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I Balcani


NOTIZIE EST #199 - KOSOVO/BALCANI/RUSSIA
10 aprile 1999


OLTRE IL KOSOVO


MACEDONIA

Per quanto riguarda le previsione macroeconomiche per quest'anno, secondo il ministro dell'economia [macedone] Danevska, sicuramente verranno stravolte a causa della nuova situazione venutasi a creare, che cambia rapidamente di giorno in giorno. In particolare, il Prodotto Interno Lordo, per il quale si prevedeva una crescita del 6,5% ne corso del 1999 (conformemente agli accordi siglati con il FMI prima dell'inizio delle operazioni militari), sarà con ogni probabilità di segno negativo: la cifra prevista è -5%. Si prevede anche un ulteriore aumento del deficit commerciale, che attualmente è pari a circa 600 milioni di dollari, mentre le previsioni di una crescita delle esportazioni (+5,4%) sono state modificate e si prevede un loro calo compreso tra il 5% e l'8%. Ciò è dovuto, secondo Danevska, soprattutto al fatto che gli scambi con la Federazione jugoslava consistevano soprattutto in lavori di compensazione per il rifornimento di semilavorati e materie prime, e ora per queste ultime dovremo utilizzare valute estere. Le perdite mensili su questo piano sono valutabili in circa 150 milioni di dollari ("Nova Makedonija", 7 aprile 1999).


EURO E BALCANI

"Nei periodi di conflitti militari che si sono avuti dopo il crollo della cortina di ferro, la valuta americana viene tradizionalmente preferita dagli investitori, dagli imprenditori e dalla popolazione come unità valutaria, un fatto che spiega in una certa misura la fuga dall'euro, mentre gli strumenti del debito finanziario degli stati coinvolti nel conflitto si svalutano a breve termine. Perfino quelli americani. E' esattamente quello che è avvenuto con i titoli obbligazionari americani nel 1960, quando le forze aeree dell'Unione Sovietica avevano abbattuto l'aereo-spia U2 americano. E' stato simile anche l'esito della crisi cubana del 1962 e della guerra del Vietnam alla fine degli anni '60. L'Europa ha vissuto la stessa situazione negli anni tra il 1991 e il 1992, dopo le prime modifiche della carta geografica della Jugoslavia: l'indipendenza della Croazia, della Slovenia e della Bosnia-Erzegovina. La tesi è che azioni militari in corso significhino nuove spese straordinarie nei bilanci statali, coperte con l'emissione di titoli obbligazionari di stato. Se non si realizzerà la variante peggiore, cioè il coinvolgimento nel conflitto degli stati balcanici confinanti, tra cui i membri della NATO Grecia e Turchia, le conseguenze per le finanze dell'Europa Occidentale saranno a breve termine. Per smentire ulteriormente quella che viene comunque ampiamente ritenuta una variante assurda, la banca centrale della Grecia è intervenuta sul mercato valutario con più di 500 milioni di euro, al fine di evitare un crollo della dracma, mentre il ministero delle finanze ungherese ha rimandato la settimana scorsa a data da definirsi l'emissione di titoli obbligazionari statali per un valore nominale di 750 milioni di dollari. Molto più gravi saranno le conseguenze per la Macedonia e la Bulgaria, in misura minore anche per la Romania, la Bosnia-Erzegovina e l'Ungheria. Oltre all'aumento dei costi per il rimborso del debito già emesso e il rinvio nel tempo di quello previsto, la diminuzione del flusso di investimenti esteri diretti e degli scambi commerciali reciproci nei Balcani, tali paesi subiranno enormi perdite legate ai problemi per i servizi di trasporto, la diminuzione del flusso di turisti e il rincaro delle produzioni locali destinate all'Europa Occidentale, prima trasportate lungo tragitti più convenienti. I mercati sono stati in una certa misura stabilizzati dall'accordo tra Russia e FMI per un'ulteriore linea di credito di 8 miliardi di dollari. In una situazione internazionale nella quale fosse assente il conflitto in Kosovo i soldi del Fondo non sarebbero mai arrivati in Russia - il paese quest'anno deve pagare complessivamente per il proprio debito estero 17,5 miliardi di dollari, di cui 6 miliardi a luglio, una cifra alla quale i mezzi previsti in bilancio e le riserve valutarie di 11 miliardi di dollari non possono in alcun modo fare fronte. Trovatasi nella posizione unica di mediatore tra la NATO e Milosevic, la Russia ha acquistato coraggio e ha messo sul tavolo anche la cancellazione del 70% del debito estero ereditato dall'Unione Sovietica" (dall'articolo "La guerra: una nuova scusa per il fallimento dell'euro", di B. Dermendziev, "Kapital", 3-9 aprile 1999).


LA RUSSIA

"[...] L'inizio delle operazioni militari in Jugoslavia in presenza di una posizione categoricamente negativa di Mosca ha rappresentato un nuovo colpo per l'orgoglio di quest'ultima come grande potenza ed è stato un ulteriore passo che la ha spinta più lontana dalle sue tradizionali sfere di influenza. La Russia, dopo essere rimasta per molto tempo senza possibilità di esercitare un'influenza nell'Europa Centrale con l'entrata dell'Ungheria, della Polonia e della Repubblica Ceca nella NATO, ora si dimostra incapace di fare valere la propria volontà nella penisola balcanica, dove ha svolto un ruolo notevole negli ultimi due secoli. Viene messa in questione la possibilità di una collaborazione alla pari con la NATO, che era stata avviata con l'atto fondamentale "Russia-NATO" nel 1997. [...] La limitata influenza che la Russia esercita in politica estera, non consente alla sua voce di farsi sentire nel mondo. Ciò è dimostrato dal voto della risoluzione presentata da Mosca al Consiglio di Sicurezza dell'ONU, appoggiata, oltre che dai russi, solo da Cina e Namibia. Tutto quello che Mosca può al momento permettersi di aggiungere agli appelli per la cessazione dei bombardamenti è l'invio di aiuti umanitari alla Serbia e l'appoggio a quest'ultima nella guerra delle propagande. [...] L'invio di navi militari nel mare di Barens e nell'Adriatico è la dimostrazione dei resti di una potenza marittima, ma non aiuterà in alcun modo la Russia, perché difficilmente può permettersi di mostrare i denti nel momento in cui conduce trattative con il FMI e ottiene aiuti umanitari dall'Occidente. L'unica variante positiva per la Russia sarebbe quella di riuscire in qualche modo a portare una pace durevole in Jugoslavia, senza immischiarsi nel conflitto militare, un fatto dal quale otterrebbe degli enormi vantaggi politici. Le possibilità di un tale trionfo sono comunque minime, perché la Russia non ha pressoché alcuna influenza sulle due parti. [...] La coincidenza tra la visita di Primakov a Belgrado e la chiusura delle trattative del primo ministro russo con il direttore del FMI Michel Camdessus a Mosca, ha fatto sorgere il dubbio che la Russia si sia assunta l'impegno, presso l'Occidente, non solo di non fornire aiuti militari alla Jugoslavia, ma anche di convincere Milosevic ha ritirarsi dal Kosovo, cosa che gli frutterebbe una seconda tranche da parte del FMI. Gli accordi con il FMI e i 4,8 miliardi di dollari che essi prevedono, sono necessari alla Russia per risolvere in buona misura i propri problemi legati ai pagamenti previsti per quest'anno per il debito estero, ma anche Milosevic potrebbe fare due più due e, se è arrivato alla stessa conclusione, non essere contento dell'eventualità di essere usato come moneta di scambio per la risoluzione dei problemi interni della Russia. [...] Le capitali occidentali, tuttavia, se sperano che la Russia possa influire su Milosevic in misura tale da consentire alla NATO di dichiarare di avere concluso con successo l'operazione "Determination Force", si sbagliano di grosso - Mosca non può esercitare alcuna influenza sulle decisione che il presidente jugoslavo prende, e se il Patto non rinuncerà per primo, Milosevic continuerà a resistere e continuerà con le operazioni in Kosovo fino a quando potrà o fino a quando deciderà che è giunto il momento giusto per riavviare le trattative di pace indipendentemente dalle iniziative della Russia. A Mosca guardano a Milosevic come a un alleato e un partner sicuro, senza che egli si sia in alcun modo meritato un tale atteggiamento. Il presidente jugoslavo sfrutta furbamente l'appoggio che la Russia gli dà, senza che venga richiesto, e in tal modo mette in posizione imbarazzante i diplomatici russi e lo stesso Eltsin, al quale in autunno aveva promesso di fermare gli attacchi contro gli albanesi del Kosovo. La Russia è necessaria a Milosevic come possibile copertura, nel caso in cui si dovesse vedere costretto a riconoscere la propria sconfitta. In tal caso, su "preghiera" di Mosca le unità serbe abbandonerebbero il Kosovo e Milosevic prometterebbe di essere ubbidiente - fino alla prossima occasione. Se si tiene conto dell'enorme sostegno di cui gode nel proprio paese e degli svantaggi di una capitolazione, Milosevic difficilmente cercherà presto la mediazione della Russia. Purtroppo." (dall'articolo "La Russia non sa cosa fare in Jugoslavia", di G. Katanov, "Kapital", 3-9 aprile 1999).

(selezione e traduzione di A. Ferrario)