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NOTIZIE EST #230 - JUGOSLAVIA/KOSOVO
19 maggio 1999


GLI INTELLETTUALI KOSOVARI
di Fehim Rexhepi - (AIM Pristina, 16 maggio 1999 - distribuito da AIM Skopje)


[Proprio alcuni giorni fa avevamo scritto che del giornalista Fehim Rexhepi non c'erano più notizie dal 24 marzo. Ieri è stato diffuso dalla sede di Skopje dell'agenzia interbalcanica AIM questo suo articolo, il primo da quando sono iniziati i bombardamenti, non a caso un pezzo amaro sulle sorti degli intellettuali kosovari nel caos dei massacri e delle deportazioni dal Kosovo - a.f.]

Dove si trovi in questo momento l'intelligencija degli albanesi del Kosovo è una questione complessa. Si tratta di una questione che in questo momento ha un significato soprattutto se la si prende in senso letterale - cioè se si considera la loro situazione fisica, e non quella di soggetti pensanti che devono farsi sentire e diffondere le proprie posizioni. In condizioni normali ogni domanda e analisi sullo strato sociale che si chiama intelligencija avrebbe un significato del tutto differente e sarebbe incentrata sul suo impegno creativo e sociale nel fare progredire valori universali. Tuttavia, in queste settimane e in questi mesi primaverili, l'esodo che stanno vivendo gli albanesi del Kosovo non ha risparmiato nemmeno gli intellettuali. Anzi, è il contrario. Essi sono stati scacciati con la forza dalle loro case, sono diventati dei senzatetto, dei profughi che vivono di aiuti umanitari nei campi, oppure nelle case dei loro parenti e amici.

Tra gli albanesi del Kosovo sono state cancellate tutte le differenze di status dal punto di vista sia sociale che economico. Gli intellettuali condividono in prima persona i destini del proprio popolo. Per tutti loro ora il problema più importante è quello di trovare un tetto e del cibo per sfamare i propri famigliari. Perciò in questi momenti forse ha più senso la domanda di dove si trovino in senso fisico e spaziale gli intellettuali del Kosovo, che quella della loro attività. Purtroppo, molti dei più noti e dei meno noti tra di essi non sono più tra i vivi. In questo momento nessuno è in grado di stilare un elenco completo delle sorti degli intellettuali del Kosovo, perché non si sa ancora con esattezza chi è stato ucciso o massacrato e dove si trovano coloro che sono riusciti a salvare la propria vita.

Delle persone note fino a questo momento è stata provata la liquidazione di Latif Berisha, di Fadil Hajrizi, di Bajram Kelmendi e di Fehmi Agani. Il professore universitario di letteratura Latif Berisha è stato ucciso con suo figlio a Mitrovica subito dopo essere stato sequestrato mentre si trovava a casa sua. Nello stesso modo, e sempre a Mitrovica, ma con sua madre, è stato ucciso uno dei più apprezzati leader dei sindacati indipendenti, Fadil Hajrizi. La serie di liquidazioni fisiche di intellettuali albanesi è cominciata con l'uccisione del più noto tra gli avvocati del Kosovo, il grande combattente per i diritti umani Bajram Kelmendi , ammazzato con i suoi due figli. Dopo essere stati maltrattati presso la loro casa, sono stati portati presso una stazione di polizia, che successivamente ha comunicato che nei sobborghi di Pristina erano stati trovati i loro cadaveri.

Fehmi Agani è l'ultimo di questa serie di personalità pubbliche maggiormente in vista di cui è noto che sono state liquidate. Di sicuro si sa che si trovava in un treno che, scortato dalla polizia, trasportava deportati albanesi da Pristina verso il confine con la Macedonia. Poiché il confine era chiuso, il treno è stato fatto tornare indietro e, secondo quanto hanno riferito numerosi testimoni, Agani è stato arrestato sulla via del ritorno, in vicinanza di Pristina. Questa descrizione della sua scomparsa sarebbe del tutto superflua se non vi fossero state le prime informazioni di fonti serbe secondo cui Agani è stato liquidato dall'UCK e che nessuno ha confermato. Agani è una delle più note e più apprezzate personalità albanesi. E' stato un pioniere del pensiero sociologico e filosofico in Kosovo, nonché insegnante di tutti gli studenti che hanno frequentato tali corsi presso le facoltà di Pristina. Da più di 30 anni è noto per il suo impegno in direzione dell'emancipazione del Kosovo, e negli ultimi anni ha cercato di realizzare l'idea dell'indipendenza del Kosovo anche con l'impegno diretto in politica. La sua sensibilità nel mantenere i contatti e nello spiegare i problemi, così come la disponibilità ad ascoltare gli altri, lo hanno reso uno dei politici kosovari più apprezzato da tutti. Non esisteva altro politico albanese del Kosovo che fosse rispettato in tal modo anche tra coloro che non erano d'accordo con lui.

Un ampio numero di personalità pubbliche e di intellettuali si trova ancora in Kosovo. Il più noto tra di loro è Adem Demaci. La sua decisione di rimanere in Kosovo è in armonia con le convinzioni che ha sempre espresso e con il suo comportamento di oggi e di ieri. I primi giorni dopo i bombardamenti NATO in una dichiarazione pubblica ha detto che non avrebbe abbandonato il suo paese nonostante tutti i pericoli esistenti. Verso fine aprile sono circolate voci secondo cui era stato arrestato a Pristina e in seguito rilasciato. All'incirca negli stessi giorni sono giunte informazioni secondo cui è stato arrestato anche uno dei più noti leader studenteschi e segretario dell'ufficio di Demaci fino a quando quest''ultimo è stato rappresentante dell'UCK a Pristina, Albin Kurti. Si dice che Kurti sia stato arrestato insieme a suo padre, insegnante universitario anch'egli impegnato politicamente, e con il fratello, che era attivista dell'organizzazione degli studenti. Altre informazioni dicono che è stata arrestata anche la nota attivista per i diritti umani e delle donne, il medico pediatra Flora Brovina. Le sue sorti rimangono ancora oggi ignote. Non si sa nulla nemmeno di Veton Surroi, noto editore e politico. Dopo la firma dell'accordo di Rambouillet a Parigi, Surroi è tornato a Pristina ed è subito entrato in clandestinità. Ci sono notizie assolutamente sicure secondo cui è riuscito con la madre a sfuggire alla polizia e si trova da qualche parte in Kosovo, ma ancora non si è fatto sentire in pubblico e non è stata diffusa alcuna informazione su di lui. In un'intervista concessa alla televisione albanese alcuni mesi fa aveva detto che se non ci fosse stata altra uscita sarebbe stato pronto a imbracciare il kalashnikov. Ricordiamo ancora due personalità molto note tra il pubblico kosovaro. Si tratta di Bajram Kosumi e di Hydajet Hyseni, che erano tra i più importanti dirigenti del Movimento Democratico Unito (UDP) di Rexhep Qosja. Come rappresentanti di questa formazione politica nel governo temporaneo del Kosovo guidato da Hashim Thaci, Kosumi è stato nominato ministro dell'informazione, e Hyseni ministro della giustizia. Notizie su Kosumi sono giunte in occasione della sua visita presso i territori liberi sotto il controllo dell'UCK. Di Hyseni fino a oggi non è giunta alcuna notizia, né egli si è mostrato in pubblico.

La maggior parte degli intellettuali e delle personalità pubbliche ha varcato il confine e forse non si libererà mai del peso innanzitutto psicologico, ma anche politico, della condizione di profughi. Con l'eccezione di coloro che hanno cominciato e hanno appoggiato la lotta per la libertà, ivi inclusi i membri del governo provvisorio del Kosovo, quasi tutti i politici hanno abbandonato il Kosovo e sono andati in esilio. La maggior parte di essi è in Albania, molti di loro sono in Macedonia e alcuni in questo momento si trovano a girovagare nei paesi occidentali. Gli intellettuali, a differenza dei politici, hanno scelto per la maggior parte la Macedonia. Un numero molto limitato di essi si trova nei campi, dove è stata relegata la maggior parte del popolo. Ma questo non rende loro le cose più facili, perché aumenta ancora il peso della croce degli esiliati.

Nelle condizioni di un quasi completo impedimento del libero movimento nei centri abitati in cui sono accolti come deportati, gli intellettuali non possono nemmeno riunirsi fisicamente, e tanto meno cercare di organizzare qualche sforzo collettivo o chiarirsi a vicenda cosa è successo e cosa sta accadendo loro e al loro popolo in questa primavera. Provengono solo rari appelli collettivi o di singoli isolati con posizioni già ben note, che non sono nient'altro se non la conferma di quanto è già noto all'opinione pubblica e dell'impotenza dell'esilio. Si dice che uno dei più noti intellettuali albanesi che è entrato solo tardi nella vita politica abbia detto in un circolo ristretto che gli intellettuali albanesi, e soprattutto i politici, abbiano detto già tutto quello che avevano da dire. Tra le righe si suggerisce che quello che ora potrebbero dire sarebbe, per essere teneri, solo un ripetere, di cattivo gusto e irresponsabile, ciò che hanno detto in passato. Se questa osservazione è esatta, la situazione radicalmente cambiata può sopportare ancora meno la loro ignoranza, la loro incapacità, la loro follia irresponsabile, la lotta assurda per il potere, la loro lentezza nell'agire e le loro fantasticherie personali che, come direbbe qualcuno, avevano come obiettivo addormentare il popolo. Per il resto, cosa potrebbero dire di così importante per i destini del popolo gli intellettuali e, in particolare, i politici in esilio, se non hanno fatto quello che era il loro dovere quando erano in Kosovo?