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![]() NOTIZIE EST #172 - JUGOSLAVIA/KOSOVO IL RISCHIO DELLE TRATTATIVE In un piccolo caffè nel centro di Tirana due rappresentanti dell'Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK) stanno seduti tranquillamente a un tavolo nell'angolo. Vestiti in abiti dimessi con calzoni scuri e lunghi cappotti, avvolti nel fumo delle sigarette, è difficile distinguerli dalla folla. Ma mentre le altre persone, gli albanesi dell'Albania, parlano delle difficoltà quotidiane del loro paese - blackout continui, mancanza di acqua corrente, corruzione del governo - solo gli uomini dell'UCK si scaldano discutendo di quale sarà l'esito dei negoziati di Rambouillet sul Kosovo. In Albania, semplicemente, la provincia jugoslava non è un argomento scottante. La gente non passa molto tempo a discuterne, anche se l'argomento è fortemente presente nei media. In via non ufficiale, molti leader politici dell'Albania ammettono addirittura di non potere fare molto a riguardo. Tirana può premere, e lo fa, per l'autodeterminazione degli albanesi del Kosovo di fronte a organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite e l'Unione Europea, mentre importanti politici fanno occasionalmente dichiarazioni sul diritto degli albanesi all'autodifesa. Ma tutto ciò ha comunque ha un'influenza diretta molto limitata sull'UCK o anche sulla Lega Democratica del Kosovo (LDK) di Ibrahim Rugova. Date le difficili circostanze in cui si trova l'Albania, i rappresentanti locali dell'UCK insistono che la migliore forma di assistenza sia quella che Tirana ha dato fino a ora: il non coinvolgimento. Ciò ha consentito sia a Tirana che all'UCK di concentrarsi sui propri affari, senza che tra di loro nascessero troppe complicazioni. Tra i potenziali problemi vi potrebbe essere infatti la preoccupazione internazionale riguardo a progetti di "Grande Albania" o lo scontento interno nel caso in cui si dovesse vedere che Tirana presta agli albanesi di Jugoslavia un'attenzione maggiore di quella che dedica a quelli di casa propria. La discrezione di Tirana, insieme al basso profilo mantenuto dall'UCK in Albania, sembrano avere aiutato a guadagnare un supporto morale per il Kosovo da parte di molti albanesi locali. Ciò si riflette anche negli articoli e nei programmi pro-UCK che sono comparsi sia nei partiti politici che nei media indipendenti locali. I rappresentanti dell'UCK esprimono particolare soddisfazione per la nomina di Hashim Thaci, un comandante dell'UCK in Kosovo, a capo della delegazione degli albanesi del Kosovo a Rambouillet insieme a Rugova e a Rexhep Qosja, presidente della Movimento Democratico Unito (LBD). Secono un ufficiale che opera sul campo, "la nomina di Thaci è stato un chiaro segno inviato ai kosovari e all'Occidente che sarà l'UCK a determinare il futuro del Kosovo". La nomina potrebbe rivelarsi tuttavia qualcosa di simile a un cavallo di Troia per l'UCK. Sia l'Europa Occidentale che gli Stati Uniti hanno abbondantemente reso chiaro che non è in alcun modo in discussione un'indipendenza del Kosovo. Di conseguenza, l'accettazione di qualsiasi cosa che non sia l'indipendenza da parte della delegazione guidata da Thaci implicherebbe direttamente una "svendita" del Kosovo da parte dell'UCK In realtà, molti esperti sono rimasti sorpresi dalla decisione dell'UCK di partecipare alle trattative. Sembra che l'UCK non possa che uscire perdente da un processo basato sull'esclusione dell'indipendenza e sul dispiegamento di forze NATO a supporto di una struttura politica che con ogni probabilità sarà guidata da Rugova. Ma secondo i due rappresentanti a Tirana, l'UCK ha accettato di prendere parte alle trattative per due motivi importanti. In primo luogo, dimostrando la volontà a impegnarsi in un dialogo desidera porre termine una volta per tutte alla sua equiparazione con le forze serbe, che l'UCK considera un'entità criminale. In secondo luogo, dimostrando la propria disponibilità a lavorare con le potenze occidentali, l'UCK ha sperato di dare una prova della ragionevolezza della propria posizione principale (e in ultimo di vederla accettata), ovvero che l'unica soluzione per il Kosovo è la piena indipendenza. Indipendentemente dalle strategie immediate, i rappresentanti dell'UCK sono convinti che gli incontri di Rambouillet non produrranno una soluzione a lungo termine. Essi credono che le fondamentali differenze tra serbi e albanesi in merito al controllo della provincia siano troppo grandi per essere risolte con alcune complessse formule abbozzate dagli americani. In realtà, la loro principale preoccupazione immediata sembra essere quale sarà il più probabile esito di una rottura delle trattative e a chi l'Occidente cercherà di dare la colpa in tale caso. L'Occidente ha minacciato Belgrado di attacchi NATO nel caso in cui rifiuti di adempiere l'impegno di porre fine ai combattimenti. Ma anche se la NATO attaccasse, il peggio che Milosevic potrebbe soffrire sarebbe la perdita di alcuni obiettivi militari, mentre in compenso otterrebbe nuovo sostegno dai nazionalisti. Se invece fosse l'UCK a essere considerata l'ostacolo, l'Occidente potrebbe reagire congelando i conti bancari dell'UCK, arrestando il flusso di armi attraverso l'Albania o, nel caso più estremo, dando a Belgrado il semaforo verde per attaccare le posizioni dell'UCK in Kosovo. Alla fine, il problema chiave per l'UCK potrebbe essere il classico dilemma di ogni "esercito di liberazione" che accetta un compromesso. Più tardi, mentre era seduto in un edificio di abitazioni a Tirana convertito in un padiglione d'ospedale, un comandante dell'UCK ha detto: "è troppo il sangue albanese che è già stato versato per ottenere qualcosa di meno dell'indipendenza". I 20 giovani combattenti dell'UCK nel padiglione hanno tutti perso almeno un membro della famiglia a causa delle forze serbe. La maggior parte delle persone ferite ha lesioni sotto la cinta, causate da mine, cecchini e bombardamenti. Danno al comandante un'autodiagnosi, chiedendo di potere tornare al fronte. Il comandante spiega che innanzitutto viene data una licenza e che a coloro che hanno un solo maschio rimasto nella famiglia non viene consentito di tornare al fronte. Ma poi racconta che il 90 per cento abbandona la propria licenza a metà e chiede di tornare sul campo. La discussione nel padiglione dell'ospedale viene costantemente interrotta dal suono del cellulare del comandante, che riceve di continuo telefonate dalla Francia o dalle truppe sul campo in Kosovo. Ci comunica con una frase che "la delegazione [a Rambouillet] ha detto chiaramente che non accettera nulla di meno dell'indipendenza". E ancora, "le forze serbe continuano ad attaccare i civili e ci sono stati degli scontri a fuoco". I soldati dell'UCK non si attendono che i negoziati di Rambouillet pongano fine ai combattimenti e in realtà prevedono un aumentare delle ostilità dopo il loro fallimento. (da "IWPR", n. 2, 10 febbraio 1999 - traduzione di A. Ferrario) |