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![]() NOTIZIE EST #210 -KOSOVO/MACEDONIA A SKOPJE GLI AMICI DI RUGOVA ESCONO DALL'OMBRA Nei grandi caffè di Skopje, la capitale macedone, e di Tetovo, la principale città albanofona della Macedonia, l'intelligencija kosovara si ritrova a poco a poco, emergendo dall'esodo. Se la maggior parte dei rifugiati del Kosovo si è ritrovata in Albania, quelli di Pristina, la capitale, si sono ritrovati soprattutto in Macedonia, spinti dai serbi verso sud. E con loro sono venuti numerosi responsabili, intellettuali, presi di mira dall'intervento delle forze serbe e che non hanno potuto o non hanno voluto raggiungere le montagne per prendere parte alla lotta dell'Esercito di Liberazione del Kosovo. A poco a poco, gli amici di Ibrahim Rugova, il leader kosovaro trattenuto nella sua casa-prigione di Pristina, escono dall'ombra cercando di riaffermare un'esistenza messa in dubbio dalla loro assenza sul terreno. Dopo il terrore, la fuga, la scoperta dell'esilio, devono pensare ad agire, a preparare l'avvenire. In Macedonia è presente una decina dei principali dirigenti della Lega Democratica del Kosovo (LDK), il partito di Rugova, molti dei quali avevano partecipato ai negoziati di Rambouillet e di Parigi. Hanno tenuto sabato scorso [17 aprile] una riunione con il responsabile del loro partito in Germania, Hafiz Gagica, ormai incaricato di esprimere ufficialmente le loro posizioni. La discrezione a Skopje è di rigore. L'avvertimento solenne lanciato martedì [20 aprile] dal ministro degli interni a coloro che potrebbero essere tentati di servirsi della Macedonia come retrovia è stato chiaro. Se esso vale innanzitutto per l'UCK, che non aveva dissimulato la sua presenza nel paese, anche i moderati della LDK sono stati preavvertiti che se vogliono restare qui, devono rispettare una regola di non ingerenza. Nel paese sono molto reali i rischi di scontri tra le due comunità, quella slavo-macedone e quella albanofona. L'incidente violento che il contingente francese si è trovato ad affrontare in un villaggio slavo-macedone illustra quanto i nervi siano a fior di pelle tra la maggioranza slava della Macedonia. Da parte sua l'UCK beneficia soprattutto dell'appoggio degli albanofoni più nazionalisti, che hanno abbondantemente approfittato della situazione per riprendere il progetto di una Grande Albania. Ma l'UCK può contare anche, in queste ore difficili, sulla simpatia spontanea di strati ben più larghi della popolazione albanofona, in particolare nei villaggi di frontiera. Le circostanze drammatiche dell'accoglimento dei profughi, regolarmente bloccati alla frontiera dalle autorità macedoni, non hanno facilitato le cose. L'indignazione internazionale, la presa di mira del governo da parte della stampa e delle organizzazioni umanitarie hanno portato acqua al mulino dei partigiani dell'UCK. Il pericolo è stato riconosciuto dai dirigenti dei due grandi partiti albanofoni della Macedonia, in particolare il Partito Democratico degli Albanesi, membro della coalizione al potere a Skopje. Non hanno smesso, da quando la guerra è cominciata, di invitare gli albanofoni alla prudenza, affermando che la destabilizzazione del loro paese sarebbe un regalo a Slobodan Milosevic. I governi occidentali ci hanno messo più tempo a reagire. I diplomatici di sede a Skopje sono tuttavia consci del fatto che la stabilità della Macedonia è un elemento cruciale. Innanzitutto, come sottolinea uno di loro, perché la giovane repubblica è stata fino a questo momento il laboratorio di una possibile coesistenza nei Balcani tra le diverse comunità etniche e perché il suo crollo favorirebbe i radicali di tutte le parti. Ma soprattutto perché ha un interesse strategico di primo piano. Non solo accetta sul suo territorio una forza della NATO alla frontiera con la Serbia, ma, a sole due ore dal porto greco di Salonicco, essa rappresenta una via di passaggio essenziale in caso di dispiegamento di una forza in Kosovo. "PROTETTORATO INTERNAZIONALE" Il sostegno politico alla coalizione di Skopje è oggi una preoccupazione molto più importante di un'eventuale appoggio all'UCK, del quale molti diffidano. Perché l'UCK è un elemento più imbarazzante che utile nei progetti che sono maturati in previsione di una soluzione della crisi. Si ricorda sempre, negli ambienti diplomatici di Skopje, che le soluzioni previste in occasione della conferenza di Rambouillet, a febbraio, prevedevano l'instaurazione in Kosovo di una democrazia parlamentare sotto il controllo di una forza di pace internazionale. E' assolutamente escluso, in caso di una soluzione, che si lasci l'UCK avvantaggiarsi del suo ruolo armato per prendere il potere. La riattivazione della LDK di Rugova potrebbe essere in queste condizioni un elemento utile per il futuro. Accusato dall'UCK di essersi fatto plagiare da Slobodan Milosevic, il leader kosovaro, sempre in mano ai serbi, sta cercando di trovare una posizione politica. "Rugova ha deciso di rimanere a Pristina per essere con il suo popolo", titolava martedì il quotidiano albanofono macedone "Fakti", citando uno dei suoi aiutanti. Questi ultimi si sforzano di apparire come degli interlocutori responsabili in vista di un regolamento politico una volta che la guerra sarà finita. Uno di essi sottolineava, lunedì scorso a Skopje, che la LDK intende collaborare con i dirigenti macedoni e gli occidentali per la stabilità della regione. "Noi apprezziamo molto quello che la Macedonia ha fatto per noi oggi", ha aggiunto, indicando che il suo partito rispetterà la volontà del governo, il quale non vuole che le forze kosovare si esprimano dal paese. La LDK non riconosce il governo provvisorio proclamato a Tirana dall'UCK, nel quale quest'ultima si è riservata la parte maggiore dei posti. Anche se riconosce il ruolo di primo piano dell'UCK nella resistenza dei kosovari, essa desidera tuttavia, sul piano militare, vedere che siano gli occidentali stessi a lanciare "il più rapidamente possibile" un'operazione sul terreno per evitare che il paese venga totalmente svuotato dai suoi abitanti. Nell'attesa, essa chiede che, nonostante i rischi, viveri e medicinali vengano paracadutati alle popolazioni che errano sulle montagne. Per il futuro, la LDK ritiene che il trattamento inflitto ai kosovari non potrà a lungo termine che portare a un'indipendenza. Ma essa appoggia per una prima fase la soluzione di un "protettorato internazionale". "Il nostro desiderio, si dice, è un protettorato della NATO. Se la comunità internazionale vuole che la Russia vi partecipi, bisogna che vi sia una combinazione. Le forze della NATO devono essere presenti, su questo punto non vogliamo compromessi". |