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![]() NOTIZIE EST #224 - JUGOSLAVIA/KOSOVO 14 maggio 1999 LA FENICE ESCE DEFINITIVAMENTE DI SCENA? di Fehim Rexhepi - (AIM Pristina, 6 marzo 1999) [Pubblichiamo un ritratto di Adem Demaci scritto prima dell'inizio dell'intervento NATO, in occasione delle sue dimissioni da rappresentante politico dell'UCK. Le ultime notizie su Demaci dicono che egli si trova ancora a Pristina, chiaramente esposto a grandi rischi, visto quanto è successo ad altri personaggi in vista come Fehmi Agani, Albin Kurti e Flora Brovina. Anche dell'autore di questo articolo, Fehim Rexhepi, uno dei più acuti osservatori della situazione in Kosovo negli ultimi mesi, non sono più giunte notizie dal 24 marzo scorso - a.f.] Nel corso degli ultimi anni, per Adem Demaci è stato più volte previsto un funerale politico. Ma i suoi opponenti e concorrenti sono convinti che le dimissioni dalla carica di rappresentante politico dell'UCK, annunciate direttamente all'opinione pubblica albanese attraverso i media, rappresentino l'atto politico della sua definitiva uscita dalla scena politica albanese. I più influenti mezzi di informazione albanesi cercano di creare l'impressione che così la pensino tutti gli albanesi. Dopo alcune critiche, è seguito un concerto mediale su come gli albanesi siano quasi entusiasti del documento proposto a Rambouillet per la risoluzione della crisi del Kosovo. Tuttavia, a qualcuno è venuto in mente che le critiche di cattivo gusto possono diventare controproduttive, con la conseguenza che nel chiasso assordante riguardo alla firma del documento di Rambouillet, il nome di Demaci è rimasto soprattutto non pronunciato, come se si trattasse di un esempio negativo, quasi di un avversario. Ma tutti sanno chi è contrario agli accordi. Non c'era bisogno di nominarlo direttamente e di dire che è proprio lui che dubita sull'arrivo delle truppe NATO, che è contro la pace, contro l'America e l'Occidente e per la Russia, la Cina e Cuba. La leggerezza con la quale qui e là si pronunciano giudizi negativi su di lui personalmente e sulle sue posizioni politiche, dimostra in maniera quasi evidente che questa campagna anti-Demaci, come la ha definita Rexhep Qosja, è motivata in gran parte dal desiderio di conquistare le migliori posizioni di partenza per l'imminente lotta per il potere. Tuttavia, così come Demaci, a quanto pare, non ha "afferrato e compreso" il significato, che si ritiene fatale, del "momento diplomatico", i suoi opponenti non hanno capito che Demaci in nessun modo non costituirà un concorrente per il potere in un "Kosovo tessuto dai diplomatici, a metà o parziale". A causa delle sue convinzioni morali e politiche personali riguardo al problema albanese e a quello del Kosovo e delle durezze che ha dovuto in conseguenza di ciò subire per decenni, Demaci non poteva accettare di firmare un compromesso diplomatico, né l'avvio di una corsa a chi conquisterà la poltrona di premier o di presidente di un tale Kosovo. Le discussioni senza fine che cominceranno con il risveglio del domani, gli albanesi dovranno cominciarle sempre più spesso con l'espressione così ben rimata nella loro lingua: "interes miremenjges". Buon giorno interesse. Facile da capire per tutti. Ma in questi ambienti sia il potere personale che quello statale vengono visti in grande misura come una qualità o una ricchezza personale, o meglio come un mezzo per accumulare ricchezze. Basta gettare uno sguardo sui vicini del Kosovo per capire che i politici albanesi in questo non sarebbero per nulla soli. E' probabile che in una lotta per il potere nemmeno Demaci si comporterebbe come un agnello. A chi gli facesse osservare la sua durezza, Demaci risponderebbe: sono un uomo senza compromessi sia nei miei confronti che nei confronti degli altri, ma insisto sempre per essere rigorosamente imparziale". Per questo nella lotta politica Demaci non ha mai danneggiato gli altri, attendendosi che anche gli altri non lo danneggiassero. [...] In tutte le forme della comunicazione pubblica è sempre diretto, sincero, immediato e senza varianti di riserva. Non sono qualità personali adatte a un uomo che desideri rimanere un politico di successo. Nonostante la durezza dei suoi principi personali e morali, e la tendenza alla visionarietà, non si può dire che Demaci sia un sognatore politico. E' in grado di fare una differenza tra i principi morali della politica e la costruzione di posizioni politiche che siano in armonia con le condizioni esistenti. Per fare un esempio, alla domanda di un giornalista su come è accaduto che egli abbia cambiato alcune sue posizioni politiche, ha risposto senza esitazioni: "In politica non mi comporto secondo il detto 'un uomo vero parla solo una volta'. Cambiano le circostanze e quindi bisogna cambiare anche alcune posizioni politiche precedenti". Nonostante questo, Demaci non ha mai infranto la sensazione che riguardo alla questione albanese non vi possa essere alcun compromesso. Una cosa del genere per lui è sempre stata e rimane "una marcia tendenza al compromesso". Demaci è nato nel villaggio di Donja Ljupca, presso Podujevo, ma ha trascorso gli anni dell'infanzia e della gioventù a Pristina. Al secondo anno degli studi universitari, nel 1958, quando aveva solo 22 anni, è stato arrestato e condannato a 5 anni di prigione (ne ha scontati tre) per attività politiche nazionaliste antistatali. Così quasi fin dal principio è stata interrotta la normale maturazione di un giovane dall'inclinazione ribelle con serie ambizioni letterarie. Tuttavia, sembra che il destino lo abbia condannato a diventare un uomo politico totale e la letteratura è rimasta per lui solo un amore irrealizzato della prima gioventù. Per i pochi che lo conoscevano o avevano sentito parlare di lui, Demaci era ed è rimasto noto come dissidente, prigioniero politico e maggiore nemico del socialismo. Come tale è stato condannato a un rigoroso silenzio sul suo nome. Per questo, anche tra i muri delle proprie case, chi lo conosceva e tutti gli altri nominavano il suo nome solo sottovoce. Compariva in pubblico solo in occasione delle sentenze in tribunale. La seconda volta, nel 1964 è stato condannato a 15 anni di prigione, scontandone 10, e la terza volta, nel 1975 è stato condannato nuovamente a 15 anni, che ha scontato quasi per intero. Complessivamente: 27 anni e 7 mesi di prigione. Spesso ripete che la sua prigionia non è ancora finita, spiegando come nell'aprile del 1990 è entrato in una prigione molto più grande, quella del Kosovo. Sotto la sua ostinatezza che non si nota, si nasconde probabilmente anche il desiderio di ricuperare almeno in parte tutto quello che ha perso. Ma ha sentito innanzitutto di dovere fare i conti con alcuni aspetti di se stesso. Ha abbandonato l'ispirazione di sinistra nella lotta per la libertà degli albanesi e a rinunciato all'unione di tutti gli albanesi in uno unico stato. Ma ha conservato una posizione senza compromessi riguardo alla libertà e all'indipendenza del Kosovo. Accetta una soluzione temporanea come concessione, ma non come posizione incondizionata che può arrivare a chiudere la prospettiva di un'indipendenza del Kosovo. Per questo non è andato a Rambouillet. Negli anni trascorsi fuori dalla prigione, Demaci è passato attraverso tutte le tattiche politiche, ma è sempre stato tra coloro che erano meno pazienti, o meglio, tra quelli più inclini all'attivismo. Nei primissimi anni ha sostenuto Rugova e la sua Lega Democratica del Kosovo (LDK). Riteneva che fosse necessario sostenere la LDK come movimento popolare intorno al quale si sarebbero raccolti tutti i potenziali degli albanesi. Il frazionamento del movimento albanese in diversi partiti sotto le condizioni del dominio serbo veniva da lui ritenuto una sventura che bisognava evitare tramite la LDK, oppure mediante l'unione, all'interno di un organismo sufficientemente unitario, di tutti i partiti e le associazioni. Tuttavia, nonostante i numerosi tentativi, non è mai riuscito a mettere in atto le proprie intenzioni di dare vita a un movimento albanese unito. Si è reso conto della limitatezza di un agire individuale e per questo alla fine del 1996 ha assunto la leadership del Partito Parlamentare del Kosovo (PPK). Ha provato sia l'azione politica solitaria, che quella collettiva, e addirittura la combinazione di queste due soluzioni, ma senza successo. Lo spazio politico albanese era completamente occupato e controllato dalla LDK, la prima organizzazione albanese autentica degli albanesi del Kosovo nella storia contemporanea. Demaci ha per primo criticato la sterilità della politica di resistenza passiva. Come alternativa ha proposto una resistenza non violenta attiva sotto lo slogan: né guerra né capitolazione, argomentando che la resistenza passiva avrebbe immancabilmente portato a una pericolosa radicalizzazione e addirittura a scontri armati. La sua opinione era che un forte movimento di resistenza non violenta attiva avrebbe potuto prendere il controllo e la direzione delle richieste più radicali. Tuttavia, non vi era alcuna forza in grado di misurarsi con un gigante nazionale come era la LDK guidata da Rugova, che si basava sull'insicurezza della maggioranza e sulla pautra di una situazione ancora peggiore in Kosovo. Durante l'autunno e l'inverno del 1997, Demaci si è schierato dalla parte della rivolta degli studenti contro la brutalità del dominio serbo e l'immobilismo di cui avevano dato prova fino ad allora i politici albanesi e successivamente, dopo avere fin dall'inizio appoggiato gli obiettivi politici dell'UCK, è diventato nell'agosto dello scorso anno il rappresentante politico di quest'ultimo. Nel febbraio di quest'anno, a causa dei noti dissidi in merito al processo diplomatico avviato a Rambouillet, si è allontanato anche dal Quartier Generale dell'UCK, dando le dimissioni il 2 marzo scorso. L'idea guida di Demaci era ed è rimasta, come ha detto egli stesso in occasione del suo ultimo incontro con i giornalisti - la libertà degli albanesi e del Kosovo. Alla realizzazione di tale idea ha dedicato quasi 30 anni della sua vita. Dice che è stata una sua scelta, che sarebbe contento di dare tutto e che non smetterà mai di impegnarsi per quello che, probabilmente, ritiene una decisione del suo destino. Come politico con ogni probabilità è un po' più debole dei suoi rivali. Ma, allo stesso tempo, coloro che conoscono Adem Demaci da vicino affermano che egli ha dei pregi che i suoi rivali non hanno. In fin dei conti, indipendentemente da quello che sarà di lui come politico, nella vita pubblica degli albanesi del Kosovo, e non solo del Kosovo, Demaci rimarrà sempre Demaci con tutti i suoi difetti e le sue doti. |