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![]() NOTIZIE EST #246 - JUGOSLAVIA/KOSOVO 28 giugno 1999 LA NATO HA INFERTO SCARSI DANNI ALL'ESERCITO JUGOSLAVO di Steven Lee Myers - ("New York Times", 28 giugno 1999) DJAKOVICA - In questa città gli aerei della NATO hanno demolito la vecchia base dell'Esercito Jugoslavo, risalente alla Seconda guerra mondiale. In quello che è rimasto del capannone per gli automezzi, 18 veicoli militari, tra i quali un mezzo corazzato per i trasporto di truppe, apparivano domenica completamente distrutti, in un groviglio di lamiere. Da vicino, tuttavia, risultava chiaro che la maggior parte dei veicoli distrutti erano vecchi rottami, già smontati e raccolti sul posto da parte dei serbi per ricavarne pezzi di ricambio o per riparazioni. Gli aerei della NATO non hanno distrutto i veicoli da combattimento di prima linea della Jugoslavia, ma piuttosto un ammasso di rottami. A Djakovica, così come in tutto il Kosovo, le conseguenze devastanti dei 78 giorni di bombardamenti NATO sono evidenti, dalle caserme fatte saltare in aria ai serbatoi di carburante esplosi. Quella che è meno chiara è l'entità dei danni causati all'Esercito Jugoslavo stesso, soprattutto ai carri armati, agli altri veicoli blindati e alle batterie dell'artiglieria. Nelle due settimane passate da quando le forze NATO sono arrivate in Kosovo i funzionari dell'alleanza hanno ridimensionato le loro stime iniziali dei danni inflitti all'Esercito jugoslavo e alle forze speciali della polizia, che secondo quanto ammettono ora rimangono in grado di mantenere la presa sul potere di cui dispone il presidente Slobodan Milosevic. I funzionari della NATO, pur ripetendo le loro affermazioni secondo cui l'alleanza avrebbe danneggiato in maniera significativa tali forze, ammettono che le unità che si sono ritirate dal Kosovo una settimana fa chiaramente non erano così zoppicanti come si aspettavano. E queste forze, affermano, potrebbero essere usate nuovamente da Milosevic, almeno per schiacciare disordini interni in Serbia o al massimo per fomentare o reprimere una minaccia separatista dalla più piccola repubblica della Jugoslavia, il Montenegro. "Sono esagerate", ha detto un ex alto ufficiale dell'alleanza, parlando ad alcuni dei maggiori leader europei nei recenti giorni e riferendosi alle stime dei danni causati dalla NATO. "La NATO ha colpito moltissimi falsi obiettivi. E' una vecchia tattica sovietica. Gli ufficiali che operano in Europa sono molto trattenuti sull'argomento. Nessuno si espone molto in merito". Anche a Junik e nei villaggi intorno al Monte Pastrik, nel Kosovo meridionale, dove i bombardieri degli alleati hanno messo in atto intensi attacchi contro le forze jugoslave che si erano ammassate per combattere contro l'UCK nelle ultime settimane della guerra aerea, ci sono pochi segni di carcasse contorte di carri armati o di altri dispositivi militari, rispetto a quelli che la NATO si aspettava di trovare. "Non c'è niente", ha detto domenica il tenente colonnello Dietmar Jeserick, un portavoce delle truppe tedesche di base a Prizren. "Abbiamo individuato postazioni", ha detto il tenente colonnello. "Abbiamo trovato le tracce dei danni apportati dalle bombe contro queste postazioni, ma non abbiamo trovato alcun veicolo o carro armato". Anche se alcuni veicoli sono stati rimossi dal Kosovo dalle forze serbe al fine di essere smontati per ricavare pezzi di ricambio, gli stessi funzionari della NATO ammettono che i dispositivi militari distrutti sono inferiori a quello che la NATO in un primo tempo ha stimato. Per esempio, il comandante supremo della NATO, Gen. Wesley Clark, ha detto la settimana scorsa che l'alleanza aveva distrutto 110 dei circa 300 carri armati che l'Esercito jugoslavo aveva schierato in Kosovo. Ma questo numero è già inferiore al numero di 150 carri armati che la NATO, negli ultimi giorni della guerra, riteneva di avere distrutto, ha affermato un alto ufficiale della NATO. Il generale Clark e altri funzionari della NATO e del Pentagono sottolineano, tuttavia, che i bombardamenti della NATO sono comunque riusciti a raggiungere il loro obiettivo, che era quello di costringere Milosevic a porre fine alla sua campagna brutale contro gli albanesi del Kosovo e consegnare la provincia al controllo di una forza di pace della NATO. "Dal nostro punto di vista, siamo soddisfatti di avere distrutto abbastanza roba da constringerli ad arrendersi", afferma il capitano Stephan R. Petropaoli, della Marina, il portavoce degli Stati Maggiori del Pentagono, nel corso di un'intervista telefonica. Ma se siano stati proprio i danni inflitti alla sua forza militare a essere stati il principale motivo della decisione di Milosevic di abbandonare il controllo del Kosovo rimane una questione aperta. Un alto funzionario della NATO ha detto che molti leader dell'alleanza sono convinti che non siano stati i danni apportati alle forze jugoslave che in ultimo hanno costretto Milosevic a mollare la presa, anche se la NATO ha intercettato comunicazioni dei comandanti serbi nelle quali si affermava che le loro forze stavano subendo forti perdite intorno al Monte Pastrik. Milosevic, ha detto il funzionario, ha piuttosto ceduto quando la Russia, da lungo tempo schierata dalla sua parte, ha accettato le condizioni della NATO e quando il consenso riguardo alla possibilità di una campagna di terra per espellere le sue forze dal Kosovo stava evidentemente crescendo. Vi sono stati anche altri fattori, tra i quali i danni che gli attacchi della NATO stavano causando all'infrastruttura civile della Jugoslavia e all'economia nel suo complesso. Una tale argomentazione sembra potersi fare più convincente nel momento in cui la NATO ha potuto effettuare un conteggio completo della dimensione dell'Esercito jugoslavo mentre la settimana scorsa completava il suo ritiro dal Kosovo - stanco e ridotto a malpartito, sicuramente, ma ancora sicuro di sé, in ordine e chiaramente non così debole come i funzionari della NATO pensavano. Nel corso del ritiro delle forze serbe, durato 11 giorni, i comandanti della NATO hanno contato 220 carri armati, 300 blindati e 308 batterie di artiglieria, insieme a centinaia di altri veicoli e a ogni sorta di dispositivi militari caricati su camion, secondo quanto riferiscono funzionari della NATO qui e a Bruxelles. Inoltre, i soldati e i poliziotti che hanno abbandonato la provincia sono stati 47.000, cioè diverse migliaia di più di quelli che i rapporti dei servizi segreti affermavano essere in Kosovo quando si era all'apice della campagna di Milosevic. I funzionari attribuiscono la discrepanza alla presenza delle unità paramilitari, i cui movimenti erano più difficili da rilevare. Ma l'ampio numero sembra smentire le affermazioni della NATO secondo cui i soldati uccisi sarebbero tra i 5.000 e i 10.000. Il governo di Milosevic, ansioso di nascondere il fatto di avere perso la provincia considerata come il luogo di nascita della cultura, della religione e della cultura serba, ha utilizzato la televisione statale per mostrare le truppe che facevano ritorno trionfalmente dal Kosovo. Il governo afferma inoltre di avere perso solo 576 tra soldati e poliziotti. Nel corso di alcune osservazioni pronunciate di fronte ai giornalisti quando ha visitato il Kosovo la settimana scorsa, il generale Clark ha rifiutato di rispondere alle domande sull'ampiezza dei danni inflitti dalle bombe e ha ridicolizzato le cifre citate da Milosevic come assurde. "Il fatto che la campagna aerea si sia fermata non vuol dire che si sia fermata anche la propaganda serba", ha detto. Ma ha aggiunto che un quadro completo lo si potrà avere solo quando la NATO invierà degli esperti qui sul campo nelle prossime settimane per valutare gli effetti degli attacchi aerei. Il Pentagono ha annunciato che il vicesegretario alla Difesa, John J. Hamre, e il vicepresidente degli Stati Maggiori, Gen. Joseph W. Ralston, condurranno un'attenta analisi della guerra, che includerà anche i danni inflitti all'Esercito jugoslavo. In guerra, le stime iniziali dei danni sono spesso gonfiate; la retorica lo è quasi sempre. Dopo la fine della Guerra del Golfo nel 1991, il Pentagono si è reso conto che la coalizione guidata dagli americani non aveva affatto colpito l'esercito iracheno nella misura in cui si era pensato in un primo tempo. I bombardamenti e l'invasione di terra lo hanno lasciato decisamente sconfitto, ma ancora sufficientemente forte per reprimere le ribellioni nel nord e nel sud dell'Iraq e per minacciare nuovamente il Kuwait solo tre anni dopo. In Kosovo vi sono diverse spiegazioni per l'attuale ridimensionamento delle stime dei danni, hanno affermato i funzionari. Analisi attente dei video girati automaticamente dagli aerei che bombardavano, hanno dimostrato che i piloti in alcuni casi hanno erroneamente creduto di avere distrutto un obiettivo. Essi hanno dimostrato anche che alcuni degli obiettivi colpiti non erano carri armati o batterie di artiglieria, ma piuttosto astuti tranelli realizzati dai serbi per ingannare i piloti che volavano a più di 5.000 o 6.000 metri di altezza. Se si escludono le forze armate, tuttavia, la Jugoslavia nel suo complesso, dopo 11 settimane di bombardamenti sempre più intensi, ha chiaramente sofferto degli enormi danni, soprattutto per quanto riguarda le sue strade, i suoi ponti e le sue industrie. Secondo una stima del Pentagono stilata dopo che Milosevic ha accettato le richieste della NATO, gli aerei alleati hanno distrutto la capacità della Jugoslavia di raffinare petrolio, quasi metà dei suoi depositi di carburante e molti dei suoi stabilimenti che producevano apparecchiature militari e munizioni. Secondo quanto sostiene l'alleanza, inoltre, gli attacchi avrebbero privato le forze aeree jugoslave della maggior parte dei loro jet più sofisticati e hanno inflitto alcuni danni pesanti alle forze di terra jugoslave in Kosovo. Il Maggiore Generale Charles Wald, un alto esperto degli Stati Maggiori degli USA, ha detto che il 60 per cento delle caserme e altre installazioni della Terza Armata jugoslava in Kosovo sono stati danneggiati o distrutti. Nessuno degli edifici della base dell'esercito qui a Djakovica è più abitabile e molti sono stati rasi completamente a terra. Ma risulta anche chiaro, aggirandosi sulla scena dei più pesanti attacchi, che i serbi sono riusciti ad avvantaggiarsi delle limitazioni che hanno costretto i piloti alleati a volare a grande altitudine e con l'ordine di evitare vittime civili. In tutto il Kosovo vi sono nascondigli in cui carri armati e pezzi di artiglieria sono rimasti protetti e ben nascosti, soprattutto ai piedi del Monte Pastrik. Ci sono anche tracce di "esche" destinate a ingannare i piloti. Tra alcune di esse vi sono vecchi veicoli camuffati per apparire come carri armati. Altri sono addirittura comici. Alcuni chilometri a ovest di Pristina c'è ancora un "ponte" di tronchi e frasche a circa 100 metri dalla strada principale. A entrambe le estremità c'erano due "carri armati" fatti di legno e fogli di plastica, con lunghi tubi che fuoriuscivano puntati contro il cielo. Sul terreno questi tranelli non ingannerebbero nessuno, e gli ufficiali della NATO affermano che i piloti hanno ben presto imparato a riconoscerli, ma un falso ponte vicino a Djakovica è stato colpito da un missile giusto al suo centro. Almeno un carro armato rimane distrutto in un groviglio di lamiere su una collina presso una base militare di Urosevac, mentre albanesi del posto dicono che numerosi carri armati sono rimasti sulle colline sopra Junik, un'area inaccessibile a causa delle mine. Rimane comunque un grande mistero cosa sia successo ai carri armati e agli altri armamenti pesanti che la NATO avrebbe distrutto. L'alto ufficiale della NATO ha affermato che i serbi in ritirata hanno portato con sé molti carri armati danneggiati, trasportandoli su rimorchi per utilizzarli come fonte di pezzi di ricambio. "Portano via tutto quello che possono", ha detto, "così quando torneranno in Jugoslavia, potranno 'cannibalizzare' tutti i vari pezzi per rimetterli insieme". NATO: MIGLIAIA DI BOMBE... 13 CARRI ARMATI COLPITI di Michael Evans - ("The Times", 24 giugno 1999) I 79 giorni di bombardamenti della NATO contro la Jugoslavia, che hanno visto migliaia di missioni con l'impiego di alcune tra le più sofisticate armi di precisione, sono riusciti a danneggiare solo 13 dei 300 carri armati da combattimento serbi in Kosovo, nonostante le affermazioni dell'alleanza, secondo cui i mezzi pesanti di Belgrado sarebbero stati largamente distrutti. Ora che la KFOR è penetrata in ogni area della provincia, le truppe di tutti i diversi paesi che prendono parte all'operazione di mantenimento della pace stanno cercando carri armati e pezzi di artiglieria danneggiati e distrutti. Finora sono riusciti a trovare solo tre carri armati resi inefficienti. Durante la campagna aerea, i funzionari della NATO hanno reso elaborate dichiarazioni secondo cui centinaia di carri armati, pezzi di artiglieria, mortai e blindati serbi erano stati colpiti. Si lasciava intendere anche che questo fosse uno dei principali motivi per cui il presidente Milosevic aveva deciso di cedere e accettare un cessate il fuoco e il dispiegamento di un ampia forza internazionale di pace in Kosovo. Ora alcuni funzionari della NATO non sanno più come spiegarsi perché si sia arreso. Si sosteneva che circa il 60 per cento di pezzi di artiglieria e mortai serbi erano stati colpiti e che circa il 40 per cento dei principali carri armati da combattimento dell'Esercito jugoslavo erano stati danneggiati o distrutti. Sono state diffuse addirittura informazioni secondo cui un attacco da parte di bombardieri B52 su una brigata serba che era uscita allo scoperto per combattere contro soldati dell'UCK aveva provocato la morte di circa 700 soldati serbi. Tuttavia, tre giorni fa, i serbi, prima di ritirarsi completamente, hanno informato la KFOR che la NATO era riuscita a colpire solo 13 dei circa 300 carri armati che avevano dispiegato in Kosovo - la maggior parte dei quali sono stati trasportati su rimorchi fuori dalla provincia. Le truppe della KFOR hanno trovato solo tre carri armati T55 danneggiati lasciati in Kosovo. "Quello che abbiamo trovato è un enorme numero di falsi carri armati e pezzi di artiglieria camuffati per fare da esca", ha affermato una fonte della KFOR. [...] Quando i serbi si sono alla fine ritirati dalla provincia, sono stati conteggiati almeno 250 carri armati, nonché 450 blindati e 600 tra pezzi di artiglieria e mortai. Se si viaggia per il Kosovo, si possono vendere molti tra caserme, edifici della polizia e serbatoi di carburante distrutti, una chiara prova del fatto che i bombardieri della NATO hanno avuto successo nel colpire questi importanti obiettivi. Tuttavia, a parte i rottami di alcuni camion che i serbi si sono lasciati dietro, è praticamente impossibile individuare un carro armato distrutto. |