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![]() NOTIZIE EST #215 - JUGOSLAVIA/SERBIA I RAID DELLA NATO MANDANO IN FRANTUMI L'ECONOMIA SERBA BELGRADO - Mentre la campagna aerea della NATO contro la Jugoslavia entra nel suo secondo mese, i bombardamenti degli alleati hanno raggiunto un significativo risultato: la distruzione di larghe porzioni dell'infrastruttura economica. L'economia, che già agonizzava per gli effetti di otto anni di sanzioni internazionali e decenni di cattiva gestione, viene ora smantellata pezzo per pezzo. Funzionari jugoslavi affermano che i danni causati dalle bombe NATO hanno raggiunto i 100 miliardi di marchi. Secondo alcune stime, i bombardamenti hanno fatto fare alla Jugoslavia un balzo indietro di uno o addirittura due decenni. Se gli attacchi aerei della NATO da una parte non hanno allentato la stretta delle forze jugoslave sulla provincia serba del Kosovo e i suoi abitanti albanesi, dall'altra sono riusciti a devastare obiettivi che vanno dalle due maggior raffinerie del paese, Pancevo e Novi Sad, allo stabilimento Zastava di Kragujevac, che produceva l'automobile Jugo e impiegava circa 15.000 lavoratori. I bombardamenti hanno distrutto tutti i ponti che attraversavano il Danubio, eccetto uno, limitando gravemente le comunicazioni tra la regione agricola della Vojvodina nel nord e il resto della Jugoslavia. Tra gli altri obiettivi colpiti vi sono stati impianti chimici, stabilimenti farmaceutici, per la produzione di sigarette, scarpe e velivoli leggeri, nonché trasmettitori della televisione, stazioni ferroviarie e aeroporti. I bombardamenti hanno rallentato la vita economica del paese fino a portarla praticamente all'immobilità. Le scuole e le università sono state chiuse e centinaia di migliaia di operai delle fabbriche sono stati licenziati. Per risparmiare carburante, le autorità di Belgrado hanno ridotto il numero di autobus pubblici da 1.000 a 500. Gli effetti economici dei bombardamenti sono chiaramente visibili a Krusevac, una città di 150.000 abitanti che nel 14° secolo era capitale di un impero che includeva gran parte di quelle che sono oggi la Jugoslavia, l'Albania e la Grecia. Oggi Krusevac è in uno stato miserevole. Con la distruzione delle sue maggiori fabbriche da parte delle bombe della NATO, la disoccupazione sta rapidamente aumentando e le prospettive di una ricostruzione economica sembrano fosche. Il 12 aprile aerei della NATO hanno attaccato una centrale di riscaldamento alla periferia della città, riducendola a un cumulo di macerie fumanti e di metallo contorto. Hanno poi proseguito colpendo la maggiore fabbrica della regione, lo stabilimento "14 ottobre", che produceva bulldozer, scavatrici e altri macchinari pesanti. Quello che è rimasto in piedi è stato distrutto tre giorni dopo con un secondo raid. "Si trattava della maggiore fabbrica di macchine pesanti dei Balcani," ha detto Nebojsa Toskovic, il vicedirettore generale dell'impianto, che ha condotto i reporter in un tour delle rovine. "Senza i macchinari di questa fabbrica, il paese non sarà in grado di ricostruire i ponti e tutto il resto di quanto è stato distrutto dalla NATO". Ufficiali della NATO sostengono che lo stabilimento "14 ottobre" produceva materiali militari ed era pertanto un obiettivo legittimo, ma non hanno dato alcuna prova definitiva per giustificare le loro affermazioni. La gente di qui non riesce a capire come la distruzione dello stabilimento "14 ottobre" di Krusevac e della vicina centrale di riscaldamento possano aiutare a promuovere gli obiettivi di guerra della NATO in Kosovo. Alcuni sospettano che lo stabilimento sia stato distrutto semplicemente perché era un bersaglio facile. E' molto più semplice infatti colpire un obiettivo fisso come uno stabilimento o un ponte che andare alla caccia delle forze di sicurezza in Kosovo, che sono ben nascoste e si muovono ininterrottamente. Nonostante più di quattro settimane di bombardamenti, il Kosovo rimane sotto il fermo controllo dell'esercito e delle forze di sicurezza jugoslavi, gli albanesi continuano a essere espulsi dalle loro case e la posizione politica di Milosevic sembra più forte che mai. Vi sono pochi segni che Milosevic o i serbi in generale stiano per piegarsi sotto la pressione esercitata. Avendo perso già i loro posti di lavoro e le proprie fonti di sostentamento, i lavoratori dello stabilimento "14 febbraio" sembrano avere ben poco da perdere in un'ulteriore resistenza alla NATO e quindi sono scarsamente incentivati ad appoggiare un accordo di pace che creerebbe qualcosa di analogo a un protettorato internazionale per il Kosovo, che i serbi considerano la culla della loro civiltà. "Si tratta di un attacco contro il popolo serbo", ha detto Miroslav Andrejic, una guardia che era in servizio la sera in cui la NATO ha bombardato lo stabilimento "14 ottobre". "La gente è amareggiata e confusa. Nessuno credeva che saremmo stati attaccati dall'Occidente". Il governo sta già facendo piani per la ricostruzione economica del paese utilizzando risorse interne. Molti di questi piani si basano sull'esperienza della Jugoslavia del secondo dopoguerra, quando brigate di entusiasti "volontari" sono state mobilitate per grandi progetti come l'autostrada Zagabria-Belgrado. Senza investimenti su larga scala, tuttavia, la ricostruzione di impianti tecnologicamente sofisticati come quelli della fabbrica automobilistica Zastava e dello stabilimento "14 ottobre" sarà difficile. |