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NOTIZIE EST #250 - JUGOSLAVIA/KOSOVO
5 luglio 1999

LA FRANCIA, LA GERMANIA, (GLI USA) E L'OSCE ALLA CONQUISTA DEL KOSOVO

[Seguono tre brevi pezzi: il primo, da "Le Monde", sulla composizione della futura amministrazione ONU in Kosovo; il secondo, sempre da "Le Monde", sul probabile avvicendamento al comando della KFOR, che verrà probabilmente affidato a un generale tedesco; il terzo, dell'agenzia UPI, sulle eloquenti dichiarazioni rilasciate dal responsabile dell'OSCE per i Balcani]


IL "GOVERNO" DEL KOSOVO E' ORMAI COMPLETO
di S.C. - ("Le Monde", 4 luglio 1999)


E' ormai noto l'organigramma della direzione del dispositivo dell'ONU per garantire la "presenza internazionale civile in Kosovo - che nell'immediato svolgerà la funzione di "governo" effettivo della provincia, messa nei fatti sotto il protettorato della comunità internazionale. Alla sua testa vi sarà Bernard Kouchner, cinquantanove anni, attuale segretario di STato francese per la sanità e fondatore di Medecins sans frontières (MSF), che avrà il titolo di alto rappresentante delle Nazioni Unite e svolgerà la funzione di amministratore civile del Kosovo. Avrà come proprio vice l'americano Jack Covey, ex alto rappresentante aggiunto per la Bosnia, che ha seguito la messa in atto degli accordi di pace di Dayton fino al 1998. Covey avrà l'incarico di coordinare le quattro "missioni" della "presenza civile":

- l'amministrazione civile, messa a punto per dare progressivamente vita ai servizi pubblici dell'entità "autonoma" kosovara, diretta, anch'essa, da un francese, il prefetto Dominique Vian;

- la reintegrazione dei profughi, diretta del neozelandese Dennis McNamara, dell'Alto Commissariato dell'ONU per i Rifugiati (HCR);

- la democratizzazione delle istituzioni (e le future elezioni), con alla sua testa l'olandese Daan Everts dell'OSCE [fino a oggi rappresentante di tale organizzazione in Albania - N.d.T.];

- la ricostruzione del Kosovo, il cui capo sarà il britannico Joly Dixon, ex membro del gabinetto di Jacques Delors a Bruxelles e attualmente direttore degli affari internazionali alla Commissione europea.

"Penso di avere trovato l'uomo che cercavo", ha dichiarato Kofi Annan a proposito di Bernard Kouchner. "Sono certo che sarà efficace ed entusiasta". "Dando l'incarico a colui che aveva il migliore profilo per questa importante missione, Kofi Annan ha anche renduto omaggio al ruolo svolto dalla Francia lungo tutta la crisi" del Kosovo, si è felicitato il presidente Jacques Chirac. Lionel Jospin a visto nella scelta di Bernard Kouchner "un segno molto forte" per la Francia e "un onore che si tratti di un membro del [mio] governo".

LUNGHE TRATTATIVE
Se la nomina di Kouchner è stata preceduta da trattative molto lunghe all'interno dell'ONU e tra le grande potenze - era scontato che il posto sarebbe stato assegnato a un europeo, e l'italiana Emma Bonino e l'olandese Jan Pronk hanno creduto per lungo tempo di potere essere nominati -, il nome del suo vice, invece, è stato lasciato alla discrezione del Dipartimento di Stato americano. Quest'ultimo nei fatti ha imposto al segretario generale dell'ONU di scegliere tra due opzioni: nominare un americano alla testa di una delle quattro missioni con il titolo di coordinatore, oppure designare un alto rappresentante aggiunto, cosa che Annan ha scelto di fare.

L'insistenza di Washington per beneficiare del posto numero due a Pristina ha messo in luce la volontà americana di controllare da molto vicino le attività della "presenza civile", le cui azioni dovranno confrontarsi, fin dall'inizio, con una serie di problemi politici, economici e finanziari: quali interlocutori scegliere tra i kosovari, in particolare quale atteggiamento adottare di fronte all'UCK, che in molti luoghi ha "riempito" di fatto il vuoto politico lasciato dall'abbandono dell'amministrazione serba? Quale polizia e quale giustizia mettere in atto? Come finanziare la ricostruzione, suddividere i contratti per le grandi opere, evitare che i flussi finanziari sbloccati dalla comunità internazionale vadano a finire in tasche illegittime o poco raccomandabili, vale a dire politici o mafiosi?

La Task Force creata dalla Commissione europea, in attesa della sua Agenzia per la ricostruzione del Kosovo, che dovrebbe vedere il giorno all'inizio di ottobre (dopo che in luglio si terrà una "conferenza dei donatori"), si è, da parte sua, installata a Pristina sotto la direzione del belga Marc Franco, alto funzionario di Bruxelles che lavora con i paesi dell'Est dal 1990. Dovrà essere affiancato da quaranta capi ingegneri provenienti dalle organizzazioni dei cooperanti a Sarajevo.


SARA' UN TEDESCO IL PROBABILE NUOVO CAPO DELLA KFOR
di Jacques Isnard - ("Le Monde", 4 luglio 1999)


Per la prima volta, probabilmente, un generale tedesco verrà chiamato a prendere il controllo, sul terreno, di una forza internazionale di mantenimento della pace. Il nome del generale Klaus Reinhardt è stato infatti proposto, negli ambienti militari alleati, per essere prossimamente nominato a capo della KFOR - la forza di pace internazionale in Kosovo - e succedere così al generale britannico Michael Jackson. Fin dalla sua nomina, alla fine di giugno, la Gran Bretagna aveva lasciato intendere che il generale Jackson non sarebbe restato in carica oltre l'estate a Pristina, dove ha installato il suo stato maggiore per comandare i contingenti internazionali della KFOR ripartiti in cinque settori geografici. Durante la fase iniziale del rientro dei profughi in Kosovo la KFOR dovrà raggiungere un totale di 53.000 uomini. Ma per il periodo successivo, vale a dire quando le tensioni originate dal ritorno dei profughi saranno diminuite, la NATO ha programmato una diminuzione degli effettivi militari della KFOR, che si concretizzerà probabilmente l'anno prossimo.

Il generale Jackson è, in tempi normali e a partire dal 1997, il "capo" dei corpi di intervento rapido alleati (ARRC) della NATO, una grande unità composta da diverse forze armate che è oprativa già in tempo di pace. E' a questo titolo che lui e il suo stato maggiore sono stati scelti per assumersi la responsabilità della KFOR. A Rheindahlen, in Germania, dove ha sede, lo stato maggiore dell'ARRC è composto fin dalla sua creazione in massima parte da ufficiali britannici.

Nell'autunno prossimo, l'ARRC sarà sostituito, in Kosovo, da un altro alto comando della NATO, quello delle forze alleate dell'Europa Centrale (Afcent), il cui stato maggiore sarà a Brunssum, in Olanda, e al quale sono subordinate le forze terrestri alleate dell'Europa Centrale (Landcent) a Heidelberg, in Germania.

CONTROLLO DIRETTO
Tradizionalmente, il comando del Landcent viene affidato a un ufficiale tedesco, attualmente il generale Reinhardt, ed è composto da una maggioranza di quadri europei. E' sottoposto, come l'ARRC, al controllo diretto del generale Wesley Clark, il comandante supremo delle forze alleate in Europa. Il generale Reinhardt, cinquantotto anni, è in forza alla NATO dall'aprile 1998. E' probabile che l'abbandono da parte del generale Jackson si tradurrà a sua volta in ottobre in un ritiro dal Kosovo di qualche distaccamento britannico - l'esercito britannico fornisce attualmente il più ampio contingente della KFOR nella provincia.

Mentre fino a oggi si era vietata di mobilitare proprie truppe per missioni non collegate alla protezione del proprio territorio, la Germania è diventata un partner a pari titolo degli altri in seno all'Alleanza atlantica ("Le Monde", 20-21 giugno). Sia la diplomazia tedesca, spesso portavoce della Comunità europea (la Germania ha presieduto l'UE nel corso degli ultimi sei mesi), che la Bundeswehr hanno speso molto energia per risolvere la crisi del Kosovo. Con circa 8.000 soldati il cui dispiegamento è in corso nella regione vicino a Pristina, la Bundeswehr ha la responsabilità di uno dei settori del Kosovo. La prossima nomina del generale Reinhardt simbolizzerà il posto e il ruolo che l'esercito tedesco ormai occupa all'interno delle strutture alleate.


L'OSCE: NO ALL'INDIPENDENZA DEL KOSOVO, SI' AI METODI NON DEMOCRATICI
(UPI, 3 luglio 1999)


SARAJEVO - Il coordinatore dell'OSCE per l'Europa Sud-Orientale, appena nominato, ha detto che portare la democrazia in Kosovo, i funzionari internazionali dovranno agire in maniera non democratica a tempo breve, basandosi sulle lezioni apprese nell'implementare la pace in Bosnia-Erzegovina. "Sono convinto che avremmo dovuto fare di più per alterare la struttura delle istituzioni (di governo) quando siamo arrivati lì (in Bosnia-Erzegovina) per la prima volta", ha detto oggi in un'intervista privata l'ambasciatore USA Robert Barry, che è anche capo dell'OSCE in Europa. [...] "Abbiamo lavorato con le istituzioni (bosniache) così come erano, pur sapendo quanto erano imperfette", ha detto Barry. "Pensavamo che fare eleggere delle persone che servissero in queste istituzioni fosse la risposta giusta. Ma si è rivelato essere l'esatto opposto della risposta. Abbiamo ottenuto cattive istituzioni, e le persone che avevano condotto il paese nel corso della guerra sono state elette a guidare queste istituzioni. Sarà difficile invertire questa situazione, in Bosnia".

In Kosovo, che con ogni probabilità diventerà un protettorato, i funzionari internazionali dovranno creare istituzioni di governo e le elezioni dovranno essere rimandate, forse di due anni, ha detto Barry. Le priorità dovranno essere quelle della creazione di un sistema politico e giudiziario, e di media indipendenti. "Ci siamo resi conto (in Bosnia) che è molto difficile riformare i media esistenti", ha detto Barry. "Erano e sono pesantemente dipendenti dai partiti politici per il loro orientamento e per i soldi, mentre i giornalisti sono stati formati in una maniera politicizzata. In un certo senso, è più facile cominciare dal nulla". Inoltre, Barry si oppone a fissare dei limiti di tempo per la presenza delle forze di sicurezza internazionale e di assistenza in Kosovo. La missione in Bosnia-Erzegovina doveva durare solo un anno e recentemente è stata prorogata per il quinto anno. "Tutti (i bosniaci) hanno detto, bene, teniamo duro per un anno e quando se ne saranno andati via torneremo a fare quello che abbiamo fatto - possiamo aspettare", ha detto Barry. "Ritengo che stiano comprendendo sempre di più che staremo lì per un bel po' più di tempo di quanto pensassero. E penso che tutti abbiano perfettamente resochiaro in Kosovo che rimarremo per lungo tempo".

Riguardo ai desideri di indipendenza dei kosovari, Barry ha detto: "Ritengo che nel contesto del Patto di Stabilità, dobbiamo dire ai kosovari: 'Be', un momento... siamo pronti a mettere un bel po' di sforzi e di soldi nel cercare di ricostruire il vostro paese, ma finitela con questa lagna [sic] dell'indipendenza, perché non la appoggeremo". Un Patto di Stabilità per l'Europa Sud-Orientale, sotto gli auspici dell'OSCE, un'organizzazione internazionale multilaterale alla quale partecipano 54 stati, promuoverà la cooperazione regionale e creerà un'architettura per affrontare i problemi della regione sotto la leadership generale dell'UE. Il patto include l'Albania e i paesi della ex Jugoslavia, cioè la Bosnia-Erzegovina, la Croazia, la Macedonia e la Jugoslavia, occupandosi anche del Kosovo. Un summit del patto è previsto per la fine di luglio a Sarajevo. "Il nostro piano regionale si basa sui principi dei confini esistenti, e lo stesso vale per il Patto di Stabilità", ha affermato Barry. "Quindi lavoriamo con entità, repubbliche. Non possiamo essere per la divisione in Jugoslavia ed essere contrari a essa qui (in Bosnia)".