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NOTIZIE EST #374 - BOSNIA
28 novembre 2000


LA BOSNIA E LE ELEZIONI


[Con questo articolo comincia la collaborazione a "Notizie Est" di Ivana Telebak e Luka Zanoni, che ringrazio per avere offerto di mettere a disposizione le loro traduzioni di materiali dalla stampa balcanica. Il loro contributo, volontario e quindi senza impegni, consentirà, tra le altre cose, di porre rimedio a una delle più evidenti carenze di "Notizie Est" e cioè la pressoché assoluta mancanza di una copertura di due paesi balcanici fondamentali come la Bosnia e la Croazia]


UN POTERE A MISURA DI POPOLO
di Slavo Kukic - ("Oslobodjenje", 14 novembre 2000)


La Bosnia-Erzegovina ha fatto "rimbombare il tuono" di una nuova tornata elettorale. Rispetto a quest'ultima vi erano attese differenti. E differente è, naturalmente, anche il grado di soddisfazione per i risultati ottenuti. Secondo i dati dei principali partiti politici, ma anche secondo i primi dati dell'OSCE, risulta una continuità nel rafforzamento dei partiti civici, in primo luogo della SDP. E' tuttavia ancora innegabile anche l'influenza dei tre raggruppamenti nazionalistici. I dati di cui disponiamo non sono sufficienti nemmeno per un'analisi in qualche modo sicura. Ma, anche sulla base di essi, è chiaro che i risultati finali sono sensibilmente differenti da tutte le indagini di opinione compiute negli ultimi mesi. Tutto indicava che con queste elezioni sul territorio della Federazione si sarebbe eliminata definitivamente la prevalenza della coalizione di SDA e HDZ. I sondaggi suggerivano l'ipotesi di un sicuro calo delle influenze della SDS. Tuttavia, secondo i dati parziali, non è accaduta né l'una né l'altra cosa. Anzi non è poi così impossibile che alla camera dei rappresentanti del parlamento federale, due dei partiti nazionali con l'aiuto dei partiti minori favorevoli alla loro politica, possano ancora mantenere il pacchetto di controllo. Non sorprenderebbe neanche l'eventuale rivelazione che la SDS ha vinto la maggioranza del parlamento della Republika Srpska.

Dove risiedono le cause di questo divario? Per quale motivo si è arrivati a cambiamenti radicali nell'umore degli elettori? Probabilmente è ancora presto per pronunciarsi con giudizi impegnativi. Non si può negare però che già da ora è possibile identificare alcune delle cause. Più volte nelle ultime settimane si è potuto sentir dire che questa campagna pre elettorale è stata quella più sporca dopo quella del dopoguerra. Non è difficile essere in disaccordo con ciò. La storia della terra conquistata da questa sponda della Drina non è più solo una specialità della SDS. Anzi sullo stesso cavallo cavalcano anche alcuni altri, cavalieri "novokomponirani" dell'apocalisse della "Srpska". Non si potrebbe aggiungere nient'altro ai messaggi razzisti verso i fratelli bošnjaci, quelli nei quali la SDP si legittima come una falsità grandeserba-jugonostalgica, nella quale sono stati attirati i bošnjaci stessi a causa del tradimento o dello smarrimento. Se gli verrà permesso questo potrebbe costare la testa dei propri connazionali.

Cosa dire infine dell'intero scenario del referendum preelettorale della HDZ? Che, dal punto di vista del marketing, è stato realizzato alla perfezione e per il quale si deve ringraziare la maggiore omogeneizzazione dei croati della Bosnia-Erzegovina intorno alla HDZ, dopo le prime elezioni pluripartitiche. Dove risiede il segreto di un risultato elettorale sul quale neanche i più grandi ottimisti di questo partito avevano fatto conto. Ma anche la causa dell'improvvisa e nuova omogeneizzazione dei bošnjaci attorno all'SDA. Le macchinazioni internazionali sono innocenti in tutto ciò? L'incarcerazione di Momcilo Krajsnik all'alba delle elezioni di aprile è sembrata solo un'infelice coincidenza, invece con ciò si è resuscitato l'esercito di Karadzic che secondo gli ultimi esami gode nuovamente di buona salute e, a quanto sembra, è stato completamente normalizzato. Queste stesse macchinazioni che, durante i preparativi di novembre, hanno creato cambiamenti incomprensibili nella legge elettorale, cercando di inserire la decisione della corte costituzionale relativa alla determinazione dei tre popoli e lo hanno fatto in un modo che si allontana dalla logica giuridica, ma anche da ogni altra logica, e con ciò aprono lo spazio per lo scenario elettorale della HDZ in un modo che nemmeno la HDZ stessa avrebbe potuto fare. Uno spazio per tesi riguardanti gli intenti di togliere ai croati il diritto di essere soggetti costituenti della Bosnia-Erzegovina. Per trasformarli in una minoranza nazionale e in tal modo fornire anche lo spazio per una seria manipolazione del proprio popolo e per una sua riomogeneizzazione, proprio quella che assicura il mantenimento in vita della stessa oligarchia politica della HDZ.

Si può ancora una volta inghiottire la pillola dell'infelice coincidenza? Oppure si tratta di qualcos'altro? Non sarebbe ora di dirlo? Oppure bisogna continuare con la logica del senno di poi? Quella secondo la quale la HDZ, per avere infranto le leggi elettorali, dovrebbe adesso, post festum, essere disarcionata. Cioè esclusa dal processo di messa in atto del potere politico.

Tra tutti gli errori che l'amministrazione internazionale ha commesso negli ultimi mesi quello più grande è stato l'eliminazione del desiderio di voto. Le sanzioni per avere infranto le regole del gioco esistono per essere applicate, però esiste anche il momento in cui bisogna usarle e questo momento, se ragioniamo correttamente, precede l'espressione della volontà del corpo elettorale. E nel nostro caso si trattava del momento prima del sabato delle elezioni. Dopodiché le "cicatrici del taglio cesareo" possono essere comprese solo come l'atto di ignorare proprio tale volontà. E in questo caso anche come attacco allo stesso popolo.

Personalmente non desidero un tale esito, anzi sono del parere che in tale modo si otterrebbe sicuramente un ritorno al passato. A quello della prima metà degli anni novanta. All'avventurismo politico e biologico, anche se riconosco con rincrescimento che la via verso di esso è già sin da ora tracciata, se non completamente almeno in buona parte. Per quanto mi riguarda, non mi sorprenderei nemmeno di un tale epilogo, e perché dovrei? Il popolo ha deciso da solo e ha ricevuto quello che ha cercato, il potere che si merita. E un futuro che non promette, un futuro che malgrado tutto non si merita.

(traduzione di Ivana Telebak e Luka Zanoni)


LA CHIESA CATTOLICA E IL REFERENDUM DEI CROATI
di Senka Kurtoviæ - ("Oslobodjenje", 23 novembre 2000)

Monsignore - commissario politico

Monsignor Luka Pavloviæ, vicario generale dell'ordinariato vescovile di Mostar, il 2 novembre di quest'anno ha inviato un messaggio scritto a tutto il clero, a tutti gli ordini religiosi e a tutti i credenti della diocesi erzegovese, con il quale invitava a partecipare alle elezioni e al referendum, quest'ultimo organizzato dall'Assemblea popolare croata, dietro la protezione dell'Unità Democratica Croata della BiH (HDZBiH, n. d. t.). Secondo l'invito di monsignor Pavloviæ, l'ordinariato vescovile di Mostar «considera come proprio dovere quello di invitare tutti i sacerdoti di modo che anche loro trasmettano adeguatamente a tutti i devoti il messaggio che li invita a partecipare al referendum e votare alle elezioni al fine di contribuire al miglior futuro del popolo». «Le elezioni e il referendum sono un nostro diritto, un dovere e la nostra forza difensiva», constata monsignor Luka e aggiunge che insieme con l'invito al referendum, la chiesa ricorda l'insegnamento che tutti i credenti cattolici devono avere in mente nei seggi elettorali. «La chiesa ha rifiutato le ideologie totalitarie e ateistiche legate in epoca moderna con il "comunismo" e il "socialismo"», afferma il vicario generale dell'ordinariato di Mostar, citando il catechismo della chiesa cattolica n. 2425 e prosegue: «loro hanno avuto (i comunisti n.d.r.), nell'arco di mezzo secolo, spazio e tempo per dimostrare tutta la loro democrazia, il loro sociale, la loro abilità economica e la loro giustizia, con l'esito di aver condotto la società dove noi tuttora viviamo». Monsignor Pavlovic sottolinea anche come il credente, secondo la propria coscienza, non voterà per coloro i quali l'inclinazione fondamentale risiede nello spirito del materialismo, nell'eccessivo liberismo e nella massoneria, che crea il mondo senza Dio. «Non voterà per quelli che ritengono più importanti gli oscuri fini della comunità internazionale, anziché la vera ed evidente aspirazione del popolo croato, il quale vuole essere se stesso sul proprio territorio con ogni diritto, libertà e dovere. Voterà invece per quelli che si impegnano per il bene generale del proprio popolo croato, e rispettano tutte le altre persone e tutti gli altri popoli», sottolinea monsignor Pavlovic. Alla fine, il vicario generale dell'ordinariato vescovile di Mostar raccomanda a tutti i sacerdoti e a tutti i devoti, che essi hanno il diritto e il dovere di contribuire con il proprio voto al fine di fare esercitare il potere civile da quelli «che si impegneranno veramente a conservare e promuovere i totali interessi del popolo croato». Loro sono, perché non dirlo, HDZBiH. Proprio quel partito che ha invitato i croati al referendum, al quale come sottolinea monsignor Pavloviæ, non interessano gli oscuri fini della comunità internazionale, ma la vera ed evidente aspirazione del popolo croato, quello stesso partito che, come sottolinea l'alto responsabile della chiesa , si impegnerà per il bene comune e per il suo, popolo croato. Questo per quanto riguarda la neutralità della chiesa cattolica durante le elezioni. Questo per quanto riguarda le intromissioni della chiesa negli accadimenti politici quotidiani. Di monsignor Pavloviæ non e necessario parlare troppo. Di sé, dei suoi punti di vista politici, del suo impegno per la democrazia, per il sociale, per la capacità economica e per la giustizia, ha detto tutto da solo, in quella raccomandazione al clero, agli ordini religiosi e ai devoti.

(tr.it. di Ivana Telebak-Luka Zanoni)