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NOTIZIE EST #178 - JUGOSLAVIA/KOSOVO
26 febbraio 1999


PROTETTORATO O NO? IL MOVIMENTO ALBANESE SI SPACCA

[Negli ultimi due giorni si sono resi più chiari i retroscena del "no" temporaneo dell'UCK a Rambouillet e della nomina di un nuovo governo provvisorio del Kosovo da parte della delegazione albanese alla conferenza di pace, in netto dissidio con Demaci e parte dell'UCK stessa. Intanto, il mediatore USA Hill se la prende con i "marxisti-leninisti antioccidentali" dell'UCK e l'OSCE manda raggelanti messaggi trasversali agli albanesi del Kosovo. I particolari qui di seguito in una serie di "ritagli" di articoli - a.f.]


L'ufficio di Demaci ha emesso un comunicato, successivamente letto nella serata di mercoledì alla televisione albanese, nel quale si definisce il governo provvisorio come privo di ogni motivazione e legittimità. Nel comunicato si dice inoltre che Demaci, il cui ufficio dice che egli è stato nominato "principale rappresentante politico dell'UCK", non è stato consultato riguardo alla creazione del governo provvisorio del Kosovo. [...] "Il cosiddetto governo provvisorio è completamente contrario all'UCK e agli obiettivi del suo leader Demaci per la creazione di istituzioni valide del Kosovo, vale a dire per la creazione di un parlamento civico e del governo del Kosovo", si dice nel comunicato, il quale prosegue affermando che la nomina del governo provvisorio è una mossa per manipolare l'opinione pubblica del Kosovo al fine di farle accettare un accordo "che non va a vantaggio del popolo albanese e che è contrario alla sua determinazione per la libertà e l'indipendenza del Kosovo" (Reuters, 24 febbraio).

Alcuni esperti e una fonte vicina all'UCK hanno giudicato la mossa [della formazione di un governo provvisorio del Kosovo] come mirata a creare una grande ondata di appoggio popolare per il piano, alla quale i comandanti ribelli aderenti alla linea dura non potrebbero resistere. "E' una cosa positiva", dice la fonte vicina all'UCK. "Vogliono discuterne maggiormente con altre persone". Un certo numero di comandanti ribelli e il portavoce dei guerriglieri, Adem Demaci, si oppongono all'accordo perché non include termini specifici per un referendum sull'indipendenza. Inoltre, esso chiede il disarmo e lo scioglimento dell'UCK, consentendo invece alla Jugoslavia di mantenere truppe nella provincia e di ritirare gradualmente la propria polizia. Fonti dell'UCK dicono che mentre alcuni dei comandanti sono favorevoli all'accordo, altri non sono disposti a smobilitare quella che è diventata la principale forza politica tra gli albanesi. Altri ancora, dicono, vogliono continuare a combattere i serbi, convinti di potere infine ottenere l'indipendenza. "Il problema è che ci sono alcuni comandanti che non cederanno", dice un importante membro dell'UCK. Sono questi comandanti, insieme a Demaci, egli dice, che hanno avuto la meglio nelle conversazioni telefoniche a rappresentanti dell'UCK effettuate durante le trattative, nel corso del fine settimana, nel loro obiettivo di respingere il piano di pace. Il loro rifiuto è stato considerato uno scioccante tirarsi indietro di fronte agli sforzi della mediazione condotta dagli USA, mentre i diplomatici occidentali erano andati alle trattative sicuri che avrebbero ottenuto l'accordo degli albanesi. Il capo politico dell'UCK, Hashim Thaqi, e i suoi colleghi hanno mantenuto la loro posizione per tutta la giornata di lunedì rifiutando di piegarsi nonostante gli intensi faccia a faccia con Madeleine Albright, secono fonti vicine ai negoziati. Ma con i moderati dell'UCK e altri leader albanesi che premevano per l'accettazione del piano, Thaqi a quanto pare è venuto a più miti consigli esprimendosi a favore della decisione di rimandare la firma di due settimane. Ciò darà a lui e agli altri membri della delegazione il tempo di costruire un appoggio dell'opinione pubblica al quale i comandanti delle linea dura non sarebbero in grado di opporsi ("Christian Science Monitor", 24 febbraio).

"Attualmente è in atto una lotta di potere all'interno dell'UCK tra Thaci e Demaci", ha detto una fonte vicina all'UCK. "Ma la maggior parte dei comandanti, se hanno un senso della realtà, si metteranno con Thaci", ha aggiunto, suggerendo che Selimi [il comandante supremo dell'UCK appena nominato] possa alla fine forse appoggiare l'accordo di pace proposto ("Financial Times", 24 febbraio).

Le trattative di pace a Rambouillet non hanno dato esito in parte anche a causa della frattura tra gli albanesi che è andata aggravandosi mentre i negoziati proseguivano. Le possibilità di giungere il 23 febbraio alla firma di un accordo sono state mandate a monte la sera prima dall'UCK. Quest'ultimo ha all'improvviso dato un potere di veto a un leader, Adem Demaci, la cui più importante qualifica era quella di trovarsi in quel momento in Kosovo, a 1.200 miglia dalle stanze della conferenza. Come i serbi, nel cui caso il potere reale risiede solo a Belgrado nella persona del presidente Slobodan Milosevic, gli albanesi hanno spostato parte del processo di adozione delle decisioni al di fuori delle belle mura di Rambouillet. Probabilmente stavano facendo un favore all'Occidente. Gli albanesi del Kosovo, uniti nella loro determinazione per la piena indipendenza, si stanno dividendo sulla questione se accettare o meno i vari compromessi che vengono offerti dall'Occidente. Un mese fa, le cose sembravano molto diverse. Le trattative di Rambouillet sono cominciate solo dopo che il capo politico dell'UCK, Hashim Thaci, aveva accettato con un gruppo di diplomatici austriaci e britannici di accettare la bozza per un accordo di autonomia di tre anni. Gli albanesi avrebbero avuto un autogoverno e un aiuto a ricostruire i villaggi distrutti, mentre l'UCK avrebbe conservato il proprio esercito, con il trasferimento di alcune unità in una forza di polizia legale e armata. Soprattutto, l'UCK avrebbe conservato il controllo delle sue autoproclamate "zone libere", con la possibilità così di costruire una base politica per combattere le elezioni contro il proprio odiato rivale, il leader politico pacifista Ibrahim Rugova. I leader dell'UCK hanno fatto il ragionamento che dopo tre anni il loro esercito sarebbe stato più forte che mai. "Se tutto il resto fallisce, se non riusciranno a ottenere l'indipendenza in quell'occasione, potranno tornare alla guerra", ha detto un funzionario britannico. Ma una volta che le trattative sono cominciate, è emerso che non tutti i delegati erano d'accordo. Gli esponenti della linea dura non volevano alcun compromesso sull'idea di indipendenza. E' stato troppo per un movimento già abbastanza frazionato: questo esercito ha combattuto per appena 14 mesi e deve ancora essere definita una gerarchia precisa. Solo lunedì finalmente ha nominato un comandante generale, Suleiman Selimi. Thaci ha ottenuto il sostegno degli ufficiali moderati dell'UCK che hanno la propria base nella comunità dei kosovari esiliati in Germania e in Svizzera. Ma l'opposizione è venuta dalla "base operaia" e in particolare dai leader della Drenica, la regione collinosa centrale che ha opposto la più fiera resistenza e ha dovuto sopportare le maggiori sofferenze. Questi combattenti vengono da una tradizione di "kacaki" - i briganti "combattenti per la libertà" - che hanno combattutto a più riprese il dominio dei serbi durante questo secolo. Sono emersi conflitti anche tra i politici della delegazione, che hanno visto Rugova in dissidio con il capo del maggiore partito di opposizione, lo scrittore Rexhep Qosja, rivelatosi un fiero sostenitore di Thaci. Nel frattempo, sono nati sospetti che una parte dell'UCK intenda utilizzare la propria forza per conquistare il potere con ogni mezzo. "Ci sono due tipi di soldati dell'UCK", dice un giornalista del Kosovo che rifiuta di essere nominato. "Ci sono quelli della Drenica, e ci sono i soldati professionisti. Io ho più paura dei professionisti. Hanno un programma diverso". Anche l'Occidente è in parte colpevole. Da giugno a ottobre è rimasto a guardare mentre le forze serbe schiacciavano le unità dell'UCK e facevano fuggire 100.000 albanesi sui colli. I comandanti dell'UCK dicono che quello che allora le potenze occidentali volevano era vedere l'UCK schiacciata e non si lasciano impressionare dalle minacce del Segretario di Stato USA Madeleine Albright secondo cui l'UCK rischierebbe di essere "abbandonato" dall'Occidente. "Eravamo abbandonati già prima - siamo sopravvissuti", ha detto un leader dei ribelli. E non solo sopravvissuti. L'UCK sta crescendo sia nella forza che nella sicurezza di sé, con una potente organizzazione di finanziamento diffusa tra gli esuli in Europa e in America. Molti ritengono di potere ottenere di più sul terreno che su un tavolo di pace. "Speriamo in un buon anno di raccolta di fondi", ha detto il direttore UCK di Londra, Pleurat Selihu. "Non vogliamo comprare mitra. Ora la priorità sono i missili anticarro". E gli albanesi, civili e militari, stanno apprendendo dal padrone del passato come sfruttare le debolezze di un Occidente diviso. "Stanno imparando da Milosevic. Non fa mai le cose se non è davvero costretto a farle", ha detto un giornalista di Pristina, Evliana Berane. "Se fossero stati sicuri della serietà della comunità internazionale sulla scadenza avrebbero firmato" ("The Irish Times", 24 febbraio - articolo di Chris Stephen).

Uno dei delegati dei guerriglieri, Hashim Thaci, è stato l'ultimo a opporsi [alla proposta di accordo di Rambouillet]. Ma finalmente è stato convinto quando Hill e un altro membro della delegazione albanese, Veton Surroi, lo hanno isolato nelle discussioni di questo pomeriggio. Il motivo per opporsi che Thaci ha ripetutamente sollevato - l'insistenza dei guerriglieri per un referendum alla fine del periodo temporaneo di tre anni - è stato affrontato con un riferimento a tale voto mirato a salvare la faccia nella dichiarazione di oggi della delegazione. La dichiarazione dice che la delegazione ha inteso che "alla fine del periodo temporano il Kosovo terrà un referendum per accertare la volontà della gente". Cosa esattamente questo referendum dovrebbe affrontare è stato deliberatamente lasciato oscuro. I negoziatori hanno deto che un tale voto non sarebbe legalmente vincolante, ma il riferimento sembrava essere abbastanza per soddisfare Thaci e gli altri che ritengono il referendum come un primo passo cruciale verso l'indipendenza. L'accordo ora offre al Kosovo l'autonomia ma lo mantiene una provincia della Serbia. Durante le due settimane successive, quando gli albaesi saranno di nuovo in Kosovo per spiegare l'accordo, la minaccia di attacchi NATO contro Milosevic diminuirà. Ma una volta che si aprirà un nuovo giro di trattative il 15 marzo prossimo, hanno detto i negoziatori, la minaccia di tali attacchi verrebbe rinnovata per mettere sotto pressione Milosevic al fine di fargli accettare le truppe di terra guidate dalla NATO come missione di pace, alle quali finora egli ha così vigorosamente resistito. [...] Rimane il timore che Milosevic usi le proprie forze per provocare l'UCK, cosa che probabilmente rende i guerriglieri sul campo meno ansiosi di giungere a un accordo di quanto non lo siano i loro rappresentanti a Rambouillet. [...] Al fine di ottenere già il 23 febbraio l'accettazione condizionata da parte degli albanesi, Albright ha offerto degli incentivi mirati a dimostrare che Washington è amica del Kosovo. [...] Ufficiali dell'UCK verrebbero inviati negli Stati Uniti per essere addestrati a trasformarsi da un gruppo di guerriglia in una forza di polizia o in un'entità politica, così come è accaduto con l'African National Congress in Sudafrica ("New York Times", 24 febbraio).

[Mentre Rugova, Qosja e Surroi sono stati categorici, al loro ritorno da Rambouillet, nell'appoggiare il piano di pace di Rambouillet e, in particolare, la rinuncia a un referendum sull'indipendenza e il disarmo dell'Esercito di Liberzione del Kosovo, il portavoce di quest'ultimo, Jakup Krasniqi, è stato più ambiguo:] "Era nostro dovere fare pervenire la voce del Kosova e dell'UCK a Rambouillet e lo abbiamo fatto bene durante la conferenza internazionale sul Kosova, la prima conferenza internazionale alla quale hanno partecipato rappresentanti del popolo albanese. Non siamo andati con l'illusione di tornare da Rambouillet con l'indipendenza del Kosova. L'indipendenza del Kosova dipende dalla nostra lotta, dalla nostra determinazione a combattere per la libertà, l'indipendenza e la democrazia. Non vi portiamo l'autonomia, come alcuni potrebbero dire, o una repubblica o l'indipendenza. Avremmo potuto sfruttare la possibilità di tornare con un protettorato internazionale, ma non lo abbiamo fatto. Non volevamo decidere a favore senza consultare il popolo, gli esperti, gli intellettuali e l'UCK. Se decideremo a favore del protettorato, la garanzia dell'indipendenza dipenderà dalla nostra organizzazione, unità e determinazione nei prossimi tre anni. Qualcosa è stato raggiunto, tuttavia. Speriamo che il popolo del Kosovo riuscirà a realizzare le proprie aspirazioni di libertà e indipendenza in futuro, attraverso l'organizzazione e l'unità tra le forze militari e politiche del Kosova" ("Koha Ditore", 25 febbraio).

Il generale John Drewienkiewicz, che guida la divisione operativa della missione di verifica OSCE in Kosovo, ha detto che la proroga voluta dalla delegazione albanese guidata dai ribelli potrebbe aprire la strada a una offensiva su piena scala di Belgrado in tutto il Kosovo. Mentre si trovava su un collo osservando i cannoni antiaerei serbi che sparavano sulle colline circostanti per colpire posizioni dell'UCK, egli ha detto che ai serbi potrebbe venire data carta bianca per "entrare in azione e mollare calci in culo" [sic] se gli albanesi non daranno un "sì" chiaro all'accordo di pace. Drewienkiewicz ha aggiunto che la missione di verifica ha avuto indicazioni dirette dalle autorità serbe che esse si stanno preparando a inviare 50.000 soldati in Kosovo per annientare l'UCK ("Daily Telegraph", 24 febbraio)

Il mediatore americano per il Kosovo, Christopher Hill, ha dichiarato che l'UCK "deve capire che i suoi membri hanno un futuro come mebri di partiti politici o della polizia locale, ma che non lo hanno in un proseguimento degli scontri armati". Secondo Hill, alcuni rappresentanti degli albanesi "non aderiscono agli stessi valori ai quali aderiamo noi" e hanno "atteggiamenti molto antioccidentali". Essi "provengono dal movimento marxista-leninista" e "non sono convinti sostenitori del nostro impegno in Kosovo, anche se a parole affermano di esserlo" ("Dnevni Telegraf", 26 febbraio).

"Gli albanesi del Kosovo non firmeranno l'accordo di pace al secondo turno dei negoziati se esso non prevederà un referendum sull'indipendenza del Kosovo", ha detto oggi il presidente dell'autoproclamato governo del Kosovo in esilio, Bujar Bukoshi. Bukoshi ha detto che l'accordo di Rambouillet è stato visto come una possibilità per gli albanesi del Kosovo di decidere il proprio futuro dopo tre anni di status temporaneo di autonomia. Egli ha detto che gli albanesi non rinunceranno al loro obiettivo dell'indipendenza, anche se è stato necessario essere realistici ("Radio B92", 26 febbraio).

(selezione e traduzione di A. Ferrario)