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L'Italia e i Balcani


NOTIZIE EST #79 - ITALIA/BALCANI
27 settembre 1998


L'ITALIA VERSO UN RUOLO EGEMONE NEI BALCANI
di Andrea Ferrario

L'Italia compie un altro importante passo avanti verso i propri obiettivi di egemonia nell'area balcanica.

Dopo l'operazione "Pellicano", organizzata nel 1991 per proteggere la distribuzione degli aiuti italiani all'Albania, ma in realtà banco di prova delle successive operazioni militari nella regione, e dopo l'importante partecipazione all'intervento NATO in Bosnia (ancora in corso), l'anno di svolta per la politica italiana nei Balcani è stato il 1997. L'anno scorso, infatti, l'Italia ha non solo assunto la guida dell'intervento militare internazionale in Albania con l'operazione "Alba", ma ha anche conquistato la posizione di primo partner commerciale di tutti i singoli paesi balcanici, scalzando in numerosi casi la Germania, che pure ha una tradizione di lunga data come principale partner commerciale della regione. Non solo, nel luglio 1997 l'Italia ha portato a termine anche quella che rimane a tutt'oggi la più grande operazione di privatizzazione nei Balcani, con l'acquisizione da parte della STET (controllata dallo stato italiano), in collaborazione con la greca OTE, di un'ampia quota della Telecom serba, un'operazione da più di 1.500 miliardi, con la quale il governo italiano da solo ha fatto affluire 900 miliardi nelle casse del governo di Belgrado in un momento critico per quest'ultimo. Nel 1998 l'Italia ha ulteriormente consolidato la sua presenza in tutta la regione, migliorando ulteriormente le proprie posizioni di partner commerciale (con la Jugoslavia e la Bulgaria, per esempio), di fornitore di strutture militari (in particolare con la Bulgaria e la Macedonia) e riuscendo regolarmente a inserirsi nello stretto gruppo di partecipanti alle più importanti privatizzazioni (le Telecom di Albania, Bulgaria, Macedonia, la Società elettrica statale serba, per fare solo alcuni esempi) e ai più importanti progetti infrastrutturali (il Corridoio di comunicazione n. 8 attraverso Bulgaria, Macedonia, Albania, il colossale acquedotto da 2.000 miliardi che dirotterà le acque albanesi verso la Puglia, già aggiudicato all'Italia).

Naturalmente tali interessi richiedono non solo un mantenimento, ma addirittura un'intensificazione della presenza militare di Roma nella penisola. Un fatto testimoniato dalla firma ieri a Skopje, capitale della Macedonia, di un accordo per la formazione delle Forze multinazionali di pace balcaniche, ultima tappa di un percorso di trattative avviato con le conferenze di Tirana nel 1996 e di Sofia nel 1997. Tali Forze saranno composte da battaglioni di sei stati balcanici, vale a dire Turchia, Grecia, Albania, Macedonia, Bulgaria, Romania, con l'aggiunta di un solo stato extrabalcanico che, per l'appunto, è l'Italia. Altri due paesi parteciperanno unicamente come osservatori: USA e Slovenia. La struttura militare sarà composta da 3.000/4.000 uomini, divisi in 11 battaglioni meccanizzati, organizzati secondo il modello della già esistente forza congiunta costituita da Italia, Ungheria e Slovenia. Con ogni probabilità, le forze multinazionali saranno di stanza a Plovdiv, in Bulgaria, e di conseguenza saranno inizialmente comandate da un generale bulgaro. E' tuttavia chiaro che l'Italia, data da una parte la sua netta superiorità militare rispetto agli altri partecipanti all'iniziativa, e dall'altra la sua presenza contemporanea in tutte le più importanti sedi politiche internazionali (tra le altre, il Gruppo di Contatto, il G-7 ecc.), svolgerà un ruolo guida in questa organizzazione militare. Scopo delle forze multinazionali balcaniche sarà quello di mettere in atto azioni "di pace" decise dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU, dall'OSCE, dalla NATO o dalla UEO, particolare che mette subito in chiaro che i paesi balcanici non avranno alcuna voce in merito alle motivazioni e alle modalità delle operazioni militari alle quali parteciperanno, se non il diritto individuale di non partecipare a operazioni in paesi nei quali non si ritiene opportuno intervenire. A tale proposito è stata rifiutata la proposta della Macedonia di escludere i paesi balcanici, e in particolare gli stessi paesi membri, dai possibili obiettivi di intervento. L'unico, ma rilevante, aspetto ancora da definire è quello relativo al finanziamento, sicuramente ingente, di queste forze.

Un ultimo particolare, da non trascurare, è che la cerimonia dell'accordo verrà aperta dal presidente macedone Gligorov mentre la Macedonia si trova in piena campagna elettorale, campagna la cui apertura è avvenuta la settimana scorsa, negli stessi giorni in cui l'organizzazione NATO "Partnership per la Pace" svolgeva nel paese delle imponenti manovre militari. Coincidenze che non sembrano per nulla casuali, se si considera l'appoggio acritico che l'Occidente ha sempre fornito al governo macedone.

(fonti: 'Zeleno svetlo za regionalnite mirovni sili' di S. Jovanovska, "Nova Makedonija", 25 settembre 1998; 'Balgarin stava nacalnik na staba na Balkanskite sili?' di L. Popova, "Sega", 26 settembre 1998; 'Southeast European States Create Peacekeeping Force', Reuters, 26 settembre 1998)