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NOTIZIE EST #234 - JUGOSLAVIA/KOSOVO
26 maggio 1999

L'UCK: PRONTO A DIFENDERE E CONTROLLARE

di Zoran Kusovac - ("Janes's Intelligence Review", 7 aprile 1999)

[Il seguente articolo è stato scritto a fine marzo, prima dell'inizio dei bombardamenti NATO, e mette a fuoco la situazione dell'UCK in quel momento. L'articolo è stato pubblicato nell'originale insieme a un dettagliato organigramma dell'UCK, suddiviso per zone operative, che potete trovare a http://jir.janes.com/sample/jir0316.html. La pubblicazione del presente articolo e' da considerarsi "for fair use only", cioe' esclusivamente per la lettura personale e nessun altro uso ne e' consentito - i diritti d'autore rimangono di proprieta' della "Jane's Intelligence Review"]

Durante lo scorso anno, l'Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK) si è trasformato da una banda di guerriglieri in una forza strutturata in grado di gestire gli affari politici e interni. Zoran Kusovac racconta come è riuscito a farlo.

Quando, verso la fine del febbraio 1998, la polizia serba ha deciso di mettere fine a un movimento indipendentista di combattenti albanesi armati del Kosovo, nella regione della Drenica, era sicura che i suoi nemici sarebbero stati sconfitti facilmente. Le loro fonti indicavano che dietro il nome pomposo di Ushtria Clirimtare e Kosoves (Esercito di Liberazione del Kosovo, o UCK), si nascondeva solo un paio di centinaia albanesi seguaci della linea dura che sarebbero stati annientati in un solo attacco decisivo. La pianificazione dell'operazione, tuttavia, ha portato alla luce i dilemmi essenziali che avrebbero afflitto le operazioni serbe in Kosovo da quel momento in avanti. I serbi dovevano decidere se utilizzare delle unità specializzate antiguerriglia di dimensioni adeguate ed esporti al rischio di dare all'UCK importanza - qualcosa che volevano evitare a tutti i costi - oppure se sminuire l'importanza dell'UCK utilizzando solo la polizia regolare e unità dell'Esercito Federale.

I serbi hanno optato per l'opzione più sicura, ma l'unica tattica che le truppe regolari conoscevano era quella di colpire ogni sospetta "resistenza terrorista" con tutti i mezzi disponibili. Tale forza indiscriminata si è scontrata con la fiera opposizione del clan famigliare Jashari a Prekaz, dove ci sono volute più di 48 ore per porre fine a ogni resistenza. I risultati hanno dimostrato che per mettere a tacere meno di dieci maschi armati le forze del Ministero degli Interno (Ministarstvo Unutrasnjih Poslova, o MUP) hanno ucciso più di 40 civili, tra cui donne e bambini.

Una chiamata alle armi
Mentre la parte serba sosteneva che "i terroristi sono stati annientati una volta per tutte", le immagini di distruzione e di lutto provenienti dalla Drenica hanno dato un impeto inatteso al reclutamento dell'UCK. Migliaia di giovani albanesi hanno abbandonato i loro lavori, sia in Kosovo che in tutta l'Europa Occidentale, dove si trovavano a lavorare, per andare a unirsi alla forza che lottava per l'indipendenza nella loro patria, il Kosovo. L'afflusso di reclute è stato così rapido e inatteso, che l'UCK in principio è stato incapace di farvi fronte. Molti si sono fatti strada fino alla Drenica, che, nonostante le amare sconfitte subite in febbraio e marzo, veniva considerata come il centro della resistenza.

La creazione dell'UCK
Rimane ancora difficile capire come è stato possibile mettere insieme, organizzare e armare i 30.000 combattenti che l'UCK ha raccolto tra la primavera e l'estate del 1998. Un fattore chiave nello spiegare la crescita inaspettatamente rapida dell'UCK, tuttavia, è la natura della società albanese. Strettamente compatti, con forti legami famigliari, di clan e regionali, gli albanesi sono sempre stati ritenuti impenetrabili agli esterni e fedeli al loro senso di unità. Questo li ha aiutato a unirsi dietro la resistenza non violenta promossa dal movimento di base albanese dalla Lega Democratica del Kosovo (Lidhja Demokratike e Kosoves, o LDK) e dal suo leader, Ibrahim Rugova. Tuttavia, con la comparsa dell'UCK e l'intensificarsi delle azioni armate contro il MUP e gli "albanesi fedeli" (coloro che hanno continuato a lavorare per lo stato o hanno collaborato direttamente con le autorità di governo del Kosovo), la determinazione nel perseguire l'obiettivo ultimo - l'indipendenza per il Kosovo - mediante mezzi non violenti - è stata indebolita. L'UCK ha fatto la sua comparsa pubblica il 28 novembre 1997, e il fatto che le autorità serbe incontrasserso una resistenza armata da parte di normali contadini come i membri del clan Jashari ha rafforzato la convinzione che una resistenza armata avesso delle possibilità.

Gli aspiranti combattenti contattavano gli ex prigionieri politici nelle rispettive regione, offrendosi di combattere. La maggior parte dei prigionieri politici erano ex studenti arrestati negli anni '80 per la loro partecipazione al movimento che chiedeva la costituzione di una Repubblica del Kosovo all'interno della Jugoslavia federale. Il movimento in se stesso era largamente idealistico, ma la mano dura usata dal governo, le lunghe condanne alla prigione e l'impossibilità di trovare un lavoro dopo la scarcerazione hanno radicalizzato i giovani fino al punto che ora essi erano pronti a guidare la lotta aramta. Tra gli altri leader vi erano appartenenti alla generazione più giovane degli studenti (espulsi dalle università quando l'autonomia del Kosovo è stata abolita con la forza nei primi anni '90), degli insegnanti, dei medici, dei membri delle famiglie più influenti e noti furfanti locali. Gli ufficiali dell'esercito e gli ispettori della polizia vittime delle purghe dei primi anni '90 erano gli unici che avessero qualche conoscenza di tipo militare. Non appena si è diffusa la voce che vi era un nucleo di resistenza in un'area particolare, le potenziali reclute si sono lasciate guidare da un passaparola.

L'autoproclamato governo della "Repubblica del Kosovo" riscuoteva un'imposta del 3% sui redditi di tutti gli emigrati che lavorano in Germani, Svizzera e Asutria, ma molto più importanti per il finanziamento dell'UCK sono stati i fondi inviati dai membri delle famiglie che lavoravano all'estero. Prima dell'inizio della resistenza di massa, tali fondi servivano semplicemente al mantenimento delle grandi famiglie e dei clan, ma una volta che è stata presa la decisione di combattere, tali fondi sono stati ulteriormente aumentati con donazioni aggiuntive e dirottati verso l'approvvigionamento di armi.

Un ruolo importante nella raccolta di fondi lo ha svolto il fondo con base in Svizzera "La patria chiama" (Vendlindhja Therret), che ha organizzato raccolte su vasta scala, prima in Europa e successivamente negli USA, dove la comunità albanese conta nella sola area di New York oltre 200.000 membri.

Le armi sono state procurate da tutti i tipi di fonti, ma il primo più importante canale sono stati i serbi stessi. Preoccupati del fatto che la dissoluzione dell'ex Jugoslavia potesse portare nell'immediato a una insurrezione degli albanesi del Kosovo, il governo serbo ha distribuito, secono le stime, 75.000 fucili ai serbi del Kosovo. Gli albanesi, un popolo con una cultura tradizionale delle armi da fuoco, hanno conservato quante più armi potevano e hanno accquistato ininterrottamente kalashnikov dai loro vicini serbi. I serbi erano più che contenti di venderli, poiché si fidavano della capacità dell'Esercito jugoslavo (Vojska Jugoslavie - VJ) di difenderli. Un canale importante è stata l'Albania, dove la disintegrazione del governo centrale nella primavera del 1997 e il successivo saccheggio dei depositi militari ha portato più di mezzo milione di armi di piccolo calibro sul mercato. Il prezzo di un Kalashnikov nell'Albania settentrinale era di soli $100; in Kosovo costava ildoppio. Le forniture hanno cominciato a scorrere attraverso le montagne, prima in piccoli gruppi, ma successivamente i convogli sono aumentato fino a 200 pony di montagna e a 1.000 uomini.

La cultura delle armi da fuoco propria degli albanesi, la necessità di nascondersi e la mancanza di ufficiali addestrati hanno dato luogo a una propensione per le armi individuali. In un primo momento le uniche armi diverse dai normali fucili erano le armi anticorazzati portate a spalla, di norma di vecchia generazione, e un numero limitato di mortai di piccolo calibro. Con la sorpresa di molti, le mine non sono praticamente state usate, nemmeno per la difesa dei perimetri, ma si tratta di un fatto che riflette tra le altre cose anche il sistema di valori eroici degli albanesi, secondo cui l'unico modo degno di combattere è quello di imbracciare un fucile.

Eccessiva confidenza, il quasi-disastro
Mentre l'UCK cresceva le forze di sicurezza serbe sono rimaste come ipnotizzate e incerte sul da farsi. Il MUP ha semplicemente smesso di pattugliare ampie aree del paese e il VJ, fino a quel momento non direttamente coinvolto nei combattimenti, ha scelto di coesistere con l'UCK - le due entità hanno praticamente ignorato la reciproca presenza. Con una sempre maggiore ed eccessiva fiducia in se stesso, l'UCK ha proclamato dei "territori liberi" e ha bloccato le strade principali. Il governo ha mantenuto il controllo delle città più ampie, ma non godeva più di comunicazioni sicure e la città di Pec doveva essere rifornita mediante un largo giro attraverso il Montenegro.

A questo stadio l'UCK aveva ancora una scarsa coordinazione centrale e nessuna struttura di comando unificata. Ogni area operativa si preoccupava unicamente di sé stessa, procurandosi fondi e armi attraverso canali propri e reclutando abitanti dei villaggi locali. Non vi era addestramento e la logistica consisteva per la maggior parte nel fornire munizioni sufficienti a tutti i soldati. Il cibo veniva procurato principalmente attraverso la requisizione delle forniture disponibili localmente e i comandanti difficilmente si preoccupavano di ottenere consigli dai poichi individui con conoscenze militari. Il dilettantismo dell'organizzazione è testimoniato dal fatto che nel luglio del 1998 vi erano solo tre ospedali da campo. Il numero dei combattenti aveva raggiunto le 30.000 unità a metà giugno, ma un largo numero di essi erano solo abitanti locali che portavano un fucile nei villaggi in cui abitavano.

Il governo infine ha agito all'inizio dell'estate, quando l'UCK ha cercato di conquistare un'importante città, Orahovac, che era praticamente guidata da aree controllate dalla guerriglia. L'UCK, tuttavia, non è riuscita a pianificare ed eseguire in maniera appropriata l'attacco, dando prova di incompetenza tattica e di una carenza di struttre di comando appropriate e di disciplina nel combattere.

Verso la metà dell'estate, il MUP ha cominciato ad applicare tutte le lezioni apprese, in primo luogo rimuovendo tutti i blocchi stradali con la forza e liberando le vie di comunicazione. E' stato aiutato in ciò dal supporto delle armi pesanti del VJ, ma il suo principale alleato sono stati gli incompetenti - e spesso in concorrenza reciproca - comandanti dell'UCK, che non hanno sfruttato la loro mobilit a proprio vantaggio, ma hanno difeso i blocchi stradali, le gole e i passi di montagna, senza tentare alcuna azione di sorpresa o di aggiramento dei fianchi.

Nel mese di luglio il VJ ha ufficialmente ampliato la fascia di confine portandola a 5 km., ottenendo così la possibilità di colpire un'intera fila di villaggi compresi tra Djakovica e Prizren, che erano i principali punti di raccolta delle armi provenienti dall'Albania e dai centri di difesa. L'UCK è stato così frammentato in sacche isolate di resistenza.

Quello che, a sua volta, ha salvato l'UCK dalla sconfitta militare definitiva è stata l'incompetenza delle forze di sicurezza serbe: nel distruggere non solo i combattenti, ma interi villaggi come potenziali basi dell'UCK essi ne hanno fatto fuggire la popolazione nei boschi e sulle colline. Quando il numero dei civili dislocati ha sorpassato le 100.000 persone, la comunità internazionale ha dovuto reagire e, di fronte alla minaccia di attacchi aerei della NATO, il leader serbo Slobodan Milosevic ha raggiunto con l'inviato USA Richard Holbrooke un accordo che ha posto termine all'offensiva, consentendo ai profughi di tornare.

Il vero esercito
L'accordo ha inoltre fatto entrare in scena dei "verificatori di adempimento" dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), i cui compiti erano quelli di monitorare la tregua. Tale tregua, per quanto difficile, è sopravvissuta all'inverno - non per il dubbio ruolo dei verificatori, ma perché i serbi e gli albanesi avevano bisogno di riprendere fiato da un punto di vista militare e politico.

L'UCK ha sfruttato al meglio l'inverno, dando vita finalmente a una struttura competente di comando centralizzato incentrata su uno Stato Maggiore (Shtabi i Pergjithshem - ShP) e dividendo il Kosovo in zone operative. Inizialmente ve ne erano sei, ma a febbraio è stata aggiunta la Zona Operativa n. 7 (Karadak) lungo il fianco meridionale e le linee di comunicazione di importanza cruciale con la Macedonia attraverso la gola di Kacanik.

Il principio della subordinazione è stato rafforzato e applicato quasi per intero. Svariati comandanti locali che riluttavano ad accettare il comando centrale se ne sono andati via tranquillamente. Tra di essi vi era l'ex comandante dell'area sudoccidentale, Hajdin Abazi (nome di guerra Lum Haxhiu), noto per il suo incontro con Richard Holbrooke a Junik, che è tornato alla vita civile in Germania.

L'attuale UCK
Tutti gli aspetti militari e politici dell'UCK vengono ora gestiti dal ShP, che è composto da 16 membri noti, anche in totale potrebbero essere 20. Ogni membro ha una responsabilità specifica, ma le loro relazioni non sono sempre armoniose. Il ShP ha creato almeno sei direzioni (drejtoria) e svariati servizi (sherbimi), alcuni dei quali sono subordinati a direzioni, mentre altri sono sotto il diretto controllo del ShP.

Contrariamente a quello che si aspetterebbe, la maggior parte dell'influenza e del potere viene esercitata dalla Direzione Politica (Drejtoria Politike), guidata dall'astro politico nascente e capo della delegazione del Kosovo ai negoziati in Francia, Hashim Thaci. Molti ritengono che il suo più serio opponente a lungo termine sia Hxavit Haliti, i cui svariati anni di prigionia politica sono macchiati da voci di collaborazione con le autorità serbe. Haliti ha rapporti molto stretti con l'attuale governo di Tirana e sta cercando di portare tutti i finanziamenti dell'UCK sotto il suo controllo. Sebbene Sylejman Selimi, "Sultan", sia stato nominato comandante di capo, la misura della sua reale influenza non è chiara. Sembra che la sua nomina a sorpresa durante la prima tornata dei negoziati a Rambouillet sia stato un tentativo del "falco" kosovaro Adem Demaci di sondare le divisioni tra i membri del ShP e impedire l'accettazione dell'Accordo Temporaneo per il Kosovo. Avendo perso la battaglia contro l'accordo per il Kosovo, Demaci ha dovuto abbandonare la scena politica, ma il ShP ha deciso di non causare divisioni interne sostituendo Selimi con un membro più influente e militarmente competente.

Una caratteristica decisamente peculiare del Shp è che la Direzione delle Operazioni è ancora debole, e non è ancora nemmeno noto chi la diriga. Ciò è una conseguenza della relativa debolezza del ShP nell'imporre un controllo militare efficiente sugli influenti comandanti delle Zone Operative. Pur accettando la guida del ShP, i comandanti delle Zone Operative rimangono ancora largamente autonomi nella conduzione delle operazioni e mantengono addirittura dei loro paralleli canali di finanziamento e una logistica propria. Sembra che uno dei principali obiettivi a breve termine del ShP sia quello di imporre un controllo più stretto sui comandanti delle varie Zone Operative. Finora, la maggiore resistenza alla centralizzazione sembra provenire dai comandanti delle Zone Operative n. 5, "Drini" e n. 2, "Remi".

Una delle maggiori critiche rivolte al ShP sul terreno era quella dell'eccessiva rappresentazione al suo interno della regione della Drenica e la mancanza di personale militare addestrato. La prima è stata affrontata includendo più membri delle altre regioni, mentre la seconda non può essere risolta a breve termine. E' stato tuttavia creato un sistema di educazione militare, nel quale l'Accademia Militare (Akademia e Ardhshme Ushtarake) centrale addestra gli ufficiali di più alto grado (da quelli di grado appena inferiore ai comandanti delle ZO al livello dei comandanti di battaglione), mentre almeno tre delle ZO hanno una loro Scuola di Addestramento Militare, che addestra gli ufficiali fino al livello dei capi drappello. I corsi, che durano in media da quattro a sei settimane, vengono condotti per la maggior parte da ex ufficiali dell'Esercito Jugoslavo e a quanto pare includono elementi di tattica, operazioni, logistica, guerra e diritto umanitario. Anche se l'efficacia di tali brevi e improvvisati corsi è limitata e rappresenta soprattutto un'operazione per aumentare il morale, essi possono servire ad aumentare le conoscenze tattiche e operative che sono state la principale deficienza dell'UCK. Almeno 600 ufficiali hanno completato vari corsi, fino a oggi; l'Accademia Militare si trova attualmente alla sua 4a classe.

L'UCK non ha ancor imparato a sfruttare appieno la propria mobilità ed è completamente inaddestrata e priva di capacità nell'uso tattico delle armi. Le unità si concentrano e usano modelli di attacco e difesa frontali, invece che disperdersi per coprire aree più ampie e appoggiarsi reciprocamente con archi di fuoco intersecantisi. Molte armi non vengono utilizzate al meglio: le armi anticorazzati spesso non ricevono la copertura di armi di piccolo calibro e i mortai hanno una scarsa mobilità. I villaggi vengono difesi dall'interno delle case, invece che dalle posizioni perimetrali, rendendo più facile alle forze serbe la loro neutralizzazione con il fuoco dei cannoni. Nonostante questo, vi sono segni che le necessarie conoscenze tattiche stiano cominciando lentamente a diffondersi.

Il numero delle forze di cui dispongono i comandanti delle ZO variano in misura considerevole. Due ZO hanno, secondo dati confermati, quattro brigate ciascuna, mentre altre tre ZO hanno tre brigate a testa (una brigata tipica è composta da poco più di 1.000 unità). La ZO più piccola, quella di Karadak, finora consiste unicamente di una brigata. Le brigate portano i nomi di combattenti caduti ("martiri") e riflettono un forte senso di fedeltà regionale, ma i trasferimenti di forze tra brigate per rafforzare altre ZO sono ancora relativamente comuni, anhe se le unità non si sciolgono quando i loro combattenti vengono distaccati. La principale unità operativa sembra essere la compagnia, di norma composta da 50-60 unità, che include mortai di supporto, mitragliatrici pesanti e un distaccamento anticarro.

Secondo quanto è possibile stimare sulla base delle prestazioni passate, l'UCK non possiede ancora alcuna artiglieria pesante, né capacità antiaeree significative. Fonti interne all'organizzazione affermano che si tratta di una decisione consapevole, perché le armi pesanti ostacolerebbero la mobilità, ma è stato confermato che almeno 50 missili antiaerei con dispositivo di lancio a spalla (per la maggior parte SA-7/14s, ma anche svariati Stinger) sono in uso. Le armi di piccolo calibro riflettono la moltitudine delle fonti di approvvigionamento; la famiglia dei Kalashnikov è ancora predominante, ma sono state viste anche armi esotiche come i fucili da tiro Barrett .50, Steyr AUG e fucili d'assalto Heckler & Koch. Vi è una quantità limitata di apparecchiature per la visività notturna.

La mobilità operativa si riflette nella maniera più chiara nella natura dei vari quartieri generali e dei comandi sul campo, che vengono spesso spostati secondo necessità. Le comunicazioni sono ancora rudimentali e vedono i telefoni satellitari svolgere il ruolo di spina dorsale dei Quartieri Generali delle ZO e le radio da campo ancora scarseggianti. In aree coperte dalle reti telefoniche cellulari, vengono usati telefoni mobili.

Uno dei punti più deboli dell'UCK è quello della copertura e dell'estensione dei servizi medici. Per quanto se ne sa, vi è meno di una mezza dozzina di ospedali da campo, ma anche quelli esistenti sono scarsamente equipaggiati e dotati di scarso personale. I posti di evacuazione medica e di pronto soccorso sono praticamente inesistenti e incontrare un combattente con medicamenti da campo - per non dire uno capace di usarli - è cosa estremamente rara. Sembra tuttavia che la determinazione dei combattenti sia così alta che ciò non impedisce loro con zelo nei combattimenti.

Dal punto di vista politico, l'UCK è altamente consapevole della sua responsabilità nella gestione degli affari politici nelle aree che controlla. Gli affari politici sono stati in un primo tempo di competenza della Direzione Politica, ma quando ci si è accorti che tali compiti erano numerosi e specifici, è stata formata alla fine del 1998 una Direzione per l'Ordine Pubblico e l'Amministrazione Civile (Drejtoria per Marredhenie Publike dhe Administrim Civil). Il fatto che essa sia stata affidata a uno dei principali veterani del ShP e primo portavoce dell'UCK, Jakup Krasniqi, indica il grado di importanza assegnato agli affari civili. Questo si potrebbe rilevare un aspetto importante nel caso in cui l'UCK dovesse essere trasformato in un'organizzazione di sicurezza interna internazionalmente controllata, come previsto dall'Accordo Temporaneo che gli albanesi hanno unilateralmente accettato a Parigi il 18 marzo. Enti di amministrazione civile simili sono stati creati in tutte le comunità locali sotto il controllo dell'UCK; tali rappresentano la spina dorsale del futuro governo civile.

La trasformazione con successo dell'UCK durante l'inverno indica che esso ha superato le difficoltà interne conseguenti alla serie di sconfitte subite nell'estate scorsa e si è consolidato. Ora è anche l'unica forza degli albanesi del Kosovo; il tentativo del "primo ministro" dell'autoproclamato governo del Kosovo, Bujar Bukoshi, di costituire una forza di combattimento parallela sotto il suo comando - le Forze Armate della Repubblica del Kosovo (Forcave Armatosure e Republikes e Kosoves - FARK) - è terminato con un fallimento in seguito allo scioglimento dell'unica brigata FARK e la fuga in Albania del suo comandante, il Colonnello Tahir Zema.

Dopo avere aumentato la consapevolezza degli albanesi del Kosovo e avere in larga parte unificato la popolazione fino a quel momento indecisa, l'UCK si è reso conto anche dell'importanza dei mezzi politici. Con circa 24.000 combattenti e un potenziali di reclutamento di almeno altrettanti altri nel giro di poche settimane, è ora una forza combattente molto pià forte che nel 1998, anche se sicuramente non in grado di fare fronte con successo al MUP e al VJ. Non è ancora un esercito vero e proprio né è riuscito ad espellere la polizia e le forze militari serbe, molto più forti, ma il suo status è aumentato grazie alla sua accettazione da parte della comunità internazionale come partecipante a pieno diritto nel processo negoziale.

Nonostante tutti gli sforzi serbi di trattarlo come un gruppo terroristico, l'UCK è ora il maggiore attore sulla scena politica degli albanesi del Kosovo ed è pienamente consapevole del suo attuale status e delle sue responsabilità. Tutti i segni indicano che, nel caso in cui le autorità serbe dovessero accettare l'Accordo Temporaneo per il Kosovo, il braccio politico dell'UCK si trasformerebbe nel Partito di Liberazione del Kosovo (Partia Clirimtare e Kosoves - PCK). Il discernimento politico e le risorse necessari per assumersi un ruolo civile senza cedere la propria posizione alle precedenti strutture politiche civili degli albanesi del Kosovo sono già evidenti.

(Zoran Kusovac è un esperto e consulente in Europa Sudorientale che segue gli affari balcanici da più di 10 anni)