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![]() NOTIZIE EST #221 - JUGOSLAVIA/KOSOVO 10 maggio 1999 UCCISO FEHMI AGANI Fehmi Agani, il politico kosovaro già dato per morto ai primi di aprile, delle cui sorti non si è saputo nulla per settimane, è stato trovato ucciso a 30 km. circa da Pristina. Questa volta a darne per primi la notizia sono quelli che quasi sicuramente ne sono stati anche gli aguzzini: le autorità serbe. La TANJUG (controllata direttamente dal Ministero serbo dell'informazione) sostiene nel relativo dispaccio che Agani, fino a prima dei bombardamenti il maggiore leader della LDK dopo Rugova, è stato ucciso dall'UCK, senza tuttavia fornire alcun particolare, anche indiretto, a sostegno di tale informazione, così come non riferisce particolari in merito alle modalità della sua morte. Particolari vengono invece forniti dai famigliari di Agani, in particolare da uno dei figli, profugo in Macedonia: Agani sarebbe stato prelevato giovedì scorso, 6 maggio, da poliziotti serbi, nei pressi di Lipljane, in un treno affollatissimo di profughi che erano stati respinti al confine con la Macedonia dalle autorità di questo paese e stavano tornando verso Pristina. Agani, di 66 anni, è stato separato dalla moglie e da un figlio e portato via dai poliziotti. Venerdì un membro della famiglia, recatosi dalla polizia serba per avere notizie di Agani, si è sentito dire che era stato ritrovato ucciso. Un altro intellettuale kosovaro giunto di recente in Macedonia, Ismaili, ha raccontato di essere stato per alcune settimane in clandestinità con Agani, a partire dal 29 marzo, giorno in cui la polizia ha effettuato vaste retate di arresti in tutta Pristina. Quel giorno, nella confusione degli arresti e degli atti criminali compiuti contro la popolazione albanese della città, era stata data la notizia della sua morte. Ismaili afferma che la settimana scorsa Agani aveva deciso di fare ritorno alla propria abitazione, rinunciando a fuggire in Macedonia, come ha fatto invece lo stesso Ismaili. In effetti, la settimana scorsa, Natasa Kandic, del Fondo per i Diritti Umani di Belgrado aveva affermato, in un'intervista rilasciata al settimanale montenegrino "Monitor" che Agani, così come Demaci, era ricomparso nel suo appartamento a Pristina, dopo un periodo di clandestinità. La scomparsa di Agani era stata comunicata anche dall'agenzia albanese di Macedonia "Albpress" (controllata dai moderati del PDP, già alleati di Gligorov), la quale aveva diffuso venerdì 7 maggio mattina, prima che la TANJUG comunicasse la sua uccisione, la notizia che Agani era stato "arrestato dalla polizia serba e separato dai suoi famigliari mentre cercava di abbandonare Pristina". Secondo la Kosovapress, l'agenzia dell'UCK, Agani sarebbe stato ucciso dalla polizia serba perché, a differenza di Rugova, avrebbe rifiutato di trattare con le autorità serbe e ora, recandosi all'estero, avrebbe potuto rendere note le sue posizioni. Secondo il capo dell'UCK Thaci, intervistato al telefono dalla Reuters, Agani sarebbe stato ucciso dalle autorità serbe "per distruggere il processo di unificazione delle forze albanesi". Thaci è stato in passato allievo di Agani e aveva buoni rapporti con lui. La notizia dell'uccisione non può in effetti non essere letta alla luce degli sviluppi degli ultimi giorni, che vedono un riaprirsi delle divisioni all'interno del movimento albanese kosovaro, incentivate dai nuovi tentativi di infiltrazione in Kosovo dei gruppi armati delle FARK, controllate dal premier in esilio Bukoshi, vicino a Rugova e a Berisha e molto vezzeggiato dall'occidente negli ultimi tempi. All'interno del mondo politico albanese, Agani, professore di sociologia, faceva sì parte della LDK di Rugova, ma era stato tra tutti i politici moderati quello più disponibile a un dialogo con l'UCK, grazie anche al prestigio di cui godeva tra tutte le componenti kosovare. La sua scomparsa toglie di scena una figura chiave per un dialogo tra le forze albanesi, in un momento in cui, visti i tentativi in atto di giungere a una soluzione diplomatica sulla pelle dei kosovari, una qualche forma di unità politica tra le forze albanesi sarebbe fondamentale per difendere i loro interessi. Purtroppo non è dato sapere quale sia stata la posizione di Agani rispetto alla scelta di Rugova di trattare con Milosevic, ma è sicuro che tale scelta ha provocato profonde spaccature all'interno della stessa LDK. E' chiaro comunque a chi la sua uccisione possa fare comodo, sia a Belgrado che altrove. Infine, non si può non notare la differenza tra la sorte di Agani, costretto a fuggire, mascherato, su un treno stipato di profughi, respinto alla frontiera, sequestrato dalla polizia serba e ucciso, e quella di Rugova, recatosi comodamente su un jet dei servizi segreti italiani a Roma, grazie all'aiuto del responsabile dei massacri contro il suo popolo, Milosevic, e di uno dei maggiori sponsor occidentali di quest'ultimo, Dini, ora comodamente alloggiato in una lussuosa villa di Roma e accolto dai potenti di mezzo mondo. Rugova ha ritenuto opportuno trattare con Milosevic, Milutinovic & co., ma evidentemente non ha mosso un dito per aiutare uno come Agani che era stato il suo braccio destro per anni, abbandonandolo alla sua sorte. Così come sono stati abbandonati alla loro sorte Flora Brovina, presidentessa della Legga delle done albanesi del Kosovo, sequestrata da poliziotti e paramilitari serbi il 22 aprile, e Albin Kurti, ex presidente dell'Unione degli Studenti di Pristina e portavoce di Demaci, anch'egli sequestrato insieme al padre e al fratello, entrambi diventati ora "desaparecidos". (fonti: vari dispacci Reuters, 8 maggio 1999; Albpress, 7 maggio 1999; TANJUG, 7 maggio 1999; "Monitor", maggio 1999) COMMENTO: LA DISINFORMAZIONE DI "SINISTRA" "Notizie Est" ha scelto, a fine marzo, di dare, anche in assenza di "prove concrete", la notizia della morte di numerosi politici e intellettuali kosovari, in seguito smentita per due soli di essi. Si è trattato di una scelta fatta in piena coscienza: in una situazione di guerra, di deportazioni di massa, di chiusura o espulsione dal Kosovo di ogni fonte di informazione non controllata dai massacratori, è chiaro che una piena verifica dell'esattezza non ci può mai essere e questo non certo per colpa delle vittime o di chi informa, bensì per la cosciente volontà degli aguzzini di occultare i propri crimini. Bisognerebbe forse tacere agnosticamente, in una situazione del genere? In quel caso, la notizia era assolutamente verosimile (e nei fatti vera, se non per due sole delle persone nominate), rientrava in un quadro di ampiamente riportate testimonianze di scomparse e uccisioni di intellettuali e di sopraffazione di un'intera popolazione. Per fare un altro esempio, "Notizie Est" ha scelto di dare anche la notizia dei primi morti civili a Pristina per un bombardamento NATO. In quell'occasione c'era solo la testimonianza di uno sparuto gruppo di giornalisti, selezionati e portati in una visita lampo nella città dalle autorità serbe, che hanno fatto loro vedere solo quello che volevano venisse visto (e quando vengono massacrati albanesi non c'è nemmeno questa minima possibilità), ma la notizia, come ha dimostrato quello che è successo poi, era assolutamente verosimile. Se domani dovesse saltare fuori che si è trattato per intero o in parte di una falsificazione, ciò non cambierebbe una virgola della sostanza dei fatti. Nonostante tale chiaro contesto, identico a quello di tante altre situazioni di repressione e crimini massicci, la sinistra italiana ha sfruttato, a mezzo stampa e attraverso Internet, la notizia e la successiva smentita della morte di Agani e di Haxhiu per un'indegna e vergognosa campagna sulla "disinformazione", mirata, nel migliore dei casi, a mettere in pace la propria coscienza e, nel peggiore, ad avallare i crimini di Belgrado. Riassumiamo qui sotto i fatti. Il 29 marzo fonti kosovare, riprese dalla NATO e successivamente da varie agenzie, riportano la notizia dell'uccisione di un nutrito gruppo di politici e intellettuali albanesi del Kosovo: il leader della LDK Fehmi Agani, il giornalista Veton Surroi (poi si dirà che è Baton Haxhiu, suo collega nel giornale "Koha Ditore", fatto chiudere da Belgrado), il politico Sabri Gashi, lo scrittore Teki Dervishi e il più noto poeta kosovaro, Din Mehmeti, sarebbero stati uccisi da forze di polizia o paramilitari serbe nel giorno dei funerali di Kelmendi e dei suoi figli. Kelmendi, noto avvocato e difensore dei diritti umani, era stato sequestrato insieme ai due giovani figli da poliziotti serbi (la polizia serba non ha mai negato l'omicidio di Kelmendi, la cui uccisione è stata verificata dagli ultimissimi giornalisti presenti in Kosovo e subito espulsi), i tre erano stati poi trovati uccisi nei pressi di Pristina (le medesime modalità dell'omicidio di Agani avvenuto in questi giorni). La notizia dell'uccisione di questi politici e intellettuali era un fatto assolutamente terrorizzante e demoralizzante per la popolazione kosovara, che nel momento in cui veniva cruentemente repressa e deportata, si vedeva privata anche di buona parte della propria leadership politica. Alcuni giorni dopo, la notizia veniva rettificata, ma assolutamente non smentita per intero. Degli uomini dati per uccisi, Agani e Haxhiu sarebbero stati ancora vivi; di Agani non si è più saputo nulla fino a pochi giorni fa, Haxhiu è ricomparso a fine aprile tra i profughi fuggiti in Macedonia, dopo innumerevoli peripezie e dopo avere rischiato la propria vita. La morte degli altri tre, invece, è stata confermata.Va notato che la rettifica non è stata frutto di alcuna opera di "controinformazione" o "smascheramento", sono le stesse fonti che avevano dato la notizia a rettificarla in brevissimo tempo, comunicando che Agani e Haxhiu non erano morti: non si tratta quindi di uno dei tanti casi di notizie "fabbricate" e in seguito smascherate da un'opera di controinformazione. Tutti questi particolari non hanno avuto alcuna importanza, per le molte voci che a sinistra hanno denunciato "l'opera disinformativa" sui politici "morti e poi resuscitati" (con buona pace per quelli morti davvero e mai resuscitati), tentando così indirettamente di mettere in pace la propria coscienza riguardo alla scelta di denunciare solo i bombardamenti NATO e stendere un velo di silenzio sui massacri e le deportazioni contro i kosovari, o relegarli comunque su un piano assolutamente secondario e solo umanitario. Ma c'è stato di peggio: in Internet si è scatenata una campagna di messaggi contro Amnesty International (sulla quale, detto per inciso, ci sarebbero sì forti critiche da fare, ma per altri motivi) rea di avere diffuso anch'essa la notizia, così com'era. Il ragionamento alla base di questa campagna era davvero raffinato: diffondendo la notizia Amnesty avrebbe "incitato" la NATO a bombardare di più la Jugoslavia. Naturalmente in questa campagna si è taciuto assolutamente sul fatto che la rettifica era solo parziale, che omicidi identici di intellettuali e politici kosovari c'erano appena stati alcuni giorni prima, che a smentire la notizia erano state le stesse fonti che l'avevano data (perché in qusta seconda occasione, allora, si è creduto alle rettifiche diffuse dalle medesime fonti "bugiarde"?). L'accusa poi di avere "incitato" così ai bombardamenti è demenziale: come abbiamo visto tutti, in queste settimane, la NATO mette in atto i suoi piani criminali nella più assoluta indifferenza per le notizie diffuse e le sofferenze dei kosovari. Per fare un esempio, anche intorno a Pasqua, quando le televisioni di tutto il mondo riportavano l'esodo e le drammatiche testimonianze dei profughi, la NATO non ha alterato di una virgola la sua strategia e, nonostante il bel tempo, non ha effettuato alcun attacco diretto sulle forze serbe che espellevano queste masse di persone, che la NATO pretende di difendere. |