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NOTIZIE EST #258 - KOSOVO
19 settembre 1999


THACI ATTACCA KOUCHNER, I QUADRI DELL'UCK NON VOGLIONO DISARMARE

(Reuters, 17 settembre 1999; Associated Press, 18 settembre 1999)

IL CAPO DELL'UCK CRITICA KOUCHNER
di Anthony Goodman

NAZIONI UNITE, 17 settembre - Il leader dell'UCK, Hashim Thaci, ha criticato oggi l'amministratore ONU del Kosovo, Bernard Kouchner, affermando tuttavia che non ne chiede le dimissioni. [Thaci si è recato a New York per incontrare Kofi Annan, ma è stato ricevuto solo dal sottosegretario per gli affari politici Prendergast. Il portavoce di Annan ha specificato che quest'ultimo non si rifiuta di incontrare di Thaci, ma ritiene più opportuno recarsi in futuro in Kosovo e "incontrare tutta una serie di leader locali". Thaci si è incontrato con Holbrooke, ora ambasciatore USA all'ONU, che ha difeso energicamente Kouchner, del quale ha detto che "gode del più pieno sostegno degli Stati Uniti"]

"Non siamo qui per richiedere le dimissioni di Kouchner... Le posizioni negative assunte da Kouchner possono essere migliorate. Quello che chiediamo è cooperazione. Non vogliamo avere un re", ha detto il leader dell'UCK in una conferenza stampa rilasciata presso le Nazioni Unite. Thaci, che è stato presentato come "primo ministro del governo provvisorio del Kosovo" ha anche detto che dopo il periodo temporaneo di amministrazione ONU il Kosovo non potrà mai avere un futuro democratico se rimarrà sotto la sovranità serba. Thaci, che ha visitato Washington nei primi giorni di questa settimana, era accompagnato da Bajram Kosumi, presentato come il ministro dell'informazione del Kosovo. Kosumi ha recitato una litania di lamentele nei confronti di Kouchner, l'ex ministro della sanità francese che ora guida la Missione dell'ONU di amministrazione temporanea del Kosovo (UNMIK). Kosumi ha detto che le Nazioni Unite dovrebbero accettare una "più stretta collaborazione con la popolazione locale", dato che non ci potrà essere pace, prosperità o democrazia senza di essa. Sotto certi aspetti, Kouchner e la missione ONU "si comportano... come se il popolo del Kosovo fosse al loro servizio, e non come se le Nazioni Unite e Kouchner fossero lì per cercare di aiutare il popolo del Kosovo", ha detto. "Non ci è consentito di dare il nostro contributo, che potrebbe essere molto prezioso", ha proseguito.

Senza scendere nei dettagli, si è lamentato anche dell'atteggiamento dell'UNMIK nei confronti dei diritti di proprietà immobiliari e delle leggi serbe in Kosovo, affermando che è in atto una tendenza a fare sì che "la vecchia guardia che ha collaborato molto, molto strettamente con il regime" di Milosevic "riceva sempre maggiori poteri all'interno delle strutture dell'UNMIK". Kosumi ha detto che vi è la tendenza a "trasformare lentamente, ma sicuramente, il popolo del Kosovo in un popolo dipendente dall'UNMIK". Mentre un accademico specializzato riceve un salario di circa $200 al mese, una persona che lavora come "portinaio per l'UNMIK" riceve circa $2.000 al mese, ha aggiunto. Thaci ha detto che durante il periodo temporaneo dell'amministrazione ONU egli rispetta la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza che ha creato l'UNMIK e conferma la sovranità della Jugoslavia e l'integrità territoriale. "Tuttavia, nella prospettiva che ci troviamo ad affrontare, se il punto di partenza sarà lo stato di sovranità e l'integrità territoriale della Jugoslavia, possiamo tranquillamente affermare che il Kosovo non avrà mai un futuro democratico e non diventerà mai l'entità che noi tutti desideriamo", ha detto Thaci. "In Kosovo non vi può essere democrazia, se il Kosovo viene lasciato sotto il controllo della Serbia", ha aggiunto Thaci.

[In una successiva intervista Thaci ha dichiarato che Kouchner non conosce nulla della realtà del Kosovo [...] e ha affermato che gli albanesi del Kosovo avrebbero potuto "rivoltarsi contro" Kouchner stesso e le Nazioni Unite, se non fosse stato per l'influenza moderatrice dell'UCK. "Kouchner non rispetta i fattori politici in Kosovo", ha proseguito Thaci. "Dovrà imparare a capirci". Un alto diplomatico dell'ONU ha commentato: "Se Thaci e l'UCK continueranno ad avere un atteggiamento come questo, avranno dei problemi con Kouchner e la KFOR".]

(con inserti dalla Associated Press, 18 settembre 1999 e dal "Washington Post", 18 settembre 1999)


I COMBATTENTI DELL'UCK TEMONO I PIANI DELLA NATO
di Robert H. Reid

JUNIK - Nel loro campo all'ombra delle montagne albanesi, i combattenti dell'UCK temono che i piani della NATO per trasformare la loro forza di guerriglia possano avere un esito ben lontano da quello che ritengono di meritarsi - un'organizzazione militare per proteggere la provincia quando la forza di pace se ne tornerà a casa. La scadenza per la demilitarizzazione dell'esercito albanese è alla mezzanotte di domani, 19 settembre. Gli ex ribelli prevedono di effettuare una parata oggi nella capitale Pristina, come solenne addio. Dopo di ciò, la NATO e la missione ONU cominceranno a organizzare un corpo civile del Kosovo ("Kosovo Corps"), per missioni umanitarie come le operazioni antincendio e le operazioni di salvataggio. Ma i 300 soldati della 138a brigata UCK, che ha la sua base in un grappolo di case in mattoni costruite dal governo jugoslavo per i serbi anni fa, vogliono che la nuova organizzazione serva come nucleo di un nuovo esercito nazionale per una provincia che nessun governo straniero riconosce come stato indipendente.

"Dobbiamo avere un esercito", dice Pran Marashi, il corpulento portavoce della brigata. "La KFOR rimarrà qui due, forse tre anni. Dobbiamo proteggere questa gente. Non vogliamo avere niente a che fare con lo stato serbo" che conserva una sovranità nominale qui. Gli ufficiali della 138a brigata, che hanno combattuto nel Kosovo sud-occidentale partendo dai loro santuari nella vicina Albania, dicono di avere ben poca idea di cosa vi sarà in serbo per loro quando l'UCK verrà trasformato nel "Kosovo Corps". Dicono che il comandante regionale si è incontrato con loro la settimana scorsa, ma ha potuto dare ben pochi dettagli in merito a cosa sia stato negoziato dal capo militare dell'UCK, Agim Ceku, e dal comandante delle forze NATO, Mike Jackson. "Se le cose sono state spiegate (al comando UCK), nessuno le ha spiegate a noi", dice un ufficiale UCK, che si è presentato solo con il nome di Comandante Agron. "Non possiamo deludere le famiglie dei soldati che sono morti".

I combattenti dicono di essere risentiti per gli sforzi messi in atto dalla NATO e dalle Nazioni Unite per disarmarli, nel momento in cui essi sono convinti che paramilitari serbi stiano cercando di infiltrarsi nuovamente in Kosovo, soprattutto nella città nord-occidentale di Kosovska Mitrovica e nel settore americano vicino a Gnjilane. "Non abbiamo massacrato nessuno, non abbiamo bruciato alcuna casa", ha detto Agron. "Sono stati dei serbi e invece di prendersela con loro questa gente se la prende con noi". Tuttavia, i funzionari NATO a Pristina sono convinti che l'UCK rispetterà la scadenza per la demilitarizzazione. Funzionari della NATO affermano che più di 10.000 armi sono già state restituite a due giorni dalla scadenza. Dopo di essa, gli emblemi e le uniformi dell'UCK non verranno più indossati in pubblico. Lunedì cominceranno i lavori per organizzare il Corpo del Kosovo, una forza di 5.000 membri [secondo i progetti, 3.000 effettivi e 2.000 riservisti. Solo 200 membri avranno la facoltà, all'occasione, di portare armi, esclusivamente pistole e fucili - N.d.T.], per aiutare a combattere disastri umanitari e svolgere altre missioni umanitarie e civili. Il portavoce della NATO, Roland Lavoie, ha detto che solo giovedì sono state restituite 1.000 armi. Ha detto che 10.000 erano già immagazzinate in arsenali sorvegliati da soldati dell'Alleanza.

Si ritiene che gran parte dell'UCK abbia già smilitarizzato, perché un ampio numero di ex ribelli ha fatto ritorno alla propria famiglia e al proprio lavoro, dopo che le forze della NATO e quelle russe sono entrate nella provincia il 12 giugno scorso. Ma un nucleo di combattenti rimane convinto del ruolo dell'UCK come nucleo dell'esercito di un eventuale Kosovo indipendente, un obiettivo che né gli Stati Uniti né le altre maggiori potenze hanno apertamente accettato. "Quello che crediamo e ci aspettiamo, e per cui insistiamo, è che il nostro quartier generale garantisca la trasformazione dell'UCK in qualche tipo di forza", ha detto Argon. "E' importante che non venga definita corpo, perché un corpo appartiene a un esercito e noi non siamo interessati ad appartenere all'esercito della Jugoslavia". La menzione della possibilità che l'UCK continui la propria esistenza sotto un nuovo nome ha allarmato la sempre più ridotta comunità serba, che accusa gli ex ribelli per la continua violenza nei suoi confronti. Ieri, circa 100 serbi - uomini, donne e bambini - ha abbandonato Kosovo Polje per la Serbia, per la maggior parte stipata in un autobus, con tutti i posti a sedere e quelli in piedi occupati.