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NOTIZIE EST #100 - ALBANIA
30 ottobre 1998


LA SOLITUDINE DI BERISHA
di Gordana Risteska

Indipendentemente dal numero di sostenitori e simpatizzanti ai quali si rivolge quando parla durante le manifestazioni nella centrale piazza Skanderbeg di Tirana, due, dieci o cinquantamila persone, il leader dell'opposizione albanese ed ex presidente Sali Berisha è una persona politicamente sola. Si possono contare almeno una ventina di note figure politiche albanesi che da vicini collaboratori e compagni d'idee dell'ex presidente, nel partito o nello stato, nel corso di quasi un decennio della sua lunga permanenza al vertice politico del paese sono diventati suoi oppositori, o addirittura nemici. La solitudine non è un fenomeno ignoto nella vita politica e nella storia dell'Albania, e la solitudine di Berisha è cominciata praticamente con lo stesso inizio della sua leadership all'interno del Partito Democratico e con il suo arrivo al potere nel paese, per arrivare fino al momento attuale, in cui il più noto cardiochirurgo d'Albania si trova dall'altra parte della barricata, all'opposizione.

Gramoz Pashko, consigliere economico di Fatos Nano, fino a poco tempo fa ancora premier, l'uomo che insieme al recentemente ucciso deputato Azem Hajdari ai tempi dell'abbattimento della dittatura comunista è stato parte del nucleo politico democratico dal quale è nato il Partito Democratico, e Neritan Ceka, leader del Partito dell'Alleanza Democratica, partner di coalizione dei socialisti al governo, ministro degli interni nel governo Nano fino al marzo di quest'anno, l'uomo di cui a Tirana si dice che porta il merito di avere fatto in modo che le dimostrazioni anticomuniste nella capitale a suo tempo non si siano trasformate in una rivolta sanguinosa, perché era riuscito a convincere la folla inferocita a rinunciare all'assalto del "Blok", il quartiere d'élite che ospitava la nomenklatura comunista, sono tra le prime persone che si sono allontanate da Berisha.

Petrit Kalakula, attuale leader del Partito Democratico di Destra e che praticamente non ha pari tra i politici albanesi di destra per la sua animosità chiaramente esplicitata nei confronti di Berisha, è il successivo personaggio nella galleria degli esclusi dall'ex presidente. Di questa galleria Kalakula è entrato a fare parte quando è diventato segretario del Partito Democratico di Tirana e da quando in uno dei governi dell'ex premier Aleksandar Meksi gli è stato assegnato il ministero dell'agricoltura.

Il summenzionato primo ministro di due governi durante il periodo della presidenza di Berisha, cioè Aleksandar Meksi, afferma oggi di avere preso le distanze da Berisha e dal suo Partito Democratico con dichiarazioni nelle quali si definisce come un uomo dai principi democratici e un normale membro, vale a dire lontano dal leader e dalla dirigenza del PD. La lista delle persone di cui un tempo era nota la posizione di uomini di fiducia di Sali Berisha e che hanno smesso di essere suoi collaboratori comprende, oltre a Meksi, tutta una serie di membri dei governi del periodo post-comunista: Deshamir Shehi, ex vicepremier e ministro per l'edilizia, Alfred Sereci, ministro degli affari esteri, Bashkim Kopliku, vicepremier e ministro degli interni, Dilber Vrioni, vicepremier, ministro delle finanze e governatore della Banca Nazionale d'Albania, Agron Musaraj, ministro degli interni. Deshamir Shehi, Sereci e un'altra quindicina di membri del Partito Democratico si sono in un primo tempo chiaramente distinti come frazione anti-Berisha all'interno del DP, per poi abbandonare quest'ultimo durante i disordini dell'anno scorso, quando hanno formato il nuovo partito Movimento per la Democrazia. Questa fuoriuscita ha fatto seguito a una vera e propria esplosione di critiche contro Berisha e i suoi metodi di direzione del partito, dalla cui guida era assente solo formalmente a causa della sua posizione di Presidente della Repubblica.

A Tritan Shehu, formalmente primo uomo del Partito Democratico durante quel periodo e ministro degli esteri del paese, una delle numerose mani destre che il chirurgo politico Berisha si è amputato, il destino ha riservato di vivere i furiosi giorni preelettorali durante i quali gli è successo di essere bloccato dalla folla e maltrattato pubblicamente in uno stadio del paese, nonché quelli post-elettorali che hanno fatto seguito l'anno scorso alla sconfitta dei democratici da parte dei socialisti. Oltre ad attribuirgli la responsabilità per la sconfitta, gli sono state rivolte anche accuse per avere compiuto operazioni poco pulite con i soldi del partito, cosa che non ha impedito a Shehu, durante gli eventi di metà settembre, di trovarsi a fianco del partito, ma non di Berisha, probabilmente a causa della valutazione da parte sua che quello che le autorità albanesi hanno chiamato tentativo di golpe significasse la fine del governo dei socialisti e dei loro alleati e quindi il ritorno al potere dei democratici e dell'opposizione.

Anche il predecessore di Shehu nella carica di segretario generale del partito, Eduard Seljami, nel 1994, dopo uno scontro aperto con quella che in via informale era la maggiore autorità del partito, l'allora presidente dell'Albania Sali Berisha, si è allontanato dal vertice politico per andare lontano, addirittura negli USA. Giovane, erudito e, secondo alcuni, straordinariamente dotato dal punto di vista politico, Seljami ha perso la lotta interna al partito contro un leader più vecchio di lui, per rimanere fino a oggi una figura della quale a Tirana si attende che ritorni in un momento chiave per portare a compimento non tanto la sua lotta, quanto la guerra per il programma di base del partito [...].

Candidati a entrare a fare parte dell'elenco degli esclusi da Berisha erano anche tre dei suoi più vicini giovani collaboratori: il defunto Azem Hajdari, il vicepresidente del partito Genc Pollo e l'attuale segretario generale Ridvan Bode. Prima dell'ultimo riavvicinamento tra il "leader del dicembre" Hajdari e Berisha, il primo era passato attraverso un periodo in cui era stato leader di un sindacato che aveva fatto tanto infuriare il capo del partito, Berisha, tanto da fargli dire che Hajdari era pazzo e ordinare che gli venisse impedito l'accesso alla sede del Partito Democratico in occasione della riunione del suo più alto organo. Bode è incorso nel gelo del partito da quando per primo ha denunciato l'esistenza delle piramidi finanziarie, mentre al vicepresidente del partito lo stesso è avvenuto dopo l'insuccesso dei democratici in occasione delle elezioni amministrative dell'autunno scorso. I tre, tuttavia, non sono entrati a fare parte della galleria degli esclusi e sembra che siano stati temporaneamente o permanentemente amnistiati dal grande capo Berisha in quanto indispensabili per il partito in quei momenti ritenuti dopo tutto decisivi non solo per i destini del partito, ma anche per quelli dell'Albania.

Se non si entra nei dettagli relativi alle circostanze che sono state la causa della frammentazione del PD e della presa di distanza dei politici albanesi di cui abbiamo parlato (e di altri qui non menzionati) dal maggiore partito di opposizione e personalmente da Berisha, l'unico e costante motivo che viene indicato da tutti gli esclusi è: l'arroganza di Berisha come leader, il suo carattere autoritario, di cui ha dato prova non solo nei rapporti interni al partito, ma anche, in ultima istanza, con le autorità occidentali.

La rudezza e l'ignoranza politica di Berisha hanno contribuito ulteriormente a minacciare la sua persona e a isolare il suo partito, mentre i democratici ancora non tornano nel Parlamento albanese e continuano a esercitare la "democrazia di strada", tanto che molti ritengono ormai vicina una sua uscita dalla scena politica albanese. Oltretutto nel blocco di destra, contraddistinto da posizioni unitarie quando è in questione il potere, non è piccolo il numero di leader e partiti i quali ritengono che per il bene del paese è altrettanto importante un'uscita di scena di Berisha quanto lo è quella di Nano. Nonostante questo, Berisha non dà segno di avere tale intenzione, anzi, ora ha cominciato a prendere di mira Majko, che fin dalla sua prima uscita pubblica ha chiesto all'ex presidente di mettersi da parte per consentire che si apra un dialogo tra giovani e giovani. I giovani del PD, Pollo e Bode, non hanno raccolto questa sfida, almeno per ora. Dietro alla loro fedeltà nei confronti di Berisha, a quanto si dice, non vi è l'autorevolezza del leader, quanto piuttosto la paura da parte dei suoi potenziali eredi che il PD perda il suo potere e la sua posizione di maggiore partito dell'opposizione (le malelingue dicono che senza il populismo aggressivo e la figura militante di Berisha il partito potrebbe addirittura dividersi e sciogliersi). [...]

(da "Nova Makedonija", 12 ottobre 1998 - selezione e traduzione dal macedone A. Ferrario)