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I Balcani


NOTIZIE EST #248 - JUGOSLAVIA/KOSOVO
1 luglio 1999


[Riportiamo qui sotto due articoli pubblicati dalla Stratfor (http://www.stratfor.com) un'agenzia di informazioni che si occupa di intelligence, le cui posizioni sono come minimo molto discutibili, ma che spesso pubblica materiali dagli spunti decisamente interessanti]

I SETTORI DEL KOSOVO LIMITANO L'INFLUENZA DEGLI USA E DELLA RUSSIA
(Stratfor, 19 giugno 1999)


Anche se, almeno per quanto riguarda i russi, non vi sono "zone di controllo" in Kosovo, la provincia verrà divisa in cinque "settori", che saranno controllati e sorvegliati da membri della NATO e più precisamente da Germania, Frnacia, Italia, Stati Uniti e Gran Bretagna. L'accordo raggiunto tra Russia e NATO prevede che tra 3.000 e 7.000 soldati russi svolgeranno compiti di sorveglianza a fianco delle forze NATO nei settori di Germania, Francia e Stati Uniti. La politica che sta dietro l'inserimento dei russi nei settori di questi particolari paesi è chiara. Più di altri nella NATO, la Francia e la Germania hanno cercato di collaborare con la Russia lungo tutto il conflitto in Kosovo e stanno cercando di creare le basi per un'ulteriore collaborazione post-conflitto. Gli Stati Uniti hanno un obbligo simbolico a giungere a un compromesso.

Tuttavia, la distribuzione geografica dei membri NATO e delle forze Russe in tali settori ha delle implicazioni interessanti per la NATO, la Russia, la Jugoslavia e l'UCK, nonché per il futuro del Kosovo.

Settore 1: La Germania controlla l'angolo meridionale strategicamente importante che include Prizren, con 8.000 soldati. Il settore tedesco include la maggior parte del confine macedone con il Kosovo e parte del confine albanese con la provincia. E qui, più che altrove, che la Russia avrà un impatto sugli sviluppi in Kosovo.

Settore 2: I 7.000 soldati della Francia sorveglieranno un piccolo pezzo di territorio ai margini occidentali dell'angolo settentrionale del Kosovo. Il settore della Francia include una piccola porzione del confine con il Montenegro, ma per la maggior parte copre un pezzo del confine del Kosovo con la Serbia propria. La Francia non ha importanti città nella sua zona, e avrà uno scarso impatto su quanto accadrà nel cuore della provincia. Le truppe russe presenti in questo settore saranno come in esilio.

Settore 3: L'Italia controlla con 5.000 soldati - il più piccolo tra tutti i contingenti - uno dei settori maggiormente strategici, che copre la maggior parte dei confini dell'Albania e del Montenegro con il Kosovo. L'Italia controlla anche Pec e Djakovica. Sarà attraverso la zona dell'Italia che la maggior parte delle truppe UCK non ancora in Kosovo cercherà di infiltrarsi nella provincia. Le altre passeranno dalla zona tedesca.

Settore 4: Gli USA controlleranno l'angolo orientale del Kosovo, che include Gnjilane, con 7.000 soldati. Questa area include una fascia di confine del Kosovo con il resto della Serbia ed è strategica perché copre la strada che da Nis va a Pristina. Per quanto riguarda il suo impatto sugli eventi in Kosovo, tuttavia, la sua rilevanza è scarsissima. Le truppe USA e russe nel settore 4 sono nei fatti al di fuori del quadro complessivo del Kosovo.

Settore 5: La Gran Bretagna, con 13.000 soldati, controlla una larga fetta del cuore del Kosovo, che include Pristina e Podujevo e una lunga fascia del confine Kosovo-Serbia compresa tra i settori di Francia e USA. L'aeroporto di Pristina, a Slatina, è aperto a tutta la KFOR in virtà dell'accordo NATO-Russia, ma la Russia potrebbe continuare ad avere una presenza nell'aeroporto.

In breve, la Russia è assente da quelli che sono forse i due settori più significativi: quello dell'Italia e quello della Gran Bretagna. La presenza nel settore tedesco e all'aeroporto è significativa, ma i soldati dispiegati con le forze francesi e statunitensi sono nei fatti degli esiliati. Gli Stati Uniti e la Russia, che hanno svolto un ruolo chiave negli sviluppi del Kosovo fino a oggi, sono nei fatti marginalizzati nella provincia. L'Italia e la Gran Bretagna hanno ottenuto il maggiore grado di controllo sugli sviluppi sul terreno in Kosovo. L'Italia ha degli interessi in gioco nel limitare l'influenza di Tirana e dell'UCK in Kosovo, e i suoi soldati si trovano dal punto di vista geografico nella posizione di farlo, ma l'Italia potrebbe non avere impegnato le forze necessarie per avere la meglio sull'UCK. L'attore chiave, quindi, è la Gran Bretagna e i suoi interessi sono di gran lunga meno chiari.


LA CONFUSIONE STRATEGICA E LA BRILLANTEZZA DIPLOMATICA DELLA NATO
(Stratfor, 19 giugno 1999)

L'accordo raggiunto con i russi in merito al loro ruolo in Kosovo ha posto termine alla prima fase della guerra del Kosovo. Anche se la politica strategica e operativa della NATO è stata inefficiente e incoerente durante la guerra stessa, la diplomazia della NATO alla fine della guerra si è rivelata abile e micidiale. Tutto questo ha però solo creato le precondizioni per un lungo e doloroso coinvolgimento della NATO nei Balcani. Tuttavia, il fatto che da un punto di vista strategico poco sia stato guadagnato non dovrebbe diminuire la nostra ammirazione per l'astuzia priva di scrupoli dimostrata dai leader della NATO nel chiudere questa fase della guerra. La NATO ha preso una situazione di stallo militare e la ha trasformata in una vittoria mediante alcune straordinarie manovre diplomatiche.

Quando la NATO ha accettato gli accordi dei G-8 con i russi, ha compiuto un netto passo indietro rispetto alle richieste originali della NATO espresse a Rambouillet e tutti lo sapevano. Quello che è riuscita a ottenere è stata la cooptazione dei russi nel processo di pace. La visione strategica di Milosevic si basava sull'appoggio russo. Questa cooptazione ha indebolito la capacità della Serbia di continuare la guerra. La NATO quindi ha semplicemente consentito ai russi di vendere gli accordi dei G-8 ai serbi.

La brillanza diplomatica è consistita nel fatto che mentre tutti sapevano che gli accordi dei G-8 erano un compromesso, il quale costringeva la NATO a sottomettere la sua entrata in Kosovo al controllo dell'ONU e dando alle forze non NATO un importante ruolo, il linguaggio stesso degli accordi dei G-8 era sufficientemente ambiguo da consentire un'interpretazione sostanzialmente differente. Nei fatti, in retrospettiva, sono stati redatti proprio tenendo presente questo aspetto. Così, mentre che quanto accaduto a Bonn nei primi giorni di maggio era chiaro a ogni osservatore attento, a metà giugno la memoria collettiva si era ormai sufficientemente persa per consentire alla NATO di procedere alla sua deliberata reinterpretazione.

Non appena Milosevic ha accettato i termini dei G-8, la NATO ha semplicemente ignorato il significato del suo accordo e si è comportata come se accettare i termini dei G-8 significasse accettare la richieste fondamentali della NATO. Quando i serbi si sono resi conto del senso che la NATO attribuiva agli accordi, hanno cominciato a esitare a firmarli. Ne è conseguita una grave crisi a Mosca e sembrava che i russi avrebbero fatto saltare gli accordi. La NATO a questo punto ha fatto due cose. In primo luogo, i britannici hanno fatto sapere l'opposizione dei russi all'applicazione degli accordi secondo l'interpretazione della NATO avrebbe potuto mettere in forse gli aiuti finanziari alla Russia. Questo ha richiamato l'attenzione di quello che è rimasto del movimento per le riforme in Russia, dato che un taglio degli aiuti avrebbe diminuito le sue già ampiamente intaccate speranze. In secondo luogo, la NATO si è impegnata in negoziati che sembravano indicare una flessibilità della posizione della NATO e una disponibilità a tornare al significato originale dei G-8. Questo comprendeva tutti gli elementi formali, ivi inclusa una risoluzione ONU. I negoziati erano solo una copertura. Il piano reale della NATO era quello di mettere sulle spine i russi e gli ormai disorientati serbi.

L'elemento chiave era quello di fare accettare alla Russia l'interpretazione che la NATO dava alle cose. Una volta che questo fosse accaduto, la Serbia non avrebbe avuto altra possibilità se non quella di capitolare di fronte a ogni condizione posta dalla NATO. La NATO è rimasta ferma sulla sua interpretazione degli accordi dei G-8, lasciando intendere di essere disponibile a trattare sugli aspetti marginali. I russi sono rimasti fermi su un elemento chiave: la presenza di una forza russa autonoma in Kosovo. La NATO ha semplicemente ignorato la posizione russa e il significato effettivo degli accordi dei G-8 e ha continuato ad andare avanti per la sua strada. Ciò ha portato alla crisi finale di tale fase della guerra, prodottasi quando le truppe russe si sono dirette verso Pristina e hanno deciso di bloccare l'occupazione NATO fino a quando i loro termini non fossero stati soddisfatti. I russi hanno pensato che ciò avrebbe bloccato i piani della NATO. La NATO invece li ha ignorati sul piano operativo, utilizzando allo stesso tempo la diplomazia per guadagnare tempo e rendere la loro presenza irrilevante.

La NATO ha fatto in modo che i russi non potessero inviare ulteriori forze. In primo luogo, ha utilizzato la sua influenza per impedire la concessione ai russi da parte dei paesi dell'area dei loro spazi aerei. E' stato un isolamento strategico. Poi hanno creato un isolamento tattico, nel quale la NATO ha proseguito con la propria occupazione incurante dei russi. In seguito, è riuscita a trasformare la presenza dei russi in un elemento irrilevante. Alla fine, i russi sono rimasti con un pugno di mosche e il governo di Mosca ha accettato un accordo per salvare la faccia, che concedeva a un pugno di soldati russi un'autonomia priva di contenuto.

In breve, la completa indifferenza della NATO verso gli accordi che aveva firmato, brillantemente dipinta come l'applicazione di tali accordi, ha trasformato l'accordo di compromesso di Belgrado in una vittoria della NATO che le armi, da parte loro, non erano riuscite a raggiungere. La NATO non ha certo sconfitto le forze armate della Serbia in misura tale da consentirsi un ingresso "permissivo" in Kosovo indipendentemente dalle intenzioni della Serbia. Piuttosto, è riuscita a trasformare il compromesso negoziato con la Serbia in una vittoria della NATO che ha conseguito proprio tale fine.

L'ammirazione per le abili manovre della NATO è sminuita da due fatti. Innanzitutto, la vittoria è forse stata raggiunta a un prezzo molto alto. Il problema ora è cosa accadrà a Mosca con l'approfondirsi del senso di manipolazione e umiliazione della Russia. E' assolutamente indubbio che con questa manovra la NATO abbia indebolito la posizione dei propri alleati a Mosca. Noi ci attendiamo che durante l'incontro dei G-8 di questa settimana si materalizzi un compenso finanziario per la Russia. Non è chiaro se ciò riuscirà a fare qualcosa di più fare guadagnare un po' di tempo a livello interno a un regime traballante.

In secondo luogo, all'interno del Kosovo, la manovra ha creato un enorme problema con l'UCK. Quella della NATO ora non è più una missione di mantenimento della pace che si interpone tra due parti. Sta occupando il territorio per conto degli albanesi del Kosovo. L'UCK è il governo di fatto di tale popolo. In larga parte, la sua credibilità è attribuibile alla NATO stessa. Nessuna altra parte ha l'imprimatur della NATO. Nessuna altra parte è altrettanto potenzialmente ostile agli interessi dell'Occidente. Non è una questione di Islam. Si tratta piuttosto dell'effetto destabilizzante che una "Grande Albania", che è l'obiettivo ultimo dell'UCK, avrà sulla regione.

Questo aspetto crea un problema enorme all'interno della NATO. La Grecia e l'Italia vogliono vedere l'UCK ridimensionatO. Lo vogliono anche la Macedonia e la Croazia e lo stesso vale anche per il Montenegro, con la cui indipendenza la NATO ora sta flirtando. L'UCK è stato utile alla NATO, ma la NATO non deve illudersi in alcun modo che dopo avere lottato così a lungo, duramente e con successo per i propri obiettivi, l'UCK uscirà tranquillamente di scena. Se la NATO ora dovesse prendersela con l'UCK, si ritroverebbe con una pericolosa guerriglia tra le mani, nonché con un Kosovo ingovernabile. Se non farà nulla rispetto all'UCK, potrebbe trovarsi di fronte a una crisi politica regionale.

Quindi la NATO potrebbe semplicemente essere stata fin troppo furba. E' caduta in una guerra per la quale non era pronta, ma con un tripudio di fanfare è riuscita a trasformare una situazione di stallo in una vittoria. E' stata doppia, disonesta e manipolatrice - e ha funzionato. E' questa l'essenza della diplomazia. Il problema è che ha funzionato così bene, che ha lasciato la NATO con un grande problema (il futuro della Russia) e con un problema minore (l'UCK), che non scompariranno e non verranno risolti. Alla fine, il costo della vittoria potrebbe ancora rivelarsi maggiore dei frutti della vittoria stessa.