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![]() NOTIZIE EST #217 - JUGOSLAVIA/KOSOVO 4 maggio 1999 "NUMERO CHIUSO" PER GLI ALBANESI DEL KOSOVO di Steven Erlanger - ("New York Times", 26 aprile 199) BELGRADO - Le autorità serbe in Kosovo affermano di stare cercando di riconfigurare il quadro demografico della provincia e di ridurvi drasticamente l'incidenza degli albanesi, secondo quanto afferma un alto diplomatico europeo che è stato di recente nella provincia. Funzionari del Kosovo, dove tutto il potere governativo è stato assunto dai serbi dal momento in cui il presidente Milosevic ha tolto l'ampia autonomia della provincia nel 1989, affermano di sperare di avere circa 600.000 albanesi residenti nel Kosovo quando la guerra sarà finita, ha detto il diplomatico. Si tratterebbe di un terzo del numero stimato di albanesi in Kosovo prima che incominciassero le espulsioni. Ma i funzionari serbi sembrano rendersi conto di dovere fare qualcosa per "aiutare la propria immagine", ha aggiunto il diplomatico, "ora che sentono di avere un livello di albanesi più o meno tollerabile" e che hanno spazzato via i ribelli albanesi dell'UCK dalla maggior parte delle loro roccaforti. Questo tipo di brutale spostamento di popolazione è stata una caratteristica della politica dei Balcani per buona parte del secolo scorso. Guerre precedenti, in questo decennio, hanno visto i serbi ripulire la Bosnia orientale dai musulmani e la Croazia espellere la maggior parte dei suoi abitanti serbi. Il diplomatico afferma che le autorità serbe in Kosovo stanno incoraggiando migliaia di albanesi affamati, che scendono dalle condizioni proibitive delle montagne in cui si sono rifugiati, a tornare alle case dei loro villaggi svuotati. Molti di questi albanesi sono uomini in età militare, ha detto il diplomatico. Funzionari occidentali hanno notato il numero limitato di tali uomini tra i profughi espulsi dal Kosovo, chiedendosi quanti di essi siano ancora vivi. Il diplomatico e operatori umanitari affermano di avere visto circa 20.000 albanesi, molti di loro uomini, spostarsi lungo le strade vicine a Podujevo, in prossimità del confine della provincia con la Serbia. Gli albanesi hanno detto di avere passato svariate settimane nelle zone più alte delle montagne, ancora coperte di neve, mentre le forze serbe cercavano di ripulire le roccaforti dell'UCK intorno a Lapastica, a ovest di Podujevo. Questi albanesi mostravano i segni di una lunga esposizione alla fame e al freddo, con labbra estremamente screpolate e pelle a scaglie. Hanno affermato di avere scarso cibo e di non ritenere che l'esercito ribelle sia più in grado di proteggerli, ha detto il diplomatico. "Hanno detto che ora quello di cui hanno bisogno è sicurezza e pace", ha raccontato. Dicono che le loro famiglie hanno bisogno sia di cibo che di medicine. Alcune delle osservazioni di questo diplomatico corrispondono a quelle di corrispondenti stranieri che sono stati condotti dall'Esercito jugoslavo in un tour del Kosovo. Altri aspetti del racconto del diplomatico non hanno potuto ottenere conferma, perché ai corrispondenti stranieri viene impedito di recarsi liberamente in Kosovo. Zoran Andjelkovic, il più alto funzionario serbo locale, si è recato a parlare ai profughi, chiedendo loro di tornare a casa e promettendo loro sicurezza, ha detto il diplomatico. In generale, i serbi presentano la situazione in Kosovo come pacifica e affermano che la loro offensiva è ora terminata. Dicono di essere occupati a negoziare una soluzione per l'autonomia politica del Kosovo e per la sicurezza dei profughi. Negli ultimi giorni, la televisione di stato serba ha mostrato colonne di albanesi all'interno del Kosovo, affermando che stanno tornando alle loro case. Quasi tutte le interviste trasmesse sono con un giovane uomo albanese in età militare, come per smentire le affermazioni occidentali di uccisioni in massa e di un numero di fosse comuni fino a 40. "L'atmosfera è assolutamente sinistra e da incubo", afferma il diplomatico. "Le autorità serbe cercano di presentare la situazione come relativamente normale, ma si rimane colpiti dalla presenza ovunque di grossi uomini in uniforme". Ci sono lunghe code per gli alimentari, ma non vi è ancora un razionamento di tali generi, ha raccontato il diplomatico. "L'impressione generale è quella di viaggiare attraverso il vuoto, con grandi quantità di cani, animali incustoditi, campi incolti e la stagione dei raccolti andata perduta", afferma. La capitale del Kosovo, Pristina, è particolarmente vuota, se si considerano le sue dimensioni, e la parte albanese della città è stata evacuata e saccheggiata, ha raccontato il diplomatico. Ma l'elettricità arriva ancora. Secondo cifre del UNHCR (Alto Commissariato della Nazioni Unite per i Rifugiati) circa 600.000 albanesi hanno abbandonato il Kosovo, o ne sono stati espulsi, dopo l'inizio dei bombardamenti della NATO il 24 marzo scorso e le azioni di pulizia delle forze serbe in tutto il Kosovo. Prima della primavera del 1998, secondo le stime, nella provincia vi erano 1,8 milioni di albanesi e poco meno di 200.000 serbi, ma si tratta di cifre incerte, dato che l'ultimo censimento è stato nel 1991. In generale, secondo il diplomatico, i funzionari serbi dicono che "500.000 o 600.000 serbi non sono un problema per noi". Sono consci che un Kosovo totalmente privo di albanesi è una cosa assurda e impossibile, ha detto, ma sono anche convinti che la presenza di un numero non indifferente di albanesi nella provincia aiuterà a proteggere i serbi da un attacco di terra NATO. La posizione serba è che ogni albanese con documenti e che può provare di essere un cittadino del Kosovo, potrà tornare, riferisce il diplomatico. Ma egli ha osservato che i funzionari serbi hanno metodicamente distrutto i documenti di molti profughi mentre essi abbandonavano il Kosovo. Alla domanda se è in atto una riconfigurazione etnica del Kosovo, Goran Matic, un ministro del gabinetto serbo, lo ha negato. "Vorremmo che tutti gli albanesi tornassero", ha affermato, "tutti coloro che possono provare di essere cittadini della Jugoslavia". |