![]() |
![]() NOTIZIE EST #195 - JUGOSLAVIA/KOSOVO CRONACHE DI GUERRA: 30 MARZO 1999 L'ECCIDIO DEL 28 MARZO ASPRI COMBATTIMENTI IN TUTTO IL KOSOVO [...] Secondo le notizie che giungono, le truppe governative hanno intensificato gli attacchi con vigore inaspettato, evidentemente per cercare di guadagnare terreno prima che i bombardamenti della NATO arrechino troppi danni alle loro forze in Kosovo. Le notizie che filtravano dal Kosovo domenica indicono che aspri combattimenti si stanno svolgendo in tutta la provincia serba, soprattutto in aree di poco a nord della capitale, Pristina- intorno alle città di Podujevo e Mitrovica, nonché nel cuore del territorio ribelle, Drenica. Pesanti combattimenti vengono segnalati anche intorno a Djakovica e Suva Reka, nel Kosovo sudoccidentale. Civili fuggiti dal Kosovo in Macedonia domenica scorsa hanno raccontato che sono in corso combattimenti in varie città, tra cui Pristina e Prizren, nel sud. Agim Vinca, un professore di filologia dell'Università di Pristina, ha detto di essere fuggito in auto, mentre i bambini piangevano sul sedile posteriore. "Tutto quello che si sente sono i combattimenti", ha raccontato. "Se non sono le bombe, sono i fucili - in ogni momento, non si sa cosa stia succedendo. E' peggio dell'inferno". Le forze serbe a quanto pare sono riuscite negli ultimi giorni a conquistare almeno due centri di comando dei ribelli - Lapastica, vicino a Podujevo, e Likovac, nella Drenica centrale. I giornalisti della agenzia di notizie dei ribelli, Kosova Press, dicono che le truppe hanno usato caccia MiG per bombardare aree in Kosovo e hanno spostato altri carri armati nelle aree evacuate dai ribelli. Ma i ribelli dicono anche che i loro comandanti finora sono riusciti a evitare la cattura e i gruppi ribelli hanno proseguito la loro resistenza, spostando i loro quartieri generali e mantenendo la struttura di comando intatta. "La loro coesione è migliorata massicciamente rispetto all'anno scorso", ha detto un osservatore militare del gruppo europeo della Missione di Verifica in Kosovo che ha mantenuto i contatti con i leader ribelli anche dop che gli osservatori si sono ritirati dal Kosovo più di una settimana fa. Membri del gruppo di monitoraggio hanno parlato alla condizione di rimanere anonimi. "Il fatto che siano riusciti a resistere così a lungo, che il loro comando e il loro controllo siano intatti, ne è una prova", ha detto. "Sono riusciti in qualche misura a proteggere i profughi e a tenere a distanza i serbi", ha continuato, fornendo come un esempio la regione della Drenica centrale, dove l'avanzata serba a quanto pare è arrivata a 1,5 km. da migliaia di profughi sparsi in vari villaggi. Egli ha detto che, sulla base delle conversazioni avute con i ribelli, questi ultimi sono riusciti a ritardare l'avanzata serba di una settimana, guadagnando un po' di tempo per i profughi. Vi sono ora segni che lasciano intendere che alcune parti dei gruppi ribelli suddividano i loro battaglioni in gruppi composti da quattro a cinque uomini, inviandoli in missioni di ricognizione e attacco contro la polizia e i convogli dei rifornimenti militari. In passato, i ribelli avevano largamente limitato le loro attività ai villaggi e alle aree rurali, mentre il governo ha conservato il controllo delle grandi città. Con l'indebolimento delle forze jugoslave in seguito ai bombardamenti NATO e il taglio dei rifornimenti e dei rinforzi da altre aree della Serbia, che è la maggiore entità della Jugoslavia, vi è la possibilità che le forze jugoslave e i ribelli arrivino a un livello di maggiore parità, dicono gli osservatori. Arrivati a un tale punto, se le forze ribelli riuscissero a resistere, le due parti potrebbero arrivare a uno stallo della situaizone. I ribelli "non potranno mai vincere, ba uno stallo sarebbe una vittoria", dice un osservatore. Tra i ribelli sembra che ci sia un morale alto. Il capo di stato maggiore dei ribelli, contattato per telefono domenica, ha ammesso di avere perso del territorio, ma ha immediatamente espresso l'intenzione di riconquistarlo. I ribelli "combatteranno con più decisione per ricuperare il terreno che hanno perso", ha detto parlando alla condizione di restare anonimo. Egli ha inoltre affermato che il gruppo ribelle "non sta perdendo la guerra e non la perderà mai. Continuerà la guerra fino alla libertà". Ha continuato dicendo che ci sono stati pesanti combattimenti intorno a Suva Reka e Prizren e che i civili vengono costretti ad abbandonare l'area. Ha detto inoltre che le forze governative stanno con ogni evidenza costringendo i residenti a fuggire bruciando i villaggi e privando i ribelli del sostegno della loro popolazione locale, ma stanno anche cercando di spopolare il Kosovo, dopo gli albanesi erano il 90 per cento della popolazione, in modo che il governo lo possa controllare più facilmente. Gli osservatori stranieri concordano ampiamente con questa analisi. Le forze serbe stanno attaccando dal nord, ripulendo l'area sia dai ribelli che dalla popolazione albanese in generale, dicono. "Li stanno schiacciando fuori verso il sud-ovest", ha detto uno degli osservatori, aggiungendo che le autorità potrebbero mirare a una spartizione del Kosovo, nel tentativo di conservare il nord, dove ci sono i monasteri ortodossi, industrie e miniere. Mentre i serbi stanno ottenendo successo nel costringere la popolazione civile a fuggire, i ribelli si mostrano flessibili, anche se sotto pressione e a corto di munizioni, dicono gli osservatori. La maggiore responsabilità per i ribelli ora è la popolazione civile fuggita. Hanno comunicato di essere disperatamente a corto di cibo in alcune aree, e quindi la situazione limita le loro attività ribelli e impedisce loro di mantenere alte le loro azioni di combattimento. La chiave delle prossime settimane sarà il fatto che gli albanesi riescano o meno a ottenere l'arrivo di forniture, ovvero cibo per la popolazione civile e munizioni per i combattenti. Con un numero compreso tra 6.000 e 7.000 soldati serbi a guardia del confine e una fascia di 16 chilometri ripulita a tale fine, i percorsi dei rifornimenti sono stati totalmente interrotti e migliaia di persone intrappolate in questa area, i civili potrebbero non essere in grado di ottenere cibo. (da "New York Times", 30 marzo 1999) SI FA SEMPRE PIU' GRAVE LA CRISI DEI RIFUGIATI KUKES, Albania - Migliaia di profughi albanesi sono fuggiti lunedì dal Kosovo, riferendo strazianti testimonianze sulle atrocità compiute dalle forze serbe. "I paramilitari serbi stanno uccidendo tutti coloro che rifiutano di abbandonare le loro case", racconta Adem Basha, un uomo della seconda città del Kosovo, Pec, dopo essere arrivato in Albania attraverso il punto di confine di Morina, vicino a Kukes, a più di 200 km. a nord di Tirana. Una stazione radio di Belgrado ha riferito che moltissime donne e bambini stanno fuggendo dalla capitale del Kosovo, Pristina. I residenti dicono che la parte settentrionale della città era in fiamme dopo che serbi hanno appiccato incendi per vendicarsi dei raid aerei NATO. L'organizzazione delle Nazioni Unite per i rifugiati, UNHCR, ha detto che intorno ai confini del Kosovo si sta creando una situazione "molto fosca": "Le strade sono piene e continuano ad arrivare... E' evidente che è in corso una politica di espulsione degli albanesi, ha dichiarato alla Reuters il portavoce Kris Janowski. Egli ha detto che la repubblica jugoslava del Montenegro ha informato ieri dell'arrivo di 10.000 kosovari, mentre 30.000 sono fuggiti in Albania. Il primo ministro albanese Pandeli Majko ha detto che circa altri 100.000 profughi si stanno dirigendo verso il suo paese dal Kosovo dopo che più di 60.000 erano giunti negli ultimi tre giorni. Il vice primo ministro Ilir Meta ha detto alla BBC che la maggior parte dei profughi sono donne, bambini e anziani, molti di essi esausti e in stato di shock. "Raccontano cose incredibili. Sono stati costretti ad abbandonare le loro case, che poi sono state bruciate. I soldati e i poliziotti serbi dicono l'oro che l'unica speranza di salvarsi è quella di andare in Albania, dice. Migliaia di albanesi sono fuggiti in Macedonia a piedi, in auto e su trattori, lunedì, denunciando i soprusi e le brutalità delle forze serbe che li hanno costretti a lasciare il Kosovo. "Siamo venuti attraversando le montagne perché alcuni di noi non avevano i documenti e avevamo paura dell'esercito jugoslavo", dice Abdulaski Sukri, che è arrivato su un trattore carico di contadini del Kosovo. "Ci sono uomini dal volto coperto che vengono nelle case, sparano e saccheggiano". Non sono solo i kosovari a fuggire. Un funzionario dell'UNHCR ha detto che circa 5.000 musulmani della regione occidentale jugoslava del Sangiaccato sono fuggiti nella vicina Bosnia da quando la NATO ha dato il via alla sua campagna di bombardamenti contro la Jugoslavia mercoledì scorso. [...] Morina, il princpale punto di confine tra il Kosovo e l'Albania, è stato chiuso lunedì perché le guardie jugoslave sono state sommerse dall'ondata di profughi, afferma l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). I confini sono stati riaperti dopo alcune ore. Mentre entravano in Albania, coloro che fuggivano da Pec hanno accusato i paramilitari serbi di mettere in atto enormi incendi e uccisioni. "A Pec ci sono molti cadaveri non seppelliti", racconta Adam Basha alla Reuters. "I serbi si sono insediati nellepiù belle case di Pec, che ora è etnicamente pulita". Un altro uomo, Bardhyl Kabashi, ha raccontato che 15.000 sfollati albanesi di diverse città e villaggi hanno cercato rifugio su un colle vicino al villaggio di Celline, in Kosovo, dove sono stati raggiunti e maltrattati dalla polizia serba. (Reuters, 30 marzo 1999). I MISSILI NATO FANNO STRAGE DI PROFUGHI SERBI Il portavoce dell'organizzazione umanitaria australiana Care Yugoslavia ha raccontato ieri a una radio del suo paese che almeno 9, ma forse anche 15 profughi serbi sono stati uccisi durante i bombardamenti delle ultime 24 ore. Nove persone sono rimaste uccise quando bombe NATO hanno colpito edifici nei pressi dei centri profughi di Nis, nella Serbia meridionale. Di altre sei persone si ritiene che siano state uccise quando sono stati colpiti obiettivi nei pressi di altri quattro centri. E' probabile che tra i morti vi siano donne e bambini serbi fuggiti dalla Bosnia nel 1995. "I centri si trovavano a 100 o 200 metri da obiettivi militari colpiti", ha affermato il portavoce di Care Jugoslavia, Steve Pratt, precisando che le vittime erano alloggiate in baracche di legno, che evidentemente si sono incendiate in seguito allo scoppio delle bombe. Un altro profugo è stato ucciso a Pristina, in un centro profughi nei pressi di una caserma della polizia colpita dalla NATO. Il personale di Care Yugoslavia ha inoltre confermato che decine di migliaia di profughi dal Kosovo si stanno dirigendo verso il Montenegro e che circa 100.000 si stanno dirigendo verso l'Albania. Care Yugoslavia afferma inoltre che la Macedonia ha raggiunto il numero massimo di profughi che può accogliere, 20.000, mentre si parla di altri 100.000 in marcia verso il paese. (AFP, 30 marzo 1999). (selezioni e traduzioni di A. Ferrario) |