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![]() NOTIZIE EST #219 - JUGOSLAVIA/KOSOVO 7 maggio 1999 LA POLITICA DI RUGOVA E' MORTA intervista a Shkelzen Maliqi (a cura di Ines Sabalic, da "Globus", 9 aprile 1999) [Pubblichiamo questa intervista al noto intellettuale kosovaro Maliqi, pubblicata già quasi un mese fa dal settimanale croato "Globus" (bisogna quindi considerarla nel contesto di inizio aprile). Premettiamo immediatamente che ci dissociamo toalmente dalle posizioni di Maliqi e dalle molte ciniche considerazioni che fa. Il testo tuttavia ci sembra utile per comprendere la traettoria seguita nell'ultimo anno da intellettuali come Maliqi, Surroi, Shala e altri, all'interno della politica kosovara. Di Maliqi è uscito in questi giorni un interessante volume in traduzione italiana, "Kosovo: le origini del conflitto", ed. Besa - a.f.] GLOBUS: Chi rappresenta gli interessi politici degli albanesi del Kosovo? MALIQI: Ai negoziati di Parigi sono stati rappresentati dalle principali forze politiche albanesi: l'Esercito di Liberazione del Kosovo, la Lega Democratica del Kosovo di Rugova, il Movimento Democratico degli Albanesi di Qosja, nonché da alcuni politici indipendenti. E' stata concordata la formazione di un nuovo governo di coalizione, così come il numero dei suoi membri e il fatto che il premier sarebbe stato Hashim Thaci. Il movimento albanese già l'anno scorso a marzo era in frammentazione, come nel caso della Lega Democratica del Kosovo, mentre l'UCK continuava a rafforzarsi. A Rambouillet si è valutato che il nuovo governo, guidato da Hashim Thaci, avrebbe potuto avere autorità. In tal modo Rugova, in particolare, è rimasto fuori dal gioco, e lo è ancor più oggi, perché non è possibile dare una valutazione delle sue mosse politiche né della libertà delle sue azioni; non si sa con esattezza cosa è successo ai suoi più stretti collaboratori e la sede del suo partito a Pristina è stata bruciata. In questo momento, dunque, tra gli albanesi del Kosovo le forze politiche più importanti sono l'UCK e il Movimento Democratico degli Albanesi di Rexhep Qosja, ma in queste condizioni drammatiche è difficile valutare quale sia effettivamente la loro influenza. GLOBUS: A giudicare dalla situazione, dal numero dei profughi e dal fatto che il Kosovo viene svuotato, si giunge alla conclusione che l'Esercito di Liberazione del Kosovo è stato sconfitto. Come può avere un'influenza politica? MALIQI: Ma l'azione serba non è stata mirata contro l'UCK, il suo obiettivo è l'espulsione dei civili. I combattimenti si sono concentrati nelle zone montagnose del Kosovo e lì, nella Drenica e a Vucitrn, l'UCK riesce ancora a resistere. GLOBUS: E' possibile definire gli avvenimenti dell'ultimo anno in Kosovo come un'insurrezione? MALIQI: Sì, si è trattato di un'insurrezione, anche se non è stata ben pianificata ed è stata limitata solo ad alcune aree. Non è riuscita a ottenere seguito nelle città, che erano controllate dalla Lega Democratica del Kosovo di Rugova. Per questo non si è trattato di un'insurrezione generale, né è stato organizzato un sistema per la difesa dei civili. In Kosovo esistevano due concezioni assolutamente contrarie: Rugova era a favore di una soluzione radicale e pacifica, l'UCK per l'insurrezione armata e la rivoluzione nazionale. Dunque l'UCK non ha combattuto solo contro lo stato serbo, ma anche contro il governo di Rugova, vale a dire contro le istituzioni create da Rugova. GLOBUS: Ma queste istituzioni avrebbero potuto costituire le basi per un futuro stato civile albanese in Kosovo. Perché l'UCK le ha distrutte? Qual è, insomma, l'ideologia dell'UCK? Da lontano, ricorda alcuni movimenti rivoluzionari marxisti latinoamericani, come Sendero Luminoso... MALIQI: I fondatori dell'Esercito di Liberazione del Kosovo sono degli ex marxisti-leninisti, vale a dire ex enveristi. Sono stati per anni marginali e fino all'accordo di Dayton completamente passivi. Oltre a questo, si riteneva che Ibrahim Rugova fosse l'unico che la più ampia comunità internazionale avrebbe accettato come partner. Ma dopo Dayton, hanno deciso di cominciare con una resistenza armata, di guerriglia. Ritengo che a Milosevic abbia fatto comodo l'inasprirsi della situazione in Kosovo, consentendogli di mettere in atto, con la scusa della lotta contro la resistenza armata, una politica di pulizia etnica che è culminata con il cataclisma dei profughi. Milosevic ha combattutto molto raramente contro l'UCK, ma, come si è riproposto esplicitamente, ha distrutto i suoi punti di appoggio. Prima ha compiuto svariati massacri, che hanno portato a un'adesione di massa degli albanesi all'UCK. Per Milosevic si è trattato di un pretesto per distruggere villaggi, innanzitutto nella Drenica e successivamente lungo il confine, poi ancora a Malisevo e altrove. E' accaduto che in un solo giorno venissero distrutti e ripuliti della loro popolazione decine di villaggi. Sebbene l'UCK pensasse di agire in maniera indipendente, nei fatti è stato un protagonista della politica di Milosevic. Pensavano di realizzare i propri piani e invece hanno direttamente dato a Milosevic un alibi. L'anno scorso, d'estate, alla comunità internazionale era ormai diventato chiaro che Milosevic stava sistematicamente svuotando il Kosovo. L'UCK non aveva armi a sufficienza, né un piano strategico chiaro. Si trattava di uno scenario di guerra ad alto rischio - l'Albania era al collasso, il movimento albanese in preda alle scissioni, la leadership politica divisa in varie fazioni e la popolazione impreparata. Era un'avventura. Il suo scopo era quello di sfidare Milosevic, di mettere in questione il suo controllo del Kosovo e di spingere la comunità internazionale ad agire, eventualmente anche con un intervento NATO. Ma non era ancora il momento. Purtroppo, in quei giorni Rugova e la Lega Democratica del Kosovo hanno perso ogni influenza. Non avevano più una visione né lo slancio necessario per difendere la politica che fino a quel momento avevano difeso, non sono intervenuti in tempo contro i massacri operati dai serbi a Prekaz e a Likosane. Era allora che avrebbero dovuto prendere l'iniziativa, ma hanno solo atteso passivamente che qualcun altro, al loro posto, facesse il lavoro. Rugova ha perso l'occasione per mettersi a capo dell'insurrezione o almeno per prepararsi alle situazioni rischiose che si sono poi verificate quest'anno. GLOBUS: Il popolo albanese del Kosovo come ha accolto i bombardamenti della NATO? MALIQI: In passato Rugova continuava a insistere che solo un intervento della NATO avrebbe potuto salvare il Kosovo. Possiamo addirittura dire che questa idea costituisse la base della sua concezione politica. Personalmente sono sempre stato scettico della possibilità di un intervento della NATO in Kosovo. Non credevo che ci si sarebbe arrivati, ma ammetto di non avere nemmeno creduto che Milosevic avrebbe messo in atto una pulizia del Kosovo fino a questo punto e che avrebbe giocato il tutto per tutto. GLOBUS: Ma l'intervento della NATO ha aiutato gli albanesi del Kosovo? MALIQI: L'intervento è appena all'inizio. Milosevic ha vinto la prima settimana perché ha avuto l'occasione per svuotare il Kosovo. La gente è poi rimasta ostaggio di tutte le forze politiche. Vedremo come la gente tornerà e in quali circostanze. Ma questo non dipende più dagli albanesi, bensì dalla NATO. GLOBUS: Ma dalla nostra conversazione e dalla situazione dei fatti, si ha l'impressione che il vostro popolo sia privo di una dirigenza politica articolata, che sia decapitato. Il fatto che l'UCK riesca ancora a resistere nell'area montagnosa della Drenica e di Vucitrn può impressionare come caso di coraggio personale, ma non come conferma di una forza militare. MALIQI: Il concetto di resistenza civile sostenuto da Rugova non ha evidentemente dato risultati. Il nuovo governo del Kosovo lo vedo come un tentativo di cristallizare una nuova tendenza politica. Ritengo perfino che questo nuovo governo rappresenti la volontà della maggioranza degli albanesi. Penso anche che l'UCK non sia fuori dal gioco, ma bisogna vedere se verranno istruiti e riforniti di armi migliori in tempo utile. Le armi possono arrivare solo attraverso l'Albania, dove l'UCK controlla già un'area significativa del territorio. GLOBUS: Ipotizzando che Milosevic perda, è possibile che l'UCK scelga la strada dell'unione tra Kosovo e Albania? MALIQI: No, l'UCK non può riuscirci. Questa unione non può essere conseguita senza l'aiuto dell'Occidente. Ma se i serbi perdono questo gioco, molto rischioso, si pone la questione di una ridefinizione dello status del Kosovo concordato a Rambouillet. Ormai ora si parla di un protettorato per il Kosovo. Se i serbi perderanno la guerra e se ne andranno dal Kosovo come se ne sono andati dalla Krajina, il Kosovo diventerà una terra di nessuno. In un tale caso qui, con ogni probabilità, verrà creato un pieno protettorato, più forte di quello in Bosnia, per consentire il ritorno dei profughi e la creazione di un nuovo stato. Ma siamo coscienti che in questa regione il Kosovo non è al centro degli interessi della comunità internazionale, come lo è invece la Macedonia. Siamo tutti coscienti del fatto che la Macedonia sia essenziale per mantenere l'attuale sistema di sicurezza e che la questione del Kosovo verrà risolta nel tempo. GLOBUS: Perché si è arrivati alle drammatiche e contradditorie notizie dal Kosovo sull'uccisione di noti politici e intellettuali, che successivamente si sono rivelate non esatte? MALIQI: Con lo scatenarsi, parallelamente all'intervento della NATO, del terrore di Milosevic, sono state interrotte tutte le comunicazioni e le reti di informazioni tra gli albanesi. Solo l'UCK ha telefoni satellitari, che i serbi non controllano, mentre tutti i telefoni mobili sono stati scollegati. Non è possibile controllare alcuna notizia. Tutte le agenzie straniere o indipendenti sono state cacciate dal Kosovo, e i giornalisti kosovari si sono visti distruggere tutti i mezzi di lavoro e le comunicazioni. Non esisteva un sistema sotterraneo di comunicazione, si è creato un grande panico. Non sappiamo ancora quanto vittime ci sono tra gli intellettuali albanesi, quandi di loro sono stati arrestati o, forse, uccisi. Non sappiamo nemmeno quali sono le dimensioni dei crimini e dei massacri, mentre ci giungono voci agghiaccianti. GLOBUS: Ma potete verificare queste voci attraverso l'UCK, le cui forze sono ancora in Kosovo. MALIQI: No, perché la popolazione delle città è stata completamente distrutta e deportata. Non sappiamo affatto cosa è successo con Fehmi Agani, non sappiamo esattamente cosa sta succedendo a Rugova. Non sappiamo chi se ne è andato e chi è restato. La situazione è estremamente confusa e disperata. Ognuno si preoccupa solo di riunire la propria famiglia e di riuscire a sopravvivere. GLOBUS: Come hanno reagito gli albanesi alla comparsa di Rugova alla televisione serba? MALIQI: Sono rimasti scioccati. In particolare, quando ho sentito che Rugova è sotto la protezione della polizia serba, le cose mi sono diventate un po' più chiare. La comparsa di Rugova alla televisione serba e le sue dichiarazioni mi sembrano una propaganda montata di tipo goebbelsiano. Penso che sia una guerra di propaganda contro la NATO, messa a punto al fine di creare nell'opinione pubblica occidentale l'impressione che un rappresentante legittimo degli albanesi è contro questo intervento. GLOBUS: Rugova è politicamente morto? MALIQI: Il destino di Rugova è ignoto. Non possiamo essere sicuri nemmeno che uscirà vivo dal Kosovo. Politicamente, con ogni probabilità, ha esaurito ogni ruolo. GLOBUS: Siete a conoscenza di qualche piano dei leader politici albanesi per fornire aiuto agli albanesi che si trovano a Blace? MALIQI: Esiste un piano per fare tornare i profughi in Kosovo. Passi concreti per organizzare aiuti alla grande quantità di profughi, mi sembra, devono essere intrapresi dai paesi occidentali, perché gli albanesi da soli non sono in grado di fare nulla. Tutti sono convinti che questa situazione sia temporanea. Gli albanesi fanno affidamento al fatto che gli attacchi aerei sulla Serbia portino comunque a un grande cambiamento. Sono addirittura convinti che ora che il Kosovo è quasi vuoto, la NATO riuscirà più facilmente a entrare con forze di terra, perché Milosevic non ha più ostaggi tra la popolazione. Ci è chiaro, tuttavia che potrà anche accadere che i profughi tornino alle loro case, in Kosovo, sotto costrizione. Una parte di essi indubbiamente rimarrà all'estero, troverà un lavoro e rieniamo che saranno una delle fonti di finanziamento del Kosovo dopo il ritorno dei profughi. GLOBUS: E' ancora attuale l'accordo di Rambouillet, che doveva garantire al Kosovo uno status come quello di cui gode la Cecenia nella Federazione Russa e cioè: rafforzamento delle proprie libertà e dei propri diritti, con l'esclusione dell'indipendenza formale. MALIQI: Rambouillet è stato proposto all'una e all'altra parte. Gli albanesi lo hanno accettato, perché prevedeva l'entrata di truppe staniere in Kosovo per garantire la messa in atto degli accordi. E' un accordo che prevedeva un grado molto alto di autonomia, simile a quello che gli albanesi avevano nella Jugoslavia di Tito. E' stato proposto che in Kosovo non ci fossero più poliziotti serbi e si introduceva il protettorato internazionale con la possibilità di sviluppare uno stato del Kosovo. GLOBUS: Chi è oggi il leader politico più influente - riuscite a essere d'accordo almeno su questo? MALIQI: Sì, si tratta del leader dell'UCK, Hashim Thaci. (traduzione di A. Ferrario) |