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NOTIZIE EST #444 - BOSNIA
4 giugno 2001


LE ULTIME DIMISIONI DI SALKO
(di Ermin Cengic - "Dani", 25 maggio 2001)

Dopo sei giorni di sciopero e la prima interruzione della pubblicazione in 58 anni di esistenza, il più vecchio quotidiano bosniacoerzegovese dovrà di nuovo uscire in edicola. La rivolta contro la direzione del giornale, che è stata innescata da un gruppo di giovani giornalisti, ha costretto il direttore e il redattore capo a dare le dimissioni e il proprietario maggioritario sloveno a promettere il pagamento degli stipendi e l'uscita dall'abisso finanziario dentro il quale questa casa dei media è caduta da un po' di tempo. Dopo tutto, la sola cosa rimasta da fare è che i giornalisti rendano ""Oslobodjenje"" migliore, di miglior qualità e con una maggiore tiratura, o altrimenti questo giornale, semplicemente, fallirà.

"Questo era inevitabile. Loro hanno vissuto continuamente nella falsa convinzione della tradizione di ""Oslobodjenje"", sulla sua grande influenza presso le istituzioni internazionali, sul fatto che noi siamo un giornale la cui posizione è rispettata e stimata. Contemporaneamente però, la tiratura diminuiva, gli stipendi ritardavano, la concorrenza era spietata. Doveva arrivare, finalmente, una generazione più giovane di giornalisti che avrebbe detto che non si vive di sola tradizione, ma piuttosto di stipendi". In queste poche parole di Sejad Luckin, vice del redattore capo di ""Oslobodjenje"" fino a poco tempo fa, si potrebbe riassumere tutto quello che è successo in questi giorni mesi e anni nel più vecchio quotidiano bosniacoerzegovese. Quello che "era inevitabile" è la vera rivolta dei giornalisti di questo giornale che da giovedì 17 maggio hanno smesso di scrivere, annunciando che "Oslobodjenje", dopo 58 anni, avrebbe cessato di apparire in ogni edicola e nelle mani dei distributori di giornali.

L'ELENCO DEI DEBITI
(Loro), Salko Hasanefendic - il direttore, Emir Hrustanovic - vicedirettore e Mirko Sagolj - caporedattore e responsabile, probabilmente non hanno, al primo colpo, compreso le vere dimensioni dello sciopero a "Oslobodjenje", così per altri due giorni hanno pubblicato il giornale senza la partecipazione del 99% dei giornalisti, per poi riconoscere infine che il giornale non può essere fatto soltanto dai "crumiri" Fahro Memic e Slobodan Stajic, redattori delle rubriche di politica interna e di politica estera. Così il 20 maggio 2001 Dnevni avaz è rimasto senza concorrenza (dal momento che Jutarnje Novine non lo è affatto), e circa 6.500 lettori (tale, si dice, fosse la tiratura media di "Oslobodjenje" dell'ultimo periodo) senza il loro giornale. Allo stesso tempo, "i giornalisti più giovani", guidati da Antonio Prlenda, primo uomo dei Sindacati, hanno allargato le loro richieste iniziali circa il pagamento degli stipendi non diminuiti e la pubblicazione dell'elenco dei debiti del dopoguerra, con la richiesta di sostituire Hasanefendic e Sagolj. Gli scioperanti - provocati, come dicono, dall'atteggiamento irresponsabile e prepotente della dirigenza dell'azienda nei confronti dei dipendenti (di ciò fa parte anche il licenziamento dell'impiegato del Desk Mugdim Galijasevic, dopo che si è rifiutato di continuare a lavorare) e dalle minacce di licenziamento per i giornalisti aderenti allo sciopero - hanno rifiutato qualsiasi trattativa con Hasanefendic, chiedendo al consiglio di sorveglianza di adempiere alle loro richieste.

Ma la malasorte ha donato ai giornalisti del giornale che ha ricevuto addirittura 18 diversi premi internazionalmente riconosciuti, un'amministrazione che ha agito in modo tale da portare l'azienda ai livelli più bassi dalla sua nascita, ma anche un'amministrazione che non potevano sostituire né il sindacato né gli scioperanti, ma soltanto ed unicamente i proprietari del giornale. Il secondo problema più grosso dei giornalisti è che nemmeno loro stessi, quando è iniziato lo sciopero, sapevano chi fossero i reali proprietari di Olsobodjenje, così durante lo sciopero si è chiarito che si tratta del "partner strategico sloveno". Quando quest'ultimo ha fatto finalmente la sua comparsa nelle figure di Matjaz Gantar e Matiaz Princic, rappresentanti di "Kmecka druzba", proprietari del 39% delle azioni del giornale, anche gli scioperanti hanno riformulato le richieste, chiedendo al consiglio di amministrazione di scegliere un caporedattore temporaneo, che l'assemblea degli azionisti durante la successiva seduta avrebbe scelto il nuovo consiglio amministrativo e che quest'ultimo scegliesse la nuova direzione, il direttore e il nuovo caporedattore. Gli sloveni, da buoni sloveni, hanno subito inteso che l'insistere sui rapporti di proprietà, sui diritti degli scioperanti e altre sciocchezze simili sulle quali si basa l'economia globale, non ha senso nella nebbia della privatizzazione che avvolge la Bosnia ed anche Olsobodjenje e in modo molto pragmatico hanno accettato le richieste degli scioperanti. Ma ce ne è ancora di più, perché nel momento in cui è scoppiato lo sciopero, la Kmecka drustba non era ancora iscritta ufficialmente nel Registro dei titoli, e già nella ricapitalizzazione ha dato quasi due milioni di marchi, che sono stati per la maggior parte anche spesi. Sia come sia, la giornalista Senka Kurtovic si è seduta temporaneamente sulla poltrona di Mirko Sagolj e "Oslobodjenje" apparirà nelle edicole lo stesso giorno in cui uscirà anche questo numero di Dani. Ai giornalisti è stato promesso che anche gli stipendi saranno pagati, ma in tutto questo raggiro riguardo la spiegazione giuridica e la soluzione dei rapporti fra i proprietari, l'amministrazione e gli operai, è stato messo in secondo piano "il piccolo milione" di ragioni per le quali è scoppiato lo sciopero. Esse risalgono al periodo della guerra, quando "Oslobodjenje" ha perso lo stabile perché era troppo vicina ai cannoni dell'artiglieria di Mladic e ha subito danni che sono stati valutati in 37 milioni di marchi. L'immagine che allora questo giornale ha avuto in tutto il mondo valeva molto più di tale danno, ma al pubblico è stato reso noto soltanto che la somma della donazione che Olsobodjenje ha ricevuto durante la guerra, secondo l'affermazione dell'allora direttore Hasanefendic - è di 4,5 milioni di marchi.

Dove sono finiti i milioni? In cosa sono stati spesi quei milioni di marchi, i lavoratori di Olsobodjenje non lo hanno mai saputo. Come non gli è mai stato chiarito quali sono gli effetti finanziari della pubblicazione settimanale del giornale che pubblicava la redazione a Ljubljana, con il prezzo di copertina di 3,8 marchi.

Naturalmente nessuno, né i giornalisti, ma neanche altri fuori dal giornale, eccetto i membri informati dell'amministrazione, ha mai saputo i risultati della trattativa d'affari con la Benetton italiana in cui era entrata "Oslobodjenje", o più precisamente: il suo direttore. L'unica cosa che i giornalisti hanno saputo fare è stato contare gli stipendi non pagati, così per cinque anni ne hanno contati in totale dodici. Tuttavia nemmeno contare era la cosa più forte, quando era già iniziata la famosa privatizzazione. Sebbene la privatizzazione fosse finita con il grande titolo sulla prima pagina del giornale "i proprietari di "Oslobodjenje" sono i suoi lavoratori", tra gli scioperanti che cercavano i loro diritti si è diffusa la storia che possiedono soltanto il 3,5% delle azioni del giornale che hanno, per così dire, comprato!? Per ricordarci, nell'aprile dello scorso anno, che come proprietari di "Oslobodjenje" sono stati veramente nominati 141 dei suoi lavoratori, ma anche Hasanefendic e Temin Dedic, "partner strategico" dalla Germania e presidente attuale del consiglio d'amministrazione. Invece che per la cifra iniziale di 2,8 milioni di marchi hanno comprato "Oslobodjenje" per 4,8 milioni, con l'obbligo di impegnarsi con le rate e di investire entro tre anni 1,295 milioni di marchi per la ricostruzione dello stabile e per far partire le nuove edizioni, ed inoltre l'assunzione di 40 nuovi dipendenti. Affinché l'ironia sia maggiore, Adnan Mujagic, l'allora direttore dell'Agenzia federale per la privatizzazione, ha raccomandato in modo "visionario" questo modello di privatizzazione anche alle altre ditte perché con esso "si sono conciliati gli interessi dei dipendenti, del management e dell'investitore strategico".

Al fine di, probabilmente, giustificare il 40% della proprietà del giornale che avevano allora, i lavoratori sono stati costretti a ottenere dei crediti, anche più di 5.000 marchi, benché, in modo parallelo, gli stipendi continuassero a ritardare. Che cos'è la privatizzazione, l'hanno capito solamente quando dalla banca sono iniziati ad arrivare gli avvisi per la restituzione dei crediti. Naturalmente, quelli che in modo ordinario non hanno ricevuto gli stipendi non sapevano dove andare a prendere i soldi, così gli avvisi hanno cessato di arrivare, probabilmente, dopo l'intervento della direzione alla Universal banca, il rappresentate della quale è seduto nel consiglio di amministrazione del giornale. Oggi quando descrivono il periodo della privatizzazione, i giornalisti di "Oslobodjenje" dicono che tutto era, a quel tempo, segreto professionale. "Anche lo statuto che gli azionisti dovevano approvare mediante l'assemblea, due tre giorni prima dell'assemblea era ancora un segreto professionale. La gente non sapeva affatto che statuto avrebbe approvato. Ma tutto ciò lo abbiamo accettato con la speranza che qualcosa sarebbe cambiato. Alla fine era arrivato tale Temin Dedic, che aveva detto: 'gente, io ho portato così tanti marchi e voglio che da ogni marco ci sia un guadagno'".

Anche i giornalisti volevano il guadagno, ma al posto dello stipendio, hanno ricevuto " la nebbia" della privatizzazione che Edina Kamenica, una dei migliori giornalisti di questo giornale descrive "come qualcosa di intoccabile": "Durante la riunione dei dipendenti, organizzata a quei tempi, ho chiesto: dove vado prendere i soldi, con cosa parteciperò alla privatizzazione, e l'allora 'direttore per i soldi' mi ha risposto: 'eee, Edina, non si può dalla produzione corrente entrare nella privatizzazione. E dove sono i fondi neri?' Quando volevo chiedere di quali fondi neri stesse parlando, tutti hanno gridato la stessa cosa, la riunione è stata interrotta e noi non abbiamo mai più avuto l'opportunità di riunirci, e tutto il resto è stato qualcosa di torbido".

Quando è iniziato il "torbido"? Nessuno dei giornalisti sapeva nemmeno se il vero torbido era finito o era appena iniziato quando nel febbraio di quest'anno la Kmecka druzba è diventata proprietaria del 39% delle azioni di "Oslobodjenje" e il secondo "partner strategico". Naturalmente, lasciando il pacchetto azionario maggiore agli sloveni, i lavoratori hanno calcolato che due milioni di marchi che hanno ricevuto avrebbero cambiato in modo radicale la loro situazione. Secondo le parole degli scioperanti, l'unico cambiamento è avvenuto dentro il parco macchine, che si è arricchito di tre autovetture comprate per i membri della direzione e contemporaneamente è stato comprato il giornale Zena 21 (Donna 21, N.d.T.) e quindi pagato, come si dice, "lo sfarzoso spettacolo con l'elezione della donna dell'anno". Tuttavia, il direttore Hasanefendic, per Dani, ha detto che i due milioni che ha dato la Kmecka druzba sono stati utilizzati per il "risanamento degli obblighi delle rate".

"Ci stiamo ancora oggi chiedendo chi è questo nostro partner sloveno. Non ho idea di chi sia il proprietario di "Oslobodjenje". La cosa peggiore che c'è è che io sento le argomentazioni della direzione, con le quali si dice che questa non è autogestione e che è arrivato il tempo della privatizzazione. Così, il tempo della privatizzazione diventa il tempo della ladreria e da noi dipendenti ci si aspetta che diventiamo gli schiavi", afferma rassegnata Kamenica. È venuto fuori che gli operai in questo modo hanno perso l'influenza sulle decisioni strategiche all'interno dell'azienda e poiché non hanno mai avuto i soldi l'unica cosa che gli rimane è lottare per essi, richiamando pubblicamente la direzione del giornale. Edina Kamenica ancora tre anni fa era una dei pochi coraggiosi: il modo aperto di criticare il giornale per cui lavora, reso noto a "Dani", ha avuto come risultato che alcuni dei suoi colleghi non la salutassero e non le rivolgessero più la parola, e le è capitato che alcuni le dicessero che esporre le debolezze interne al pubblico è un tradimento!?
Proprio per tale modo di pensare, al pubblico in generale sono rimasti sconosciuti la forza della agitazione e i "mini scioperi" che hanno scosso "Oslobodjenje" negli anni passati. Secondo le affermazioni di Kamenica, il principale comitato di sciopero e il sindacato, già da mesi, nel periodo in cui i giornalisti dovevano prendere lo stipendio, facevano il tira e molla con l'amministrazione. "Questo è il tempo dei traumi e delle lotte". La stessa cosa vale anche per i contributi che non vengono versati, tanto che per i giornalisti non è possibile nemmeno stare in malattia. Pertanto non sorprende neanche la disperazione della gente che non ha l'assicurazione sulla salute, tutto questo mentre la Direzione, per il loro bene, compra tre nuove automobili lussuose.

"Noi abbiamo avuto una situazione simile circa due anni e mezzo fa. Abbiamo visto che il carro andava in discesa, che la tiratura stava diminuendo e che l'unica cosa era che forse si beveva qualche bicchiere di whisky in più. Allora abbiamo cercato di operare una svolta, al fine di restituire la vecchia gloria di "Oslobodjenje". Abbiamo scelto Mirko Sagolj come presidente del Sindacato. Invece lui è stato scelto per il posto di caporedattore e responsabile e ne ha ricevuto alcuni benefici. È stato un peccato che allora non sia accaduto quello che sta accadendo adesso. Si è creata una palude dentro la quale non succede niente, tranne la diminuzione della tiratura e per questo sono necessari dei cambiamenti radicali di concezione ", dice il reporter di questo giornale Sefko Hodzic uno di quelli che più di tutti "saltava" sulle linee del fronte durante la guerra.

COME E' ARRIVATO MIRKO
Riguardo alla scelta di Sagolj come caporedattore, un'altra delle situazioni sospette che sono state sottaciute per la "pace in casa", ha parlato anche Sejad Luckin, che nel marzo del 1999, dopo le dimissioni di Mehmed Halilovic, sarebbe dovuto diventare il primo nome di "Oslobodjenje". "Quando l'ex caporedattore Halilovic e il direttore Hasanefendic hanno dato le dimissioni, è stato fatto un concorso. Nessuno della casa si è presentato per il posto di caporedattore, e Hasanefedic si è presentato ed è stato scelto di nuovo come direttore. Allora dal Sindacato, a capo del quale era Sagolj, è giunta l'iniziativa di decidere con una votazione l'elezione di colui a cui si sarebbe offerto di diventare caporedattore. La votazione è iniziata, poi è stata interrotta, poi si è discusso per l'intera notte; io allora non ero presente alle riunioni, e quando alla mattina sono arrivato al lavoro qualcuno mi è venuto in contro e mi ha fatto le congratulazioni dicendo che sono diventato il vice del caporedattore responsabile, e che Mirko Sagolj è stato eletto come caporedattore. Dopo mi hanno detto di non arrabbiarmi, perché in tale riunione è stato detto che ero un po' vicino allo SDA, poi che sono un po' troppo giovane, e quando ho chiesto che cosa c'entro io con ciò mi hanno risposto: 'perché tu hai preso più voti per il posto di caporedattore…' Allora gli ho chiesto, quando avevano già scelto chi era il caporedattore, chi mi ha chiesto di essere il vice. Ho detto che non se ne parla neammeno, ma mi hanno detto di non prendermela, che non si fa la differenza, e allora grazie all'opera di convinzione da parte di alcune persone e alcuni amici ho accettato, poiché Mirko Sagolj mi ha detto che era pronto a fare dei cambiamenti radicali, che in tale situazione significava anche un conflitto con l'amministrazione".

"Allora è iniziato, abbiamo addirittura iniziato ad aumentare la tiratura e abbiamo raggiunto il massimo di 9.500 copie vendute nella BiH [Bosnia-Erzegovina]. È arrivata la privatizzazione e sono iniziati alcuni giochi che io non capivo, ma ho pensato che probabilmente sarebbe arrivato qualche padrone più intelligente, che avrebbe portato i soldi e che ci avrebbe detto che sono finiti i tempi delle mascalzonate e degli imbrogli. Quindi è passato anche questo, poi sono arrivati gli sloveni e allora ci hanno promesso alcuni nuovi progetti. Tuttavia, da gennaio quando sono arrivati quei soldi, nulla è cambiato e il giornale ha cominciato a cadere sempre più e successivamente ho dato le dimissioni…".

Né questa come anche le prime dimissioni delle persone di "Oslobodjenje" non hanno risolto né risolveranno qualcosa se non si cambierà in modo radicale il modo di pensare sia della direzione, che ha vissuto sui terreni coltivati e sui principi del comunismo fraterno, che di una parte dei giornalisti e degli operai che fino a qualche giorno fa forse erano veramente convinti che la tradizione, l'immagine, i premi e i meriti di guerra gli avrebbero pagato gli stipendi. Pertanto la fortuna di questo giornale e dei suoi lettori è che in "Oslobodjenje" lavorano anche persone che la pensano in questo modo: "ci possiamo illudere che sia un giornale splendido, un giornale magnifico, ma come giornale è uno zero. Quando lo apri alla mattina, qualcosa si ribalta dentro di te, perché con le persone che ci sono qua potrebbe essere cento volte migliore. Secondo quelli contro i quali siamo adesso, questo giornale potrebbe esistere ancora mille anni e loro si sentirebbero a posto. A noi non serve un tale giornale…poiché anche il giornale che in questi giorni tace, forse dice di più di quello che ha detto in alcuni degli anni passati".

(traduzione di Ivana Telebak e Luka Zanoni)