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![]() NOTIZIE EST #34 - ITALIA/ALBANIA A UN ANNO DALLA STRAGE DI OTRANTO Oggi e' passato esattamente un anno dalla vergognosa strage del
Canale d'Otranto, che ha troncato le vite di decine di cittadini
albanesi, colpevoli solo di avere cercato rifugio dalla disastrosa
situazione del loro paese. Riportiamo qui sotto un efficace articolo
apparso nel quotidiano "Il Manifesto" di oggi, al quale aggiungiamo
solo un paio di brevi considerazioni. Nel giro di meno di un anno si
sono verificate in Italia, o lungo le sue coste, due immani tragedie,
quella di Otranto e quella del Cermis, che rischiano di essere
archiviate come "dolorosi incidenti", ma che sono la conseguenza
logica, anche se forse imprevista, della sempre piu' aggressiva
politica coloniale del governo Prodi sul fronte balcanico. In ogni
punto caldo dei Balcani questo governo sta operando nel peggiore dei
modi, appoggiando direttamente o indirettamente forze antipopolari,
promuovendo gli interessi delle grandi aziende italiane in processi
di privatizzazione che privano interi paesi di risorse fondamentali,
adottando una politica finanziaria di prestiti mirati a ottenere
privilegi per le industrie del nostro paese, in prima fila quelle
militari, facendone pagare gli oneri alle popolazioni locali,
intervenendo militarmente all'estero. Un governo che per sostenere
una tale politica non esita a mettere a rischio la vita dei propri
cittadini e di quelli di un paese vicino, accettando nel giro di
pochi mesi un bilancio di 100 vittime come qualcosa di normale, non
può in alcun modo pretendere di essere civile o democratico. Per
questo e' importante che le date della strage di Otranto e di quella
del Cermis siano sempre un'occasione di riflessione e di impegno di
lotta.
UN ANNO FA 58 ALBANESI MORTI IN MARE da "Il Manifesto", 28 marzo 1998 Un anno fa, alle 18,57, una nave della marina militare italiana, la corvetta "Sibilla", sperono', a 35 miglia da Brindisi, una vecchia carretta albanese, il "Kater I Rades", carica di profughi che scappavano dall'Albania sconvolta da una latente guerra civile. Migliaia e migliaia di albanesi nei giorni precedenti avevano gia' raggiunto la Puglia, e in quei giorni il governo italiano, per fronteggiare l'opposizione leghista e anti-albanesi, aveva imposto al debolissimo governo di unità nazionale di Baskhim Fino un accordo bilaterale che prevedeva il blocco navale. Quell'accordo fu criticato aspramente dalle Nazioni unite. Un anno fa, almeno 58 donne, bambini e uomini che fuggivano dall'Albania trovarono la morte in fondo al mare, mentre altri 34 albanesi si salvarono. Il relitto del "Kater I Rades", che si adagio' a 798 metri sotto il livello del mare, e al cui interno erano imprigionati i corpi di 54 profughi, e' stato recuperato il 21 ottobre scorso e i corpi, restituiti alle famiglie e sepolti in Albania. A un anno dallo speronamento, l'inchiesta giudiziaria del pm di Brindisi Leonardo Leone De Castris sembra essere prossima alle sue conclusioni. A leggere le indiscrezioni apparse sul Messaggero di pochi giorni fa, sarebbero indagati i vertici della Marina: il capo di stato maggiore Umberto Guarnieri, all'epoca del naufragio comandante in capo della Cincnav, la squadra navale, l'ammiraglio Alfeo Battelli, all'epoca responsabile del dipartimento marittimo di Taranto e, sempre secondo il Messaggero, il comandante della nave "Zeffiro" Paolo Giuliani. I tre sarebbero indagati per concorso in omicidio colposo plurimo e procurato naufragio. Questi nomi si aggiungono a quelli dei comandanti della "Sibilla", Fabrizio Laudadio, e del "Kater I Rades", Xafer Namik, indagati dalle primissime ore dopo il naufragio. Un anno dopo la tragedia, dunque, il "mistero" dell'affondamento della carretta albanese potrebbe essere risolto. Aspettiamo le conclusioni della inchiesta prima di esprimere un giudizio di merito. Ma se fossero confermate le ipotesi di accusa contestate ai vertici della Marina, quella sera del Venerdi' santo non vi fu un "incidente" dovuto alla fatalità. Di quell'incidente sono responsabili i vertici della Marina che intesero dimostrare ai profughi albanesi la loro capacità di "dissuasione". Anche a costo di affondare una nave che cercava di raggiungere la Puglia.
In ogni caso, di quella tragedia, come scrivemmo allora, il governo
Prodi porta la responsabilità politica e morale.
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