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NOTIZIE EST #211 - JUGOSLAVIA/KOSOVO
28 aprile 1999


NESSUNO VUOLE L'INDIPENDENZA DEL KOSOVO
di Petar Ivanov - ("Kapital", 16-22 aprile 1999)

[Pubblichiamo due articoli dai titoli contrapposti, il primo dal settimanale bulgaro "Kapital", mentre il secondo è un servizio da Londra dell'agenzia Reuters. In realtà, anche il secondo articolo, che parla di una probabile futura indipendenza del Kosovo (ma non in senso univoco, molti degli intervistati parlano comunque di protettorato), conferma che tale ipotesi è temuta dall'Occidente, che la vorrebbe evitare, tanto che Cook starebbe cercando di "scaricare la colpa" di un eventuale tale esito su Milosevic - a.f.]

I piani attesi ormai da lungo tempo per un'uscita dalla crisi in Jugoslavia hanno cominciato a prendere forma ora che siamo alla fine del primo mese della guerra contro Milosevic. Durante la prima settimana sono risultati dominanti la sorpresa, da un lato, e la dinamica dell'inizio degli attacchi aerei della NATO, dall'altro. La seconda settimana è stata caratterizzata dalla tragedia dei profughi e dall'escalation della catastrofe umanitaria. Con il proseguire del conflitto durante la terza settimana, è risultata dominante l'incertezza in merito alle dimensioni e alle prospettive di una soluzione per fermare la guerra. Ma parallelamente agli attacchi della NATO, l'Occidente si è dimostrato pronto a superare quello per cui è stato maggiormente criticato - l'intervento senza un mandato ONU e trascurando la Russia. Così la guerra è entrata nella sua quarta settimana con una forte accelerazione del fronte diplomatico e un progressivo chiarimento delle diverse varianti. Nella loro sostanza esse ripetono gli elementi fondamentali di quelle che sono state finora le condizioni della comunità internazionale, ma vi sono momenti essenziali che sono stati armonizzati con le nuove realtà. Si pone l'accento sul ritorno dei profughi, si mettono a punto piani per la trasformazione del Kosovo in un protettorato internazionale e si fanno tentativi per individuare una variante di compromesso, che superi gli ostacoli fondamentali per un'uscita dalla crisi. Una delle tesi dei diplomatici occidentali è quella secondo cui, per arrestare gli spargimenti di sangue in Kosovo, Milosevic deve essere reso disponibile alle trattative offrendogli un modo "più indolore" per uscire dalla crisi. Nella politica dei rapporti con la Russia è stata operata una svolta sostanziale e si comincia a intuire che il conflitto deve essere risolto con la partecipazione di Mosca. E' stata messa in circolazione anche l'ONU, le cui funzioni fino a questo momento erano state fatte proprie dalla NATO. Tra i politici europei ha cominciato a farsi strada l'opinione che tutte le azioni in Jugoslavia devono essere necessariamente sancite da parte dell'organizzazione mondiale. Parallelamente alle condizioni per fermare la guerra, ha trovato una sua formulazione concreta anche una delle questioni più importanti - lo status del Kosovo dopo la cessazione della guerra è stato definito come quello di un protettorato internazionale.

IL PROTETTORATO INTERNAZIONALE

I dizionari di politologia definiscono il concetto di protettorato come "uno stato semindipendente, la politica estera e di difesa del quale si trovano sotto la protezione di un altro paese, più sviluppato". Ma questo concetto da manuale è stato elaborato e adattato alle esigenze della situazione concreta. Il termine protettorato è stato utilizzato con un nuovo significato, per placare i timori degli albanesi del Kosovo e, inoltre, per risolvere il problema dei profughi. In occasione di un incontro con i ministri degli esteri della NATO, Madeleine Albright ha sottolineato che il Kosovo deve essere messo sotto protezione internazionale. Il segretario di stato americano, tuttavia, è stato categorico nell'affermare che si tratta non della creazione di un nuovo stato, ma di una misura di sicurezza specifica. In tal modo verrà rispettato l'accordo di Rambouillet, che prevede un ampio grado di autonomia della provincia nei confini della Jugoslavia. I ministri hanno inoltre deciso che la divisione del Kosovo o la nascita di un Kosovo indipendente sono assolutamente fuori discussione. La difesa della popolazione albanese verrà assicurata da forze internazionali, che verranno dispiegate nella regione quando "la situazione lo consentirà".


UN KOSOVO INDIPENDENTE?

L'idea di un protettorato come forma di sicurezza è stata confermata anche dal ministro degli esteri britannico Robin Cook. Egli ha definito la variante di un "Kosovo indipendente" pericolosa, perché destabilizzerebbe i vicini stati balcanici. Secondo il diplomatico britannico il Kosovo è una regione troppo piccola e chiusa, che non dispone né delle risorse, né delle possibilità per uno sviluppo autonomo. "Rambouillet non è un cavallo di Troia che porterà all'indipendenza del Kosovo", ha dichiarato Robin Cook di fronte al parlamento britannico. Egli ha formulato anche il punto di vista definitivo dell'Occidente in merito alla questione dell'indipendenza del Kosovo: "l'accordo di Rambouillet offre per il Kosovo una forma di protettorato internazionale e della sua protezione saranno incaricate forze internazionali". Il presidente francese Jacques Chirac ha lanciato una definizione leggermente più larga del protettorato. In occasione dell'incontro dei leader europei a Bruxelles, Chirac ha proposto che l'amministrazione del Kosovo venga diretta dall'Unione Europea. La proposta francese è stata interpretata come un tentativo di tranquillizzare la Russia, indicando che l'influenza americana nella regione sarà limitata e che non ci sarà un vuoto politico dopo la guerra. Nella dichiarazione formulata in occasione dell'incontro si dice che dopo il raggiungimento della pace l'amministrazione del Kosovo potrà essere temporaneamente assunta dall'UE. Fonti della capitale belga, tuttavia, hanno fatto sapere che con ogni probabilità rimarrà valida la soluzione di Rambouillet, cambiata nella forma, ma intatta nella sostanza. Per questo gli sforzi futuri saranno con ogni probabilità mirati al raggiungimento di un'ampia autonomia del Kosovo, alla creazione di forze di polizia etnicamente equilibrate, all'organizzazione di elezioni libere e al dispiegamento di forze internazionali.


MODIFICA DELLE ETICHETTE

E' stato cambiato anche l'approccio nei confronti di uno dei principali ostacoli a un'uscita dalla crisi - il carattere delle forze di mantenimento della pace in Kosovo. La NATO ha insistito affinché esse siano formate esclusivamente da contingenti del patto, ma Milosevic ha rifiutato duramente di consentire la loro entrata nel territorio. Dopo la seduta dei ministri dell'Unione Europea a Bruxelles, si è accennato al fatto che la NATO accetterebbe forze internazionali in Kosovo formate sotto l'egida del Consiglio di sicurezza dell'ONU. Il nucleo del contingente dovrebbe essere formato da forze dalla NATO, ma di esso potrebbero fare parti battaglioni russi ed eventualmente anche ucraini. Le nuove forze di pace sarebbero sotto il comando della NATO, ma otterrebbero il loro mandato dal Consiglio di sicurezza e allo stesso tempo godrebbero del sostegno della Russia. Il segretario generale del Patto, Xavier Solana, ha accennato al fatto di non avere nulla da obiettare a una tale "modifica delle etichette". Così l'organizzazione mondiale è venuta in primo piano al posto della NATO.


L'ONU ALL'ORDINE DEL GIORNO

La formula "agire attraverso il Consiglio di sicurezza" ha cominciato a ottenere popolarità grazie al coinvolgimento della Russia negli sforzi diplomatici. Si prevede che le pressioni esercitate su Belgrado avranno un effetto positivo solo se verranno da Mosca. I diplomatici occidentali sperano che se condizioni della comunità internazionali verranno sancite dall'ONU e avranno la benedizione della Russia, Milosevic inghiottirà il boccone che gli si offre. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha dichiarato di essere pronto a fare da mediatore per l'applicazione di un piano di pace dell'ONU. In occasione della riunione di Bruxelles, i principali paesi dell'UE hanno appoggiato l'iniziativa di Kofi Annan e hanno ribadito le condizioni della NATO per un'interruzione delle operazioni contro la Jugoslavia. Ma il piano dell'ONU si avvicina moltissimo alla posizione della NATO e in pratica l'unico cambiamento è nell'approccio verso Milosevic. Il presidente jugoslavo, tuttavia, non ha dato segni di condiscendenza. In una dichiarazione letta alla televisione, Milosevic ha escluso ogni intromissione esterna nella soluzione della crisi del Kosovo. Secondo lui, "il problema deve essere risolto unicamente dalla gente che vive in questa provincia serba e non da stranieri, che impongono soluzioni dall'esterno".



L'INDIPENDENZA DEL KOSOVO SEMBRA PIU' PROBABILE
di David Ljunggren (Reuters, 20 aprile 1999)

LONDRA, 20 aprile - Commenti sempre più duri di funzionari britannici lasciano intendere piani della NATO per strappare a Belgrado ogni controllo sul Kosovo, rendendo più probabile che la provincia un giorno possa ottenere l'indipendenza. Pubblicamente, le potenze occidentali insistono nell'affermare di continuare ad aderire ai principi del piano di pace di Rambouillet, che chiede una maggiore autonomia del Kosovo all'interno della Jugoslavia e una forza internazionale militare sul terreno per mantenere la pace. Il Segretario agli esteri Robin Cook ha indicato un importante cambiamento, lunedì, in questo approccio, affermando che finché il presidente jugoslavo Milosevic rimarrà al potere, Belgrado non avrà alcun controllo sul Kosovo. Inoltre, egli ha detto, la comunità internazionale dovrà prendere il controllo della regione per un periodo temporaneo di durata non specificata, fino a quando non sarà stata ricostruita. "Non stiamo proponendo l'indipendenza per il Kosovo", ha detto Cook oggi ai giornalisti, aggiungendo un passo molto significativo: "Cosa riserva il futuro a lungo termine del Kosovo dipenderà dal nostro successo nel creare democrazie e autogoverno".

Ma una volta che il Kosovo avrà ottenuto i vantaggi di un protettorato internazionale per svariati anni, cosa potrà mai persuadere la popolazione ad accettare che Belgrado riassuma la responsabilità ultima dopo che Milosevic se ne sarà andato? "Penso che stiamo probabilmente parlando di un'indipendenza del Kosovo in un prossimo futuro", ha detto William Hopkinson, capo del programma di sicurezza internazionale presso il Royal Institute of International Affairs britannico. Egli ha detto inoltre che l'Occidente sbaglia se dà per scontato che la dipartita di Milosevic possa produrre una soluzione democratica semplice. "Cosa succederà dopo? Si riuscirà a fare eleggere un serbo democratico e presentabile? Forse sarà possibile trovare qualcuno di democratico, ma che egli sia disponibile a concedere un'autonomia sufficiente per soddisfare il Kosovo è un'altra questione", egli ha detto.

I funzionari britannici si sono affrettati a sottolineare che i suggerimenti di Cook hanno l'appoggio degli altri paesi dell'Alleanza. "Non si tratta ancora di una posizione formale della NATO, ma se ne è parlato informalmente. Riteniamo che rifletta l'opinione prevalente", ha detto un alto diplomatico. "Come è possibile affidare il Kosovo a Milosevic dopo tutto quello che è successo? Sarebbe come assegnare alla volpe il controllo del pollaio".

In pubblico e in privato la NATO insiste nell'affermare che l'indipendenza del Kosovo è da escludersi, ma alcuni diplomatici ammettono che non è chiaro se sarà possibile evitarla. Citano la Bosnia, dove l'incaricato speciale Carlos Westendorp è sempre più direttamente coinvolto nel governo del paese e dove 32.000 soldati della NATO mantengono la pace. "Per quanto tempo si potrà mantenere un protettorato in Kosovo? Guardate la Bosnia. Questi soldati staranno lì ancora 10 anni e i problemi non sono nemmeno così gravi come quelli del Kosovo", ha detto un diplomatico NATO. Egli ha aggiunto che un'opzione - delineatasi per la prima volta nel contesto di Rambouillet - potrebbe essere quella di un accordo in base al quale il popolo del Kosovo deciderà il proprio status dopo un periodo di alcuni anni. Un voto per qualcosa di diverso dall'indipendenza sembrerebbe in tal caso impensabile.

"L'indipendenza è l'unica soluzione. Nel momento in cui è caduta la prima bomba, Rambouillet è diventato lettera morta", ha detto Jonathan Eyal, direttore degli studi presso il Royal United Services Institute. "Cook stava cercando di quadrare il cerchio e di dare la colpa di un'eventuale indipendenza del Kosovo a Milosevic". Il colonnello Terry Taylor, vice-capo dell'Institute of International Studies, ha detto che molto dipenderà dal fatto che l'Occidente decida di aprire negoziati con Belgrado sullo status del Kosovo oppure opti per l'invio di truppe al fine di occupare la provincia. "Penso che la vera questione, ora, sia se le grandi potenze tratteranno con Belgrado. Londra, Washington e altri sicuramente devono essere riluttanti ad avviare seri negoziati, perché come possono essere sicuri che eventuali accordi verranno onorati?", egli afferma. "Alla fine sembra più probabile che un'occupazione militare rimanga l'unica opzione aperta... a un certo punto i leader militari (occidentali) dovranno venire fuori e dire che il Kosovo non è più parte della Serbia".