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![]() NOTIZIE EST #35 - JUGOSLAVIA/KOSOVO SERBI E ALBANESI: AUTONOMI E SEPARATI [Nel suo ultimo numero, il settimanale di Belgrado "Vreme" ha pubblicato i due seguenti materiali che, per quanto brevi e parziali, sono utili per capire il contesto che condiziona l'apertura di ogni eventuale trattativa tra serbi e albanesi per risolvere la questione del Kosovo] L'autonomia costituzionale Chi considera l'opzione della restituzione agli albanesi del Kosovo dell'autonomia che era stata data loro con la Costituzione jugoslava del 1974 come una soluzione a mezza strada tra gli obiettivi dei serbi e degli albanesi, e quindi anche come una possibile base di compromesso, deve allo stesso tempo aggiungere che nemmeno questa autonomia, per quanto eccezionalmente ampia, ha in passato soddisfatto gli albanesi. Ricordiamo che il Kosovo ha ottenuto l'autonomia nel 1945, quando la Presidenza dell'Assemblea Popolare serba ha approvato la Legge sulla creazione della regione autonoma del Kosovo-Metohija, che costituiva parte integrante della Serbia. Kosovo e Metohija era anche il nome della provincia nella Costituzione del 1963, mentre in seguito, con degli emendamenti costituzionali (1968-1971), è stata ampliata l'autonomia e dal nome è stato eliminato "Metohija" (metoh - terre di un convento ortodosso). Nell'anno 1974 le province [oltre al Kosovo, la provincia della Vojvodina nella Serbia settentrionale - n.d.t.] hanno ottenuto praticamente tutti gli attributi statuali - con l'eccezione del diritto alla separazione. Avevano la loro Costituzione, che non doveva necessariamente essere in accordo con la Costituzione della Serbia, essendo sufficiente che non fosse in contrasto con essa; potevano prendere parte a decisioni di importanza vitale per la Repubblica, mentre non valeva il contrario; avevano il diritto di voto su ogni modifica della costituzione federale e repubblicana; potevano approvare leggi che erano in conflitto con le leggi della Repubblica; avevano ciascuna un rappresentante nella Presidenza della Jugoslavia, al pari delle altre repubbliche; avevano una propria presidenza, così come le repubbliche. Al Kosovo sono affluite ingenti somme dal Fondo federale per le regioni non sviluppate e la dirigenza della provincia non era tenuta a dare conto di come quel denaro veniva utilizzato. In breve, le provincie nel corso degli ultimi 15 anni di esistenza della Jugoslavia socialista hanno avuto diritti di gran lunga maggiori di quelli garantiti alle minoranze secondo gli standard internazionalmente applicati. E tuttavia, nel 1981 (come già era avvenuto nel 1968), sono scoppiate in Kosovo dimostrazioni di massa nelle quali si chiedeva la creazione di una Repubblica del Kosovo. Slobodan Milosevic, arrivato al potere con la parola d'ordine che la situazione del Kosovo doveva essere risolta "subito" - cosa che gli è stata consentita dall'appoggio plebiscitario datogli dai serbi, ovunque vivessero - ha tolto tutti i diritti dati dalla Costituzione del 1974. Secondo la Costituzione serba alla quale fa ora riferimento il potere in Serbia - il Kosovo non ha più alcun diritto nella federazione, ma è in massima parte vincolato ai poteri centrali della repubblica. Le province possono approvare programmi per lo sviluppo economico, scientifico, tecnologico, demografico, regionale e sociale, nonché per lo sviluppo dell'agricoltura e dei villaggi. Approvano il poprio bilancio, funzionano autonomamente nel campo della cultura, dell'educazione, dell'uso della lingua e della scrittura d'ufficio, dell'informazione pubblica, dell'assistenza sanitaria e sociale, della cura dei bambini, della difesa dell'ambiente, dell'urbanizzazione. Il loro strumento giuridico supremo è lo Statuto. Gli albanesi hanno reagito abbandonando di fatto l'ordinamento statuale della Serbia; non partecipano alle elezioni, non mandano i propri figli nelle scuole statali, non si curano presso le istituzioni sanitarie dello stato. Gli albanesi nei fatti hanno uno stato parallelo all'interno della Serbia, dentro i confini della quale vengono mantenuti solo con la forza poliziesca. Di questo stato delle cose fino a oggi lo stato serbo è stato del tutto soddisfatto. La miseria è comune [L'anno scorso il Forum per i rapporti etnici di Belgrado e l'Istituto di filosofia e sociologia di Pristina hanno svolto, sotto la direzione di Srecko Mihajlovic, un'inchiesta sui rapporti tra serbi e albanesi del Kosovo, di cui il settimanale "Vreme" riporta alcuni passi] [...] Tra i serbi e gli albanesi del Kosovo che abbiamo intervistato sono praticamente inesistenti sia i matrimoni misti che i rapporti di parentela (e, se può essere in qualche modo di sollievo, lo stesso vale anche per gli altri gruppi etnici) [...]. In particolare, gli albanesi e i serbi escludono nella loro maggioranza la possibilità di un matrimonio misto con l'altro gruppo (il 95 per cento degli albanesi e il 74 per cento dei serbi), così come escludono un'amicizia "mista" (82:44), l'accettazione che un membro dell'altro gruppo sia il proprio datore di lavoro (76:61), oppure essere colleghi di lavoro (55:42), vivere nello stesso centro abitato (40:64) o quartiere (23:72). A Ratko Markovic, incaricato in questi giorni di aprire trattative con gli albanesi, andrebbe ricordato che gli albanesi del Kosovo non credono né al presidente della Serbia (99 per cento, nel momento in cui è stata condotta l'indagine era Slobodan Milosevic), né al parlamento, all'esercito e alla polizia della Serbia (98 per cento), al presidente e al sistema giudiziario della Jugoslavia (96), ai mezzi di comunicazione "serbi" (dall'87 per cento che non crede alla Radio-Televisione Serba, al 59 per cento che non crede al quotidiano d'opposizione "Nasa Borba"). La fiducia nei propri politici e quella nei confronti dei propri media e delle proprie istituzioni parallele è di segno proporzionalmente contrario. Allo stesso tempo, i serbi non si mostrano così entusiasti dei "loro" media e, tra i leader locali, l'unico che ottiene un consenso superiore alla metà degli intervistati è il vescovo Artemije (58 per cento). Sia gli uni che gli altri accusano i politici e gli intellettuali dell'altro campo dei cattivi rapporti in Kosovo, in misura minore i leader delle varie religioni, e i serbi all'elengo dei colpevoli aggiungono anche la tanto ripetuta congiura ordita contro di loro dal mondo, o dai mezzi d'informazione stranieri. [...] Degli undici modelli [di soluzione istituzionale proposti] gli albanesi accettano solo l'indipendenza del Kosovo (98 per cento), un protettorato internazionale finché non verrà trovata una soluzione duratura (68), l'unione all'Albania (60) e uno status speciale con garanzie internazionali (51 per cento). Dall'altra parte, i serbi del Kosovo appoggiano solo una "soluzione" che preveda l'abolizione di ogni autonomia per il Kosovo e si oppongono a ogni altra formula. Sulla base di questi dati non è difficile essere pessimisti riguardo all'esito di trattative, se la proposta "mettiamoci a discutere di ogni variante" viene completata con un "di ogni variante, ma non di...". La posizione della comunità internazionale - che evidentemente oscilla tra l'autonomia del Kosovo all'interno della Serbia e lo status di terza repubblica nella federazione jugoslava - non rende più facile il compito nemmeno a quegli albanesi che accettano la necessità di aprire negoziati. D'altra parte, nel corso di due anni di trattative di pace tra gli USA e il Vietnam del Nord - conclusisi a Parigi esattamente venti anni fa - gli americani hanno "ammorbidito" la piattaforma di Le Duk To riversando una quantità di napalm e di bombe maggiore di quella riversata nell'intero corso dei 15 anni in cui vi era stata la presenza di "pacifici americani". Il loro attuale cliente ha tutta l'ambizione di mostrarsi un buon allievo. (da "Vreme", 21 marzo 1998) |