'altro che la democrazia in Albania aveva fatto passi indietro. Ma il giornale Rilindja demokratike (...) in un suo editoriale affermava che questo gelo nei rapporti Usa-Berisha fosse la conseguenza del fatto che Berisha non aveva voluto vendere agli Stati uniti l'isola di Sazan per i loro scopi militari. Subito dopo la pubblicazione di questo articolo, il rappresentante ufficiale dell'Ambasciata degli Stati uniti a Tirana ha smentito questa dichiarazione confermando che la realtà era del tutto diversa: alla fine dell'anno '95, subito dopo il fallimento del referendum sulla costituzione, Berisha aveva offerto agli Stati uniti l'isola di Sazan, ma il governo americano ha rifiutato questa offerta, che non presentava alcun interesse.

In questo sporco affare si verificano due tendenze: primo, il governo albanese mente in modo vergognoso. Secondo, si scoprono attività illecite che pesano sulle spalle dell'integrità territoriale albanese. In questo contesto, l'affermazione del giornale inglese The Indipendent che il governo Meksi fosse un governo di ladri risponde perfettamente alla verità. E quanto è ipocrita il giuramento di Berisha, quando afferma che non venderà mai una pietra dell'Albania, mentre dietro le quinte della scena politica sono stati fatti molti affari sporchi che nessuno, a parte Berisha e Meksi, conosce.

2. Il cromo - Si veda il decreto del governo n.353, datato 13 maggio '96, che tratta della vendita di minerale di cromo albanese all'azienda tedesca "Preussag-Anlangentau". Il secondo punto di questo decreto dice: la privatizzazione della "Albkromi" avverrà con la vendita dell'80% delle azioni alla società tedesca per un valore di 3,5 milioni di dollari da investire in parte nella ristrutturazione. Questa vendita è stata perfezionata dieci giorni prima delle elezioni del 26 maggio 1996. Questa vendita alla vigilia delle elezioni ha fatto sospettare scopi non dichiarati. Per questo il sindacato dei minatori dell'Albania ha annunciato che avrebbe protestato in tutte le forme legittime e democratiche fino a che il governo non avesse annullato questa decisione. Ma il governo, come sua consuetudine in questi casi, ha fatto orecchie da mercante.

"Albkromi" è una nuova società capitalista statale creata dopo lo scioglimento dell'impresa "Mineral Impeks". Secondo i dati ufficiali, questa impresa realizzava un volume di affari intorno ai 30-60 milioni di dollari l'anno. Come si sa, la miniera di cromo a Bulqiza, per quantità di produzione, è la seconda al mondo e si capisce come questo materiale, prezioso sui mercati internazionali, non solo occupasse il primo posto nelle esportazioni dell'Albania ma fosse anche il mezzo principale per assicurare valuta pregiata. Con l'arrivo in Albania degli specialisti tedeschi dell'azienda, come da contratto di vendita, le ricerche del minerale di cromo sono arrivate sino a 36 livelli, dai dodici di prima. Questo significa che i 24 livelli in più saranno sfruttati dall'impresa tedesca. (...) E vendere l'80% di questo prezioso materiale per 3,5 milioni di dollari, quando solo dalla vendita del cromo (escluso il ferrocromo) si realizzava un guadagno di 60 milioni di dollari, è un crimine che vuol dire impoverire volutamente l'economia del nostro paese. Oggi per un patrimonio di 50.000 lek nuovi si devono ricevere offerte in concorrenza, mentre una ricchezza così grande è vitale per il popolo albanese si vende per niente in maniera illegittima.

(...) A nome di chi questo governo criminale compie tali azioni che vanno contro gli interessi del popolo? Chi ci ha lasciato in eredità questo patrimonio ci ha forse delegato a dilapidarlo a nostro piacimento? (...).

Va citata una frase dell'ex ministro degli esteri tedesco Gensher, che in un'intervista ha detto: "L'Albania è un paese vergine, bello e molto ricco. Ma si sta svendendo a un prezzo troppo basso. Speriamo che un giorno non sarà svenduto totalmente". Questa previsione fatale e troppo dolorosa è stata realizzata dal governo Meksi. E dopo tutti questi affari senza scrupoli e odiosi, i protagonisti di queste azioni scandalose hanno anche il coraggio di parlare davanti all'elettorato, anzi di presentare persino le loro candidature da deputati, come nel caso di Meksi

Testata: Koha jonë , 22.06.97, pag.9

Titolo: IDEOLOGIA DEL LOCALISMO

Autore: Rexhep Qosja

(...) "Enver Hoxha, tosco, per cinquant'anni è stato il capo dello stato albanese; allora per i futuri cinquant'anni il capo dello stato albanese deve essere ghego!". Questa frase circola sempre più spesso nelle istituzioni culturali di Pristina! Ma più interessanti delle parole sono gli argomenti che le accompagnano! (...) Sempre più spesso a Pristina e a Tirana si scrivono queste perle nere della politica e dell'ideologia. Ne scrivono laureati e anche dottori, che fino a poco tempo fa sembravano più che normali.

Possiamo dire che questa è una malattia temporanea, acuta come dicono i medici, chiamata localismo e che passerà. D'accordo, passerà, perché da ogni malattia prima o poi si guarisce; ma, per quanto temporanea, farà danni e vittime!

Non c'è dubbio: uno dei nemici più temibili del popolo albanese, il primitivismo sotto forma di ideologia e politica localista, si è risvegliato in Albania.

Nel passato c'è stata la mania di criticare gli eroi del rinascimento albanese, come Naim Frashëri, Fan Nolit, Ismail Qemali e persino Skanderbeg (...). Questi eroi hanno combattuto a lungo contro il localismo, perché erano coscienti che questo era un pericolo che andava contro i loro sforzi volti a formare una coscienza nazionale e a creare il nuovo stato albanese (...).

Si possono dare diversi esempi del ruolo dell'ideologia localista nella vita nazionale albanese attuale. Primo esempio: nessuno potrà negare che l'ideologia del localismo abbia influito sulla composizione della polizia albanese! Un diplomatico albanese, conosciutissimo scrittore, giorni fa ha dichiarato: "Quattro quinti dei prigionieri politici in Albania durante la dittatura comunista appartenevano alla popolazione del nord". Dopo le privatizzazioni gli unici posti di lavoro che si potevano offrire alle vittime del regime comunista erano quelli di impiegati e funzionari statali. Siccome la maggior parte di loro non aveva l'istruzione adeguata, l'unica possibilità d'impiego era nella polizia.

Vale a dire che la soluzione trovata comporterà un problema politico e sociale e arrecherà gravi conseguenze nei rapporti politici e in generale nell'equilibrio politico e sociale in Albania. Secondo esempio. Nessuno potrà negare che la determinazione con cui Sali Berisha ha voluto armare i sui seguaci del nord avrebbe potuto portare l'Albania a una guerra civile dalle dimensioni incalcolabili se costoro avessero risposto in massa alla chiamata del più grande ideologo del localismo nella storia dello stato albanese (...).

Non c'è dubbio che la battaglia contro l'ideologia del localismo come ideologia del primitivismo è oggi condizione per la riconciliazione nazionale; vale a dire per la costruzione in senso democratico del Paese. Questa costruzione è nello stesso tempo condizione per la soluzione della causa albanese in generale.


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