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![]() NOTIZIE EST #173 - JUGOSLAVIA/KOSOVO RAMBOUILLET: PRIMA DELLO SCADERE DEL TERMINE / 2 TENSIONI, MINACCE E AMMORBIDIMENTI [Con l'avvicinarsi del termine ultimo per la firma di un accordo a Rambouillet la NATO alza pericolosamente il tiro, anche se tra le righe si possono leggere alcuni segnali in controtendenza; d'altra parte tutti hanno detto che ogni cosa si sarebbe giocata nelle ultime 24 ore e così sta avvenendo, come testimoniano la consegna ufficiale avvenuta solo ieri sera, 18 febbraio, della nuova bozza di accordo riveduta e corretta alle due delegazioni, nonché l'arrivo previsto per questa sera o domani mattina di Madeleine Albright a Rambouillet. Qui di seguito una serie di "ritagli" da giornali e agenzie - a.f.] Oggi tutti i mezzi d'informazione mettono l'accento sul rifiuto da parte di Milosevic di uno stanziamento di truppe NATO nel Kosovo, ma negli ultimi giorni vi era stata anche una netta opposizione dell'UCK a un proprio disarmo, che non sembra essere rientrata. Così scriveva l'AFP il 17 settembre: "M. Salihu, responsabile dell'UCK per le relazioni internazionali in Svizzera, nel corso di una conferenza stampa ha risposto negativamente alla possibilità di un disarmo dell'UCK nel quadro di un eventuale accordo, aggiungendo che 'in un eventuale accordo dovrà essere chiaramente indicato quale sarà l'avvenire dell'UCK. L'UCK esisterà fino alla liberazione totale del Kosovo. Non penso che la delegazione albanese firmerà un documento nel quale si dica che l'UCK si deve disarmare'. Sempre secondo l'AFP, il rappresentante dell'UCK per la Germania ha ribadito che "un dispiegamento della NATO ha il completo sostegno dell'UCK". L'AFP inoltre scrive, così come altre fonti, che gli albanesi avrebbero invece rinunciato alla richiesta di tenere un referendum per l'indipendenza dopo un periodo di tre anni, richiesta che fino a Rambouillet veniva ritenuta assolutamente irrinunciabile. Il Ministro dell'informazione jugoslavo Komnenic ha dichiarato lo stesso giorno: "Siamo pronti alle trattative per raggiungere un accordo che dia agli albanesi ciò che già hanno in conformità alla Costituzione e che non vogliono usare. Cosa significherebbe bombardare la Serbia? Rendere un problema già grave ancora più difficile e rimandare la sua soluzione per un paio di anni. L'intervento NATO potrebbe solo causare vittime civili, creare tensioni e diminuire la disponibilità della Jugoslavia a trattare". In un servizio dal Kosovo, a Podujevo, l'AFP riporta alcune dichiarazioni di comandanti UCK locali. "La mia opinione personale", dice un comandante, "è che non possiamo firmare un accordo a Rambouillet se ciò comporta il disarmo dell'UCK". Un suo collega concorda: "Non abbiamo mandato la nostra gente (ai negoziati) per capitolare", mentre un portavoce dell'UCK rincara la dose: "Non credo più nella diplomazia occidentale. Nessuno dell'UCK consegnerà le proprie armi prima di avere liberato il Kosovo". Sempre in Kosovo, alcuni giorni prima Albin Kurti, leader studentesco e segretario di Demaci, aveva dato una conferenza stampa nella quale ha dichiarato, tra le altre cose: "Il regime fascista serbo si trova ormai vicino a perdere la sua colonia, il Kosova. [...] Sta diminuendo inoltre il numero dei serbi del Kosova manipolati dal regime di Belgrado. Capiscono sempre di più che la loro fedeltà a Belgrado non porta loro alcuna sicurezza. Si rendono conto di non potere più trarre vantaggio dalle loro posizioni nell'amministrazione colonialista. Comprendono sempre più la verità - la giusta lotta di liberazione dell'UCK, una lotta contro i terroristi serbi a servizio non solo degli albanesi, ma di tutti i popoli che vivono in Kosova. [...] Per quanto riguarda la composizione della delegazione di Belgrado a Rambouillet, è necessario sottolineare che noi siamo in conflitto con il regime serbo e non con i rom, i turchi e gli egiziani. Soprattutto sapendo che anch'essi sono schiavizzati dal regime serbo". E ancora: "Il problema del Kosova non può essere risolto giustamente fino a quando i termini 'autonomia' e 'nazionalità' non verranno cancellati dalle proposte di progetto della comunità internazionale. I termini comunità etnica, etnicità ecc. eliminano il diritto all'indipendenza del popolo del Kosova. [...] Quando si discute di autonomia, dobbiamo ricordarci che gli Albanesi avevano un'autonomia. Hanno avuto un'autonomia fin dal 1945 e vi è stata in una certa misura un'evoluzione positiva di questo processo di emancipazione. Il più alto livello di autonomia è stato raggiunto nel 1974, ma nonostante questo progresso, l'80% di tutti i prigionieri politici nella ex Jugolsavia erano albanesi. Esistevano leggi discriminatorie nei confronti degli albanesi. E' per questo che ci sono state le dimostrazioni del 1981. Questi fattori hanno portato a una grande insoddisfazione tra gli albanesi, soprattutto quando la loro autonomia è stata portata via con la violenza il 23 marzo 1989. Ciò ha fatto capire agli albanesi che non possono ottenere i loro diritti in questo modo e che non possono essere sicuri nell'autonomia". In merito al rifiuto di Demaci di partecipare ai colloqui di Rambouillet, Kurti ha detto: "La partecipazine della delegazione albanese, ivi inclusi i rappresentanti del Quartier Generale dell'UCK, dimostra le molte dimensioni della politica albanese e la volontà dell'UCK di fare dei sacrifici al fine di trovare una soluzione politica al problema del Kosova. In realtà, Demaci pensava che una non partecipazione a Rambouillet avrebbe costretto la parte serba a sedersi a dei negoziati diretti con il Quartier Generale dell'UCK, e in tal modo avrebbe incontrato politici dell'UCK che non solo hanno le idee chiare, ma sono anche coloro che hanno guidato la lotta di liberazione". Mentre fino a ieri nessuna delle ambasciate aveva messo in atto preparativi per l'abbandono del paese in vista di eventuali bombardamenti, oggi hanno messo a punto piani di tale tipo i ministeri degli esteri di Canada e Gran Bretagna, mentre sono stati messi in preallarme i cittadini statunitensi in Serbia. L'OSCE ha anch'essa preparato un dispositivo di abbandono del Kosovo nel caso in cui i negoziati a Rambouillet dovessero fallire: i verificatori avvierebbero in tal caso le procedure di partenza domenica mattina, per giungere in Macedonia dopo circa otto ore (AFP, 18 febbraio). In un servizio pubblicato ieri, la Reuters scrive di un eventuale attacco NATO: "Se le trattative di pace per il Kosovo dovessero fallire e la NATO lanciasse degli attacchi aerei punitivi contro la Jugoslavia, i nazionalisti serbi potrebbero mettere in atto rappresaglie contro civili di etnia albanese, hanno detto oggi fonti diplomatiche. 'Il nostro maggiore timore è che gli attacchi aerei vengano usati come una scusa dalle unità paramilitari serbe per entrare in Kosovo e attaccare civili albanesi. [...] La NATO può agire effettivamente con i propri dispositivi aerei se Belgrado dovesse cominciare a muovere o a mettere in azione artiglieria o carriarmati in Kosovo. Ma le azioni di bande omicide come quelle che abbiamo visto agire in Bosnia e in Croazia costituiscono una minaccia di tipo diverso. [...] I guerriglieri [dell'UCK] non hanno una presenza militare efficace nei centri urbani e nelle grandi città, dove vive la maggior parte degli albanesi. Le persone che vi abitano sarebbero bersagli ideali per le squadre paramilitari intenzionate a fare pagare a qualcuno le azioni NATO'. Perfino i serbi di Pristina, la capitale del Kosovo, erano oggi preoccupati non tanto di essere colpiti da una bomba NATO, quando piuttosto di venire coinvolti nelle sanguinose conseguenze di eventuali rappresaglie. 'Porto la mia famiglia in Montenegro oggi e la lascerò lì', dice Miroslav, un taxista serbo di 37 anni. 'E' un momento pericoloso. La NATO non mi preoccupa, ma questi sono i momenti in cui le teste calde governano le strade. Nessuno è sicuro'". A tale proposito il pensiero non può che andare ad alcuni recenti eventi, come le strane prove generali di un assedio di Pristina svoltesi con i carriarmati in coincidenza con la crisi degli ostaggi di gennaio, il blocco della stessa città da parte di milizie di serbi armati a metà dello stesso mese e ancora la recente disposizione che consente alle milizie armate serbe di operare fin da ora nei centri urbani, in attesa di una loro "regolamentazione". Sull'altro fronte non va dimenticato che alcuni giorni fa un ufficiale NATO aveva ammesso che gli eventuali attacchi aerei contro la Serbia causeranno comunque vittime tra la popolazione civile. La Associated Press, in un articolo pubblicato ieri, descrive l'accaparramento di provviste in corso tra la popolazione di Pristina. L'AP riporta inoltre un'altra notizia, confermata da altre fonti giornalistiche e dall'OSCE, secondo cui lunghe colonne di carriarmati, blindati, truppe e pezzi di artiglieria delle forze serbe stanno mettendo in atto ampi dislocamenti nel sud del Kosovo, muovendosi in colonne che arrivano anche a 30 veicoli. In Montenegro, il governo ha richiamato i riservisti, mentre corre una voce simile, ma non confermata, anche per il Kosovo. Intanto, Madeleine Albright ha nuovamente minacciato la Serbia di bombardamenti, mentre il segretario della NATO Solana ha rifiutato di dire quando potrebbero cominciare gli attacchi se il termine ultimo per un accordo a Rambouillet dovesse scadere senza un accordo, limitandosi a dire che tali attacchi "saranno messi in atto in tempi brevi". Altre due notizie correggono però in parte questo drammatico quadro. L'AP, sempre il 18 febbraio, segnala che in un'intervista che esce oggi sul quotidiano francese "Le Figaro" il ministro della difesa francese Richard ha dichiarato che la NATO non intraprenderà automaticamente azioni militari contro la Jugoslavia nel caso in cui non venga raggiunto un accordo. "La situazione dovrà essere valutata", ha detto Richard. Ricordiamo a tale proposito che il segretario della NATO Solana ha sì la facoltà di ordinare attacchi aerei contro la Serbia, ma solo dopo avere ottenuto l'assenso del Gruppo di contatto, all'interno del quale, tra russi, europei e statunitensi, manca chiaramente un'unità di intenti. Sempre ieri, come riportato dall'AFP, il portavoce del Partito Socialista Serbo, Ivica Dacic, molto vicino a Milosevic, ha dichiarato che truppe straniere possono essere dispiegate in Kosovo solo con il consenso delle autorità di Belgrado, altrimenti ciò costituirebbe un'aggressione, una formulazione che, anche se indirettamente, ammette la possibilità di un intervento NATO sul terreno in Kosovo con l'approvazione di Belgrado. Inoltre, secondo l'AP, fonti vicine alla delegazione serba alle trattative hanno detto che se le pressioni continuano, Belgrado potrebbe prendere in considerazione un assenso all'entrata di truppe straniere in Kosovo, ma alla condizione che non includano soldati di nazioni "non amiche" come gli Stati Uniti, la Germania, la Gran Bretagna e la Francia, un'ipotesi che è tuttavia da escludere venga accettata dalle grandi potenze. In un articolo pubblicato ieri dall'agenzia AIM, il giornalista Filip Svarm, così commenta da Belgrado gli sviluppi delle ultime ore: "In ogni caso, la posta in gioco di entrambe le parti - la Belgrado ufficiale e la NATO - è stata alzata fino al soffitto. Presto sarà necessario mostrare le carte. Allora si vedrà chi ha bluffato. Niente, se si ecettua il ringagliardimento verbale del regime in Serbia e gli spot TV "Ti amiamo patria nostra", indica che qui si stia preparando qualcosa. Se si deve giudicare sulla base di situazioni simili nel passato vicino o lontano, la NATO si installerà in Kosovo e Milosevic diventerà di nuovo un 'fattore di pace e di stabilità'". **ULTIMISSIME** Mentre terminavo questa seconda puntata sulle ultime ore della conferenza di Rambouillet, sono giunte nuove notizie di agenzia che riporto qui sotto, scusandomi per la traduzione affrettata. Inoltre, la RAI ha comunicato poche ore fa che Milosevic ha rifiutato di incontrare il mediatore statunitense Hill, che intendeva recarsi nuovamente a Belgrado a trattare con lui. IN KOSOVA, LA DOMANDA E' "COSA SUCCEDERA' SE...?" PRISTINA, 19 febbraio (Reuters) - Con i negoziatori serbi e albanesi che si trovano ad affrontare la scadenza di sabato per giungere a una pace in Kosovo o rischiare un'azione NATO, la domanda che preoccupa la gente qui che ne subirà le conseguenze è: "Cosa succederà se...?". Nessuno al di fuori del castello di Rambouillet, vicino a Parigi, dove i negoziatori sono stati sequestrati per quasi due settimane può prevedere con alcun certezza se vi sarà un accordo, oppure quali saranno le conseguenze se ess non vi sarà. Così serbi e albanes, diplomatici, giornalisti, operatori umanitari e osservatori internazionali in Kosovo sono impegnati in un interminabile giro di ipotesi riguardo ai possibili esiti basandosi sulle scarsissime informazioni che filtrano all'esterno da Rambouillet. E' qualcosa di più di un esercizio retorico. Più di 2.000 persone sono state uccise in questa provincia meridionale della Serbia nel corso dell'anno passato. Molte di più potrebbero morire se Rambouillet dovesse fallire. La principale scuola di pensiero tra coloro che formulano le varie ipotesi si basa sulla convinzione che il presidente jugoslavo Slobodan Milosevic voglia sbarazzarsi dal Kosovo e abbia bisogno solo della copertura politica che unicamente un'azione militare della NATO potrebbe dargli. Coloro che aderiscono a tale teoria dicono che i soli dati demografici fanno del Kosovo un obiettivo perdente per la Serbia, dato che gli albanesi costituiscono già il 90 per cento della popolazione qui e hanno il più alto tasso di nascite d'Europa. Dimenticate le motivazioni secondo cui il Kosovo è la culla dell'identità nazionale serba, dicono queste persone: il Kosovo è come una lisca di pesce conficcata nella gola politica della Serbia e così saldamente bloccatavisi, che non può essere né ingoiata né sputata fuori. L'unico modo in cui Milosevic può liberare la Serbia da tale "lisca", dicono, è dopo un bel colpo sulla schiena sotto forma di attacchi aerei della NATO. Il presidente jugoslavo potrebbe dopo di essi dire che egli ha combattuto la battaglia giusta ma ha dovuto piegarsi alla realtà militare per salvare il proprio popolo. Naturalmente ogni buona teoria ha il suo opposto e alcuni qui parlano della possibilità che Milosevic, che a tempo ha preso di mira il Kosovo, potrebbe chiamare quello che essi considerano un bluff della NATO. "Cosa succederà se Milosevic dice no a un accordo e osa sfidare la NATO a fare del suo peggio? La domanda non è mai stata quale sia la potenza militare della NATO, quanto piuttosto quale sia la sua volontà politica. Cosa succederà se la NATO bombarderà per un giorno o due e Milosevic continua a dire di no?", si domanda un osservatore politico a Pristina. "Abbiamo visto in Bosnia che alla NATO presto sono mancati obiettivi da colpire. Se Milosevic fosse davvero disposto a gettare il dato potrebbe essere in grado di superare una campagna di bombardamenti e ottenere un accordo molto migliore sul Kosovo dalla comunità internazionale. Sappiamo che la Russia si oppone a un'azione militare della NATO e che la Francia si tira indietro. Ma anche a Washington, c'è davvero la volontà di una vasta campagna di bombardamenti contro Belgrado? Lo dubito". Il conto alla rovescia per un accordo in Kosovo giungerà al termine sabato a mezzogiorno. Centinaia di aerei da guerra vengono messi in posizione per rendere effettiva la minaccia NATO. Per coloro che hanno esperienza della politica dei "rischi calcolati" e della diplomazia che usa forti pressioni, il gioco sta appena cominciando. Milosevic può anche sembrare impotente di fronte alla NATO e all'Occidente, ma è sopravvissuto a un decennio di gerra e di sanzioni, cedendo pezzi della ex Jugoslavia per stare al potere. [...] Ma cosa succederà se ora ha altri piani? ---------------- In altri servizi di oggi la Reuters scrive: Milosevic sta cercando di ottenere un alto prezzo per la sua arresa, che comprende la cancellazione delle ultime sanzioni dell'ONU e dell'UE, la riammissione nelle organizzazioni internazionali, aiuti finanziari e, forse più di tutto, una garanzia di non essere giudicato per i presunti cirimini di guerra, dicono fonti serbe. Funzionari europei sono disponibili a soddisfare alcuni desideri di Milosevic sulle sanzioni e sugli aiuti, sostenendo che se egli accetterà un'autonomia per il Kosovo con la NATO nel ruolo di poliziotto, avrà soddisfatto la volontà della comunità internazionale [...]. Un diplomatico europeo ha confermato che sia stato discusso il tema dei crimini di guerra, ma non ci potrà essere alcun impegno pubblico di un'immunità per Milosevic, perché ciò cancellerebbe l'autonomia del tribunale ONU sulla ex Jugoslavia. Tuttavia, ci si può immaginare che le potenze occidentali possano dare alcune garanzie private di non presentare prove ai giudici contro il leader serbo, senza le quali le possibilità di un'incriminazione sarebbero minime. "Ci saranno accordi che saranno resi pubblici e altri che non lo saranno. Nessuno lo ammetterà", dice un diplomatico. [...] La parte albanese è rimasta offesa quando ha visto le modifiche apportate alla bozza di costituzione per il Kosovo giovedì, che secondo gli albanesi accoglie le richieste di Milosevic. Un consulente dice di essere preoccupato dal fatto che Hill intende fare ulteriori concessioni oggi. "La preoccupazione è che se Milosevic dice 'voglio l'immunità per i crimini di guerra, la cancellazione delle sanzioni e cinque altre modifiche nella costituzione', la cosa più facile da dargli saranno le modifiche alla costituzione", ha detto il consulente. [...] Gli albanesi, e soprattutto i delegati dell'UCK, lamentano il fatto che la costituzione sia stata emendata con l'introduzione di una complicata seconda camera del parlamento composta da tutta la miriade di minorità etniche del Kosovo. Essa include anche riferimenti male accolti alla sovranità della Serbia e della Jugoslavia. [...] I funzionari occidentali sminuiscono le preoccupazioni degli albanesi [...]: "Se si pensa dove erano i kosovari solo un anno fa, quando Milosevic ha lanciato i suoi attacchi in Kosovo, si tratta di un successo straordinario per loro", ha detto uno di essi. La delegazione albanese ai negoziati di Rambouillet ha minacciato che il suo sostegno a un piano di pace internazionale non può essere dato per scontato e ha accusato i mediatori di avere fatto troppe concessioni ai serbi sulla questione della sovranità del Kosovo. "Questa bozza è così cattiva che la parte albanese potrebbe proprio non firmarla sabato", ha detto un consulente. "Sta diventando un casino". [Il Minitro degli esteri britannico Cook] ha detto che i membri delle delegazioni "stanno diventando molto di malumore. Devono calmarsi e pensare bene, per capire che quello che stiamo facendo ha un senso". Gli albanesi sono furibondi perché dicono che i mediatori hanno modificato una bozza di pace originale per sottolineare le rivendicazioni territoriali della Jugoslavia nei confronti del Kosovo. Anche le richieste che l'UCK si disarmi hanno causato delusione. "Sono sconvolti, confusi, furiosi", ha detto un consulente della delegazione albanese. "Sarebbero matti se buttassero via questa possibilità di pace", ha dichiarato un diplomatico occidentale. Così scrive invece l'Associated Press: [...] Hashim Thaci, considerato la figura più influente all'interno dell'UCK, ha detto che la bozza è così pesantemente a favore della posizione serba da fare temere che chi ha orgnizzato la conferenza stia creando le condizioni per dare colpa all'UCK di un eventuale fallimento delle trattative di Rambouillet. Thaci, in un intervista distribuita oggi dalla Kosova Press, controllata dall'UCK, ha detto che la bozza presentata giovedì alle due parti a Rambouillet "non ha nemmeno un emendamento positivo rispetto a quella precedente. Al contrario, include tutte le principali richieste su cui la parte serba ha insistito", ha detto Thaci. "Siamo convinti che questo sia un tentativo di portare la delegazione del Kosova di fronte a una situazione che è già stata preimpostata per darle la colpa". Thaci ha detto che "questa manovra segreta" indica che gli organizzatori della conferenza - Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Germania e Italia - "vogliono dare la colpa alla parte che fino a oggi si è dimostrata più collaborativa e che ha lavorato con sincerità, onore e serietà verso il raggiungimento della pace. In realtà, il nucleo delle responsabilità per un eventuale fallimento della conferenza di Rambouillet va cercato nell'incapacità della politica internazinale nel costringere Milosevic a riconoscere i dirittti legittimi del popolo" del Kosovo. Thaci ha ripetuto le richieste degli albanesi secondo cui ogni accordo deve essere "garantito dalla NATO, guidata dagli USA" e deve includere "l'accettazione del diritto degli albanesi a una dichiarazione finale dello status del Kosovo". Thaci ha anche insistito affinché le "forze militari, di polizia e paramilitari" di Serbia e Jugoslavia vengano ritirate dal Kosovo, un punto che i serbi rifiutano di accettare. Come compromesso, il Gruppo di contatto ha proposto la riduzione delle truppe in Kosovo. "Siamo interessati alla pace, ma a una pace giusta", ha detto Thaci. [...] Differentemente da quanto è avvenuto in Bosnia, dove il governo internazionalmente riconosciuto di Sarajevo ha acconsentito agli attacchi NATO contro obiettivi dei serbo-bosniaci nell'autunno del 1995, gli alleati attaccherebbero un paese sovrano per la prima volta nei 50 anni di storia della NATO. [...] Alcune delle basi militari, delle posizioni temporanee e delle caserme in Kosovo [che potrebbero essere bersaglio di attacchi] si trovano in luoghi scarsamente popolati. Ma il Corpo d'Armata jugoslavo di Pristina, per esempio, occupa una base estesa nei sobborghi della capitale del Kosovo, affiancata da edifici residenziali e da strade di grande comunicazione. --------- Radio B92 di Belgrado ha riportato dichiarazioni del mediatore dell'UE Petritsch, il quale ha detto che è molto probabile che le trattative non giungano a buon fine. Infine, varie fonti parlano stasera di un possibile viaggio di Albright, Cook e Vedrine a Belgrado per domani mattina. (selezione e traduzione di A. Ferrario) |