Balcani


Home

Kosovo

Scriveteci

I Balcani


NOTIZIE EST #161 - JUGOSLAVIA/KOSOVO
7 febbraio 1999


LE TRATTATIVE POTREBBERO TERMINARE PRIMA ANCORA DI COMINCIARE?

di Arbana Islami

[Questo articolo è stato scritto prima che la delegazione albanese potesse finalmente partire, seppure in ritardo, per Rambouillet, ma offre comunque utili indicazioni sull'atmosfera che ha preceduto l'inizio delle trattative - a.f.]

PRISTINA, 5 febbraio - La partenza della delegazione albanese è stata rimandata, almeno fino a domani, poiché le autorità serbe non consentono la partenza dei rappresentanti dell'UCK. I negoziatori albanesi sperano di potere partire domani. Anche l'apertura della conferenza di Rambouillet verrà con ogni probabilità rimandata. Il portavoce dell'OSCE Sandy Blyth, che è rimasto all'aeroporto tutto il tempo, ha detto di non sapere nulla [in merito a quanto stava accadendo]. [...] Surroi ha detto che la posizione della delegazione è che "non saliremo sugli aerei fino a quando non ci sarà anche l'ultimo di noi". Ma l'aereo alla fine non è partito e tutti sono tornati a Pristina.

Dopo essere tornati a Pristina, piuttosto arrabbiati per non essere stati tutti insieme all'aeroporto, Qosja ha detto: "Così non va bene. Dove sono quelli della LDK ora? Eravamo d'accordo di riunirci tutti qui nel centro della città per muoverci insieme alle ore 13. Non si sono fatti vedere né qui né all'aeroporto. Eravamo d'accordo di essere sempre insieme. Non sapevamo che all'UCK fosse stato rifiutato il permesso di venire, mentre a quanto pare la LDK lo sapeva. Devono avere avuto notizie da qualcuno. E' una cosa molto preoccupante. Non c'era davvero bisogno di cominciare così".

I rappresentanti della LBD e gli intellettuali indipendenti sono alla fine tornati a Pristina un'ora e mezzo dopo, perché i rappresentanti dell'UCK non erano presenti all'aeroporto di Sllatina. Non c'erano garanzie per il loro viaggio fino all'aeroporto e i rappresentanti della LBD e gli intellettuali indipendenti hanno deciso di tornare indietro perché secondo la delegazione albanese "non vi può essere alcuna Rambouillet senza l'UCK". Il fatto che i rappresentanti della LDK non fossero presenti all'aeroporto è stato molto strano e ha causato le più svariate reazioni. I negoziatori albanesi avevano deciso in una riunione svoltasi nella mattinata di partire tutti insieme dal centro alle ore 13. La delegazione della LDK non si è presentata all'ora stabilita e una parte della delegazione (LBD e candidati indipendenti) ha atteso in vano che si facesse vedere. Infine sono partiti dal centro della città alle 13:30.

Fonti vicine alla LDK affermano che la delegazione del loro partito e del presidente Rugova non si è recata all'aeroporto di Sllatina perché era stata informata degli ostacoli posti dalle autorità serbe da parte del vicecapo della missione di verificatori OSCE, Gabriel Keller. [...]

I rappresentanti della LDK, della LBD e degli intellettuali indipendenti hanno deciso di adottare una posizione di consenso politico completo durante le trattative di Rambouillet, quando si sono riuniti venerdì mattina a Pristina. Fehmi Agani, Rexhep Qosja, Bajram Kosumi, Hydajet Hyseni, Mehmet Hajrizi, Blerim Shala e Veton Surroi erano presenti alla riunione che si è svolta nei locali del quotidiano "Koha Ditore". Dopo una discussione durata un'ora Veton ha affermato che era stato raggiunto un accordo su tre punti fondamentali.

Innanzitutto, l'uguaglianza delle tre maggiori componenti, vale a dire l'UCK, la LDK e la LBD, verrà mantenuta a Parigi, indipendentemente dal numero di rappresentanti che vi si recheranno. In secondo luogo, tutte le decisioni verranno prese all'unanimità, vale a dire che non potranno essere adottate dalla delegazione decisioni nel caso in cui anche solo una delle parti sarà contraria. E in terzo luogo, "terremo delle consultazioni stasera in merito alla nomina del coordinatore del team albanese", ha sottolineato Surroi. [...] Riguardo all'aspetto degli esperti, Surroi ha detto che vi è già un certo numero di esperti, che "lavoreranno qui a Pristina o là a Rambouillet. Vi saranno esperti locali e internazionali", ha dichiarato [...].

(da "Koha Ditore", 6 febbraio 1999 - traduzione di A. Ferrario)


I PREPARATIVI NATO, TRA EUROPA E USA

Se la NATO porterà 30.000 soldati in Kosovo per applicare un accordo di pace, tale numero supererà quello dei soldati dell'Esercito jugoslavo, della polizia paramilitare serba e dei guerriglieri albanesi, ma non con un margine sufficientemente sicuro. L'alleanza ha dichiarato che non ha intenzione di farsi largo nella provincia serba combattendo e non prevede in alcun modo di fare rispettare la pace cercando di separare forze ostili. Dovrà essere priva di sfide e, come in Bosnia, militarmente schiacciante. Il presidente USA Bill Clinton ha detto che vi sarà una missione di mantenimento della pace solo in presenza di un accordo sicuro e di un impegno di entrambe le parti di collaborare con le forze NATO, nonché di un "ambiente di sicurezza permissivo", con il ritiro di quello che ha definito un numero "sufficiente" di forze di sicurezza serbe e adeguate limitazioni ai guerriglieri del Kosovo. Secondo le stime, le forze di sicurezza serbe attualmente sul terreno in Kosovo, sarebbero composte da circa 15.000 uomini. La forza dell'UCK è difficile da definire, ma la NATO dubita che superi le 5.000 unità. Non è chiaro quale misura di ritiro delle forze jugoslave sarà "sufficiente" per soddisfare il requisito dell'alleanza occidentale di dispiegare 30.000 uomini. "Più sarà alta la presenza militare che mantengono in Kosovo e più dovrà essere alta anche la forza NATO necessaria" dice un diplomatico. Ma la NATO cerca di mantenere i suoi numeri bassi e quindi Belgrado potrebbe trovarsi di fronte a pressioni per ritirare pressoché interamente le proprie forze di sicurezza, lasciando agli occidentali la protezione della minoranza serba e dei siti storici e religiosi. Intanto, in Macedonia la NATO dispone già di retrovie per un'eventuale missione in Kosovo. La "forza di estrazione" guidata dai francesi è già arrivata a 2.300 soldati e verrà aumentata fino a 10.000 per trasformarsi in una "forza di messa in atto" o in un'avanguardia della missione nel Kosovo stesso. La missione NATO in Kosovo dovrà affrontare una situazione psicologicamente diversa da quella in Bosnia: nel 1995 le varie fazioni bosniache erano esauste dopo 42 mesi di intenso conflitto, mentre in Kosovo i guerriglieri sentono di avere appena cominciato la battaglia e i serbi difendono quella che considerano una loro patria mistica, e non uno stato vicino.

La conferenza di pace per il Kosovo darà alla Francia e ai suoi alleati europei una chance per fare sentire le proprie voci. Le trattative di Dayton nel 1995 hanno rappresentato un duro colpo per l'orgoglio francese. Lo statunitense Richard Holbrooke aveva in quell'occasione fatto dei diplomatici europei dei meri osservatori, mentre era stato lui a mettere sotto pressione le parti belligeranti. Tre anni dopo, la Francia si sta accingendo a sanare le ferite arrecate al suo orgoglio. "Sarebbe sbagliato esagerare il ruolo degli USA in questi negoziati. Gli americani non saranno così presenti sul terreno nel caso di un accordo, un particolare che ci dà un maggiore ruolo nelle trattative", dice un diplomatico europeo. L'asse anglo-francese sul Kosovo è un risultato del summit bilaterale tenutosi a Saint-Malo a dicembre e in occasione del quale i due paesi si sono impegnati a promuovere un maggiore ruolo per l'Unione Europea nella pianificazione della difesa e nella eventuale messa in atto di azioni militari. La mossa ha posto fine ad anni di riluttanze britanniche ad abbracciare le idee della Francia su un'identità militare europea e ha consentito alle due maggiori potenze militari d'Europa di mettere a punto una politica comune sul Kosovo. "La nostra opinione comune è che il Kosovo sia un problema europeo di cui gli europei non possono lasciare la soluzione agli Stati Uniti", ha detto un alto diplomatico britannico. Gli europei sembrano avere appreso la lezione del 1995 e non si è mai nemmeno preso in considerazione di tenere i negoziati per il Kosovo negli Stati Uniti. "Una singola nazione ospite deve avere il saldo controllo delle trattative ed è comunque un grande rischio per il paese ospite, di cui è in gioco il prestigio. Le conseguenze di un fallimento sarebbero grandi", ha scritto Holbrooke nel suo libro del 1997 sulle trattative per la Bosnia. Ma mentre è la Francia questa volta a ospitare i negoziati per il Kosovo, essa non è sola. "Non è una questione di prestigio francese", dice un diplomatico britannico a Parigi. "E' un test del grado di risoluzione degli europei".

(sintesi da due articoli della Reuters pubblicati il 5 febbraio: "Troop pullout crucial to NATO peace force" di Douglas Hamilton e "France seeks to regain voice with Kosovo talks" di Crispian Balmer)