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NOTIZIE EST #269 - KOSOVO
17 ottobre 1999



LO SPETTRO DELL'INDIPENDENZA DEL KOSOVO
a cura di Andrea Ferrario - (fonti varie)


L'articolo di Jeffrey Smith, pubblicato dal "Washington Post" il 24 settembre (tradotto in "Notizie Est" #264 del 25 settembre 1999) e relativo all'emergere nell'amministrazione statunitense di posizioni che vedono come inevitabile, anche se non auspicabile, un'indipendenza del Kosovo, ha suscitato preoccupate reazioni negli ambienti diplomatici. Riportiamo qui sotto una breve rassegna in merito.

Innanzitutto, in una riunione richiesta dalla Russia, il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha ribadito ufficialmente il 29 settembre la sovranità della Jugoslavia sul Kosovo. Nella stessa seduta si è discusso anche delle richieste russe e jugoslave di annullare e sciogliere il "Kosovo Protection Corps", richieste che non sono state approvate. Il presidente della seduta, l'olandese van Walsum, ha affermato che in merito allo scioglimento del "Kosovo Protection Corps" i membri del Consiglio continuano a essere divisi, ma ha tenuto a sottolineare "l'impegno unanime di tutti gli stati membri per la sovranità e l'integrità territoriale della Repubblica Federale di Jugoslavia" ("Albanian Daily News", 30 settembre 1999)

Il 28 settembre lo stesso Smith ha pubblicato un altro articolo, sempre sul "Washington Post" nel quale si ricorda che l'anno scorso gli Stati Uniti e gli altri paesi della NATO avevano redatto un rapporto sull'integrazione delle minoranze etniche negli stati europei, mirato a convincere i leader albanesi del Kosovo a rinunciare alle loro richieste di indipendenza e ad accettare un'autonomia all'interno della Serbia. Se in alcuni settori dell'amministrazione americana si fa largo l'idea dell'inevitabilità dell'indipendenza del Kosovo, ciò non vale in alcun modo per gli europei e il motivo, secondo Smith, sarebbe che essi "temono l'eventuale creazione di un modello per i movimenti separatisti in Europa; un altro motivo di ansietà [per gli europei] è che un nuovo sconvolgimento nei Balcani potrebbe scatenare altre devastazioni sociali ed economiche nella fascia meridionale d'Europa". "I diplomatici tedeschi", scrive Smith, "dicono che bisogna opporsi all'indipendenza, perché darebbe il via a quella che viene descritta come 'una guerra [tra slavi e albanesi] in Macedonia e nell'instabile Bosnia' e a un nuovo flusso di profughi nell'Europa Centrale. I diplomatici italiani affermano di essere preoccupati per il rischio della creazione di una Grande Albania e di una nuova ondata di profughi". Dopo avere ricordato anche la categorica opposizione della Russia a una tale opzione, e le sue minacce di ritirarsi dal Kosovo se si dovesse parlare apertamente di questa ipotesi, Smith scrive che "gli europei tendono generalmente a vedere l'indipendenza del Kosovo 'come uno sviluppo dalle conseguenze negative e che va combattuto... [mentre] gli Stati Uniti si sbilanciano di più', afferma una fonte diplomatica occidentale, [la quale prosegue dicendo] 'Ma non mi viene in mente alcun altro paese in cui l'ipotesi dell'indipendenza sia condivisa generalmente". Il giornalista scrive che le differenze tra europei e statunitensi si sono manifestate in maniera evidente a giugno, quando durante la stesura della Risoluzione 1244 dell'ONU gli europei hanno chiesto con insistenza di cancellare ogni riferimento agli accordi di Rambouillet del febbraio scorso, nei quali si prevedeva di prendere in considerazione la "volontà del popolo" nel decidere lo status finale del Kosovo. Gli Stati Uniti, secondo Smith, hanno ottenuto che il riferimento venisse conservato, affermando che altrimenti ciò avrebbe rappresentato una vittoria politica per il governo di Belgrado [per l'esattezza, Rambouillet faceva riferimento alla "volontà del popolo" solo come ultimo elemento dopo altri criteri prioritari, come la volontà della comunità internazionale o di non meglio precisate "autorità". Inoltre, nella Risoluzione ONU si dice solo che per quanto non precisato nel suo testo si dovrà decidere "nello spirito degli accordi di Rambouillet" - N.d.T.]. Altre differenze sono emerse quando gli europei inizialmente si sono opposti alla creazione del "Kosovo Protection Corps", secondo quanto afferma una fonte diplomatica. E anche quando la decisione è stata infine presa, Germania e Gran Bretagna si sono opposti all'aggiunta dell'attributo "Protection", ritenuto troppo vicino a un concetto di difesa. Solo l'intervento presso Chirac da parte di Kouchner, ansioso di giungere a un accordo in grado di "deflettere le aspirazioni dell'UCK", ha permesso di convincesse Tony Blair e i diplomatici tedeschi ad accettare la soluzione (da "Washington Post", 28 settembre 1999).

Il giornale "Albanian Daily News" riporta alcune dichiarazioni di alti funzionari USA. L'ex mediatore statunitense per i Balcani e oggi ambasciatore USA all'ONU, Richard Holbrooke, ha affermato che "la soluzione finale per il Kosovo all'interno del sistema internazionale dovrà essere messa a punto in conformità alla risoluzione del Consiglio di sicurezza" [nella quale si ribadisce la sovranità della Jugoslavia sul Kosovo - N.d.T.], e ha poi aggiunto che "Belgrado non ha alcun ruolo in questo momento nei destini degli albanesi del Kosovo... fino a quando Milosevic e i suoi uomini sono al potere a Belgrado". Il portavoce della Casa Bianca Jack Lockhart ha detto ai giornalisti che la Casa Bianca "lavora con la comunità internazionale a un piano che va verso l'obiettivo ultimo di un Kosovo autonomo e autogovernato". James Rubin, portavoce del Dipartimento di Stato, ha ulteriormente ribadito l'opposizione di quest'ultimo all'indipendenza: "ogni voce sul fatto che noi abbiamo cambiato la nostra politica riguardo al futuro status del Kosovo è errata e infondata. Noi non siamo favorevoli all'indipendenza del Kosovo, punto e basta" ("Albanian Daily News", 28 settembre 1999).

La "Reuters" ha pubblicato anch'essa un articolo di approfondimento sull'argomento, scritto dall'esperto Douglas Hamilton, nel quale si scrive che "i diplomatici occidentali affermano che ogni impressione che l'Occidente si stia preparando a riconoscere un Kosovo indipendente potrebbe minare l'opposizione [serba] a Milosevic e rafforzare la presa di quest'ultimo sul potere come difensore dei confini della Serbia. Un articolo del 'Washington Post' pubblicato la scorsa settimana citava funzionari anonimi secondo cui Washington si sarebbe rassegnata all'indipendenza del Kosovo. Questa ipotesi è stata ufficialmente smentita dagli Stati Uniti e dai suoi alleati europei. [...] L'indipendenza del Kosovo potrebbe aprire le porte a una Grande Albania, fare scoppiare una guerra separatista in Macedonia, scatenare la frammentazione della Bosnia e portare alla formazione di una Grande Serbia e una Grande Croazia. [...] [Inoltre] riconoscere l'indipendenza del Kosovo ridicolizzerebbe gli impegni solenni a preservare la sovranità della Jugoslavia e potrebbe incoraggiare movimenti separatisti altrove. [...] 'Per tutti questi motivi non vogliamo sentire parlare nemmeno lontanamente di questo argomento', ha detto un diplomatico occidentale". Nello stesso pezzo della "Reuters" si cita poi un diplomatico di un paese NATO, il quale afferma anch'egli che il timore maggiore, riguardo all'eventuale indipendenza del Kosovo, è quello dell'"effetto domino" che ne conseguirebbe, effetto temuto da tutti, ma in particolare dagli europei. Secondo il diplomatico, "non ci sono all'orizzonte soluzioni a lungo termine per il Kosovo. La cosa migliore è lasciare la questione aperta e mantenere una presenza militare. Il Kosovo sarà probabilmente l'ultimo problema a essere risolto nei Balcani". Hamilton, conclude il suo articolo scrivendo: "Quando il Kosovo terrà le sue prime elezioni libere - e alcuni nella NATO chiedono che si svolgano il prima possibile, nella prossima primavera, per creare un contesto di politica democratica al posto della ribellione armata - sarà difficile ignorare l'argomento dell'indipendenza. [...] Per questo motivo, vi è la possibilità che le prime elezioni del Kosovo vengano limitate unicamente all'ambito municipale, limitando così il dibattito a problemi pratici di amministrazione e contenendo i discorsi più accesi, mentre l'Occidente cercherà di rendere più incisiva l'opposizione a Milosevic". Altre dichiarazioni fanno dipendere in maniera più o meno aperta il futuro del Kosovo da quello dell'opposizione in Serbia o dalla volontà dei paesi vicini. La "Reuters" ha pubblicato, sempre il 28 settembre, un servizio a firma David Storey, nel quale si scrive che "gli alleati NATO di Washington sono rimasti preoccupati dalle recenti notizie secondo le quali molti funzionari USA vedrebbero l'indipendenza [del Kosovo] come inevitabile a lungo termine. Gli alleati europei ritengono che l'indipendenza sarebbe estremamente pericolosa per la sicurezza regionale. 'Non siamo favorevoli all'indipendenza del Kosovo', ha detto Sandy Berger, membro del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli USA, in un discorso pronunciato presso l'Institute of Peace, un think-tank. Gli Stati Uniti dubitano fortemente della sua attuabilità e temono i suoi effetti sulla stabilità nei Balcani, ha detto egli. Ma [Berger] ha aggiunto che la decisione in merito allo status finale del Kosovo [...] verrà messa a punto dalla gente che vi vive e dalla comunità internazionale". Le dichiarazioni di Berger che vengono riportate alcuni passi più avanti contraddicono in buona parte quest'ultima affermazione: "Berger ha insistito sul fatto di non avere rilevato alcuno spostamento nella posizione di Washington, che si è costantemente opposta all'indipendenza [...]. 'Vi è chi afferma che l'unica soluzione per i problemi etnici della regione è quella di ridisegnare i confini intorno a stati su base etnica. Altri vogliono la divisione del Kosovo in zone separate. Abbiamo rifiutato questa soluzione per la Bosnia e la rifiutiamo per il Kosovo. La spartizione sarebbe un disastro [...]. Il popolo del Kosovo non dovrà più essere guidato da una Serbia guidata a sua volta da Milosevic o da gente del suo tipo... ma l'ultima cosa di cui i Balcani hanno bisogno è una maggiore balcanizzazione'. [Secondo Berger], lo status finale del Kosovo dipenderà in parte da eventi che non possiamo prevedere oggi, in primo luogo dal progresso della Serbia verso la democrazia e da quello dell'Europa sudorientale verso l'integrazione. In definitiva, il futuro del Kosovo dipende dalla gente che vive lì'. [...] Costruire dei Balcani stabili e democratici è 'impossibile senza una transizione alla democrazia in Serbia', ha affermato Berger" (Reuters, 28 settembre 1999).

Da registrare infine, negli ultimi giorni, le dichiarazioni dell'inviato speciale dell'ONU per il Kosovo, Carl Bildt, e quelle del segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan. Bildt ha dichiarato che la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell'ONU "di per se stessa non costituisce una soluzione per il Kosovo, né dà una risposta relativa alla posizione del Kosovo". Bildt ha inoltre detto che il Kosovo non deve essere "sotto il controllo di Belgrado", ma che tale controllo non viene stabilito dalla Risoluzione ONU, che parla di "integrità territoriale della Federazione Jugoslava". Egli ha affermato che "d'altra parte esiste un problema di rapporti tra il Montenegro e la Serbia, un fatto che dimostra la necessità di soluzioni diverse all'interno della Federazione Jugoslava" ("Blic", 14 ottobre 1999). Il segretario dell'ONU Annan, durante la sua visita in Kosovo, ha espresso critiche nei confronti dell'amministrazione Kouchner e dei suoi metodi sbrigativi. Riguardo a un eventuale indipendenza del Kosovo, come riferisce il "Washington Post" del 15 ottobre, "Annan ha detto con chiarezza che i simboli di indipendenza embrionale, come la richiesta degli albanesi di un seggio come osservatori presso le Nazioni Unite, non hanno la sua approvazione. 'Il mandato del Consiglio di sicurezza dell'ONU afferma con chiarezza che questo territorio va da noi amministrato come una regione autonoma, ma all'interno dei confini della Jugoslavia', ha detto Annan. 'Pertanto, dal nostro punto di vista, non siamo qui per preparare il popolo all'indipendenza... E spero che questo venga compreso da tutti". Il quotidiano serbo "Blic" riferisce, sempre il 15 ottobre, che Annan si è incontrato a Pristina con il vescovo Artemije e il leader del Movimento di Resistenza Serbo Momcilo Trajikovic. Ai due, Annan ha detto chiaramente: "Il Kosovo è sempre stato e rimarrà all'interno della Serbia e della Jugoslavia [si noti, anche della Serbia - N.d.T.], ma con un alto grado di autonomia". Annan ha inoltre aggiunto che "le proposte di cantonizzazione verranno prese in considerazione nel più breve tempo possibile e la parte serba ne verrà informata quanto prima".