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![]() NOTIZIE EST #170 - JUGOSLAVIA/KOSOVO RAMBOUILLET: PRIMA DELLO SCADERE DEL TERMINE / 1 MOLTE CHIACCHIERE, POCHE TRATTATIVE SUL KOSOVO RAMBOUILLET, 17 febbraio 1999 - Le trattative di pace sul Kosovo sono state definite negoziati, ma sia la delegazione serba che quella albanese si lamentano di essere solo costrette ad ascoltare un interminabile monologo internazionale, mentre nessun dialogo è in vista. "Ci sono stati presentati dei testi da parte della comunità internazionale e nei fatti quello che ci si aspetta è solo che mettiamo la nostra firma nell'apposito spazio", ha detto un consulente albanese che ha chiesto di rimanere anonimo. Il Gruppo di contatto ha imposto alle parti in conflitto un limite di due settimane per raggiungere un accordo e ora che rimangono meno di quattro giorni alla scadenza la troika dei mediatori non ha ancora fatto conoscere le proposte sugli aspetti della sicurezza e militari. Non hanno nemmeno risposto formalmente alle proposte dei delegati sulla ricostruzione politica ed economica del Kosovo. "Per noi il Kosovo non è un problema culturale o economico, ma un problema politico e militare. Ci deve essere consentito di negoziare tali punti in maniera approfondita", ha detto Pleurat Sejdiu, un rappresentante politico dell'UCK. I diplomatici rispondono che per quanto riguarda gli aspetti militari, come il futuro ruolo dell'UCK e il ritiro delle forze serbe dal Kosovo non vi è molto da discutere. "Vi è uno strettissimo spazio di manovra ai margini", ha detto un diplomatico occidentale. Un altro è stato più diretto: "(Le nostre proposte) non sono negoziabili", ha detto. Si tratta di una situazione del tutto differente da quella dei negoziati per la pace in Bosnia svoltisi nel 1995 a Dayton, negli USA, quando un team di mediatori ha combattuto per tre settimane al fine di arrivare ad un accordo, discutendo di ogni minimo dettaglio. In quella occasione c'era stata anche la presenza di un alto generale americano per aiutare a mettere a punto i termini di riferimento per una forza NATO in Bosnia. A Rambouillet non vi è alcuna tale figura e l'eventuale dispiegamento di truppe NATO in Kosovo viene deciso altrove. E a differenza di Dayton non ci sono stati seri incontri a quattr'occhi tra i serbi e gli albanesi, ma solo un incessante pendolare dei mediatori tra due piani diversi del castello di Rambouillet dove sono alloggiate le delegazioni. "Non ci sono trattative a Rambouillet... perché mai ci siamo venuti?" si è chiesto la settimana scorsa il presidente serbo Milutinovic. [...] Il Segretario agli esteri britannico Robin Cook, che è co-ospite delle trattative, ha detto la settimana scorsa di attendersi che l'80 per cento delle decisioni verrà preso nelle ultime 24 ore di discussioni. "Non potrà che accadere così se non consegneranno tutte le loro proposte se non all'ultimo minuto", ha detto il consulente albanese. "Ma come possiamo sperare di porre fine a un problema nato 10 anni fa in sole 24 ore?". (da Reuters, 17 febbraio 1999) LA NATO IN KOSOVO CON CINQUE ZONE DI COMANDO? Un "Documento militare americano" è stato consegnato a Milosevic martedì, mentre agli albanesi verrà consegnato venerdì. [Fonti diplomatiche] fanno sapere che il "Documento militare americano" è stato consegnato a Milosevic ieri sera [16 febbraio] e che egli avrà tempo fino a sabato per dire di "no" ad esso anche cento volte nel frattempo, ma non sabato a mezzogiorno. Gli albanesi, da parte loro, riceveranno questo documento circa 24 ore prima del termine di scadenza della conferenza sabato prossimo. Vi sono indicazioni che gli americani, o almeno determinati alti funzionari militari, non vogliano escludere l'UCK dal gioco, ma abbiano solamente l'intenzione di neutralizzarlo. Nel senso che non vogliono disarmarlo, ma solo fargli raggiungere un consenso, con la condizione che venga incluso nel contesto politico del Kosovo. Per i curiosi, questo "Documento militare americano" non prevede che Pristina cada sotto il controllo dei francesi, come si pensava. In realtà, Pristina sarà sotto il controllo dei britannici, il confine con l'Albania sarà di competenza degli americani, le forze italiane avranno la parte settentrionale del Kosovo, mentre i francesi si goderanno il profondo sud. Lo stesso documento prevede che un alto funzionario francese sarà il comandante dell'"Alto comando della NATO in Kosovo", e non un britannico come dicevano alcune voci. Va inoltre rilevato che i russi sono entrati con convinzione a fare parte della partita. Sembra incredibile, ma questa volta non solo sono a favore del dispiegamento di truppe NATO in Kosovo, ma anche a favore degli attacchi aerei se Milosevic non cederà. Questa "bomba" russa - anche se fosse falsa - ha fatto seguito a una dichiarazione dell'uomo di Milosevic, Milutinovic, secondo cui Belgrado si considera come un logico partner della NATO, nell'ambito della "Partnership per la libertà". Ed è precisamente da questo punto di vista che a partire da domenica mattina Milosevic lancerà una nuova campagna mediale, ma questa volta non contro il nemico chiamato NATO, bensì a favore del partner chiamato NATO!... "Ieri sera si è arrivati all'idea che alla fine della Conferenza sul Kosovo vi sono possibilità che non si arrivi ad alcuna firma di un accordo tra le parti in conflitto, ma solo a una dichiarazione secondo la quale le parti negozianti, o le parti in conflitto, accettano l'accordo offerto dal Gruppo di Contatto", fonti occidentali hanno detto a "Koha Ditore" durante una lunga conversazione svoltasi martedì. L'idea sembra trovare origine a Washington, che ieri ha rifiutato di consentire agli ambasciatori Petritsch e Majorski di recarsi a Belgrado con l'ambasciatore Hill. Le fonti occidentali fanno inoltre sapere che Hill non ha informato né la delegazione serba né quella albanese del suo viaggio a Belgrado per visitare Milosevic. Detta in breve: i negoziatori serbi e albanesi sono venuti a conoscenza della notizia dai media. Tornando all'idea più recente proveniente dall'Occidente di non firmare nulla e di formulare invece una dichiarazione orale relativa all'accettazione dell'accordo, a quanto sembra si tratta di una cosa totalmente inaccettabile dal punto di vista degli albanesi. Lo stesso vale per gli esperti americani del gruppo di negoziazione in Kosovo. Ciò è dovuto in particolare al fatto che se Milosevic dovesse dire un semplice e festivo "sì" sabato mattina, potrebbe aggirare l'accordo in cento modi. Ciò significherebbe virtualmente un fallimento totale della Conferenza internazionale sul Kosovo, perché è difficile credere che gli albanesi rinuncino a tutto per un semplice "Sì" del regime di Milosevic benedetto dagli americani in persona! Le stesse fonti dicono che praticamente nessuno dei commenti e delle proposte della delegazione albanese e dei suoi esperti verrà accettato. Lo stesso vale per le proposte della delegazione serba. [...] Ma cosa potrebbe guadagnare Milosevic da un'accettazione delle forze NATO in Kosovo senza bombe o violenza? Del tutto tranquillamente, gli americani, in armonia con gli europei che gli hanno inviato chiari segnali, sono pronti a garantire a Milosevic tre aspetti prioritari: un seggio alle Nazioni Unite, l'ammissione all'OSCE e una promessa chiara che la Jugoslavia sarà un paese come gli altri con prospettive di integrazione nelle potenti e stabili istituzioni internazionali. Tuttavia, tutto accadrà nelle ultime 24 ore. Gli albanesi non hanno ancora visto la lettera americana sugli "aspetti della sicurezza e militari". Finora i contatti con funzionari militari occidentali sono stati al livello di determinati stati, più specificamente con gli americani. Ciò è dovuto al fatto che i francesi continuano a rifiutare la presenza di funzionari NATO nel castello. Tuttavia, gli americani non stanno insistendo per essere presenti nel castello a ogni costo. E qualora ciò avvenga, sarà una presenza a basso livello. Almeno è questo quello che si può dire per il momento. (da "Koha Ditore", 17 febbraio 1999 - traduzione di A. Ferrario) A CHI CONVIENE LA NATO IN KOSOVO? [...] Qui a Pristina si richiama l'attenzione su una domanda che a prima vista sembrerebbe illogica dal punto di vista dei serbi: per quali motivi la presenza di truppe NATO in Kosovo converrebbe agli albanesi e anche se fosse conveniente per loro, lo sarebbe proprio per tutti? La presenza di truppe della NATO in Kosovo significherebbe oltre alla fine della supremazia serba sugli albanesi anche la fine dell'UCK. Se l'UCK davvero è disposta a sacrificare volontariamente se stessa solo affinché i serbi non governino in Kosovo (e per far sì che sia l'Occidente a governare), è una domanda che apre molti dubbi. Si può sostenere che il disarmo dell'UCK (dopo un'eventuale ritiro delle forze serbe) e la presenza dei soldati della NATO converrebbero a gruppi politici civili degli albanesi del Kosovo, ma si può dire lo stesso per l'UCK, che indubbiamente desidera essere "padrona a casa sua"? Un'ulteriore esistenza dell'UCK dopo il ritiro delle forze serbe, ritengono alcuni esperti, minaccerebbe sicuramente la posizione dei principali politici civili albanesi in Kosovo che sono in larga misura legati all'Occidente. Dall'altra parte, l'opinione pubblica albanese del Kosovo, o comunque la gente comune, guarda in maniera univoca e ingenua alle attività politiche e diplomatiche di Belgrado. Alla luce della campagna a favore della NATO di Vuk Draskovic, che di sicuro non parla a caso, e delle dichiarazioni del presidente serbo Milutinovic, rilasciate a Rambouillet, secondo cui esiste un solo modo perché la Serbia accetti l'entrata di truppe NATO in Kosovo, "e cioè che la Serbia stessa diventi membro della NATO", si pone in maniera pressante la domanda se davvero a Belgrado non convenga in alcun modo la presenza di truppe straniere in Kosovo. I calcoli su cui si basano tutte queste nuove mutazioni politiche del regime di Belgrado sono chiari: consentono la soluzione di tutti i problemi, indipendentemente dalla propria retorica pubblica antioccidentale. Analogamente, la Serbia, o la Jugoslavia, nella NATO converrebbe all'Occidente, poiché in tal modo si riuscirà a rendere più sobria Mosca, che si oppone all'allargamento dell'alleanza militare verso est, all'insegna dell'imperativo di creare in via definitiva ordine e pace nei Balcani e, come sappiamo, "la pace non ha alternative". Così, le forze NATO in Kosovo non sarebbero per Belgrado degli occupatori, ma dei "nostri" che sono qui per disarmare l'UCK e difendere i serbi del Kosovo. E indipendentemente da quale scenario poi si concretizzerà, si può facilmente indovinare che alla fine risulterà che l'UCK è stata una sanguinosa moneta di scambio per i giochi sotterranei tra Washington, Belgrado e Mosca. (brani dall'articolo: "Bombe e Rambouillet all'ombra della NATO" di Dorijan Nuaj, AIM, 18 febbraio - traduzione e titolo di A. Ferrario) ULTIM'ORA: LETTERA DI COOK E VEDRINE AL POPOLO JUGOSLAVO [Questa lettera è stata resa pubblica nel momento in cui preparavamo questo numero di "Notizie Est" e la riportiamo qui sotto in traduzione, senza commenti] Scegliete: fine del conflitto o lungo isolamento Dalla Jugoslavia ci attendiamo che prenda una decisione molto seria nel corso delle prossime ore. Tale decisione avrà conseguenze di vasta portata per voi, per il vostro paese, nonché per l'intera Europa. Potete scegliere: o porre fine al conflitto e riportare la Jugoslavia nella famiglia dei moderni paesi europei, oppure riportarla nuovamente nel circolo dei conflitti interni e dell'isolamento dall'estero, due processi che hanno già segnato gli anni più recenti della vostra storia. Nel corso dei secoli nel nostro continente sono state condotte molte guerre, ma l'Europa moderna ha messo termine a ogni tale conflitto, costruendo al loro posto una solida unità basata sulla collaborazione e la comprensione. Abbiamo capito che gli spargimenti di sangue non possono mai risolvere gli odi etnici e nazionali. Abbiamo capito che scontri secolari possono essere superati. Ciò vale anche per il Kosovo. La pace è a portata di mano e l'intera comunità internazionale è convinta che le parti in conflitto debbano sfruttare tale possibilità. L'intero Gruppo di contatto - Russia, Gran Bretagna, Francia, Italia, Germania e Stati Uniti d'America - è convinto che la soluzione per il Kosovo risieda in un'autonomia sostanziale. Ciò dovrebbe essere accettabile per entrambe le parti. Ma per questo entrambe le parti dovranno accettare dei compromessi. Gli albanesi del Kosovo dovranno rinunciare alla richiesta di indipendenza e riconoscere i diritti delle altre comunità nazionali del Kosovo. I cittadini della Federazione jugoslava dovranno riconoscere il diritto del Kosovo a un alto grado di autonomia. Entrambe le parti dovranno accettare, nel reciproco interesse, una presenza militare internazionale che garantirà la messa in atto dell'accordo. Si tratta di un compromesso. Ma senza compromesso non vi sono basi stabili per la pace. Un tale approccio richiede a entrambe le parti coraggio e una visione del futuro. Non fate una scelta errata. Non abbiate paura del compromesso. L'autonomia all'interno di un medesimo stato è una soluzione moderna che funziona bene in tutta Europa. Una tale soluzione consentirà alla Federazione jugoslava di tutelare la propria sovranità, la propria dignità e il proprio futuro. Aprirà la strada che potrebbe portare il vostro paese al benessere di cui il resto d'Europa gode nella pace. Non esiste una congiura antiserba. L'insuccesso non è inevitabile. La comunità internazionale desidera vedere la Jugoslavia al posto che si merita in un'Europa moderna e un domani nel mondo. Desideriamo la fine del vostro isolamento. Non vogliamo respingervi. Tuttavia, tutto ciò ora dipende da voi. Dovete accettare il piano del Gruppo di contatto, del quale i vostri rappresentanti stanno in questo momento discutendo in Francia. Dovete finalmente mettere fine al periodo di otto anni di guerra e di conflitti etnici nei Balcani. Vi invitiamo ad aprire, insieme ai vostri amici europei, un nuovo capitolo nella storia del vostro paese. Robin Cook, Hubert Vedrine (da "Danas", 19 febbraio 1999) |